This
Is War
C’era sempre un attimo, prima di entrare in scena, in cui il tempo si congelava e i secondi sembravano scorrere più lenti e densi delle ore, modificando i sensi di chi li viveva ad un’acuta consapevolezza di ciò che li circondava, ogni luce sembrava acquistare un odore nuovo, ogni suono un nuovo sapore.
C’era l’attimo in cui il respiro invadeva le narici, portando con sé la visione di una lucidità mai sperimentata e mai altrimenti possibile, che sarebbe scomparsa nel secondo in cui il tempo avrebbe ricominciato a fare il suo dovere.
Due uomini, in due regioni lontane d’Europa, superarono quel secondo ed alzarono il sipario.
A warning to the people
«Questi attacchi alla nostra gente hanno ormai superato il limite del possibile.» La voce era di una trasparenza disarmante, in netto contrasto con la forza nascosta che venava ogni parola. «Nell’ultimo raid sono morti migliaia dei nostri, i sabotaggi e gli stermini non si contano più, ed il nostro governo continua a ritenere che questa è una questione che non ci riguarda.»
«Fratelli miei, oggi è stata colta una grande vittoria.» Il tono suadente, appassionato della voce rendeva impossibile ascoltarla e rimanere indifferenti. «Abbiamo strappato un altro brano di potere dalle mani degli oppressori e dei loro leccapiedi, al costo mai troppo grande ma mai dimenticato di molti di noi, che hanno preferito dare la vita che sottomettersi ad uno stile di vita che sapevano ingiusto.»
The good…
Era alto e sottile, quell’uomo dalla voce così cristallina. Una sottile lama d’alabastro che si stagliava di fronte a un gruppo composto da centinaia di persone che lo ascoltavano attenti, pendendo dalle sue labbra, muovendo le mani in gesti ampi e fluidi che sembravano abbracciare tutti.
I suoi occhi chiarissimi scrutavano ogni viso con attenzione, con pazienza, con una muta richiesta d’aiuto a cui nessuno riusciva, in seguito, a restare indifferente.
… and the evil.
C’era, nel suo aspetto come nelle sue parole, qualcosa che sembrava contenere il gene selvaggio della passione e dell’infinito. Una figura che riusciva a sembrare ad un tempo snella ed imponente, dorata come il sole nei capelli e nera come la notte negli occhi, con uno sguardo che cambiava nello spazio di un battito di ciglia da seducente a minaccioso, senza mai perdere quella sottile aura di fascino che i movimenti fluidi e nervosi non facevano che accentuare.
Una figura che nessuno poteva, nel bene o nel male, ignorare.
This is war
«Signori, non possiamo più continuare a chiudere gli occhi su uno stillicidio che ci sta massacrando un pezzo alla volta.» Un sospiro insubordinato, di stanchezza e rassegnazione, sfuggì al suo controllo. «Per quanto mi rincresca dover giungere ad una tale conclusione, e credo che molti di voi mi conoscano abbastanza da saperlo, non ha più senso nascondersi dietro vane speranze: siamo in guerra, una guerra che ci tocca personalmente e che ci ha aggredito senza motivi, e non c’è modo di evitare questa realtà.»
L’uomo mosse alcuni passi su e già per la stanza, gli occhi illuminati da un bagliore folle. «Questa è la nostra guerra di liberazione, dopo anni in cui questi essere inferiori ci hanno tenuto sotto il loro giogo di paure e superstizioni, giustiziando quei nostri che i traditori Mezzosangue e Sanguesporco gli consegnavano in cambio di personali vantaggi, rinnegando il mondo che li aveva accolti a braccia aperte e senza un secondo di ripensamento.» Si fermò e si accucciò sulla tribuna dove si trovava per portare gli occhi all’altezza dei suoi compagni. «Siamo in lotta contro un mostro a molte teste che si moltiplica e ha tentato di soffocarci, ma ora basta. Questa è guerra!»
To the soldier,
«Brontios»
chiamò l’uomo guardando dritto negli occhi un
cinquantenne dal viso spigoloso e
due brutte cicatrici che gli deturpavano un viso già non
bello. «Hai
già partecipato a una guerra
della portata di questa. Qual è il tuo consiglio?»
Con
un salto
che aveva poco di umano e molto di felino, si portò di
fronte ad un soldato in
sull’attenti. «Camalus, amico mio, tu sei stato con
me fino dall’inizio.» Gli
mise una mano sulla spalla. «Ora tutti sanno ciò
che il nostro grande popolo
può ottenere, e lo sanno perché noi
abbiamo
osato fare quello che generazioni di codardi si sono sempre rifiutati
di
provare. Riprendere ciò che era
nostro.»
the
civilian
«Professor Silente,
signore…» Una
voce timida si alzò dalle retrovie. «Quali…
quali misure suggerisce per
mettere al sicuro i… i più piccoli?»
Una mano le andò automaticamente ad
accarezzare il pancione mentre l’altra percorreva senza sosta
i capelli ricci
del bambino di meno di sette anni che stava con lei.
L’uomo
percorse
a grandi passi la sua tribuna. «Quei gruppi di burocrati e
pagliacci al governo
volevano farci credere che continuare a sprofondare fosse
l’unica soluzione,
che avremmo presto fallito… no.» Sorrise mettendo
in mostra i denti. «Il nostro
popolo non conosce fallimento, è stata l’intera
nazione che si è sollevata per
poterci finalmente permettere di agire, perché solo noi rappresentavamo ciò che
loro volevano.»
Dalla folla di fronte a lui si levò unanime un grido. Grindelwald!
The martyr, the victim
«Nessuno
vuole
altre vittime, Anthea» rispose pacato il professor Silente
alla donna che aveva
dato il via al vespaio di domande che si era abbattuta verso di lui.
«I
bersagli che verranno più facilmente presi di mira saranno
quelli di importanza
strategica, la capitale, le grandi città, i centri
più rinomati della comunità
magica.» Sul viso gli si dipinse un sorriso tirato.
«Il mio consiglio è di
abbandonare i bersagli troppo evidenti e rifugiarsi dove non ci siano
molte
ragioni di venire a cercarvi.»
«Ogni
combattente che ha dato il suo sangue per questa causa sa che
l’ha fatto per un
bene più grande della sua stessa vita, e quello stesso
sangue ha santificato la
nostra lotta.» Grindelwald interruppe il suo andirivieni per
guardare l’immensa
folla davanti a lui. «Quello che noi porteremo è
un nuovo ordine, un ordine più
giusto perché basato sul valore delle persone. Noi prendiamo
il comando per il bene superiore.»
This is war
«Quindi
siamo
davvero in guerra…» mormorò a bassa
voce un uomo dal gilet tirato sulla grande
pancia seguendo Silente fuori dalla sala dove si era tenuta la riunione.
L’altro
si
fermò così velocemente che fece fatica a non
andare a sbattergli addosso. «Sono
trent’anni che siamo in guerra, Horace, solo che nessuno ha
mai voluto
fronteggiarla.»
«Bel
discorso,
signore.»
Grindelwald alzò la testa, sorpreso, trovandosi davanti il capo della milizia ungherese, un giovane di nemmeno trent’anni in cui tutto, dai capelli tagliati cortissimi alla posizione rigida, indicava il militare.
In
assenza di
una risposta, il ragazzo si sporse sui fogli che l’uomo aveva
davanti.
«L’Inghilterra?» chiese indicando la
cartina su cui si contorcevano linee e
punti in una danza vorticosa che andava a coprire diversi possibili
scenari.
Grindelwald sorrise. Un sereno sorriso felino. «L’ultima frontiera.»
In seguito non seppe spiegarsi il perché, ma di fronte a quell’espressione il giovane non era riuscito a far altro se non congedarsi.
It's the moment of truth and the
moment to lie
Silente chiuse con un incantesimo istintivo la porta dietro di sé e si lasciò cadere sulla sua poltrona preferita. Aveva fatto quello che doveva fare, aveva detto la verità a quanti più erano disposti ad ascoltarlo, numero decisamente aumentato dopo il recente attacco a Coventry. Nemmeno il Ministero avrebbe potuto ignorare il rischio che correvano, ora.
Aveva fatto ciò che doveva. Ma non riusciva a restare tranquillo, quando sapeva che aveva tenuto nascosto, come un bambino incapace di confessare tutti i suoi misfatti, quale fosse l’identità dell’uomo, del mostro che stava effettivamente distruggendo l’Europa.
Grindelwald guardò la luce svanire da oltre le finestre e si perse per un rapido secondo di fronte alla visione del Danubio che scorreva ingannevolmente tranquillo in mezzo alla città.
Tutto, come al solito, era andato secondo i suoi piani. Il governo ungherese era scappato come un branco di lepri di fronte a un cacciatore ed era stato prontamente intercettato dalle sue stesse milizie e convinto a firmare il patto che unificava formalmente il loro paese alla confederazione di unità magiche che aveva creato. Era stato divertente osservare quanto lo stesso popolo si fosse sollevato a dileggiare quelli che fino al momento prima erano stati i suoi eletti rappresentanti.
Vi era, negli uomini, una facilità ad essere ingannati che Grindelwald trovava assolutamente esilarante.
The moment to live and the moment to
die
Avrebbe… sì, avrebbe infinitamente preferito morire al momento giusto, magari portando con sé qualche responsabile del disastro in corso, piuttosto che vivere ed essere costretto, un giorno, ad affrontare Gellert. Aveva addirittura cominciato a pianificare un paio di attacchi suicidi che gli avrebbero comunque permesso di fare un notevole passo avanti nella guerra – aveva, in verità, pianificato anche le strategie che avrebbero dovuto seguire la sua morte – ma non era riuscito ad andare avanti: in qualunque modo la girasse, l’unico modo per terminare quella guerra era affrontare Gellert. E solo lui aveva il potere per farlo. Negare quel fatto sarebbe stato permettergli di nuovo di prendere il controllo su di lui, sarebbe stato abbandonarsi a quello stesso consapevole egocentrismo che aveva causato il disfacimento della sua vita.
Si distrasse per un attimo pensando a quanto manovrare leggermente dei fili sottilissimi fosse sufficiente per rompere il precario equilibrio che si era formato fra mondo magico e babbano. Era bastato una scusante, un pretesto per far precipitare tutto nuovamente nel caos.
Era magnifico vedere con quanta ansia quelle creature si stessero distruggendo vicendevolmente, lasciando a lui il solo compito di pianificare la mossa successiva. Si viveva e si moriva con la stessa indifferenza con cui, in altri tempi, si beveva e mangiava. Con la differenza che ora bastava una sua parola per decidere chi e quando.
The moment to fight, the moment to
fight, to fight, to fight, to fight
Avrebbe dovuto affrontare Gellert. Era un pensiero più insopportabile della marea di volti che lo osservavano quotidianamente con fiducia e speranza senza sapere che era colpa sua se quell’incubo era cominciato.
Avrebbe
dovuto
uccidere quella parte di sé che ancora aveva la
lucidità di sottoporre piani e
ipotizzare strategie, trovare nuovi canali di comunicazioni e inventare
nuovi
incantesimi indifferente a considerazioni sentimentali ed inopportune
perché
era per il bene superiore.
Avrebbe dovuto uccidere quella parte di sé che seguiva le sue idee e se ne appropriava, le ridimensionava e le migliorava, costantemente e senza possibilità di appello, con una brama e una voracità che di razionale non aveva nulla.
Si versò un bicchiere di vino, osservando con pigra curiosità la luce giocare con i riflessi rosso sangue del liquido.
A volte si chiedeva quanto ancora Albus avrebbe aspettato. Quante altre morti sarebbero state necessarie per portarlo finalmente da lui, faccia a faccia, pronto a combattere e morire esattamente per gli stessi motivi che animavano lui.
Un sorriso gli si dipinse sulle labbra mentre pensava che, su fronti opposti, lui e Albus stavano lavorando con lo stesso identico scopo. Albus non lo avrebbe potuto mai combattere, ciò contro cui combatteva era un sogno figlio di entrambi, che si era nutrito di entrambi i loro geni e li aveva consumati. Non avrebbe mai imparato ad opporsi a quel disegno.
To the right, to the left
We will fight to the death
A volte si era chiesto se fosse il suo essere nato e cresciuto in un’isola che gli aveva dato quel senso di isolazionismo che aveva caratterizzato tutta la sua condotta dai primi anni fino ad allora.
La guerra partita da oriente aveva raggiunto la Francia e sottomesso Spagna e Italia, e lui ancora osava sentirsi estraneo. Era, dopotutto, davvero meglio di quei politici che si nascondevano dietro la retorica? Gellert era l’azione, come lui era la diplomazia.
Nascose un sorriso mentre pensava che nell’ultimo, mortale duello la diplomazia avrebbe affrontato l’azione con la concreta speranza di vincerla.
Da destra a sinistra, l’Inghilterra era ormai circondata. Se necessario, l’avrebbe stanata per asfissia, come le volpi. E Albus era una volpe.
A volte si domandava se fosse stato il desiderio di poter finalmente vedere chi, fra lui ed Albus, fosse effettivamente il migliore, che l’aveva spinto a lasciarsi l’Inghilterra come piatto finale. Il meglio per ultimo, dopo aver fatto terra bruciata intorno a lui.
Il piacere perverso che gli dava l’idea di potersi finalmente liberare di quella parte così grande della sua stessa personalità poteva dirsi pari solo a quello che aveva condiviso con lui in un’altra era, sullo stesso fronte.
To the Edge of the Earth
It's a brave new world from the last to the first
In qualunque modo la si girasse, quella guerra avrebbe consumato tutti gli angoli della terra. Dopotutto, non ci si poteva aspettare altro, considerando che coloro che l’avevano cominciata avevano avuto menti tanto grandi che solo due teste avevano potuto contenerle per intero.
Entrambi sapevano che il conflitto non si sarebbe fermato fino a quando anche gli ultimi rimasugli del vecchio ordine non fossero caduti a terra agonizzanti.
Un mondo nuovo stava sorgendo dalle ceneri meticolosamente organizzate, e le due stesse teste che avevano iniziato quel conflitto erano decise a ordinarlo a modo loro, secondo il proprio credo.