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Autore: Kyryu    12/01/2012    1 recensioni
La solita storia newyorchese: una ragazza come tante cerca di ribellarsi al volere della propria famiglia... ma se, stavolta, la famiglia in questione fosse un gruppo affiatato di poliziotti, cosa accadrebbe?
Per Liberty Wilde è una sfida riuscire a realizzare il proprio sogno di diventare un chirurgo.. e tra poliziotti in famiglia, un'amica cinese mafiosa (o no? :D), commissari aitanti alle calcagna.. qualcuno complotta alle sue spalle!!
Una storia ambientata a New York che, spero, vi lascerà perennemente con il dubbio e che vi farà divertire!!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Liberty…

Il silenzio vuoto che caratterizzava quell’ufficio non mi spaventava affatto: i miei pensieri urlanti riempivano e, addirittura, coprivano quel tacere assordante che si era creato tra noi.
L’atmosfera cupa e densa e la freddezza che avevo sentiti nel tono di voce di Pherson avevano ghiacciato tutto ciò che si trovava attorno a noi.
Io, ancora con le manette, ero sempre seduta su quella poltrona in pelle… mentre il suo sguardo continuava a paralizzarmi su quel trespolo che era diventato per me quella poltrona davanti a me. Avevo progettato di togliermi le manette con l’ultima forcellina che mi era rimasta in tasca e di scappare non appena lui si fosse girato da qualche parte. Intanto, l’osservavo con la coda degli occhi, attendendo con pazienza.
 Mi accorsi che non c’era più la sua espressione spavalda, come se avesse capito tutto quanto della sottoscritta, credo perché quella discussione avvenuta tra noi gli aveva fatto capire che a me non me ne fregava niente dei suoi baci.
O almeno, io gli avevo fatto credere che fosse così.
Sei un’idiota! E cosa ci hai guadagnato comportandoti così?
Ci ho guadagnato tantissimo… Pherson sarebbe un bel problema e questo è il momento meno opportuno per le distrazioni …
Un bellissimo problema…
Piantala! Piantala!
No, no e poi no. Nonostante i suoi baci.. cazzo, i suoi baci fossero quelli più splendidi
che avessi mai ricevuto nella mia intera esistenza, non ero disposta a cedere.
Innanzitutto, avevo la mia legge morale e la volevo rispettare e poi, ero già convinta che lui, pur essendo un poliziotto, non ne possedeva alcuna- di legge morale, s’intende!- e la questione si sarebbe potuta estinguere in meno di qualche secondo.
Però.. era passionale ed istintivo.. dannatamente sexy.
Eccola che parte..
E smettila.. che tanto ti è piaciuto alla grande…
Purtroppo dovevo convivere con la mia coscienza e la realtà dei fatti che non volevo vedere, che discutevano tra loro, rendendomi sempre più confusa ed agitata. Mi sentivo come una farfalla relegata a stare dentro una teca di vetro, come se non possedessi anch’io un’anima e non fossi una persona come tutte le altre; desideravano farmi diventare quello che volevano.. e per cosa poi? Per “salvarmi il culo”, come si ostinava a dire quell’ispettore da quattro soldi di Pherson? No, no.. non era solo questo e scommetto che dietro c’era molto di più, ad esempio, la probabile carriera della mia famiglia stroncata in meno di qualche ora? O magari, avrei rovinato la magnifica reputazione dei capi dei distretti, il commissario Wilde?
Non avevo idea di quanto tempo fosse passato, eppure mi ero quasi dimenticata che ero rinchiusa in una stanza con un Pherson muto e guardingo che sedeva dietro la scrivania ed ogni tanto mi lanciava qualche occhiata dalle sue cartelle, carte o chissà che altro.
Ad un certo punto, sentii una presenza stranissima, come se qualcuno mi stesse continuando a fissare. Mi girai verso quell’energumeno con la faccia da figo, pronta a squadrarlo male, ma notai che non era lui a fissarmi: aveva decisamente qualche problema nella lettura di una carta particolare.. magari non riesce a capire l’alfabeto.. o forse gliel’hanno insegnato nella scuola per addomesticare le scimmie? Mi chiesi, mentre sogghignavo in silenzio a quel pensiero. Dalla finestra oscurata non mi parve di sentire nessun richiamo sospetto.. ero sicuramente io quella che si stava facendo le paranoie.
-Cosa stai macchinando, Wilde?- mi chiese, con mio immenso rammarico, quell’idiota, guardandomi con una faccia stupro ed un sorriso carico di sensualità capace di far sciogliere anche un cubetto di ghiaccio.. anzi, che dico, una pista di pattinaggio sul ghiaccio! Però non dovevo cedere: avevo promesso che non avrei mai più aperto bocca e per nessuna ragione avrei mancato di rispetto alla parola data.
Gli sorrisi e voltai la faccia dall’altra parte, ottenendo da parte sua una grossa risata di gusto.
-Oh oh oh… la signorina Wilde vuole mantenere la promessa.. ma che carina. Ti ammiro.. non ci sono più tante ragazze che mantengono fede alle loro stesse promesse; però ti do’ un consiglio: in questo caso, è solo tempo sprecato. Il tuo silenzio non ti porterà da nessuna parte … Ah! Giusto per darti un’anticipazione e magari un altro suggerimento: non hai bisogno di un avvocato per questa situazione.. dato che è una questione personale tra te e tuo padre. Onde per cui, rimarrai con me tutto il giorno fino a quando non mi darai una risposta. Chiaro il concetto?- mi disse, continuando ancora a sfogliare le carte, come fossero le pagine di un giornale e con lo stesso interesse di un ragazzo davanti ad un film romantico.. in pratica, interesse al di sotto dello zero. Che atteggiamento merdoso da bambinetto viziato!
Mi girai di scatto verso di lui, prontissima a rispondergli per le rime dopo quello che aveva avuto il coraggio di dire, ma notai uno strano pallino rosso sulla sua spalla… eppure, non mi era parso di averlo notato prima.. quando notai che il pallino si stava spostando, capii che non era una macchia. Pherson non stava prestando attenzione a niente se non ancora a quelle carte, proprio quando era nel mirino di non so chi proveniente dalla finestra retrostante.
Presi velocemente la forcellina ed aprii le manette, mentre mi accorsi che il puntino non si era spostato ancora: era già pronto per sparare; Pherson intanto non si accorgeva neanche di quello che gli stava capitando attorno. Me le sfilai e le gettai a terra, correndo velocemente verso la scrivania; la scavalcai in un balzo e buttai quell’idiota per terra, con la poltrona annessa, proprio un attimo prima che un mitra cominciasse a sparare all’impazzata, frantumando i vetri della finestra. Nella caduta, ero riuscita a spingerlo/ spingerci al riparo, sotto la finestra… i proiettili non ci sfioravano solo per puro colpo di culo.
Mi ritrovai sopra di lui, pronta a coprirlo se necessario. Il problema fu che nel mio tentativo di salvataggio, non mi accorsi che… praticamente gli avevo spalmato la mia terza abbondante dritta sul viso.
E che cazzo..!! pensai, mentre mi sollevavo quel poco che serviva a dargli un po’ di respiro. Quello che vi ritrovai lì sotto non fu Pherson, ma la sua copia più paonazza che avessi mai avuto l’onore di vedere.
-Mi dispiace, ma questo non era previsto nel salvataggio… e non farti prendere dai pensieri sconci che la tua mente è solita elucubrare. Non è proprio il momento!- gli sussurrai, mentre cominciai a tastargli il fianco destro per riuscire a prendere una delle due pistole: mi ero accorta che ne aveva due sempre con sé.
-Cosa diavolo avresti intenz…- l’avevo zittito un’altra volta rimettendogliele in faccia: purtroppo, chiunque fosse il mandante, non aveva nessunissima voglia di smettere di sparare, nonostante non fossimo più nel suo mirino… mica provavo divertimento nel comportarmi in quel modo!!
Riuscii a sfilare la pistola dall’altro lato e dissi, ancora:
-Pherson, al mio tre, preparati a posizionarti sull’altro lato della finestra… chiaro?-
Non avevo idea da dove questo sicario stesse sparando ma scommetto che l’avrei trovato non appena avessi avuto occasione di dare un’occhiata da quella finestra. Avevo avuto una mezza impressione che gli spari stessero arrivando dall’alto.. almeno da un primo piano di un palazzo qualsiasi.
E per la miseria, ma non ce li avevano i vetri anti-proiettili in quella cavolo di stazione di polizia?
-Uno…- cominciai a contare, mentre cercavo di spostarmi in avanti, passando sopra Pherson, che intanto,aveva ripreso un colorito migliore ed era tornato in sé, con in mano l’altra pistola -…due…- feci una capriola oltre Pherson e mi misi sul fianco sinistro della finestra, mentre gli spari continuavano a minacciarci di morte.
-… tre!- dissi, mentre ci catapultavamo dai lati della finestra, con lo sguardo vigile.
Mi accorsi immediatamente che non era soltanto uno il sicario, ma erano due. Due fottutissimi bastardi che si stavano divertendo a comandare a bacchetta i loro mitra, come se fossimo noi i terroristi e non loro i serial killer!
Sparai rivolta al tipo a destra, cercando di mirare al mitra, con una precisione maniacale.
-WILDE, SPOSTATII!- mi urlò Pherson, ricordandomi di ritornare alla mia posizione. Mi rimisi a posto, pronta a sparare, mentre lui si occupava di quell’altro.
Ad un certo punto, sentii uno sparo e vidi i proiettili di quell’aggeggio infernale passarmi accanto, non sfiorando il mio braccio giusto per un pelo.. Diamine, ma con che cosa li facevano quei cavolo di muri, cartongesso?
-Non puoi metterti in pericolo così! E in teoria, non dovresti averla neanche in mano un’arma!- si ricordò quell’energumeno fatto a capo del distretto, mentre usciva allo scoperto e sparava all’impazzata.
-Scusa se stavo cercando di utilizzare le poche cartucce che ho in riserva per fare qualcosa di utile, piuttosto che sprecarle senza neanche prendere una mira decente!- gli risposi, incazzata, mentre aspettavo il momento più adatto ad uscire.
Gli spari erano cessati, ma non eravamo affatto convinti che sarebbe terminata così la questione. Per strada non si muoveva una mosca e mi stupivo del perché quelli del distretto non si fossero mossi ancora per arrivare in sua salvezza.. in salvezza di Pherson, chiaramente.
Ero talmente tanto stupita che non avevo ancora aperto bocca dall’ultima frase, cercando di dare un senso logico a quel quartiere.
Ma la giustizia e l’ordine della città dove erano stati messi in quel luogo, evidentemente, dimenticato da Dio??
Sempre più domande e sempre meno risposte.
Stavo per andare nel pallone, me lo sentivo. Dannata sfiga del cavolo!!
Un sudore freddo imperlò la mia nuca, facendomi tremare dal gelo della paura che stava cominciando a calare su di me. Dannata paura dei..!!!
Sentivo il mio cuore pulsare più forte, mentre guardavo Pherson, intento ad ascoltare il silenzio assoluto al di fuori della finestra. Sentendo il mio sguardo addosso, i suoi occhi cercarono i miei e sussurrò:
-Liberty… non farti prendere dal panico. Tra poco, spara con tutte le forze che possiedi e cerca di mirare al bastardo che si trova a destra, dal mio lato.. io farò lo stesso con quello davanti a te.. veloce ed efficace!E torna immediatamente al posto!-
Annuii, aspettando un suo segnale.
-ORA!-
Uscimmo allo scoperto ed io mirai a quello schifoso, preso alla sprovvista dalla sottoscritta, e sparai sulla sua spalla, centrandolo in pieno, con mia immensa soddisfazione. Mi rintanai di nuovo, mentre Pherson cercava in ogni modo di riuscire a colpire quell’altro davanti a me. Ero pronta a dargli una mano, quando…
-ATTENTAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!-
Uno strattone da parte dell’ispettore mi buttò a terra, mentre lui si prendeva una pallottola sul braccio sinistro al posto mio! Pherson non era riuscito a colpirlo, quindi era naturale che avesse preso di mira me, visto che ero proprio davanti ai suoi occhi.
Buttai giù Pherson, cercando di metterlo al riparo e sparando all’impazzata: riuscii a far quadrare anche quel coglione che aveva osato prendermi di mira, vendicando alla grande il braccio sfiorato dal proiettile di Pherson, colpendolo ad una mano.
Intanto, sentii il rumore di altre armi da fuoco, segno che quegli scansafatiche degli altri agenti del distretto si erano mossi (finalmente!).
Pherson si era seduto per terra, contro il muro, tenendosi fermo il braccio; la porta si spalancò di botto, mentre entravano gli agenti con i loro giubbotti antri-proiettili, pronti a salvarci.
Mi misi accanto a lui, sfilandogli la giacca e strappando la camicia sul braccio sinistro. Effettivamente, l’aveva preso bene, ma il proiettile non era andato in profondità..
Meno male.. pensò la mia mente, inconsciamente.
-Portate immediatamente un kit di pronto soccorso ben fornito di pinze e garze!- urlai a qualche poliziotto che non era intento a svolgere qualche mansione, ottenendo qualche insulto, fino a che non sentii una voce maschile, imponente ed altera, urlare come una furia:
-AVETE SENTITO, BRANCO D’INCAPACI? C’E’ BISOGNO DI UN KIT DI PRONTO SOCCORSO, IMMEDIATAMENTE! NON CAPITE NEANCHE QUANDO VI SI DA’ UN ORDINE?-
Vidi all’istante quel gruppetto di nullafacenti riprendersi immediatamente e correre alla ricerca di ciò che gli era stato ordinato dalla voce incazzata nera. Mio padre entrò nell’ufficio con la pistola alla mano, ancora con l’espressione incazzata che aveva fatto saltare come molle quegli sfaccendati. Si avvicinò a noi, senza temere qualche attacco da qualche altro killer messo da qualche altra parte della palazzina.
Stavo ancora esaminando la ferita di Pherson, cercando di levare il sangue che si era rappreso attorno alla ferita, quando parlò:
-Ti.. ti sembra grave?- la sua domanda sembrava posta innocentemente, per cui risposi professionalmente, come se fosse un estraneo.
-La pallottola non è andata in profondità, quindi niente di grave, ma sta perdendo sangue come un dannato… Neanche in questo sei bravo, dannato Pherson!- esclamai, arrabbiata. Strano come fino a quel momento non avesse ancora aperto bocca, neanche per sputare qualche ironica battuta sulle mie capacità.
-Chissà perché mi sono fatto ferire! Certamente non è stato per spirito di volontariato! Magari per salvare qualche testa calda che si stava mettendo in pericolo!- mi rispose acidamente, ottenendo dalla sottoscritta una leggerissima pressione sulla ferita.
-AAAAAH! BASTARDA!- lui.
-COMMISSARIO PHERSON!- mio padre.
-Non ne avevo bisogno, sciocco… Se non te ne fossi accorto, sono riuscita a pararti il culo e a sparare quei due killer, senza il tuo aiuto.. Comunque, ho premuto perché volevo verificare se fosse possibile estrarre la pallottola senza applicare l’anestesia- risposi, tranquilla.
-Tanto ormai… sono ferito… dolore più o dolore meno!!- disse, con tono flebile.
Arrivò la cassetta del pronto soccorso, sotto lo sguardo attonito di mio padre, ancora scioccato da quello che avevo detto poco prima.
-Rilassa il braccio, Rob.. Pherson..- dissi, infilandomi i guanti -.. purtroppo NON sono ancora laureata, ma questo sarà un gioco da ragazzi.. ti fidi?- gli chiesi, cercando di infondergli tranquillità.
Il suo sguardo incrociò il mio e, per un breve istante, vi vidi un lampo particolare, come se volesse esprimere qualcos’altro che andava ben aldilà di quel che mi disse successivamente.
-Se non mi fidassi, non starei qui a farmi toccare da te.- rispose, deciso e con un sorrisetto malizioso.
Sorrisi, facendo finta di non aver colto l’allusione.
-Molto bene..-
Presi una garza e, senza che se ne potesse accorgere, gliela infilai in bocca a tradimento. Il suo sguardo che, intanto, si era trasformato di nuovo in irritato, seguì l’operazione per tutto il tempo.
-Stringila tra i denti… così avrai qualcosa da fare mentre io ti estraggo questo. Papà, tienigli fermo il braccio..- dissi, sicura.
Mio padre eseguì l’ordine mentre io mi adoperavo per estrarre il proiettile dal suo braccio, sotto i suoi continui mugolii di dolore.
L’estrassi con un po’ di fatica, timorosa di poter sbagliare qualcosa.. d’altronde non avevo mai provato ad estrarre un proiettile dal corpo di qualcuno; certo, pinzette conficcate, stuzzicadenti e coltellini li avevo estratti senza problemi, ma non avevo mai avuto l’onore di prelevare un proiettile.
All’università o alla “medical school”, luoghi dove ci permettono di cominciare ad esercitarci sulle modalità di operazioni, noi studenti della facoltà non avevamo mai avuto queste opportunità.. bé, dovevo considerarmi privilegiata nel pensare che soltanto essendo coinvolta negli affari della polizia avrei potuto sperimentare queste cose.
Pulii ancora una volta la ferita con quel poco che avevo a disposizione e provai a continuare a tamponarla con del cotone e avvolsi il braccio nella garza, aspettando l’arrivo di qualcuno veramente capace di richiudere per intero (con dei punti, possibilmente) quel fosso che ormai era diventata l’orma del passaggio del proiettile sul suo braccio.
In lontananza si sentì una sirena, segno che si stava avvicinando l’autoambulanza.. In tutto quell’arco di tempo, Pherson non aveva smesso di guardarmi durante l’opera. Forse era veramente consapevole di cosa riusciva a scatenare dentro di me, tanto da mettermi in soggezione, rendendomi ipersensibile a qualsiasi cosa.. meno male che nessuno mi stava parlando, altrimenti ero sicura che sarei scoppiata da un momento all’altro!
Mio padre, impegnato nelle varie direttive del caso, si era spostato un attimo. Io, presi il proiettile e lo misi dentro una sacchetta trasparente, pronta a consegnarla a qualcuno della scientifica.
Il ferito sputacchiò la garza ormai inutilmente inumidita e disse:
-Sei davvero molto carina quando sei concentrata..-
I casi erano due: o qualche scheggia del proiettile era riuscita magicamente a risalire verso il cervello, danneggiandolo gravemente, o aveva preso inavvertitamente qualche colpo senza che io me ne fossi accorta.. strano, eppure ero sempre stata attenta!
-Pherson ...stai delirando!- gli risposi, mentre cercavo di ripulire un pochino gli arnesi che avevo in mano.
-Veramente, questo lo pensavo già da un po’ di tempo, ma adesso il commento mi è sembrato proprio lampante! Non l’avrei mai detto che una pazza furiosa come te sarebbe riuscita a curarmi con una diligenza quasi.. maniacale? ..Sì.. sei proprio pazzamente carina..- mi rispose, con quel suo sguardo magnetico e ombroso…
… E la voce da psicopatico!
Ma dai! L’hanno appena ferito, che cosa pretendi? Che parli in maniera sana?
Non so che espressione si dipinse sul mio volto, ma cercai il più possibile di dissimulare qualsiasi reazione che potesse dargli corda.
-Rispondimi: c’era anche una terza persona, oltre quei due killer, vero?-
La mia domanda sicuramente gli risultò inaspettata, visto il biancore improvviso che gli ricoprì il viso. Non ricordo effettivamente in quel momento se fosse calato veramente il silenzio attorno a noi, ma certamente ricordo un momento di gelo puro.
Solo la sua risata amara ridestò la mia mente dai pensieri contorti che stava elucubrando.
-Che tipino interessante che sei. Come ti sei accorta che erano tre e non due?- mi chiese, asciutto.
-Facile. Innanzitutto, se fosse stato uno di quei due a spararti, tu non avresti avuto soltanto la ferita di un solo proiettile, ma di un bel paio e, in secondo luogo, non saresti stato così tanto fortunato da poterne parlare con me. In aggiunta, mi è parso di vedere che il diametro del proiettile che ti ha colpito è troppo grande per poter essere la munizione di un mitra… ti bastano come spiegazioni?-
Non ebbi modo di aggiungere altro, visto che ci raggiunsero dei paramedici.. sicuramente qualcuno gli aveva detto che c’era un ferito grave e c’era bisogno di qualcuno che fosse in grado di svolgere la situazione.
Mi spostai di lato, dal lato più buio della stanza, nonostante fossero soltanto le due del pomeriggio, per evitare che qualcuno dei dottori mi vedesse.. avevo paura che qualcuno di quelli mi riconoscesse.
Grazie a Dio, nessuno di quelli che c’erano erano nella mia cerchia di conoscenti.
Pherson rispondeva per monosillabi a quesiti dei medici, mentre mi vedeva indietreggiare sempre di più verso il fondo della stanza, continuando a mantenere il suo sguardo incollato al mio, fino a quando, io, avendo ormai raggiunto la porta silenziosamente, non mi voltai. Lui sussurrò, senza farsi vedere.
-Raggiungimi all’ospedale… Harley Davidson nel parcheggio..-
Gli sorrisi e silenziosamente uscii.
Presi un sospiro di sollievo: nonostante non conoscessi quei medici, sapevo perfettamente che non dovevo essere in quel luogo.. perciò defilarsi era la cosa migliore da compiere in quel momento. La cosa che mi stupì fu il non accorgersi della mia fuga di tutti quegli assistenti.
Agenti, la Scientifica, infermieri, medici… circolavano persone a destra e a manca, ma nessuno aveva avuto l’intenzione di fermarmi…
Praticamente sono libera.. mi dissi, ricominciando a far lavorare il mio cervello febbrilmente per riuscire a trovare una via d’uscita. Potevo, potevo fare qualsiasi cosa una volta uscita da lì…
Il suo sguardo. Le sue parole.
Vidi le chiavi di una Harley messe nel quadro all’uscita della stazione. Stringevo ancora in mano il proiettile che non avevo ancora consegnato.
-Cosa penseresti di fare, Lib?-
La voce di mio padre era inconfondibile alle mie orecchie, ma soprattutto era inconfondibile per i brividi che mi faceva venire quando sapeva di avermi cassata nel pieno di un pasticcio. Mi voltai lentamente, stavolta intenta a non lasciargli spazio.
-Mi hai fatta braccare da Pherson nonostante io non avessi fatto niente.. questo mi darebbe un buon motivo per uscire di qui a testa alta, dato che la sottoscritta non ha fatto assolutamente niente di illegale… sfortunatamente per te, sto prendendo le chiavi della moto di Pherson e lo seguo fino all’ospedale… questa situazione si sta complicando e..- feci un sospiro di rassegnazione-.. ormai ci sono di mezzo anch’io.. tanto vale concluderla e finirla con questa farsa!- conclusi.
Purtroppo, bisogna ammettere certe volte che quando la situazione si ingigantisce troppo, evitarla e far finta che non esista non è la soluzione.. Affrontarla è la cosa migliore. Mi ero stancata di fuggire, nonostante fosse divertente.. ma, come dice un detto, non ci si può mica rinchiudere su una torre per sempre, no?
Ed anch’io adesso avevo voglia di mettermi in gioco.. Bene, avrei accettato qualsiasi proposta da parte di Pherson e di mio padre, ma riavrei ottenuto la mia carriera di studi da chirurgo. A qualunque costo.
In un attimo, intravidi il sorriso di mio padre increspargli il viso, mentre io ero già furibonda al solo pensiero di quello che sarei andata a fare.
In un attimo, mi ricordai della pallottola in mano e la lanciai nelle sue mani.
-Questo è il proiettile. Fallo analizzare.- gli dissi, mentre prendevo le chiavi ed uscivo di gran carriera dalla stazione.
Mi voltai un’ultima volta.
-Dì alla mamma di cucinare per due in più: stasera, credo proprio che quell’energumeno ed io verremo a farvi visita.-
Il suo sorriso si fece smagliante.
-A dopo..- mi salutò.

… Piccolina mia…



L'angolo dell'autrice...
Chiedo IMMENSO PERDONO per non aver pubblicato per così tanto tempo.. T___T .. Sono davvero triste per non essere riuscita a pubblicare prima!!! Spero di riuscire a pubblicare il prossimo il prima possibile!!!
Grazie mille a chi ha commentato... e chi ha aggiunto questa storia tra le seguite/preferite!!!
Un bacio...

Kyryu****









  
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