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Autore: Good Old Charlie Brown    12/01/2012    3 recensioni
Una storia dedicata ad un gruppo di personaggi originali. Spero vi piaccia.
Charles, Hac e Gwen sono tre amici che hanno frequentato Hogwarts insieme. La nuova Guerra Magica li porterà ad affrontare i loro limiti e le loro paure.
Corretti i primi capitoli.
Genere: Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Quando i sogni
Capitolo 3
Quando i sogni diventano veri.



    «Grazie davvero signora Riddle, la cena era squisita lei è un’ottima cuoca!» disse Gwen mentre la madre di Hac raccoglieva piatti e bicchieri da tavola.
    «Grazie a te, Gwen – rispose la donna con un sorriso – sei molto gentile. Ma, ti prego, non chiamarmi “Signora Riddle”. Dammi del tu e chiamami Endora. Ho appena passato i quaranta, se mi chiami “signora” mi fai sentire ancora più vecchia».
    «Oh non dire così, mamma! Tu sei sempre così giovanile e bella, nessuno potrebbe mai pensare a te come una vecchia!» intervenne Hac con il sorriso più accattivante di cui era capace.
    «Mille grazie Hac. Ma non avrai la terza porzione di zuppa inglese. Due sono più che sufficienti, senza contare che tuo padre non è ancora tornato.»
    «Come puoi pensare che ti abbia fatto i complimenti solo per quello! – esclamò Hac, fingendosi offeso – è proprio vero che non mi conosci affatto».
    «Ti conosco, ti conosco. – rispose lei con un sospiro divertito – Sei tutto tuo padre! Anche lui cerca sempre di blandirmi con qualche complimento... e devo ammettere che il più delle volte ci riesce».
    Scoppiando a ridere insieme a lei, Gwen si trovò a pensare che Hac avesse proprio ragione su sua madre. La signora Riddle – Endora – era una donna ancora molto attraente: alta, ma non troppo, aveva un bel fisico snello senza per questo apparire eccessivamente magra; i capelli biondi, corti fino alle spalle, erano in quel momento raccolti in un’elegante coda; ma ciò che più colpiva erano gli occhi: così azzurri da sembrare un riflesso del cielo e che nel profondo sembravano celare una sorgente di infinita allegria che si comunicava all’intero volto e che rendevano ancora più bello il suo sorriso.
    Apparentemente Hac aveva preso poco da lei: molto alto, una folta chioma di capelli bruni e lisci che ricadeva, ordinatissima, sul capo; nei suoi occhi, nerissimi, l’allegria della madre era spesso sostituita da una sfumatura ironica. Eppure, ad uno sguardo più attento, alcuni particolari, come la forma del naso o degli occhi o qualcosa di indefinibile nell’espressione, lo qualificavano immediatamente come figlio di Endora.
    «A proposito di papà. Non è strano che non sia ancora tornato? Capita raramente che non riesca a tornare a casa per cena. In un modo o nell’altro...»
    «Sarà stato trattenuto al lavoro. Con la situazione attuale il Dipartimento per la Legge Magica deve lavorare a pieno ritmo. Proprio ieri mi diceva che le ricerche di Charity Burbage sono ancora in alto mare: lui pensa che i mangiamorte l’abbiano fatta sparire».
Sentendo queste parole, Gwen si rattristò: ricordava la professoressa Burbage come una donna simpatica e solare, appassionata del suo lavoro come poche; benché non avesse poi proseguito Babbanologia fino ai M.A.G.O. (gli studi per Medimagia erano già sufficientemente duri) la ricordava con affetto.  «Anche suo marito era stato ucciso dai Mangiamorte – disse – Durante la prima guerra. Era un babbano, sapete, è anche per quello che ha scelto di insegnare quella materia».
    «Ce lo ha raccontato durante la prima lezione, al terzo anno» aggiunse di fronte allo sguardo interrogativo di Hac. Questi le rivolse un sorriso incoraggiante, le si avvicinò e la abbracciò baciandola teneramente sulla fronte. Gwen gli diede un leggero bacio sulla bocca, prima di sciogliersi dall’abbraccio.
    «Passando ad argomenti più allegri, ti ricordi di Fleur Delacour, la campionessa di Beauxbatons?»
    «Certo! Come dimenticare una tale straf... ehm, volevo dire, una così bella ragazza?» rispose Hac, correggendosi appena in tempo di fronte allo sguardo di Gwen e – soprattutto – della madre.
    «Proprio lei» disse Gwen guardandolo torva, sapeva che Hac aveva usato quell’espressione apposta per irritarla, sotto quel punto di vista non sarebbe probabilmente mai cambiato. «A quanto pare si sta per sposare».
    «Chi è il fortunato?»
    «Bill Weasley, il maggiore dei fratelli. Tra l’altro sono una bella coppia, visto che anche lui è molto attraente. A quanto pare si sono conosciuti dopo il torneo tremaghi. Sembra che il matrimonio sia proprio oggi».
    «E tu come cavolo fai a saperlo? Non mi pare tu sia mai stata troppo legata ai Weasley... o anche a Fleur. Chi te l’ha detto?»
    «Mia madre, naturalmente. Oh non guardarmi in quel modo! – aggiunse di fronte allo sguardo ancora confuso di Hac – quando si tratta di matrimoni mia madre trova sempre il modo di sapere tutto. È meglio del Settimanale delle Streghe».
    Hac stava per compiere un’osservazione ironica sulla sorprendente capacità delle donne in generale di conoscere sempre ogni pettegolezzo, di qualunque natura quando il suono del campanello interruppe la conversazione. Mettendo tutti un po’ in allarme.
    «Vado a vedere chi c’è alla porta» disse la signora Riddle estraendo, per sicurezza la bacchetta magica dalla tasca.
    «Vengo anche io, mamma!» le andò dietro Hac, facendo contemporaneamente segno a Gwen di restare lì, al sicuro in sala da pranzo; al che la ragazza protestando vivacemente che il fatto di essere una ragazza non la rendeva una completa incapace bisognosa di protezione, si unì a loro. Hac sospirò esasperato, ma non insistette.
    «Chi è alla porta?» chiese Endora con voce ferma. In fondo, anche se la prudenza non era mai troppa, non temeva molto: un eventuale mangiamorte avrebbe probabilmente sfondato la porta e sarebbe entrato con la forza.
    «Endora, sono tuo marito Uther Riddle, lavoro al dipartimento della legge Magica, il mio Patronus è un falco, nostro figlio si chiama Hackluit, come il nonno».
    Hac aprì lentamente la porta e il signor Riddle entrò richiudendola immediatamente alla sue spalle e bloccandola con un incantesimo: era sorprendentemente agitato.
    «Come mai sei tornato così tardi, tesoro? Hai avuto dei guai al lavoro?»
    «Fire...Firewhiskey!» articolò l’uomo, quasi a fatica.
    «Come? Caro, ti senti bene?» rispose Endora preoccupata dall’atteggiamento del marito.
    «Scusami, cara! – rispose lui ritrovando per un attimo la calma – ho bisogno di bere qualcosa di forte... Sono... piuttosto agitato... poi ti dirò...Hac, ti prego...»
    Hac intanto aveva già appellato la bottiglia e un bicchiere in cui aveva versato due dita di liquore. Il signor Riddle bevve il bicchiere d’un fiato e si accasciò sulla sedia.
    «Rufus Scrimgeour...il Ministro... è morto»
    «Come sarebbe a dire... il Ministro...papà...cosa significa?»
    «È STATO UCCISO, HAC! ECCO COSA SIGNIFICA!» sbottò l’uomo, ancora profondamente scosso. «Perdonami – aggiunse subito – non volevo urlare in quel modo. Voi-sapete-chi ha fatto irruzione al Ministero con i suoi mangiamorte e Scrimgeour... a quanto pare era circondato da infiltrati. Il capo del mio dipartimento, Ticknesse era uno di loro. Lo hanno immobilizzato, torturato e poi....ucciso. Ora il ministro è Ticknesse. Una marionetta. Io... sono tornato non appena ho potuto...hanno fatto un sacco di controlli su tutto il personale».
    Hac, Gwen ed Endora erano sotto shock. Nessuno di loro poteva immaginare che il Ministero potesse cadere così presto e così all’improvviso. Hac strinse a sé la sua ragazza che era sbiancata completamente, ma lui stesso si mordeva le labbra per la rabbia e il senso di impotenza che provava: in quel momento Gwen era per lui un sostegno almeno quanto lui stesso lo era per lei.
    «Quindi... tu-sai-chi... ha vinto? Ormai... è lui il padrone...». disse Endora a voce bassa, come se non volesse credere alle sue stesse parole. Uther annuì stancamente. «Dovevamo aspettarcelo. Con la morte di Dumbledore era solo questione di tempo. Comunque... per ora noi non siamo in pericolo... non penso che passeranno subito ad uccidere...»
    Endora annuì, ma Hac e Gwen pensarono immediatamente a Charles, che era un Nato Babbano e che, nel migliore dei casi, ora non sarebbe mai potuto entrare all’Ufficio Misteri, né insegnare ad Hogwarts e forse nemmeno avere una vita normale. Tutto per colpa di Voldemort.
    «A proposito. Non dovete più usare il vero nome di Voi-sapete-chi! Per nessun motivo!»
   «Perché papà? Io non ho nessun motivo per aver paura del suo nome. Non lo rispetto per nulla quell’essere immondo. Lo chiamerò col suo nome, qualunque cosa lui voglia!»
    «NO! Il suo nome è Tabù! Chi lo pronuncia fa scattare un incantesimo che cancella tutte le protezioni magiche e si rende subito reperibile. Siamo stati costretti ad occuparcene, in dipartimento. È furbo. Un modo per scovare gli oppositori...».
    «Hac! – disse Gwen sottovoce prendendolo da parte – dobbiamo andare subito a prendere Charlie. Ora è più in pericolo che mai. Non sa nulla del ritorno di Tu-sai-chi, né del Tabù. A costo di costringerlo con la forza dobbiamo riportarlo qui! Non voglio perderlo, non voglio che lui muoia».
    «Hai ragione! – convenne Hac – ma credo sia meglio chiedere aiuto a mio padre. Conosce bene Charles e gli sta a cuore. E poi, tre bacchette sono sempre meglio di due...».

*********************

    «Quindi, mi stai dicendo che non vuoi più stare con me? Che mi vuoi lasciare? Insomma, non mi vuoi più bene?» c’era una punta di rabbia nella voce di Serena che tuttavia affiorava a malapena dalla delusione e dalla tristezza: sembrava che trattenesse a fatica le lacrime.
    «Te lo già spiegato, Serena!» sbottò Charles con un filo di irritazione. «Non vorrei farlo. Ma non posso più stare con te: ti metterei in pericolo e non posso, non voglio farlo!». Non osava guardarla negli occhi, certo che non sarebbe mai stato in grado di dire ciò che doveva se lo avesse fatto. Rinviare continuamente quel momento non era servito a molto: non aveva reso più facile dare corpo alla sua decisione, anzi l’aveva resa ancor più dolorosa all’atto di compierla. Per quanto lo ritenesse necessario, temeva di perderla più di ogni altra cosa al mondo.
    «Ma perché questo mago così cattivo dovrebbe prendersela proprio con me? Cosa c’entro io con lui?»
    «Te l’ho già spiegato! Lui e tutti suoi “mangiamorte” odiano tutti i Babb... tutti quelli senza poteri magici! Vi vogliono morti. O al massimo schiavi!».
    «Appunto! – ribattè lei trionfante – sono comunque in pericolo, no? Perché non possiamo affrontarlo insieme? Perché no, Charles? E GUARDAMI NEGLI OCCHI QUANDO TI PARLO!».
    Charles sollevò finalmente lo sguardo e si stupì quando incrociò i suoi occhi verdi scintillanti per le lacrime represse. Sospirò, provando un senso di rimpianto e un improvviso, folle, desiderio di darle retta, di tenerla con sé ancora per qualche tempo, qualche giorno magari o qualche mese, finché la situazione non fosse precipitata e poi... se qualcosa fosse successo... sparire. “Non puoi farlo!” si disse. “Sii un uomo, non un patetico ragazzino”.
    «NO! Tu non capisci! Con me sei ancora più in pericolo! Io sono un Nato Babbano! Loro ci odiano ancora più dei normali Babbani! Dicono che rubiamo i loro poteri magici. Che siamo degli usurpatori! Sai come ci chiamano? Sanguesporco! Ci vogliono tutti morti e chiunque sia vicino a loro è in pericolo! Con me, tu saresti in pericolo e io non posso permettere che...».
    «E se non mi importasse? – lo interruppe lei all’improvviso – se non mi importasse? Io... non voglio dimenticarti Charles. Non voglio perderti ora. Come puoi chiedermi di non starti vicino proprio ora che sei in pericolo? Io ti amo...»
    Charles sussultò, fissandola come se la stesse vedendo davvero per la prima volta. Stava già per cedere, per acconsentire a continuare la relazione, quando, improvvisa, gli tornò in mente l’immagine del sogno: il mangiamorte che compariva e la uccideva senza pietà, lei a terra morta, scomparsa per sempre. Non poteva rischiare. Ma dovette raccogliere tutta la sua forza di volontà per dire ciò che voleva.
    «Anche io ti amo. Ma non posso. Non posso permettere che tu sia in pericolo per causa mia. Forse un giorno finirà questa orribile situazione. Forse ci sarà ancora speranza per noi. Ma fino ad allora non possiamo più vederci. Tengo troppo a te per poterti mettere in pericolo, solo per avere la gioia di stare con te....»
    «Charles... Io...»
    «È la mia ultima parola, Serena!» disse a fatica Charles: quasi sentiva di voler piangere, come lei già stava facendo, seppure silenziosamente. «Voldemort è un pazzo, capace di qualunque cosa per il potere. Se uscirò vivo da questa storia... forse potrò tornare».
    Infine Serena annuì, lentamente, ancora in lacrime. «Immagino che dovrai modificare i miei ricordi.  Per lo Statuto di segretezza magica e per la mia sicurezza».
    Charles annuì, preparando la bacchetta. «Non sarà doloroso» disse. Ma si interruppe improvvisamente sentendo uno strano rumore, simile ad un piccolo POP, come quello di una materializzazione. Assurdo: lo avrebbe saputo se qualcuno di fosse materializzato anche ad un miglio di distanza;  nessuno che avesse cattive intenzioni avrebbe potuto avvicinarsi senza che lui lo sapesse.
    «Cosa succede Charlie?»
    «Non lo so. Forse c’è qualcuno qui. Aspetta. Homenum innimicum revelio»
    Sussultò quando l’incantesimo rivelò la presenza di una persona che si avvicinava e che per di più sembrava non avere buone intenzioni. «Torna in casa! SCAPPA! SBRIGATI!». Il momento di distrazione fu fatale: un incantesimo lo colpì in pieno, scaraventandolo a qualche metro di distanza e facendogli perdere la bacchetta.
    «CHARLIE!»
    «SCAPPA, HO DETTO! SBRIGATI!».
    Subito dopo il misterioso aggressore gli era addosso e Charles trasalì vedendo l’orribile maschera argentata che gli copriva il viso. Il Mangiamorte gli puntò la bacchetta al petto.
    «CRUCIO!»
    Charlie urlò. Era come se tutto il suo corpo stesse bruciando dal dolore: niente di quello che aveva mai provato poteva eguagliare quella sensazione; nessuna descrizione di nessun libro avrebbe potuto far comprendere che cosa si potesse provare. Persino le sue viscere, la sua stessa bocca che urlava, erano in preda al dolore. All’improvviso esso finì ed egli si trovò a terra, boccheggiante. Tentò di recuperare la sua bacchetta, ma ciò che vide gli ghiacciò ancora di più il sangue. Serena non era scappata: era rimasta e aveva aggredito il mago, tentando di disarmarlo. Forse proprio a causa sua si era interrotta la Cruciatus. Ma quello era troppo forte per lei: si liberò con un incantesimo e folle di rabbia scaglio contro di lei la maledizione: «CRUCIO!».
Le urla di dolore di Serena riempirono la testa di Charles, che non riusciva a fare alto che fissare terrorizzato la scena, soffrendo come se lui stesso fosse il torturato mentre il sogno della notte prima gli tornava sempre più vivido nella mente. Poi il mangiamorte alzò la bacchetta.
    «Basta! – disse rivolgendosi a lui – ora vedrai morire questa puttanella. E poi... ucciderò te!» Levò la bacchetta e....
    «AVADA KEDAVRA!».
    Il tutto non poteva essere durato più di qualche secondo, ma a Charles parvero lunghi, lenti minuti. Dapprima il senso di terrore, di rabbia impotente, all’idea che quel pazzo potesse uccidere Serena – proprio come nel suo sogno. Poi la bacchetta che, da pochi metri di distanza, gli volava in mano, come a rispondere al suo desiderio: lui stesso che puntava la bacchetta verso il suo nemico e pronunciava quella terribile formula. E infine il fiotto mortale di luce verde e l’urlo di stupito terrore del mangiamorte che si interrompeva all’improvviso non appena l’incantesimo lo colpì al cuore.
Charles impiegò qualche secondo per rendersi conto di quanto aveva fatto: si avvicinò lentamente al corpo dell’uomo che giaceva a terra, sperando assurdamente che non fosse morto, che l’incantesimo non fosse stato efficace. Bastò poco a scoprire che non era così: non c’era polso, né respiro: gli occhi dell’uomo, sotto la maschera, erano aperti e sbarrati; Charles li richiuse meccanicamente. Si sentiva sporco, colpevole. Anche se lo aveva fatto per difendere la persona che amava, era diventato un assassino. Che cosa lo rendeva differente dall'uomo che aveva ucciso, ora? Girandosi vide Serena: era svenuta, forse per lo shock dovuto al dolore della maledizione Cruciatus, Charles tentò di rianimarla, ma senza alcun successo.
Improvvisamente, Charles sentì il rumore dei passi di qualcuno che si avvicinava: erano almeno tre persone che parlavano tra loro: poteva essere chiunque. Un gruppetto di Babbani in uscita serale, o qualcuno che aveva cattive intenzioni. Charles si tenne pronto a tutto la bacchetta levata di fronte a sé.

*******************

Bentornati!
Scrivere questo capitolo, in particolare la seconda parte, è stata una delle cose più difficili. Spero di essere stato efficace nel rendere la drammaticità della situazione. Ora, come avete visto il sogno si è realizzato almeno in qualche senso. Non so come giudichiate Charles, a questo punto. Devo dire che nelle mie intenzioni originali, Serene sarebbe dovuta morire, uccisa dal mangiamorte. Se ho deciso altrimenti è per non caricare Charles di un peso così grande. Perdere qualcuno e diventare un assassino in una sola sera sarebbe stato troppo.

Ifine un paio di note.
1- Endora. Il nome della madre di Charles è un omaggio al meraviglioso personaggio della serie VITA DA STREGA interpretato da Agnes Moorhead. Anche se. probabilmente, non esiste personaggio più diverso dalla gentile e allegra signora Riddle (che fisicamente è invece ispirata a Samantha).
2- Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e in particolare Beatrix Bonnie che ha gentilmente recensito tutti e tre i capitoli. Ringrazio anche tutti quelli che leggono o leggeranno questa storia. Mancano ancora un paio di capitoli. Poi potrei scrivere qualche altra storia su questo simpatico trio.... Spero di farcela!
Non so quando avrete il prossimo aggiornamento. Spero in una settimana...
Ciao!
Good Old Charlie Brown....
   
 
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