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Autore: Revysmile    11/01/2012    2 recensioni
Questa parvenza di sogno svanisce in fretta ed io mi accorgo solo adesso di essere completamente avvolto nelle coperte di un letto, anzi del mio letto, in uno squallido appartamento, mio anch'esso, mentre la mia sveglia gracchia "Sympathy for the devil" dei Rolling Stones.
Sono presenti OC.
[Pairings: FruK, RusGre,AustriaUngheria ed altri]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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06. Solitary Man

 

I miei passi rimbombano sinistri, propagando il loro suono, ritmico e sordo, per l'intera rampa delle scale mentre salgo svogliatamente gli scalini, sentendomi la testa pesante, gli occhi ancora irritati ed un immane senso di vuoto atto a divorarmi ogni sentimento presente nel mio spirito. Successivamente l'incontro con mia sorella, avvenuto all'Eliotropilaki, gli avvenimenti si sono svolti in fretta ed in modo caotico, portandomi a incontrare di nuovo volti che non vedevo da tantissimo tempo.

Il primo è, appunto, quello di Eileen, che, a quanto pare, ha deciso di sorvolare temporaneamente sul litigio avvenuto mesi fa che ha portato alla nostra attuale allontananza. Poi è stato il turno di Sean che ci aspettava in lacrime a casa di mia madre, dove ci ha abbracciati come non accadeva da tantissimo tempo, ovvero come durante la nostra infanzia, quando eravamo ancora piccolini e lui si sentiva figo nel ruolo di fratello maggiore. Ed infine, dopo Sean, è stato il turno di incotrare nuovamente William che, come sempre del resto, ci ha salutato con le sue solite battute sarcastiche, chiamandomi moccioso, con tono sprezzante da uomo duro e forte qual'è, che, al contrario nostro, noi mammolette, non si fa prendere assolutamente dalle emozioni, anzi, le domina assoggettandole al suo volere.

L'unico che non era presente all'appello era Patrick, infatti, l'idiota, è riuscito a perdere l'aereo che da Belfast avrebbe dovuto portarlo qui, in Inghilterra, tuttavia, ci telefonato più e più volte assicurandoci che sarebbe arrivato l'indomani.

Giunto sul mio pianerottolo appoggio stancamente la fronte alla superficie liscia del legno della porta di casa mia.

Mi sento stanchissimo, sfinito, sia fisicamente che mentalmente.

Ho passato, in seguito alla dura notizia ricevuta da mia sorella fuori dal locale del greco che andava a spiegare il vero motivo per cui tutti erano tornati nella nostra città natale, gran parte del tempo cercando di trattenermi dal piangere, soprattutto davanti a William, per poi scoppiare una volta sceso in strada da solo, prima di rincasare. Tuttavia quelle lacrime, più che sfogarmi e rinfrancarmi, mi hanno solamente stravolto l'animo e fatto precipitare il mio umore.

All'improvviso, a ridestarmi in modo brutale dai miei pensieri, sento un chiavistello scattare alle mie spalle, nonostante l'ora tarda.

Un brivido sinistro mi percorre la schiena e tutta la mia vita mi passa davanti agli occhi mentre tento di aprire febbrilmente la porta di casa. Con sommo piacere mi accorgo che è già aperta e, solo in questo momento, realizzo che, essendo molto tardi, probabilmente la rana è già rincasata. Mentre mi fiondo oltre l'uscio mi sento, per la prima ed ultima volta, sia chiaro, contento della presenza di quel intruso francese.

Richiudo la porta appena un attimo prima che quella del mio vicino si apra, rimanendo per alcuni secondi in silenzio, appoggiato al legno, e, colmo di paura, in attesa di sentire l'altro uscio chiudersi. Quando finalmente accade mi concedo un sospiro di sollievo, lasciandomi scivolare lentamente fino a sedermi sul pavimento.

Anche oggi ce l'ho fatta.

Arthur Kirkland 13- Vash Zwingli 2

Rimango per un po' seduto sul pavimento, al buio, mentre il piacere per la mia ennesima vittoria viene lentamente divorato dal senso di vuoto che mi opprime.

-Arthur?-

Queste parole abbinate ad un movimento indistinto mi fanno sussultare, facendo perdere alcuni battiti al mio povero cuore.

Porca troia, mi sono dimenticato che il francese dorme in soggiorno!

Ripensandoci mi dimentico di troppe cose ultimamente, comincio seriamente a preoccuparmi...

-Francis! Cazzo! Non emergere dal buio così all'improvviso!- la mia voce sembra quella di una liceale che assiste per la prima volta alla vivisezione di un anfibio durante il corso di biologia.

-Pardon- dice spostandosi ed accendendo la luce -Come mai sei seduto per terra?-

-Perchè sono appena sfuggito alla morte.- la mia risposta viene sentenziata in modo seccato mentre mentre mi si avvicina, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, anche se, pensandoci bene, così proprio non è. E'un concetto chiaro solo nella mia povera mente traumatizzata in seguito a spiacevoli incontri avvenuti soprattutto durante gli ultimi mesi.

Nel giro di un secondo la mia attenzione si sposta su altri dettagli e particolari che mi riguardano, facendomi scegliere un nuovo obiettivo: sparire il più in fretta possibile.

E' evidente che ho pianto, ho gli occhi rossi, lucidi e gonfi, e non voglio quindi che il francese mi veda in questo stato.

-Lo svizzero?- mi chiede tuttavia, dimostrando enormi doti deduttive e memore del mio avvertimento di stamane.

-Lo svizzero.-

-Mi spieghi il perchè di questa guerra?- mi chiede divertito offrendomi una mano per aiutarmi nel rialzarmi.

-Mah, un giorno, forse.- rispondo ignorando il suo gesto gentile, come solo l'idiota che sono saprebbe fare pur di apparire un duro.

Tuttavia, vuoi perchè sono stanchissimo, vuoi perchè c'è un qualche spirito che, per la mia maleducazione, vuole punirmi, mi cede inaspettatamente il ginocchio sinistro e mi ritrovo pericolosamente sbilanciato in avanti ed in procinto di cadere.

E' questione di un attimo e sorprendentemente, invece di ritrovarmi spiaccicato sul pavimento, mi accorgo di essere fra le braccia di Francis, che mi regge sviando la mia caduta

-Ops, attento.- mi dice ridacchiando mentre io avvampo come un fesso.

Mugugno qualcosa e, vergognandomi come un ladro, tento di staccarmi da lui.

Dopo qualche iniziale momento di stupore e imbarazzo mi accorgo che il francese, il quale mi sta reggendo tenendomi un braccio avvolto attorno alle spalle, non ha la minima intenzione di lasciarmi.

-Lasciami.- protesto io.

-Non se prima non mi dici la parolina magica.- afferma in tono scherzoso ma ben deciso a non mollarmi, nonostante le mie proteste violente, sfoggiando una forza nelle braccia che, apparentemente, non sembra possedere.

-Che parolina magica? Lasciami andare!-

-No- e detto questo e mi fa compiere una torsione con il busto, bloccandomi il collo sotto alla sua ascella e tenendomelo stretto con un braccio.

Mi ritrovo esattamente nella stessa posizione a cui mi costringeva William quando, per indispettirmi, mi strofinava la testa con le nocche.

Ed infatti un terribile presentimento mi assale.

-Lasciami! Subito!-

Tento di divincolarmi, inutilmente.

Dannazione, dove la tiene tutta questa forza?

-Allora, mon chere, sto aspettando.- dice profondamente divertito mentre mi tiene immobilizzato.

Merda, comincio a temere per la mia persona, le sue parole ed il suo tono assomigliano a quello utilizzato da un maniaco che si sta rivolgendo alla sua vittima in procinto di violentarla.

-Che diavolo dovrei dirti, idiota?!-

-Ci puoi arrivare, gr..-

-Gr..?

-Grazie.-

-Eh? Grazie?-

-Ouì. Grazie Francis, sei proprio gentile, senza di te mi sarei ritrovato con il naso e le mie orride sopracciglie spiacciacate sul pavimento.- dice simulando una mia improbabile vocina.

-Cosa?! Primo: non sarei caduto! E secondo: non permetterti di offerndermi riguardo le mie sopracciglia, vinofilo dal cervello avariato!-

Tuttavia non faccio nemmeno in tempo a finire di parlare che il mio più grande timore si avvera e le sue nocche cominciano a sfregare implacabili contro il mio povero cuoio capelluto.

-Le tue sopracciglia sono orrende e, personalmente, sono stufo della tua maleducazione ed avversione nei miei confronti.- dice in tono assolutamente calmo continuando la sua tortura.

-Aaaaaargh! Lasciami!-urlo tentando di sfuggirgli, invano.

-Ringrazia.-

-No! Dopo questa mai!-

Mentre il mio cervello è occupato a reagire al dolore che sento al cranio i mie pensieri, per un attimo, riflettendo sulle parole appena udite, sono indirizzati al mio comportamento verso il francese. La verità è che io sono negato per i rapporti interpersonali e, reagisco così, quando c'è qualcuno che mi turba e certamante Francis rientra in questa categoria

- Allora, ti arrendi?- la voce di Francis, così allegra e solare, mi riporta alla realtà, dove ritrovo la mia povera testolina fumante ed indolenzita.

-Mai-

-Sei un testardo.-

-Mai quanto te, rana!-

-Rana?- mi chiede stupito- E questa da dove salta fuori?-

-Dal tuo modo assurdo di parlare.-

-Non è assurdo, e , certamente, suona molto più elegante del tuo!- afferma trattenendomi ancora nella sua morsa.

-Seriamente, lasciami.- dico in tono seccato ed alquanto alterato battendogli una mano sulla coscia.

-Ringrazia.-

Cedere ora sarebbe come dichiararsi sconfitto, e non ho intenzione di lasciare perdere, il mio orgoglio non me lo permetterebbe.

Ridacchio pensando che il mio futuro rapporto di convivenza, forzata, con Francis sarà una continua lotta.

Tuttavia lui avrà anche una discreta forza fisica ma io ho un asso nella manica che certamente lui ignora.

Gli cingo, con una certa fatica, vista la mia posizione, i fianchi, facendolo sussultare.

-Che cos'è un abbraccio?- chiede divertito ed incurisito allo stesso tempo.

Povero illuso, non immagina nemmeno la mia prossima mossa.

-No! E' un placcaggio!- affermo con tono sfrontrato puntando i piedi e facendo forza con tutto il mio corpo, così come mi è stato insegnato. Ovviamente, il francese, non può nemmeno immaginare, vista la mia scarsa fisicità, che io ho passato moltissimi anni a giocare a rugby dopo la scuola, assieme a compagni "docili" come i miei fratelli William e Patrick. In seguito alla mia spinta, come due idioti, cadiamo a peso morto sul pavimento, picchiando gomiti, ginocchia e quant'altro, e soprattutto facendo un casino colossale.

Domani sarò sulla lista nera dei miei vicini.

-Ahia! Sei ben irruento!- si lamenta Francis, che finalmete mi ha mollato, massaggiandosi un gomito.

-Ma taci.- sospiro sedendomi ed intanto, mi accorgo, con un certo imbarazzo, che il ragazzo francese mi sta fissando, sfoderando un sorriso che fa risaltare enormemente i suoi occhioni azzurri che ben presto però si trasforma in una improvvisa e spontanea risata -Non sembra ma ne hai di forza.- aggiunge sornione in seguito a quella che sembra una strana rivalutazione del mio essere.

-Ho fatto rugby, con i miei fratelli.- mi giustifico grattandomi la testa con fare distratto e rievocando alcuni ricordi, più o meno belli, riguardo alla mia infanzia.

-Con i tuoi fratelli?- mi chiede Francis, ormai abbiamo abbandonato ogni proposito di guerra e siamo ancora seduti per terra , io appoggiato al divano e lui ad una gamba del tavolo.

-Sì, ci eravamo tutti iscritti nella stessa squadra che raccoglieva molti dei ragazzi del quartiere.- rispondo stancamente, in modo atono.

Il biondo, come risposta, mi fissa, sorridendo appena e giocherellando con le proprie affusolate dita e, per un attimo, mi incanto nell'osservarle.

-Dimmi...- mi dice improvvisamente distogliendo la mia attenzione dalle sue mani - Hai risolto con tua sorella?-

Sapevo che, prima o poi, mi avrebbe fatto questa domanda e, speravo in cuor mio che questo momento sarebbe arrivato il più tardi possibile.

-No, non ho risolto un cazzo.- dico alzandomi di scatto dal pavimento, con l'intenzione di dirigermi verso camera mia, bloccandomi però subito, appena sento una mano di Francis trattenermi per un braccio.

-Ne vuoi parlare?- mi chiede guardandomi negli occhi con tono....gentile?

Apro la bocca per rispondere, pronto a urlargli contro una lunga serie di insulti riguardo al fatto che, questi non sono assolutamente affari suoi, ed invece non dico parola.

Mi accorgo che ho un grandissimo bisogno di parlarne con qualcuno e, forse, con un ragazzo come Francis, che per me è quasi uno sconosciuto, potrei riuscirci. Non sono abituato a confidarmi con la gente e, sinceramente, non saprei nemmeno da dove iniziare.

-Io...- biascico mentre Bonnefoy si alza dal pavimento lasciandomi il braccio, facendolo però in modo strano, con movimenti molto lenti e delicati i quali mi ricordano una carezza.

-Heracles mi ha detto che avete litigato e poi ti ho visto piangere.- a queste parole il mio viso avvampa, facendomi rimangiare i miei pensieri precedenti.

-Dannazione, non piangevo mica! Mi lacrimava un occhio!- comincio a blaterale in modo poco convincente, arrossendo sempre di più e cercando una via di fuga verso camera mia.

-Aspetta, guarda che con me ne puoi parlare! Non ti giudico mica.- mi dice mentre mi allontano nel corridoio, senza accennare a seguirmi.

Mi fermo un attimo davanti alla porta di camera mia, indeciso su che cosa fare.

-E' morta mia madre.- e dicendo questo varco la soglia, chiudendo la porta alle mie spalle.

 

Era coricato immobile sul divano, al buio, con gli occhi chiusi ma incapace di prendere sonno a causa della notizia che gli aveva appena proferito Arthur. Senz'altro non poteva dire di conoscere il ragazzo da molto tempo e l'impressione che gli aveva dato era quella di un tipo estremamente orgoglioso e quasi antipatico, ma soprattutto solo. Era strano, Arthur gli faceva tenerezza, molta tenerezza, e gli ricordava incredibilmente la sua stessa situazione. Forse era questa loro negativa comunanza , ma sentiva per il ragazzo musone dagli occhi verdi una strana attrazione, quasi come se fossero due calamite.

Improvvisamente, sentì provenire dalla stanza di Arthur una melodia di una chitarra, poi, delle parole fluire attraverso la porta chiusa fino al soggiorno.

-"Melinda was mine

'til the time

that I found her

holding Jim

loving him..."

Francis si mise a sedere sul divano ascoltando la voce dolce del ragazzo inglese cantare una canzone che riconobbe subito come Solitary Man.

"then Sue come along

love me strong

that's what I thought

me and Sue

but that died too"-

Si alzò dal suo giaciglio per dirigersi verso la camera da letto, insicuro se fosse stato giusto invedere la sua privacy, violando anche la sua solitudine.

Tuttavia non potè fare a meno di andare da lui anche se, quando arrivò ad impugnare la maniglia della porta si fermò, rimanendo un attimo in ascolto, per inebriarsi di quella voce che sicuramente avrebbe smesso di cantare una volta entrato.

Aveva sentito la voce di Arthur spesso alla radio o attraverso le casse di vari lettori musicali e l'aveva sempre trovata bella, attraente, tuttavia, sentirla del vivo, donava tutta un'altra emozione!

"Don't know that I will

But until I can find me

The girl who'll stay

And won't play games behind me

I'll be what I am

A solitary man, solitary man"

 

Ho appena finito di cantare il primo ritornello che avverto la porta aprirsi alle mie spalle, facendomi sobbalzare e scomponendo la mia tipica posizione che assumo quando suono in casa, ovvero con le gambe incrociate, seduto sul letto e con la chitarra in grembo.

Francis apre appena la porta e scivola nella mia stanza rivolgendomi un sorriso fugace mentre io lancio uno sguardo alla sveglia sul mio comodino segnante quasi le due e realizzando che devo migliorare le mie doti di coinquilino.

-Scusa non sono abituato ad avere gente in casa, mi sono dimenticato che è tardi.-

Come risposta, il ragazzo francese non proferisce una parola e si siede ai piedi del mio letto con fare stanco, ma pur sempre conservando una certa eleganza nei movimenti.

-Non ti preoccupare, non stavo dormendo.- dice guardando davanti a se per poi aggiungere, dopo una pausa -Hai pianto?-

Semplicemente avvampo, per l'ennesima volta -E' così evidente?- chiedo issandomi con le braccia per assumere una posizione decente.

-E' facilmente immaginabile.- risponde con una voce dolce.

Rimaniamo in silenzio per un po' di tempo, immobili, senza sapere bene che cosa dire, stando rispettivamente seduti per terra e sul letto.

-Vuoi parlare?- mi chiede improvvisamente.

Aiuto.

Non so bene che cosa rispondergli.

Se da un lato vorrei parlarne dall'altro mi vergogno troppo di farlo, rivelando le mie debolezze mi sentirei vulnerabile e questa è una cosa che il mio orgoglio non mi perdonerebbe.

-Penso di sapere come ti senti.- dice improvvisamente attirando la mia attenzione su di lui.

-Ti è morto un genitore?-

-No ma..-

La mia risata roca lo interrompe, non lasciandogli continuare la frase, mentre la mia voce è caricata di disprezzo -Ed allora risparmiami queste frasi di circostanza che ne faccio volentieri a meno.-

Non ottengo una risposta immediata, Francis semplicemente continua a guardare dritto, dandomi le spalle.

-Non è una frase di circostanza- quando pronuncia queste poche porole noto qualcosa di diverso nella sua voce, sembra quasi una carica di tristezza.

-Posso capire più o meno quello che provi perchè mi trovo nella stessa situazione ma...- ora sembra quasi imbarazzato, come se dire quelle parole gli costasse una fatica indicibile - All'incontrario.-

-All'incontrario? - chiedo dubbioso ma altrettanto curioso, voglio proprio vedere se sta parlando seriamente oppure a sproposito.

-Già- ora mi sembra quasi in imbarazzo e spesso sospira o si sposta qualche ciocca di capelli dietro le orecchie con fare nervoso-Vedi i miei genitori sono vivi, entrambi, ma è come se io fossi morto per loro.-

Queste parole mi inchiodano come se fossi stato colpito da un macinio -Cosa? Perchè?- riesco a mormorare in modo idiota.

-I miei sono dei tipi molto conservatori, tradizionalisti diciamo, con la mente poco aperta e quando hanno scoperto, quattro anni fa, di chi mi ero innamorato mi hanno cacciato di casa diseredandomi e non riconoscendomi più come figlio loro.-

- E perchè di grazia? Che cosa aveva di male?- chiedo, incredulo che Francis abbia un passato simile.

-Di male? Assolutamente niente.- risponde emettendo un lungo sospiro -Semplicemente era un uomo.-

Non so che reazione si aspetti da me ma quando gli appoggio una mano su una spalla lo sento sobbalzare, per poi voltarsi di scatto verso il sottoscritto.

Vedendo il suo volto stupito deduco che non si è neppure accorto che mi sono avvicinato a lui e, sinceramente, quasi non l'ho fatto nemmeno io.

-Cazzo Francis, mi dispiace.- dico con estrema sincerità.

-Di nulla, c'est la vie.-mormora tenendo gli occhi bassi e, dopo un po', mi chiede con voce leggermente preoccupata - Per te non è un problema se sono...-

-Omosessuale? No, alcuno.- rispondo io -Non sei mica il primo che conosco, lo sono anche Ivan e Heracles.-

L'altro, superato l'iniziale stupore per la mia rivelazione, non mi sembra molto convinto dai miei, per una volta, buoni propositi e continua a guardarmi con un'aspressione dubbiosa.

-Penso non ci sia nulla di sbagliato, ecco- continuo io, tremendamente imbarazzato e col viso completamente rosso- Quelli che realmente sbagliano sono quegli emeriti coglioni che si mettono a fare delle discriminazioni gratuite, credendosi nella posizione di poter criticare gli altri!- più continuo a parlare più aumenta la foga con cui lo faccio e, se non avessi fra le mani le corde della mia chitarra che sto distrattamente strimpellando, starei sicuramente gesticolando come un cretino o come Feliks, il che, forse, è ancora peggio.

-Anche uno dei miei fratelli è omosessuale eppure noi in famiglia non abbiamo mai fatto niente per farglielo pesare, anzi, abbiamo conosciuto anche il suo fidanzato. Non capisco proprio quelle famiglie che allontano i figli per questo motivo, sono degli insensibili, degli ottusi con delle menti aperte come quelle delle formiche. Dovrebbero prendere loro e le loro progenie e..- il mio confuso e demenziale chiacchericcio viene interrotto da Francis.

-Arthur. Io sono uno di quelle progenie.- dice ostentando una faccia da "pocker" imbattibile e lasciando trasparire solo un leggero tono irato dalla sua voce, facendomi comprendere l'enormita della mia gaffe commessa nei suoi confronti e della sua famiglia.

-Ehm, no, cioè.. io non volevo insultare te o la tua famiglia- biascico tentando di scusarmi con il biondo, il quale, fortunatamente, interrompe il mio tentavo di arrampicarmi sugli specchi con un gesto della mano e facendomi intuire che non è rimasto offeso.

-Allora, parliamo di te.- dice improvvisamente Francis sedendosi sul letto accanto a me.

Oh no, proprio come temevo.

Allunga una mano verso la mia spalla, stringendola appena, giusto come avevo fatto io con lui poco prima e guardandomi di con il viso leggermente di sbieco mi chiede- Come ti senti?-

Non so se sia per la voce calda con cui ha pronunciato questa domanda, se sia per la mia stanchezza, se sia per quel calore che sento provenire dal suo tocco o per il mio enorme bisogno di parlare con qualcuno ma avverto un nodo sciogliersi nella mia gola e le lacrime tentano di aprirsi un passaggio per percorrere le mie guance, ostacolate solo dalla mia volontà e dal mio orgoglio.

-Male.- mormoro sincero guardandomi i piedi -Sono cresciuto con mia madre. Lei è sempre stata l'unico genitore che io abbia mai avuto, anche se non avevamo legami di sangue, lei mi aveva adottato.- comincio a raccontare.

-Lo so, me ne ha parlato Heracles.- dice soavemente.

-Ah! Bene, lo immaginavo. In ogni caso, prima o poi, lo saresti venuto a sapere.- mi interrompo alzandomi dal letto e muovendo qualche passo dando le spalle a Francis, non voglio che veda quella lacrima solitaria che mi sta correndo lungo la pelle.

-E' che... E' stato così improvviso. Stava bene ed io e i miei fratelli eravano convinti che avremmo potuto far affidamento su di lei ancora per molto ed invece... è andata in vacanza in Belgio e lì è morta per un infarto fulminante.-

Mi sento triste, non solo per mia madre ma anche per i miei fratelli: Sean ha appena scoperto di essere un futuro padre, avrebbe avuto bisogno di lei, Eileen invece ha bisogno di una figura materna a cui fare riferimento, siccome non può contare su quelle bestie che sono i suoi genitori naturali, e poi Patrick, lui ha avuto guai con la droga, gli serve qualcuno che gli stia accanto, ed anche William, in fondo, so che ha sempre avuto bisogno di una casa dove tornare per leccarsi le ferite. Come faranno d'ora in poi, anzi, come faremo?

Improvvisamente un tocco gentile mi sfiora nuovamente le spalle, sento Francis che, lentamente, mi volta verso di lui e, con delicatezza, mi cinge fra le sue braccia sussurandomi -Mi dispiace.-

La mia prima reazione è quella di allontanarlo e convinto appoggio le mie mani sul suo petto per spingerlo via, ma poi, mi fermo e realizzo tristemente che non è ciò che voglio.

Mostrarsi deboli non è dignitoso, mi dice il mio orgoglio.

E' vero, però ora io ne ho così bisogno, dopotutto, cedere per una volta non è un male, no?

Lentamente, e soprattutto impacciatamente ricambio l'abbraccio e, affondando il volto in una sua spalla e lascio, forse per la prima volta, libere le mie lacrime, abbandonandomi in un pianto a dirotto.

 

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Ciao a tutti! Sono tornata!

Scusate per l'ENORME ritardo ma questo capitolo proprio non voleva essere scritto e il tempo certo non giocava a mio favore.

Che dire?

Questo è stato il capitolo più difficile da scrivere e non riuscivo mai a rendere bene la tristezza di Arthur... comunque tranquilli! Dal prossimo si torna a ridere!

Un'altra cosa... la canzone apparsa è Solitary Man secondo la versione di Neil Diamond, un cantautore statunitense e, anche se non è spiegato, c'è un perchè celato dietro a questa scelta ma questo sarà rivelato solo in futuro....

Inoltre da questo capitolo la pubblicazione diventerà ancora più turbolenta, ma io mi impegnerò al massimo per aggiornare con regolarità!

Grazie a tutti e recensite! Anche solo per dire che è uno schifo! Le critiche sono ben accette!

Rebecca

  
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