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Autore: skeight    11/01/2012    2 recensioni
Inuyasha, commesso in una boutique di alta moda, tiranneggiato dal fratellastro e padrone del negozio Sesshomaru, trova in uno strano manichino l'incontro che cambierà la sua vita. Liberamente ispirato al film "Il bacio di Venere" di William A. Seiter (1948).
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kikyo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Downtown, il quartiere più squallido della città: ogni sera, mentre le pescherie abbassavano le saracinesche e inevitabilmente scoppiavano risse tra i commercianti e gli ubriachi che sin dal tramonto iniziavano ad affollare le vie, la massa dei pendolari che tornavano dai loro posti di lavoro arrivava, e si aggirava impaurita in quella zona così insicura, ma anche così poco costosa, dal punto di vista degli alloggi.

Pochi erano quelli che non avevano paura; tra questi, Inuyasha, che in quanto mezzodemone certo non si faceva intimorire da quattro umani ubriaconi, anzi: se avesse voluto li avrebbe fatti a pezzi con poche mosse, anche se sapeva benissimo che non lo avrebbe mai fatto, era troppo generoso di carattere. Eppure, quella sera il suo umore era così nero che probabilmente non si sarebbe preoccupato di squartare il malcapitato beone che lo avesse importunato. Non che si sentisse particolarmente sanguinario, ma l’unica cosa che desiderava era tornare a casa, sdraiarsi sul letto e fare finta che quella maledetta giornata fosse stata solo un brutto sogno. Certo, prima di tutto ciò doveva assicurarsi che il suo coinquilino non stesse combinando casini come al solito, ma di sicuro non avrebbe perso tempo ad ascoltarlo. Questo si diceva mentre girava la chiave nella serratura.

Miroku ti avviso che sono incazzato nero, non mi scocc...” ma non fece in tempo a finire la frase che un bellissimo vaso da fiori lo colpì in piena faccia. A tirarlo era stata una donna, che non perse nemmeno tempo a scusarsi, ma continuò piuttosto a inveire contro il vero obiettivo di quel lancio, il coinquilino di Inuyasha, Miroku.

“Mi hai stancato! È la terza volta questo mese!”

“Ma, Sango, calma, non abbiamo fatto nulla...” cercava di tranquillizzarla Miroku.

“Nulla, sì, come l’altra volta che hai detto lo stesso e poi ti ho ritrovato con le tasche piene di condom usati!”

“Ma dai, quello è stato un caso...”

“Pure per scema mi vuoi pigliare? Io ti ammazzo!”

“Ma si può sapere che sta succedendo?” chiese Inuyasha, mentre si toglieva dalla faccia le schegge del vaso.

“Chiedilo al tuo compagno di merende, chiedilo” disse Sango furiosa “Miroku sei fortunato, proprio perché c’è Inuyasha non ti uccido. Ma sappi che con me hai chiuso, non mi vedrai più, capito!?” e così dicendo afferrò il suo cappotto, si diresse a grandi passi verso l’uscita, scostò Inuyasha dandogli uno spintone che lo fece sbattere con l’anca contro uno spigolo e sparì sbattendo la porta così forte che dal soffitto un po’ di intonaco si staccò e cadde sui capelli del mezzodemone.

“Beh, domani sarà più calma” commentò Miroku con filosofia.

“Accidenti a te, Miroku, ma possibile che non potete passare una settimana senza litigare?” disse furioso Inuyasha.

“Ma dai, sai com’è Sango, si ingelosisce per le minime cose...”

“Eh sì, figuriamoci per le cose massime che fai tu allora...”

Miroku non raccolse la frecciatina, ma solo i cocci del vaso.

“E comunque lasciamo perdere che stasera non ho voglia di mettermi a discutere.”

“Che c’è, Inuyasha? Ti vedo nervoso.”

“E vorrei vedere! Oggi ho avuto la mia unica possibilità di fare un salto di qualità nel negozio e mi è capitato un bambino rompiscatole che mi ha fatto impazzire e ha mandato tutto all’aria, ecco cosa c’è!”

“Ah, mi dispiace... però vedrai che Sesshomaru capirà, ti darà una seconda possibilità.”

“Dici così perché non lo conosci... basta vedere come mi tratta, guadagniamo la stessa somma ma per non far vedere che sono proprietario requisisce la mia parte e mi dà soldi sufficienti appena a stare in un condominio di questo schifoso quartiere a dover dividere un monolocale con un maniaco sessuale!”

“Ehi, piano con le parole!” ribatté Miroku offeso.

“Perché, non è vero? Ti devo ricordare tutte le volte che ti sei portato una ragazza in casa e per lasciarvi fare dovevo dormire a terra, o in bagno se lei era timida?”

“Ih, quanti problemi che ti fai...”

“Sì bravo, sminuisci sminuisci... però stasera sono incavolato e non voglio problemi, capito?”

“Tranquillo, tanto stasera non mi vedo con nessuna, il letto è libero.”

“Ecco, almeno questo. Ci mancava solo che dovevo dormire a terra con il nervoso che mi trovo...”

Mentre parlava, un telefonino squillò. Quello di Miroku.

“Pronto? Ciao Shima! Come stai, bellissima? Sì? Benissimo... Come? Ma certo che puoi, tranquilla, nessun problema! Certo, stasera son libero, tranquilla... ma sì, a casa mia come al solito, ok? Benissimo, a dopo, ciao stupenda, ricordati il completino sadomaso viola che mi fa impazzire eh? Ciao!”

Chiuse la conversazione con un bacetto, poi alzò lo sguardo su Inuyasha e l’espressione ieratica che aveva dipinta sul viso svanì di colpo.

Inuyasha... sii paziente... ti devo chiedere un favore...”

Il mezzodemone si portò una mano al volto, e, senza una parola, svenne.

 

La giornata successiva fu anche peggiore. Inuyasha si presentò in boutique pallido e con gli occhi gonfi di sonno e – orrore! – il vestito spiegazzato. Sesshomaru lo squadrò con disprezzo padronale e gli disse: “Coglionazzo, sono arrivati i manichini nuovi, valli a disimballare.”

Disimballare? Neanche il vetrinista poteva più fare?

Doveva lavorare nel magazzino, l’ala sotterranea del negozio che niente aveva dell’eleganza dei piani superiori, una serie di catacombe umide e scure, illuminate solo da vividi neon senz’anima, e abitate unicamente dal magazziniere, uno degli esseri più viscidi che Inuyasha avesse mai incontrato. Proprio questi osservò stupito il mezzodemone scendere a capo chino in quel luogo miserevole.

Inuyasha! Che ci vieni a fare qui?”

“Non rompere, Jaken! Sesshomaru mi ha mandato a disimballare i manichini.”

Il magazziniere Jaken gli piantò addosso le pupille sottili.

“Mi stai dicendo che il signor Sesshomaru non ti fa più lavorare in vetrina ma in magazzino?”

“Che intuito, eh? Sì.”

“Aspetta un attimo, allora.”

Jaken gli voltò le spalle e iniziò a rimuginare tra sé: “Finalmente ho un po’ di aiuto, questo è un lavoraccio... dovrò ringraziare il signor Sesshomaru... però ora che ci penso, se ha mandato Inuyasha in magazzino vuol dire che è davvero arrabbiato con lui... allora se tratto male Inuyasha il signor Sesshomaru sarà contento di me... benissimo!”

Jaken tornò a guardare Inuyasha, con un sorriso strano sul volto di rospo.

“Bene bene, caro mio. Giacché il signor Sesshomaru ti ha dato l’incarico per i manichini arrivati oggi, li lascerò a te. Io mi occuperò delle altre faccende.”

“Vuoi dire che dovrò disimballarli tutti io? Quanti sono?”

“Fammi pensare... questa è la fornitura quinquennale della ditta di Urasue... se ricordo bene dovrebbero essere seicentosettantaquattro manichini, in totale.”

“Quanti!?”

“Invece di perdere tempo a fare domande fila a lavorare! Avanti, march!”

Inuyasha marciò, ma non prima di avere assestato sulla testa di Jaken tanti pugni quanti erano i manichini.

 

“Seicentosettantaquattro manichini... perché così tanti, dico io...”

Terminato il lavoro, si gettò a terra, esausto. Il magazzino era ora pieno di figure dalle parvenze umane, ma di legno, e in tante pose diverse: alcuni in guisa di camminare, altri con le braccia levate al cielo, altri piegati a mo’ di sodomiti, ma tutti rigidi e inanimati, e nel complesso davano un’impressione inquietante, come un esercito di fantasmi.

Esaurito, arrabbiato e madido di sudore, Inuyasha fece per riprendersi la giacca e andarsene. Quando si bloccò. Durante il lavoro non ci aveva fatto caso, ma ora percepiva chiaramente un odore nuovo, che proveniva dai manichini, ma non era loro. Incuriosito, iniziò a girare tra quelle figure, finché individuò la fonte dell’odore. Sembrava un manichino come gli altri, ma il naso gli suggeriva chiaramente che c’era qualcosa di diverso. Si avvicinò e lo guardo meglio: era un manichino femminile, in una posa rilassata, con le braccia lungo i fianchi. Dov’era la differenza? Il mezzodemone notò che tra le dita della mano sinistra c’era un foglio, un’etichetta. La prese, c’era scritto un nome.

Kikyo?”

 

   
 
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