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Autore: Faust_Lee_Gahan    11/01/2012    8 recensioni
"Quel giorno il dottore era proprio strano."
[Sherlock/John]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Fix You

Summary: Quel giorno il dottore era proprio strano.

Pairing: SherlocK/John

Rating: Giallo

Words: 615

Disclaimers: Non miei e “blablablabla! Lascia stare! Abbiamo detto queste cose centinaia di volte!”

Notes: Per la Maritombola (#39: What if?)






Fix you


Lights will guide you home,

and ignite your bones.

And I will try to fix you.”

(Coldplay)



Pioveva a dirotto quel giorno, a Londra.

Mrs Hudson andò ad aprire la porta e trovò John completamente bagnato sotto la pioggia.

«Oh, ragazzo mio!» esclamò facendolo entrare «Ma cosa fai lì senza neanche un ombrello?»

Lui rimase in silenzio, salendo le scale.

«John.» lo chiamò, ma non ottenne risposta.

Quel giorno il dottore era proprio strano.


John spalancò la porta e poi la chiuse, alla ricerca silenziosa di Sherlock. Lo trovò in cucina, alle prese con uno dei suoi soliti esperimenti.

«Eccoti!» esclamò ancora accanto al microscopio «Allora?»

Si voltò a guardarlo e il sorriso gli sparì dal volto. Aveva capito.

«Che è successo?»

John sostenne il suo sguardo senza dire una parola.

«Quale delle due?» domandò, sperando che John rispondesse. Il suo silenzio lo stava uccidendo.

«La bambina.» disse atono, la voce rauca di chi non ha parlato per un po'. O di chi ha urlato troppo.

Sherlock sospirò. Gli si avvicinò e gli prese il viso tra le mani, tolse i capelli bagnati dalla fronte e poi vi premette le labbra contro.

John era fermo. Il dolore l'aveva immobilizzato completamente. E Sherlock non sapeva quanto ancora ne avrebbe potuto sopportare.

Appoggiò la fronte alla sua e sospirò ancora. «Mi dispiace.»

Vide John chiudere gli occhi. Non sapeva cosa fare per farlo stare meglio, solo un po'.

«Vedila così, sarebbe potuta andarti peggio.» disse

John si staccò da lui e lo guardò, gli occhi azzurri spalancati.

«Come, esattamente, sarebbe potuta andare peggio di così?»

La vocina interiore, che ogni tanto somigliava a quella di Mycroft, gli disse di tacere. Ma dato che somigliava a quella di Mycroft non la ascoltò.

«Sarebbe potuto succedere fra qualche anno e nel frattempo ti saresti affezionato a lei.»

Era perfettamente logico.

«Invece adesso potrebbe anche non fregarmi un cazzo, giusto?»

Aveva gli occhi stretti a due fessure adesso, e lo guardava con disprezzo. Sherlock chiuse gli occhi, e sospirò. Era un idiota. «John...»

Lui si voltò e si allontanò a grandi passi. Sherlock lo inseguì.

Scesero le scale, velocemente.

«John. Per favore, fermati.» lo chiamava, ma lui lo ignorava.

Uscì in strada, sotto la pioggia. Sherlock non pensò neanche per un momento di portare l'ombrello.

«John!» urlò attraversando la strada. Sperava che la sua voce superasse il rumore incessante della pioggia.

All'angolo della strada riuscì a raggiungerlo e a prendergli il braccio.

«John, mi dispiace. Io-»

«TU SEI UN IDIOTA!» gli sbraitò in faccia strattonandolo «LEI E' MORTA E TU MI DICI CHE POTEVA ANDARE PEGGIO!»

«Mi dispiace...»

«SEI UN IDIOTA, MA PIU' IDIOTA SONO IO CHE VENGO DA TE PER FARMI CONSOLARE! E LEI E' MORTA! ED ERA MIA FIGLIA!»

John smise di lottare, smise di gridare. Prima si aggrappò alle maniche della giacca di Sherlock. Già, aveva scordato anche il cappotto.

«Era mia figlia...» disse John, forse più a se stesso che a Sherlock. Si morse il labbro e strizzò gli occhi. Ci stava provando in tutti i modi, ma alla fine le lacrime cominciarono a cadere. Prima silenziose, poi sempre più accompagnate da singhiozzi. John si lasciò andare e Sherlock lo prese. Lo strinse forte a sé. Sotto la pioggia. John mormorava parole incomprensibili, ma tra loro non c'era bisogno di parole. Tenne stretto il viso di John al petto, lasciando che si sfogasse. Si aggrappava a lui come se fosse il suo unico appiglio, l'unica cosa vera della sua vita. E lui lo teneva come se fosse l'unica cosa che volesse salvare.

John lo guardò.

«Non lasciarmi andare.»

Sherlock non riusciva a distinguere le sue lacrime dalla pioggia.

«Sono qui. Ti tengo io.» (*)

Lo guardò negli occhi per qualche secondo, e poi lo baciò.

Qualsiasi cosa sarebbe successa, l'avrebbe aggiustato lui.

L'avrebbe aggiustato lui.






Notes, again:

Ma salve! Lo so che è triste, non ci posso fare niente. Mi va così!

Allora, non ho inserito il testo perché mi sono accorta che ho narrato esattamente quello che succede nella canzone (Quando ottieni quello che vuoi/ ma non quello di cui hai bisogno/ [...] Quando le lacrime si versano sul tuo viso/ quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare/ quando ami qualcuno ma va tutto perduto/ potrebbe essere peggio? […] Quando sei troppo innamorato/ per lasciar andar via tutto)

Entrambi sono troppo innamorati per lasciarlo andare. Anche se Sherlock è sensibile quanto un cactus -andiamo! Lo conoscete! Ricordate la 1xo1??- e l'amore di John va tutto perduto. John ha quello che vuole, una moglie, una casa per conto suo, un lavoro tranquillo, ma non è quello di cui ha bisogno.

Mi sembrava brutto ripetere qualcosa che già c'era.

Vi segnalo solo (*) dal film La donna che visse due volte (Vertigo in originale, dato che sono una perfezionista): «Don't let me go.» «I'm here. I've got you.» ♥ Una delle poche storie d'amore che AMO e su cui non faccio mai battute. Ma forse solo perché è Hitchcock.

Grazie a Sonia per la veloce e notturna correzione! ♥

E questo è quanto! A presto!

  
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