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Autore: FollowOneDirection    12/01/2012    1 recensioni
La storia parla di una ragazza di campagna nata e cresciuta nel Texas che si ritrova a dover affrontare contro la sua volontà l'ultimo anno di scuole superiori in Gran Bretagna per volere della madre.
Parte a malincuore e decisa a far passare quell'anno nella maniera più veloce. Ma presto le sembrerà che il tempo stia scorrendo troppo in fretta.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passate due settimane da quando ho messo piede in Gran Bretagna e le cose vanno normalmente. L’Inghilterra continua a non entusiasmarmi, odio le sterminate campagne inglesi tanto quanto odio le ridicole cerimonie per prendere il tè delle cinque. Sono giunta alla conclusione che un inglese può vivere senz’acqua per una settimana, ma senza tè non ne vive neanche uno.
La famiglia che mi ospita è composta da marito e moglie (Derek e Addison) e un figlio, Louis. La loro casa devo dire che è molto bella; è una villetta situata in un quartiere pieno di villette come quella in cui sto, qui le chiamano ‘terraced house’. E’ composta da un salotto al piano terra con una cucina adiacente molto grande e spaziosa, più un bagno vicino le scale. Al piano di sopra vi sono quattro stanze: la mia, che è quella più a destra salendo le scale, quella di Louis, poi il bagno e in fondo a un piccolo corridoio la stanza dei genitori che dà sul giardino interno. Salendo ancora le scale c’è una soffitta molto carina con degli enormi divani.
Louis è l’unico contatto che ho avuto qui con il mondo dei teenager ed è molto simpatico, va spesso fuori con gli amici e diverse volte mi ha invitato ad andare con lui ma ho rifiutato; non credo mi troverei bene in un gruppo d’inglesi snob, specialmente perché sono americana e hanno l’arroganza di prendere in giro il nostro accento perché non è raffinato quanto il loro.
Louis è un ragazzo dai capelli castani scuri, ha occhi chiarissimi e un bellissimo sorriso. Con lui riesco a stare perché è uno dei pochi inglesi simpatici, ma gli amici non m’ispirano fiducia; ho avuto modo di vederli una volta che sono venuti a prendere Louis con la macchina. Erano in tre: c’era un ragazzo ricciolino che guidava (spericolatamente, aggiungerei), un ragazzo dai lineamenti arabi e dalla faccia scura, quasi minacciosa (insomma, da noi sarebbe il tipico vandalo dei sobborghi), e infine un ragazzo con i capelli come Louis solo un po’ ricci, che mi è sembrato il più timido. Da quello che ho avuto modo di scoprire sono una specie di band e suonano nel cottage di uno di loro, ma nessuno di loro sa suonare uno strumento e a quanto pare qui in Inghilterra è importante che almeno un membro della band sappia suonare uno strumento. Louis sta tentando di imparare a suonare la pianola, ma non fa per lui. Lo dico perché dopo pranzo spesso la suona nella sua camera, ma non fa progressi. Mi ha anche chiesto se sapessi cantare, ma la mia risposta è stata negativa. In realtà non ci ho mai provato, ma non penso di esserne capace.
 La scuola sta per iniziare e in due delle mie classi ci sarà anche Louis, sinceramente non so cosa farò per le altre, specialmente per educazione fisica. In Texas sgattaiolavo sempre negli spogliatoi e ci rimanevo, dato che i professori non notavano la mia assenza e se i miei compagni la notavano, stavano attenti a non dirlo perché la mia presenza non era gradita in nessun campo da gioco.
 
“Ciao!”.
Ero seduta al banco della mia prima ora di lezione a scuola, nella seconda fila.  Per un attimo pensavo di essermi immaginata quella voce, ma dopo poco mi riscossi dai miei pensieri e mi girai. Mi ritrovai un ragazzo dai capelli ricci che mi guardava e sorrideva. “Parli con me?” chiesi io, un po’ goffa.
“Vedi qualcun altro qui?” rispose lui, guardandosi intorno. In effetti, eravamo gli unici seduti ai banchi, poiché gli altri erano tutti in piedi sparsi per la classe e parlavano tra di loro.
“Allora tu sei l’americana?” rincalzò lui vedendo che non rispondevo.
“Sì, sono io, non si sente dall’accento?” chiesi io, sperando per un secondo che il mio inglese liscio senza dialetti americani potesse camuffarsi.
“A dir la verità sì” ridacchiò lui. “Non vivi con Tomlinson?”.
Tomlinson? pensai, ricordando un istante dopo che era il cognome di Louis, non ero abituata a sentirlo chiamare così, per me era Louis, al massimo Lou.
“Sì, sono io, tu come lo sai?”.
“Sono un suo amico” rispose lui, e poco dopo assunse un’aria stupita “Oh, scusami, non mi sono presentato. Sono Harry, Harry Styles. Sono nella band insieme a Louis, Liam e Zayn. Forse ti avrà parlato di noi, purtroppo non abbiamo avuto modo di conoscerti prima”.
Ora capisco perché la sua aria era vagamente familiare, era il pazzo alla guida della macchina. Da come guidava, doveva aver preso la patente da poco.
“Sì, mi ha parlato di voi, è un piacere conoscerti Harry. Io sono Ashley … Bookout.”
In quel momento entrò il professore di storia, Mr. King. Ci alzammo e lui prese posto alla cattedra, prendendo tra le mani un foglio che immagino fosse l’elenco degli alunni.
“Bookout?” chiese ad alta voce alzando lo sguardo dal foglio e guardandosi intorno.
“Sono io” risposi, alzando la mano. Questo è ciò che accade quando si ha un cognome che inizia per B; ci tocca essere spesso i primi dell’ elenco.
“Non ricordo di aver mai sentito il tuo cognome qui, ti sei appena trasferita?”.
“A dir la verità sto trascorrendo il mio ultimo anno di liceo qui, signore. Vengo dal Texas.”
“Ah, avrei dovuto sentirlo dall’accento! Bene, Bookout, puoi sederti. ”.
Ecco un’altra cosa che odio degli inglesi: quando scoprono che sei americana si rimproverano per non averlo capito dall’accento, come se fosse un crimine averti scambiato per un’inglese anche solo per un secondo. Procedette con l’elenco chiamando una sfilza di cognomi che non avevo mai sentito in Texas:  Costa, Gilbert, Portwood, Styles, James, Webbe …
Alla fine la lezione cominciò. Iniziò parlando della fine dell’Ottocento, una lezione pesante e noiosa. I ragazzi intorno a me erano più attenti che mai, sembravo l’unica annoiata e ciò mi preoccupava: non avevo intenzione di trascorrere un anno in una classe piena di persone attente e studiose, dove l’unica scansafatiche ero io. Mi avrebbero conosciuto come “l’americana pigra”, e non volevo dare agli inglesi un altro motivo per snobbarmi.
Dopo un tempo che mi sembrò interminabile, suonò la campanella. Uscii nel corridoio con la mappa alla mano intenta a cercare la mia prossima aula. Nel frattempo Harry mi si affiancò e sbirciando la cartina mi disse “Tranquilla, non sarà sempre così. I primi giorni siamo attenti, ma col tempo diventiamo sempre peggio. Attenta, così ti perdi”. E si fermò a quello che presumo fosse il suo armadietto, mentre io continuai ad andare dritto, non capendo come facessi a perdermi con la mappa alla mano. Vagai un altro po’, quando venni afferrata per un gomito. Mi girai di scatto e mi trovai Louis davanti.
“Uh, la prima faccia familiare della giornata” dissi io, sorridendo.
“Dove vai? L’aula d’inglese è da questa parte, stai tenendo la cartina al contrario”.
Arrossii dalla vergogna, ora capivo cosa intendeva dire quello Styles. Avrebbe potuto dirmelo, stupidi inglesi.
“Muoviamoci che Mrs. Kent non tollera ritardi” disse Louis facendo strada verso l’aula.
  
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