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Autore: _PetrolioNero_    11/01/2012    2 recensioni
Matteo, picchiato fin da piccolo; Andrea, il suo unico vero amico.
Alice, picchiata fin da piccola; Luca, suo amico e segretamente innamorato di lei.
Le vite di Alice e di Matteo si intrecceranno e allora cosa accadrà?
Riusciranno a leccarsi le ferite da soli? O avranno bisogno di aiuto?
Una nuova avventura, _PetrolioNero_
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stanca

 

 

 

 

L'odio sì, lo capivo, era un contagio di nervi tirati fino al carico di rottura.

 

 

 

 

Nella stanza c'era puzza di alcol.

Un odore quasi insopportabile.

Spostai lo sguardo sull'uomo che se ne stava seduto sulla poltrona con la solita bottiglia di birra.

Se c'era una cosa che non sopportavo, oltre il fumo, era proprio la birra.

Io e lei avevamo un rapporto di reciproco odio.

Alzai di nuovo lo sguardo e vidi la figura di mia madre nell'angolino.

Provai pena per quella donna che non reagiva, provavo pena per mio padre che si divertiva ad usare i suoi sentimenti.

L'unico intoppo fui io e cercò di sbarazzarsi di me più volte, ma il fato mi volle viva per qualche strana ragione.

-Che fai piangi?

La voce viscida di mio padre mi arrivò attutita alle orecchie, come un serpente che striscia silenzioso per le vie oscure della vita.

Un lamento arrivò dall'angolino quando lui si alzò in piedi.

-Non rispondi?
L'afferrò per i capelli e la trascinò alla luce.

Il viso tumefatto mi fece sussultare, anche se ormai dovevo esserci abituata.

Tremava come una foglia e in quel momento provai ancora più pena per lei.

Però quel giorno ero stanca. Mi alzai in silenzio e mi avvicina verso quella figura tanto grande quanto paurosa.

-Lasciala.

Certe volte mi domandavo spesso dove lo trovavo tutto quel coraggio, alla fine era solo una maschera.

Il suo ghigno mi fece rabbrividire.

-Che fai ti ribelli? Sprechi solo fiato ragazzina, tua madre è già morta.

Vero, verissimo.

L'aveva uccisa lui illudendola.

-Io non voglio difendere mia madre. Sono solo stanca, di te, di me e anche di quell'essere che ti ritrovi stretto tra le mani.

I suoi occhi diventarono due fessure.

-Stupida.

Vero anche questo.

Lasciò mia madre per scagliarsi su di me, io neanche cercai di ribellarmi.

Ero troppo stanca.

La sua mano grande per il mio viso e troppo dolorosa per la mia sopportazione mi colpì dritta in faccia.

Faceva male, ma non potevo farci niente.

Afferrò i miei capelli e mi scosse violentemente.

Forse me li sarei dovuta tagliare.

La testa mi girava e i suoi colpi arrivavano sempre più forti, più lontani.

Sentii un urlo, poi ci fu il buio.

Un buio quasi agognato.

Non so quanto tempo passò, ma quando mi risvegliai ero distesa vicino alla poltrona e non c'era nessuno in casa.

Tentai di alzarmi, ma le forze mi mancarono e così ricaddi a terra.

Un dolore lancinante mi attraversò il corpo ed urlai.

Urlai, ma non piansi.

No, avevo finito le lacrime.

Lentamente riuscii ad alzarmi e mi diressi, barcollante, verso il bagno.

Mi sfilai la maglietta, i jeans, la canottiera, le mutande, il reggiseno.

Afferrai saldamente i bordi della vasca ed entrai dentro. Aprii il getto d'acqua che mi arrivò gelato. Solo che non mi diede fastidio, anzi fu quasi un sollievo.

Il mio corpo era pieno di lividi e il taglio bianco che mi attraversava tutta la coscia era così bianco che non era difficile da notare. L'acqua mi arrivò in faccia e strinsi forte gli occhi, lasciando scivolare via il sangue secco.

L'acqua di scaldò, ma dentro rimasi fredda. Avevo sopportato troppo e non ce la facevo più.

Chiusi il rubinetto e a fatica mi alzai. Lo specchio mi fece girare prepotentemente verso di esso e ciò che vidi non mi piacque affatto.

Il labbro era spaccato, un occhi nero era in bella mostra e una ferita che perdeva ancora sangue dietro sulla spalla.

Sospirai e mi girai sentendo la serratura scattare.

I suoi passi si trascinarono fino alla poltrona e lì si lasciò cadere.

Sospirai di sollievo quando sentii la televisione accendersi.

Lanciai un'altra occhiata allo specchio e vidi, sotto tutte quelle ferite, degli occhi azzurri che avevano sopportato troppo.

Camminai fino alla stanza e mi vestii in fretta, uscendo subito dopo, senza prendere niente. Non mi serviva niente. Neanche i vestiti, non li volevo.

Camminai velocemente nel soggiorno e feci per aprire la porta.

-Dove vai?

-Esco.

-Chi te lo da il permesso?

Non gli risposi neanche, uscii e basta.

Con le mani in tasca, un pacchetto di gomme nel giacchetto e tanta voglia di respirare aria pulita.

Non mi voltai e cercai di dimenticare, subito.

Ma ancora oggi non riesco a dimenticare, anche se tutto sembra così lontano.

Mi fermai dentro davanti ad una casa.

Suonai e una voce impiastrata dal sonno mi venne a rispondere.

-Si?

-Luca, sono stanca.

Non mi rispose, sentii solo il cancello aprirsi e una figura apparire alla porta.

Mi guardai un attimo dietro e non vidi niente.

Neanche la strada, non c'era niente.

Io non ero niente.

Però una cosa la sapevo.

Ero nessuno, ma un nessuno stanco.

Stanco di subire senza riuscire a difendersi.

-Alice, tutto bene?

-No. Sono stanca.

-Lo so.

No, non potevi sapere. Non potevi neanche lontanamente immaginare, ma non dissi niente. Non c'era niente da dire.

Mi fiondai fra le sue braccia e scoppiai a ridere.

-Sono stanca.

Lui non disse niente, mi accarezzò i capelli in silenzio. Non sapeva che dire, neanche io avrei saputo dire niente.

Ma io ero stanca di tacere, di subire senza replica.

Ero stanca e basta.

 

 

 

 

°°°

Salve!

Sono in ritardi e lo so, so anche che il capitolo è corto, ma datemi tempo :)

Allora, in questo capitolo arriva Alice e si “conosce” anche Luca.

I nomi dei genitori di Alice sono volutamente non detti e neanche si sapranno mai.

Sono un ricordo troppo dolorosa da rammentare.

Ora vi lascio la buona notte e alla prossima volta.

_PetrolioNero_

  
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