Ahhhh! Finalmente! Quanto ho aspettato per poter scrivere questo capitolo! Sono così contenta di esserci arrivata!^^ All’inizio, pensavo che avrei gettato la spugna molto prima, invece…eccomi ancora qua! E tutto grazie a voi che leggete! Thankssss! Ma adesso, vista la fine del chap precedente, è meglio che vi lasci alla lettura (dacci dentro Ob!!!!!)! La canzone più adatta da ascoltare? Eternity, di Robbie Williams! Credetemi, fa tutto un altro effetto! Un’ultima cosa, questo capitolo è un po’ più piccante quindi, non ditemi che non vi avevo avvertito!^^Bacini Shi*
Capitolo
29.
Un soffio, un sussurro, un sentimento chiamato amore...
Non appena si rese conto di quello che era realmente successo, Orlando
uscì fuori dalla porta alla velocità della luce. Doveva parlarle, doveva
assolutamente dirle la verità! Anche lui la amava, come mai non aveva amato
nessun’altra in tutta la sua vita. Tuttavia, il parco era molto grande e, di
conseguenza, dopo aver vagato per quasi un’ora, perse le sue tracce. Non sapeva
più che fare, era andato in pallone. La prima cosa che gli venne in mento fu lo
stagno…niente. Provò alla reception…niente. Non gli rimaneva che andare a
vedere da Elijah e Christy. Corse velocemente verso il cottage 129, non badando
nemmeno a bussare.
“Scusate la fretta,
avete visto Amy?” Entrò, respirando ancora affannosamente. Vide gli altri due
che lo stavano guardando malissimo.
“Ma che ti è
successo?” Chiese l’altro ragazzo, visibilmente preoccupato.
“Non ho tempo per le
spiegazioni, mi serve sapere solo se avete visto Amina!”
“E’ venuta qui
mezz’ora fa, ha voluto parlare con Christy, non chiedermi perché. Piuttosto,
come mai la cerchi con tanto affanno?” Orlando non stava dando ascolto ad
Elijah. Infatti, si era avvicinato bruscamente alla ragazza.
“Per favore, che ti
ha detto? E’ importante, per me. Devo assolutamente saperlo…” Disse,
supplicandola.
“Sapevo che, prima o
poi, saresti venuto qui. El, ho bisogno di parlare con lui; potresti uscire un
attimo?” L’altro acconsentì, senza fiatare.
Christy fece
accomodare Orlando sul letto, mettendosi poi accanto a lui. Lei riusciva a
distinguere chiaramente la sua preoccupazione, dal suo respiro affannoso.
Quando fece per parlare, lui si girò, mostrandole uno sguardo che avrebbe
pietrificato chiunque.
“Ob? Sei veramente
così tormentato per questo fatto?” Chiese lei, dolcemente.
“Certo…come
biasimarmi. L’ho accusata ingiustamente per una cosa che non ha fatto…per
giunta, si è dovuta dichiarare in quel modo…così…Dio, quanto sono stupido!” Si
mise la testa tra le mani.
“Mi dispiace tanto.
Lei te lo avrebbe detto, sicuramente. Da quello che mi ha raccontato, solo
Dominic lo sapeva. Ne ero all’oscuro anche io.”
“Pensi che mi
perdonerà?”
“Ti ha già
perdonato, Orlando. A lei dispiace molto il fatto che non hai fiducia nei suoi
confronti. Come hai potuto pensare che lei stesse con Dom? La tua gelosia è
tale che ti ha fatto perdere il lume della ragione!” Lo rimproverò severamente.
Le dispiaceva essere così dura, ma doveva farlo.
“Lo so, sono
talmente geloso che ucciderei ogni uomo che le si avvicina! Però…ti prego, sai
dov’è andata?” La guardò di nuovo, con i suoi occhi da cucciolo.
“No, non me l’ha
detto. Aveva paura che te lo avrei riferito. Mi ha chiesto di dirti che, alle
22.00, dovrai andare alla spiaggia, più giù del ristorante. Non chiedermi
perché, non dirmi come mai…so solo che era un messaggio per te; molto
importante, suppongo. Hai intenzione di andare?”
“Certo che sì. Io la
amo e non permetterò che una stupida discussione rovini tutto.”
“Mi raccomando, sii
prudente. Non fare mosse troppo azzardate e, soprattutto, scusati. Ciò che hai
fatto non è imperdonabile…ricordalo. Dovrai essere semplicemente te stesso, il
tuo cuore parlerà per te.” Gli accarezzò una guancia. “Ora vai, preparati.”
“Sì. Grazie Christy.
In questi giorni hai fatto veramente molto per me.” Si alzò, molto più
tranquillo.
“Siamo amici, no?”
Lo vide allontanarsi, correndo verso il suo cottage.
Uscì fuori anche
lei, stuzzicata dal leggero vento freddo che preannunciava il tramonto. Vide
Elijah, appoggiato al muro. Aveva una faccia dalla quale non traspariva la
benché minima emozione. Si avvicinò a lui.
“Hai sentito tutto?”
Chiese, spostando una ciocca di capelli dagli occhi.
“Sì.” Le rispose,
semplicemente.
“Se sei un uomo,
dovrai accettare la situazione. Amina non ama te, lei ama Orlando…nulla le farà
cambiare idea. Fattene una ragione.”
“Lo so” Rise
leggermente “Strano il mondo, eh? Tu ami una ragazza che ama il tuo migliore
amico…è buffo. In un angolo del mio cuore, sapevo che sarebbe andata a finire
così…” Era triste, afflitto. Aveva perso, Amy non sarebbe mai più stata sua.
“Sei un bravo
ragazzo, El. Vedrai, anche tu troverai qualcuna che ti amerà…l’importante è non
avere fretta.” Christy si appoggiò alla sua spalla. “Vogliamo tornare dentro?
Fa piuttosto freddo qui fuori…”
“Hai ragione. Ormai,
quei due non hanno più bisogno di aiuto…dovranno cavarsela da soli.” E
rientrarono, insieme, sperando che le cose si sarebbero rimesse a posto, in
maniera definitiva. Senza più ma, senza più se, senza più incertezza.
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Alle 21.30, Orlando
era giù uscito, per incamminarsi verso la spiaggia. Si sentiva inquieto, come
se un uccellino, nel suo cuore, battesse di continuo le ali. Era agitato,
terribilmente agitato. Dopo quasi sei mesi, si trovava faccia a faccia con lei,
a parlarle dei suoi sentimenti. Quella sera era piuttosto freddo, si era dovuto
mettere una felpa abbastanza pesante. Non appena cominciò a calpestare la
sabbia, la vide. Stava seduta, sopra ad un grosso sasso, guardava il mare di
fronte a lei. La brezza faceva volare i suoi capelli e il vestito, dandole
un’aria di innocenza e di purezza. Si avvicinò, lentamente, e si mise a sedere
vicino a lei. La vide sussultare, si girò un attimo, poi volse di nuovo il suo
sguardo verso le onde.
“Alla fine, sei
venuto…” Disse Amina.
“Come potevo non
farlo? Tu mi hai detto di venire qui” La vide rabbrividire, aveva ancora il suo
vestito senza maniche. “Vieni qui, non vedi che stai sentendo freddo?” E
l’abbraccio, coprendole le spalle.
“Perché ti sei
comportato così male?” Stavano parlando sottovoce, per non rompere quella
meravigliosa atmosfera da sogno.
“Se solo avessi
saputo la verità…non ti avrei fatta soffrire…”
“Ma l’hai fatto. Tu
non ti fidi di me, non credi in me…”
“Questo non è vero.
Sei la cosa più bella che mi sia capitata in tutta la mia vita. Non so perché
ti ho trattata così male, forse perché soffrivo…” Le stava accarezzando i
capelli, lentamente.
“Orlando, perché mi
dici questo? Ti prego, non rendermi le cose più difficili di quanto non lo
siano già…” Si era fatta piccola, stringendo a sé le ginocchia.
“Aspetta, non
parlare. Ti prego, fermiamoci un attimo a guardare le stelle…”
Il ragazzo si voltò,
innalzando i suoi occhi verso il grande manto celeste. Era un serata magnifica,
non c’era neanche una nuvola in cielo. La luna brillava, unico astro in
quell’immensa tela blu, grande spicchio di mela, madre dei lupi, speranza degli
innamorati. Lo sguardo di Amina era triste, finché non vide qualcosa che attirò
la sua attenzione.
“L’hai vista? Era
una stella cadente!” Si girò verso di lui, contenta. Incrociò il suo sguardo.
“Peccato, non ci ho
fatto caso.” Rispose, fissandola intensamente.
“Come hai fatto a
non vederla? Era proprio lassù, vicino alla luna.”
“Io stavo guardando
una stella molto più bella…stavo guardando te…” Le disse, senza timore, senza
paura. Tutto sembrava fatto apposta per loro, tutta la natura li stava
aiutando, nessuno avrebbe avuto qualcosa da ridire.
“Cos…” Non finì di
parlare, le chiuse la bocca con un tenero bacio. Sentì il suo calore, lo sentì
vivo. Rispose timidamente al bacio.
Le loro menti erano
invase da tante emozioni, da tante sensazioni. Quel leggero contatto, quel
piccolo gesto aveva risvegliato tante cose che credevano perdute, ormai da
troppo tempo. Quante volte avevano sognato quel momento, trepidanti,
nell’attesa di essere accettati, di esprimere i loro sentimenti? Nulla di ciò
che avevano vissuto era paragonabile a ciò che stava succedendo, mai erano stati
così vicini tra di loro, tanto da sentire l’uno il profumo dell’altro. Quando
si staccarono, la ragazza guardò a terra, un po’ imbarazzata.
“Perché l’hai
fatto…” Chiese.
“Perché ti amo, non
posso più tenertelo nascosto. Oramai da tanto tempo, da troppo. Era un
sentimento che gridava a gran voce di voler uscire, ma io lo ricacciavo dentro,
il mio orgoglio lo nascondeva. Non me ne importa niente di quello che la gente
potrà dire, non mi importa di quello che accadrà…so solamente che io ti amo,
nulla potrà mai negarlo.” Le prese il viso tra le mani. La vide piangere a quel
contatto.
“Orlando…” sussurrò,
prima di gettarsi al suo collo. “Anche io…anche io ti amo…ti amo così tanto!” E
lo baciò di nuovo. Fu un bacio diverso dal primo; più consapevole, più maturo.
Ognuno esplorava avidamente la bocca dell’altro e, ogni volta che le loro
lingue si incontravano, il loro corpo esplodeva di mille altre sensazioni.
Finalmente, dopo tanto tempo, era il tempo della certezza, la certezza che si
amavano reciprocamente. Quando si lasciarono di nuovo, lui le prese le mani,
sorridendo.
“Ancora non mi hai
detto qual’era il tuo desiderio…” Disse, con voce calda.
“In teoria non
dovrei dirtelo…” Appoggiò la testa alle sue spalle.
“Non ti preoccupare,
non sei tenuta a farlo.” Rise, leggermente.
“…ma il mio
desiderio si è già avverato. Tu sei qui, vicino a me, e tanto mi basta.” Lo
abbracciò, con le sue mani minute. Gli accarezzò i lunghi capelli ricci,
giocando con le punte. Poi rabbrividì di nuovo, l’aria attorno a loro si era
fatta gelida.
“Forse è meglio
tornare al cottage, non vorrei che prendessi un malanno.” Detto questo, le
prese una mano e si incamminò verso la loro piccola casa.
Camminavano come due
adolescenti, tendendosi semplicemente per mano. Lui era davanti, la guidava tra
la fitta boscaglia, stando sempre attento a lei. D’un tratto, però, Amina
inciampò, ferendosi ad un ginocchio.
“Ahi!” Urlò,
rimanendo per terra.
“Cosa hai fatto?”
Chiese Orlando, piuttosto preoccupato.
“Mi sono fatta male
qui. Accidenti, esce del sangue.”
“Vieni, ti riporto
su io.”
La prese in braccio,
cingendola leggermente con le braccia. Era così magra, sembrava che sparisse da
un momento all’altro. Non appena varcarono la porta d’ingresso, la lasciò a
sedere sul letto e cercò qualcosa con cui poterla medicare. Era solo un piccolo
graffietto ma, la prudenza non è mai troppa. Trovò dell’acqua ossigenata e un
po’ di cotone, così cominciò a disinfettarla, lentamente, senza farle male.
Per lei la tensione
si stava facendo troppo pesante. Averlo lì, così vicino, sentire il suo profumo
così inebriante…sarebbe impazzita. I suoi gesti erano pieni di sensualità,
anche se lui non se ne rendeva conto. Aveva ricominciato a tremare, ma non era
per il freddo.
“Che ti succede,
stai male?” Alzò il viso e, come incontrò il suo sguardo, se la trovò davanti,
affannante.
“No…sto bene…” E lo
baciò, profondamente, come non aveva mai fatto.
Lui fu un po’
sorpreso di quella reazione tanto che fu sbilanciato leggermente indietro.
Quella sera non voleva fare niente con lei, non gli pareva giusto. Tuttavia,
un’altra parte di lui, non sembrava proprio d’accordo.
Amina cominciò a
dargli dei piccoli baci lungo la mascella, fino ad arrivare al lobo
dell’orecchio. Cominciò a sussurrargli delle parole, troppo flebili per capirne
il significato. Gli stavo accarezzando i capelli, affondando le dita in quella
meravigliosa chioma bruna, così selvaggia e lunga. Passò poi al collo,
ripetendo il gesto di prima al contrario, fino ad arrivare alle spalle.
Orlando non sapeva più
che pesci pigliare, si stava eccitando e non era per niente un buon segno. La
sentiva sempre più vicina e vederla lì davanti, solo con quel leggero
vestito…era veramente troppo. Faticava a respirare normalmente, aveva
cominciato a perdere il lume della ragione. Cominciò a giocherellare con la
spallina del suo reggiseno, finché non glielo sfilò dal braccio, lentamente.
Lei, nel frattempo,
continuava il suo calmo gioco. Era arrivata all’incavo delle spalle, poi era
scesa giù, fino alla pancia. Si sentiva una sciocca, ma il suo corpo era come
se si stesse muovendo da solo, non rispondeva più a nessun comando. Orlando
aveva cominciato a respirare sempre più affannosamente, fino a che non sentì
che il suo vestito stava andando giù, lasciandola solamente con la biancheria
intima. Si fermò, per un istante.
“Mi dispiace io…di
solito…non sono così…” Disse, sottovoce.
“Lo so…anche
io…però, sei tu che…hai cominciato…” Rise, tra un sospiro e l’altro. “Se vuoi,
possiamo fermarci…non c’è bisogno che…”
“Non ti preoccupare…ancora
sono padrona delle mie…azioni…”
“Allora…adesso….se
non ti spiace…tocca a me…”
La sollevò di peso e
l’appoggiò sul letto. Era imbarazzatissima ed era persino arrossita, come una
bambina. Il ragazzo le sorrise, tranquillizzandola. Le diede un bacio sulla
fronte, poi scese giù, fino ai suoi seni. Tolse il reggipetto delicatamente,
senza fretta. Era perfetta, proprio come l’aveva immaginata. La guardava
dolcemente, mentre la riempiva di carezze e di dolci baci.
Fu una cosa molto
tenera. Orlando non voleva essere precipitoso, tantomeno rude e violento.
Quella sera era speciale. Si erano uniti, erano diventati una cosa sola. Non
era stato sesso, aveva fatto l’amore, perché era quello il sentimento che li
legava. Erano consapevoli di ciò che li aspettava, sapevano che d’ora in avanti
tutto sarebbe cambiato, niente sarebbe rimasto immutato. Era stato il loro
cuore a farli avvicinare, a trasformarsi in un'unica e perfetta persona.
CONTINUA...