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Autore: Freccia_9    10/01/2012    4 recensioni
Questa storia (la mia prima :3) parla di un ragazzo, Franklin, per tutti (pochi, in realtà) Frank. Frank non si ritrova nella sua vita, non si ritrova nella sua generazione, non si ritrova nella sua cultura. Non si ritrova in sè stesso. Ma chissà che non si ritrovi in qualcosa, o in qualcuno.
Grazie dell'attenzione, e buona lettura **
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Frank non sentiva più le dita. Prima il freddo e poi il caldo torpore dell'auto gli avevano tolto la sensibilità nelle zone periferiche.
«Allora, dove andiamo di bello?» Florence aveva una voce calda e rassicurante, ma con note infantili.
«Oh, giusto. Hampton Street, 409.»
«Ah, non è lontano! In cinque minuti saremo lì.» Sorrise. Frank provò ad abbozzare qualcosa di simile, ma probabilmente fece solo una faccia buffa. Perchè gli rimaneva sempre così difficile essere un minimo socievole?! Rimase in silenzio, maledicendosi.
«Ma sei un tipo chiacchierone, eh?» scherzò lei. Stavolta Frank non potè fare a meno di ridere. Stranamente era a suo agio.
«Mannò, è che sono sempre un po' chiuso, è proprio il mio carattere.»
«Oh, bene! Per l'informazione, odio i chiacchieroni, e sono taciturna anche io. Solo che boh, tu mi sei simpatico ad occhio.» Simpatico ad occhio. Frank si ripetè quella frase nella testa. A dire la verità si sentiva bene. Quella ragazza strana lo metteva a suo agio. Aveva un po' paura, non si era mai sentito così. La testa ricominciò a girare.
«Avanti, apriti. Dimmi qualcosa di te.» Il ragazzo fu preso dal panico. Era pessimo con le presentazioni. Probabilmente fece qualcosa che mostrò la sua insicurezza, perchè subito Florence aggiunse: «Dai, inzio io, così ti rimarrà più facile! Mi chiamo Florence, ho 16 anni. Sono nata a New York, figlia unica. Ma quando avevo 2 anni mio padre lasciò mia madre. Così lei si ritrovò sola con una bimba piccola, in una città troppo costosa. Trovò un gran bel lavoro a Chicago, allora sono qui. E, tranquillo, il mio mestiere non è caricare ragazzi sotto la pioggia, hahah! Studio, a dire il vero. Tutto qua. Tocca a te!» l'occhiata che rivolse a Frank, staccando per un attimo gli occhi dalla strada, era di quelle a cui non si può dire di no. Prese un respiro a pieni polmoni e cominciò a parlare. Gli occhi chiusi, i pugni serrati.
«Mi chiamo Franklin, Frank per gli amici, quei pochi che ho. Ho 16 anni anche io, sono nato qui, e vivo con i miei, anche se loro per lavoro sono quasi sempre fuori. Hai fatto bene a definirmi “indie”, in un certo senso. Provo ribrezzo per tutto ciò che è diventato il mondo oggi, per la cultura di merda che abbiamo sviluppato. E boh, fine, ho una vita noiosa, e una delle pochissime cose che mi aiutano ad andare avanti è la musica. E' la mia vita.» sperava solo di essere stato esauriente.
«Davvero?! Per me è uguale! Dimmi, gruppo preferito e, se suoni, che strumento.» fece una faccia buffa.
«Uhm, Green Day. Ma adoro tanti altri gruppi, soprattutto rock alternativo e punk! E suono la chitarra acustica ed elettrica, ma non sono granchè. E tu?»
«Idem, solo io amo i Blink-182. Ma anche io adoro l'alternative e il punk. Sei un grande!»
Risero entrambi di cuore. Appena dopo la ragazza accostò.
«Eccoci qua, fine della corsa! Grazie, sei davvero un tipo curioso, Frank! Anzi, Frankie. Frank ti dà un'aria seria, non mi piace.» rise ancora.
«Figurati, grazie a te.. Non so come sdebitarmi... Davvero, sei stata troppo gentile!»
«Magari potresti sdebitarti invitandomi da te a bere qualcosa per festeggiare il tuo “salvataggio”!»
«Ehm, vorrei, ma non posso. I miei stasera sono a casa, poi è tutto in disordine...» Non si era mai trovato in situazioni del genere.
«Tranquillo, afferrato!» disse Florence, con l'espressione di chi si accorge di aver esagerato. «Vabbè, allora... Ci si risente!»
«Oh» disse poi, tirando fuori un foglietto su cui scarabbocchiò qualcosa «questo è il mio numero, se mai ti dovessi ritrovare in t-shirt durante un altro temporale. Ti ho detto che mi sei simpatico!»
«Oh, okay! Va bene, allora grazie e... Ci sentiamo!» disse in fretta lui scendendo dalla macchina. L'ultima immagine che vide dal finestrino fu quella di Florence che salutava con la mano, poi solo l'auto rimpicciolirsi verso l'orizzonte.
Franklin si avviò rapidamente verso casa. Aveva smesso di piovere. Ma il suo umore non era mai stato così tempestoso. Aveva trovato una fottuta persona con cui andava d'accordo, con cui stava bene, e l'aveva fatta fuggire. Era confuso, aveva fatto quello che non voleva fare. Perchè?
Rientrò in casa senza neanche salutare, si chiuse in camera e si infilò a letto vestito. I rimorsi lo attanagliarono per quasi due ore. Pensava che  sarebbe rimasto sempre solo, che aveva un carattere di merda.
Ma ad un tratto qualcosa folgorò la sua mente: nulla era scritto, poteva rimediare ai suoi errori. Doveva per forza provarci.
Di scatto, rinvigorito, si alzò e prese il telefono. Tirò fuori dalla tasca il foglietto stropicciato, e digitò il numero in “nuovo messsaggio”.
< Hei Flo! Sono Frank. Senti, scusa per stasera, sono stato un idiota a non farti entrare. Ma voglio recuperare. Che ne diresti di fare un giro al parco, domani pomeriggio? Tienimi informato, grazie ancora del passaggio! >
Rilesse tutto, e pensò che andava bene così. Invio. Ansia.
Furono i minuti più lunghi di sempre. Lo stomaco di Franklin era diventato un macigno. Poi finalmente, dopo quella che sembrava un'eternità, il messaggio di risposta.
< Chi si risente! Per stasera non preoccuparti, non me la sono presa. Quindi ci vengo volentieri al parco con te, domani. Ci vediamo lì alle 4, ragazzo indie! >
La mano tremante poggiò il cellulare sul comodino. Frank si coricò. Il sonno lo trovò, stranamente, con una cosa che assomigliava ad un sorriso stampata sul volto.
  
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