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Autore: thecarnival    13/01/2012    0 recensioni
Il Natale è ciò che ha sempre unito le famiglie e le persone, ma non questa volta.
Ethan Crowford è un Babbo Natale un po' imbranato assunto da poco al 'The Mall' da lei, Honey Heartworth. Una donna -un capo- troppo esigente e rigido per i gusti di Ethan.
Sunshine è una bambina di 5 anni, cresciuta un po' troppo in fretta, perchè privata da ogni magia che c'è nell'infanzia. Cos'hanno Ethan e la piccola Sunshine in comune?Oltre all'affetto -chi ancora incosapevole e chi esplicito- per Honey, la grande passione per il Natale.
La donna però, dopo la morte del marito, ha un rifiuto per questa festa. Cosa succederà quando si ritroverà davanti i più grandi addobbi mai visti? E come reagirà quando scoprirà la più grande bugia nascostale da Ethan?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno, lo so.. siamo in ritardo.. in realtà io sono in ritardo perchè questo è il mio capitolo però l'ho detto mille volte e continuerò a dirlo, l'ispirazione era andata via, volata come le rondini in cerca della primavera.. ho dovuto lottare per riaverla.. Guardare telefilm vecchi, sbavare su foto di uomini mezzi nudi! xD E alla fine ce l'ho fatta. Non dico che il capitolo sia stra bello però meglio di quelle schifezze che vengono fuori quando non sono ispirata!
Allora allora che dire.. AH SI, avevamo lasciato i due idioti a casa di Honey, a baciarsi sotto il vischio per instistenza della piccola Sunshine.. che sarà successo adesso?
Vi pregherei di leggere sotto, solo qualche avviso. BACI.





5.The quiet and the storm.



Le sue labbra sulle mie, mi fecero scoppiare il cuore, non so per quale sensazione prima, forse felicità, paura, o amore; e quando mi staccai da lei un enorme senso di vuoto mi pervase, potevano le sue labbra essere così indispensabili?
“Ecco, contenta?” Si rivolse con un sbuffo alla piccola Sun, eppure non riusciva a smettere di guardarmi, forse anche lei aveva provato le mie stesse emozioni, pensai, o meglio, sperai con tutto me stesso che lei mi ritenesse indispensabile, esattamente come facevo io.
“Siiii, adesso mamma, guarda quanti regali, guarda guarda.” I saltelli della bambina, la manica della maglietta strattonata.. nulla poteva interrompere il nostro contatto visivo, era la quiete dopo la tempesta, anche se, riflettendoci meglio, la tempesta vera e propria doveva ancora scatenarsi.
“Dai mamma, Eth, sediamoci ed apriamo i regali.. tieni mamma questo è per te”
Forse fu quella parola a farla tornare in sé, perchè si voltò verso sua figlia, guardandola in più modi diversi, anche arrabbiata, prese quel pacchetto dalle sue mani, gettandolo sul divano.
“Avevo detto niente albero, niente regali, niente Natale”
“Ma mamma, noi..”
“Niente 'ma' Sunshine, sai benissimo quali erano le regole, e tu mi hai disobbedito. Sistemeremo, riportando tutto in negozio”
Riuscii a leggere la delusione negli occhi della bambina, il suo cuore si spezzò nel momento esatto in cui la madre le ordinò di andare in camera sua, avrei voluto fare qualcosa, come abbracciarla, o rassicurarla che prima o poi sua madre sarebbe tornata quella di prima ma lei avrebbe comunque perso il Natale.
“TI ODIO” urlò tra le lacrime “Dovevi andare via tu, non papà..” Corse via dal salotto, fermai in tempo Honey prima che potesse raggiungerla e l'occhiata che mi lanciò mi gelò il sangue nelle vene. Le lasciai il polso, perchè sapevo che da lì a poco sarebbe scoppiata. Mi insultò in tutti i modi possibili, e rimasi zitto lasciandola sfogare perchè aveva ragione, non mi sarei dovuto intromettere, avrei dovuto lasciarla in pace, avrei dovuto rifiutare la sua offerta di lavoro.
“Io ho solo espresso un suo desiderio”
“Sta zitto Ethan, per favore!” Il suo camminare avanti ed indietro per la stanza mi rendeva estremamente nervoso “E' tutta colpa tua”
“Ho capito, ma il tuo ripeterlo non cambia le cose”
“E' meglio se vai via” Si era fermata, non era più arrabbiata ma delusa, il che mi fece ancora più male.
“Honey..” Mi pregò con lo sguardo e feci come aveva detto, non salutai neanche la piccola Sun.
Arrivai a casa mia con il cuore spezzato e mille sensi di colpa, non sapevo assolutamente come comportarmi, se chiamarla e scusarmi per tutto quello che era successo, o chiedere semplicemente di sua figlia per sapere come stesse, ma non feci nulla di tutto ciò, sapevo che le donne preferivano stare da sole con i loro pensieri o sfogarsi con le amiche in quei casi, perciò me ne andai a letto, aspettando impaziente l'arrivo del mattino successivo.


Di solito riuscivo a calmarmi bevendo caffè e fumando qualche sigaretta, ma quella volta neanche una caraffa intera e un pacco da venti erano bastati a rilassare i nervi. Feci anche una doccia calda, sperando che il vapore schiarisse la mia mente, trovando un'idea, un qualcosa, per farla ragionare e farmi perdonare, ma sapevo benissimo già allora, che sarebbe stato difficile.
Mi feci trovare all'entrata del The Mall prima dell'apertura, la vidi scendere dal taxi, stretta al suo cappotto grigio, con i capelli raccolti, era bella da morire.
“Oddio no..” Cercò di evitarmi, ma le avevo bloccato l'ingresso posizionandomi esattamente all'entrata.
“Possiamo parlare per favore?” Non mi aveva risposto, ma il suo sguardo era stato abbastanza eloquente, ed era stata chiara anche la sera precedente, dicendomi di non volermi più vedere, ma non potevo mollare in quel modo. “Non mi interessa se non mi vuoi ascoltare, io parlerò lo stesso”
“C'è qualche problema qui?”
Quella maledetta guardia all'ingresso era arrivata al momento sbagliato, obbligandomi a spostarmi e permettendo ad Honey di entrare al The Mall, e restarci per tutto il giorno. Ebbene sì. Mi ero appostato al bar di fronte, bevendo un'indefinita quantità di caffè e mangiando ciambelle, pur di beccare il momento giusto in cui lei sarebbe uscita per andare a casa, tenendola d'occhio mi sarei fatto trovare dentro il taxi, e poi davanti casa sua..
Non poteva finire in quel modo. Finire cosa poi dovevo ancora chiarirlo a me stesso, ma in quei giorni ero talmente testardo che quando la guardia del The Mall minacciò di chiamare la polizia per la terza volta in tre giorni consecutivi, capii che dovevo trovare un altro modo per parlare con Honey.
E' quasi passata una settimana, e sono sempre qui fuori ad aspettarti, per favore, possiamo parlare?”
Non era stato l'unico messaggio che le avevo inviato, forse il centesimo e non avevo mai ottenuto risposta, stavo iniziando a perdere sia la pazienza che la speranza..
“Ethan” Mi voltai sorpreso e meravigliato nel sentire quella tenera e dolce vocina chiamarmi, la guardai con gli occhi lucidi, e l'accolsi tra le braccia. Era piccola e fragile più di quanto ricordassi.
“Sunshi, che ci fai qui?”
“Ero a lavoro con mamma, e.. ti ho visto dal suo ufficio” Rimase attaccata a me, la sua manina stretta nella mia, Dio se ero contento di rivederla.
“Mi hai visto? Co..come hai fatto?”
Quando mi disse che l'ufficio si affacciava sulla strada, e mi aveva visto entrare al bar il mio cervello non ci aveva messo molto a fare un rapido ragionamento.
Ultimamente non riuscivo più a beccare Honey all'orario di uscita perchè lei mi vedeva. Ribollivo di rabbia.
“Che succede Eth?” La rassicurai sorridendo e abbracciandola nuovamente. Ordinai per lei una cioccolata calda, e mi feci raccontare come stava trascorrendo quelle vacanze.. mi stupii quando con gli occhi lucidi mi confessò che avevano tenuto l'albero di Natale ed i regali, quindi ero riuscito nel mio intento, renderla felice.. e pensai che forse era quello il motivo per cui Honey non voleva vedermi, perchè l'avevo costretta ad affrontare i fantasmi del suo passato, o forse perchè io ero riuscito dove lei aveva fallito, far sorridere nuovamente Sunshine.
“MAMMA!”
“Cristo Santo Sunshine, come diavolo ti è..” Si bloccò nel vedermi “Avrei dovuto immaginarlo che c'era il tuo zampino..” Ovviamente provai a spiegarle che non c'entravo nulla, ma prese sua figlia in braccio, trascinandola via dal bar.
“Honey, aspetta.. Maledizione”
“Mettiamo le cose in chiaro Ethan, se non lasci in pace me e mia figlia prenderò seri provvedimenti”
“Se solo tu mi facessi spiegare”
“Ma cosa devi spiegare?”
Le nostre urla avevano attirato l'attenzione di troppi passanti e negozianti.. ripensai a quando, tempo prima, avevo sentito dire che i Newyorkesi andavano sempre di fretta fregandosene di tutto e tutti, che grande balla.
Anche quella discussione era terminata in quel modo, e mi sentii un perfetto e completo idiota, perchè non avevo concluso nulla, l'unico passo avanti che avevo fatto era stato urlare su un marciapiede con Sunshine presente. Che razza di uomo ero?
Ormai trascorrevo la maggior parte del mio tempo in strada o dentro quel maledetto bar, piuttosto che in casa, tanto non avevo nulla di meglio da fare, e poi c'era sempre quella parte di me che sperava sempre nel miracolo.. ed infatti accadde. Il miracolo intendo.

Uscivo dal bar, ormai rassegnato, diretto verso casa. Avevo davvero perso la speranza di vederla e parlarle, perchè era chiaro che non voleva più saperne nulla di me, e soprattutto non provava la stessa cosa che provavo io per lei. Quando la vidi correre dall'altro lato della strada, verso l'ingresso del The Mall, il mio cuore sussultò, non ci pensai due volte, e la seguii.
Dentro il centro commerciale.
Su per le scale.
Nel reparto amministrazione.
Era entrata nell'ufficio di Scott, il direttore, lasciando la porta aperta. Mi avvicinai lentamente e bussai alla porta, non volevo farla schiattare dallo spavento.
“Per favore non urlare, né scappare, stai zitta e lasciami spiegare.. almeno per una volta”
Posò i fogli che aveva in mano sulla scrivania, ed incrociò le braccia sotto il petto, forse per ascoltarmi meglio.
“Mi dispiace davvero Honey, se mi sono intromesso nella tua vita, se ho fatto riaffiorare dei ricordi tristi, se tu e tua figlia avete litigato, se ho rovinato il tuo Natale.. non volevo che accadesse tutto questo.. Io volevo solo realizzare il sogno, il desiderio di Sunshine, e vederla felice, mi ha reso felice”
“Tu.. non dovevi”
“Lo so, e non sai quanto..”
“STAI ZITTO” Il suo urlo riecheggiò per tutto l'ufficio, o forse era il mio cuore a ripeterlo continuamente “Perchè non sei come tutti gli altri? Perchè non sei uno stronzo che se ne frega dei sentimenti delle donne? Mi hai ferita ma nonostante tutto sei.. ti sei preoccupato di scusarti, dimmi il perchè?” Non mi diede il tempo di rispondere, era come se stesse facendo un monologo con la sua coscienza. “Io ho cercato di impormi di starti lontana. Ho cercato di dirmi che non eri quello giusto, e avevo ragione, perchè quale razza di persona sana di mente farebbe quello che hai fatto tu per una sconosciuta? Per una bambina che non è neanche sua figlia?” Non riuscivo a capire se fosse arrabbiata o triste o dispiaciuta.. “Dovevi stare lontano da me. Da noi” Ricominciò ad urlare, e se doveva essere una gara a chi gridava di più non avrebbe di certo vinto lei.
“Non avrei dovuto salvare la vita di tua figlia?”
“Certo, ma poi dovevi andartene”
“Tua figlia mi ha chiesto di restare”
“Tu dovevi andartene”
“Io volevo restare” La mia gola iniziava a bruciare.
“Tu dovevi andartene”
“Dimmi un valido motivo per cui sarei dovuto andare via”
“Perchè io mi sono innamorata di te” Le parole mi morirono in bocca. La richiusi più e più volte non sapendo che dire. “Hai capito bene.. puoi anche toglierti quell'espressione da pesce lesso dal..”
La baciai.
Le presi il viso tra le mani e posai le mie labbra sulle sue, e il mio cuore sussultò, percorse tutto il mio corpo, dai piedi alla testa, con un solo battito, la stessa sensazione di quando si è sulle montagne russe o si sta cadendo.
La sensazione di essere svuotato e riempito nello stesso medesimo momento.
Era dunque questo l'amore?
Le nostre lingue si trovarono subito, iniziando una danza tutta loro, mentre le mie mani non avevano intenzione di abbandonare il suo bellissimo viso. Le sue, si aggrapparono alla mia felpa, stringendola spasmodicamente, tirandomi verso lei ancora di più. Sorrisi sulle sue labbra a quel gesto, e lasciando il suo viso, la sollevai per farla sedere su quella scrivania.
Rise quando sentì il rumore di alcuni oggetti raggiungere il pavimento, ma non importava a nessuno dei due. Non stavamo litigando, e cosa più importante, lei mi aveva confessato di essersi innamorata di me. Sorrisi di nuovo e mi morse il labbro, assottigliai lo sguardo e mi vendicai torturandogli il collo con piacevoli baci.
“Eth.. Ethan”
“Se hai intenzione di dirmi di fermarmi. Puoi scordartelo” Baciai anche l'altro lato del collo, facendola mugolare di piacere.
“Tog. Spogliati” Non riuscivo a smettere di sorridere, ero così.. felice oltre che eccitato ovviamente.
Le tolsi la giacca, e con un colpo secco le aprii la camicia, non feci caso al suo sguardo di ammonimento per averle fatto saltare via i bottoni, volevo toccarla, sfiorarla e baciarla, e quei maledetti vestiti erano un ostacolo piuttosto fastidioso. Le sue dita erano intrecciate ai miei capelli, ogni gemito di piacere corrispondeva ad una maggiore stretta, le strinsi un seno nudo nella mano mentre continuavo ad occuparmi del suo collo e della spalla, alternando baci e morsi.
Inarcò la schiena e mi avvicinò, con i piedi, maggiormente a lei, non appena le leccai sensualmente l'orecchio ed ancora il collo. Le sollevai la gonna, e maledii quelle maledette trappole femminili, chiamate calze.
“Qualche problema?” Rideva, ed era il suono più bello del mondo. Sollevai il viso per guardarla meglio, indugiai sul suo viso. Le guance arrossate, le labbra gonfie dei nostri baci, i capelli sciolti ed arruffati, gli occhi lucidi per il piacere. Lasciai perdere le calze e mi avventai sulla sua bocca. Non so come fece, ma mi ritrovai senza maglia, e lei era senza calze.. non smetteva di ridere per la mia incredulità.
“Noi donne abbiamo dei poteri straordinari, sai?”
“Io non ho nessun potere.. ma ho una bacchetta magica pronta per te”
“Ethan, questa era davvero volgare!”
Feci spallucce e il sorriso sparì dalle mie labbra non appena le sue mani accarezzarono la mia erezione, sensualmente e lentamente, tirarono giù la cerniera e con i piedi abbassò velocemente i miei jeans. Avevamo giocato abbastanza, e non vedevo l'ora di sentire il suo calore avvolgere il mio.
Sospirai, e lei con me, non appena entrai in lei, fu una sensazione strana, indescrivibile, meravigliosa, come se la mia intimità fosse stata completamente avvolta, assorbita, o meglio ancora risucchiata dalla sua, difficile da spiegare, ma incredibile da provare. Lei era fatta per contenermi.
Si aggrappò a me in tutti i modi possibili, mentre aumentavo le spinte per donarle piacere, mi baciò più e più volte in tutto il viso, prima di poggiare i gomiti sul tavolo ed inclinare la testa all'indietro.
Sussurrò, e poi urlò il mio nome, tornando a stringermi, e muovendosi insieme a me.
Stavo letteralmente perdendo la ragione ed il controllo.
Le baciai la spalla quando esplosi di piacere.
“Io..”
La sua voce spezzata attirò subito la mia attenzione. Mi preoccupai, perchè non era una bella cosa veder piangere una donna dopo aver fatto l'amore. Perchè il nostro non era stato del semplice sesso, certo non era stato in un luogo molto appropriato, ma i miei bis nonni avevano avuto la loro prima volta in un campo di ortiche, e 50 anni dopo erano ancora più innamorati di prima.
La scrivania del capo era molto più comoda delle ortiche.
“Honey, ti prego parlami”
“Giuro che non è colpa tua.. cioè è merito tuo..” Le asciugai le lacrime e le baciai le palpebre, sperando che smettesse. “Io piango, quando.. oddio..”
“Mi stai facendo preoccupare” Si coprì il viso con le mani, ma gliele tolsi, non mi ero ancora reso conto di non essere uscito. Ma stavo bene dove stavo.
“Piango dopo un orgasmo. Ecco l'ho detto.” La sua espressione imbronciata mi fece ridere “Lo sapevo, non dovevo dirtelo.. adesso penserai di essere chissà chi..”
Le baciai velocemente le labbra, ed uscii a malincuore da lei.
“Che ne dici di andare a casa e piangere insieme?”

Non ero mai stato felice come allora, sorridevo ad ogni suo gesto, mentre diceva al tassista l'indirizzo di casa, mentre si accoccolava alla mia spalla e mi stringeva la mano.
Pensai che non poteva esserci giorno migliore, ma ancora una volta mi sbagliavo..
“Siamo a casa” Chiamò la figlia mentre lasciava la giacca nell'attaccapanni, Sunshine ci corse incontro con un cipiglio incuriosito, si bloccò non appena mi vide, ed urlò felice non appena si accorse delle nostre mani intrecciate. La presi in braccio stringendola forte..
“Eth.. sei a casa”
“Sì piccola, sono a casa”
Abbracciai anche Honey, sorridendoci a vicenda.
Le mie due donne.

*************

Non sono carini e coccolosi? Non mi esprimo più di tanto voglio che siate voi a farlo, sempre se vi va.
Allora, vorrei solo darvi qualche link.
Se volete aggiungermi su facebook, potete richiedere la mia amicizia qui Thecarnival efp

Se invece volete iscrivervi al gruppo, sempre su facebook, potete trovarlo qui, Le mie storie ed altro, in esso troverete anche Spencerina, che ogni tanto pubblica qualche novità o idea su delle sue nuove storie. 
Se vi piacciono i video fanmade sulle fanfiction, allora, sempre se vi va, potreste dare un'occhiata al mio canale youtube La vida es un carnaval e a quello di Spencerina, EverHastingsLove. Abbiamo fatto dei video davvero carini. Io su delle storie mie e di alcune mie amiche già pubblicate e non, e Spence, dei video in generale. Date un'occhiata.. non ve ne pentirete.
L'ultima cosa, ed ho finito, GIURO, se vi piacciono le storie originali, o se vi piace twilight -in contensti completamente diversi- potete leggere le mie storie, una finita e l'altra in corso:
- Suonami Lentamente
e la raccolta A wish right now che comprende una mini-fic di 4 capitoli e una OS.
Ho davvero finito. 
Al prossimo capitolo.

   
 
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