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Autore: Elpis    13/01/2012    3 recensioni
Nella saga di Twilight si intrecciano molteplici vite e storie d’amore. Ma mentre alcune coppie vengono descritte fin nel più minuto dettaglio, altre vengono lasciate in ombra e dei loro destini si sa poco o nulla. Riuscirà Nessie a stare con il suo Jake una volta cresciuta e scoperta la verità sulla loro storia d’amore? E Leah Clearwater troverà un compagno o continuerà a rimpiangere per sempre l’amore perduto di Sam? Ma pensiamo anche ai Volturi: qual è la verità sulla strana apatia che colpisce Marcus? Che tipo di legame può aver spinto Victoria a creare addirittura un esercito per vendicare la morte dell’amato?
Questi ed altri ancora sono i personaggi su cui la mia ff vuole fare un po’ di luce.
Primo Capitolo: “Touched by you skin” Jacob/Renesmee
Secondo Capitolo: “Touched by the sadness” Marcus/Dydime
Terzo Capitolo: "Touched by the moon” Leah/ Nuovo Personaggio
Quarto Capitolo: “Touched by the future” Alice/Jasper
Quinto Capitolo: “Touched by your the stars” Emily/Sam
Sesto Capitolo: “Touched by your sprint” Victoria/James
Settimo Capitolo: “Touched by your silence” Seth/Angela.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                 Touched by the moon
                                                                  Leah/Sam





 

                     Oh, you're such a pretty one
  And the naked thrills of flesh and skin
       Would tease me through the night.
                         “Narcotic” Liquido










 

Leah Clearwater gettava dei sassolini nel pigro ruscello che le ricordava il suo cognome, cercando di soffocare l’ingombrante insoddisfazione che le premeva nel petto.
Non avrebbe dovuto sentirsi così: la guerra con i Volturi si era conclusa senza spargimenti di sangue, il clan dei Quileute e quello dei Cullen andavano d’amore e d’accordo, Renesmee – la neonata mezzovampira  – non era una minaccia per la loro stirpe. La Swan aveva ottenuto una vita eterna da puzzolente succhiasangue; Jake aveva trovato l’imprintig, per buona pace dei loro sensi martoriati, e Sam… no, a Sam non doveva proprio pensare.
Tutti avevano ottenuto quello che più desideravano. Tutti tranne lei.  Per lei la felicità era ancora un sogno lontano.  
Per questo, appena la situazione si era calmata, aveva deciso di prendersi una pausa dal branco per un po’. Jacob e gli altri non avevano fatto una piega e Leah immaginava che si fossero dovuti trattenere dal saltare di gioia: la odiavano e non era un mistero. Lei era quella acida ed impulsiva, quella che ammorbava la mente di tutti con la sua gelosia e i suoi sentimenti stucchevoli nei confronti dell’ ex capobranco. Lei era quella che pur essendo una femmina, aveva ricevuto il dono della trasformazione. Lei era quella diversa.  
Un giorno semplicemente Leah aveva deciso che era troppo. Era fuggita da Forks, aveva vagato fino ad arrivare in Canada sperando di… di… Sperando cosa?
Dei cerchi concentrici increspavano l’acqua del ruscello nel punto in cui il sasso era affondato. La luna piena brillava alta nel cielo, ma nonostante questo non sentiva freddo, la sua temperatura era fissa ai 42° gradi corporei.
Quella che era la sua speranza, faceva fatica ad ammetterla persino con se stessa. Tutto sommato era abbastanza deprimente che dopo tutto quel tempo il suo desiderio nascosto fosse ancora trovare qualcuno che le facesse dimenticare Sam Uley.
Con un mezzo sorrisetto di autocommiserazione ripensò a tutti i giorni in cui aveva fatto avanti indietro nel villaggio e nelle città vicino a casa, fissando intensamente tutti i ragazzi che incrociavano il suo cammino. Anelando trovare quello con cui la scintilla sarebbe scattata, sognando di intravedere quello sguardo che avrebbe cancellato quel dolore sordo dal suo petto.  Lo sguardo che non l’avrebbe più fatta sentire così diversa. Così sbagliata.
La luna emanava tenui raggi, ammantando la radura del suo pallido biancore. Leah cercò di concentrarsi solo su di essa ma, come sempre, il vortice dei ricordi finì per risucchiarla.
 
<< Ti amo, Leah. >>
La voce morbida e bassa di Sam risuonò nel tetro edificio scolastico.
<< Credo di averti sempre amato, fin da quando eravamo bambini e giocavamo insieme in riva al fiume, schizzandoci con l’acqua  e rincorrendoci fino a crollare esausti sul prato. >>
Leah arrossì, appoggiandosi al banco sgangherato dell’aula deserta. Aveva sempre desiderato che lui le dicesse quelle parole, al punto da aver timore che quello fosse solo l’ennesimo, inconcludente sogno.
Ma era tutto così dannatamente reale. Lo sguardo sincero ed indifeso di Sam, il modo impacciato con cui si passava la mano fra i capelli neri, arruffandoli un po’ ai lati. Gli schiamazzi dei ragazzi che giocavano in cortile  provenienti dalla finestra aperta. Il suo cuore che batteva incessante contro il petto, al punto che le orecchie le risuonavano di quel rumore ridondante.
<< Credo di averti amato anche quando litigavamo e mi tenevi il muso per settimane, anche quando quell’idiota di Evans ci ha provato con te e io gli ho spaccato il muso… Anzi, credo di averglielo spaccato proprio per quello… >>
Leah avrebbe voluto ridere, perché il tono con cui aveva detto quella frase era troppo buffo e tenero, ma era come se avesse qualcosa incastrato in gola e temeva che – se solo avesse aperto la bocca – sarebbe scoppiata a piangere come una bambina.
<< Non sono molto pratico in queste cose…Mi sa che te ne sarai accorta…Insomma, il succo del discorso è: vuoi essere la mia ragazza, Leah? >> aveva concluso inchiodandola con i suoi occhi neri e profondi.
Leah inghiottì un misto di saliva e commozione e riuscì a mormorare un flebile: << Sì >> prima di precipitarsi fra le sue braccia.
 
Quella era la cosa che le faceva più male di tutte. Con Sam si era aperta, gli aveva fatto vedere la vera Leah, non la faccia dura e scontrosa che mostrava al resto del mondo.  Gli aveva consentito di vedere sotto gli strati di acidità e pungente ironia che usava come scudo e di scorgere la sua fragilità. Perché in fondo era una ragazza timida ed insicura, come tante altre.
E lui gli aveva giurato che non l’avrebbe mai lasciata.
 
<< Quando sarò grande ti sposerò, Leah >>
Lei si era girata, il suo volto di bambina si era corrucciato in un’espressione dubbiosa.
Sam aveva alzato il piccolo pugno coperto di fango – stavano costruendo delle fortezze con ciottoli e terra – e aveva ribadito il concetto, sfidandola a ribattere.
<< Vivremo in casa insieme, come mamma e papà. Tu farai da mangiare e io andrò a lavoro. Staremo sempre insieme, Leah. >>
Lei aveva sorriso, credendo a quello che lui le diceva con l’ingenuità dei bambini.
Non le importava molto  del matrimonio, ma sapere che lui sarebbe sempre stato al suo fianco le aveva acceso due punta di rosa sulle guance paffute.
 
Invece era bastato uno sguardo a portarglielo via. Era stati sufficienti i begli occhi scuri di Emily perché la sua promessa si infrangesse come un coccio di vetro. E la cosa più ironica era che era stata proprio lei a presentargliela. Leah sentì il ricordo più viscido ed odioso premere ai margini della sua mente. Come sempre, cercò di ricacciarlo indietro.
Come sempre, non vi riuscì.
 
<< Sam, questa è mia cugina Emily. >>
Lui stava parlando con un suo amico e si era girato lentamente. E lentamente, nel vedere come mutava l’espressione del suo viso, il cuore di Leah era andato in frantumi.
Sam aveva spalancato la bocca e nei suoi occhi era brillata una luce che non Leah non aveva mai visto quando si posava su di lei.
Non c’era stato bisogno di parole: aveva capito in un istante di averlo perduto per sempre.
 
Ed ecco la domanda che si ripeteva da anni, senza aver trovato una risposta: perché? Perché sua cugina Emily? Perché non poteva essere lei l’oggetto del suo imprintig?
“Perché tu non andavi bene come madre, Leah, anzi non andavi bene come donna.” le suggerì una vocina nella sua testa.  “Tu sei fatta solo per essere carne da macello, una macchina di artigli e zanne. L’amore è qualcosa di cui non sei degna. Il tuo corpo non cambierà mai. Tu non cambierai mai e sarai sempre sola.”
A farla riemergere da quei pensieri triti e ritriti fu un fruscio. I suoi sensi più sviluppati del normale lo colsero quando era ancora molto distante. In un primo momento lo ignorò, attribuendolo ad un animale selvatico, e si distese per terra, pronta a passare l’ennesima notte all’addiaccio. Certo era una soluzione scomoda, ma lei vi era talmente abituata – aveva trascorso così tante notti nel bosco quando doveva fare la guardia ai Culllen – che ormai quasi non se ne accorgeva più. Inoltre in quel periodo, periodo che durava da alcuni mesi per la verità, non era molto socievole e non desiderava avere persone intorno.
Si era appena accoccolata, appoggiando la testa a un braccio, che il rumore risuonò di nuovo, molto più forte e nitido. Doveva trattarsi di un animale di stazza grossa, ma non era tanto quello a stupirla, quanto la velocità alla quale quello si muoveva. Era rapido. Dannatamente rapido. E si dirigeva verso di lei.
Appena il tempo di formularlo quel pensiero, che Leah era già scattata in piedi, guardinga, annusando l’aria per cercare di identificare quell’odore misterioso. Non era uno del branco, di questo era più che sicura. E non puzzava come le maledette succhiasangue. Un sentore ferino, pungente, le solleticava le narici, ma come diavolo faceva un animale a spostarsi così?
Ancora un paio di secondi e Leah ebbe la certezza che quella cosa non solo si dirigeva verso di lei, ma puntava lei. Era guidato dal suo odore e presto le sarebbe stato addosso.
Il suo cervello lavorò febbrilmente, vagliando le alternative: l’istinto le suggeriva di scappare, ma dopo un attimo scartò quell’idea. Se l’odore che quell’essere sprigionava ne rispecchiava un minimo la personalità si trattava di un fiera a caccia e la sua fuga l’avrebbe solo eccitata.
Rimase dunque immobile, i sensi tesi, lo sguardo che abbracciava la radura.
Non erano molte le creature in grado di spaventare Leah Clearwater. Tuttavia, quando la luce della luna illuminò il profilo dell’essere, in parte nascosto dagli alberi, sentì distintamente il cuore che le risaliva lungo la gola e i palmi delle mani iniziarono a sudarle.
Di fronte a lei c’era un lupo. Non un lupo qualunque, ma un lupo gigantesco, che di stazza superava persino Jacob ed aveva un’aria molto, ma molto più minacciosa. Il muso era enorme, nero, come nero era tutto il resto del corpo che si fondeva con la notte. Le zanne sporgevano dalle fauci digrignate e  gli occhi emanavano rossi bagliori sinistri. Il lupo era di una bellezza tenebrosa e letale che affascinava la vittima, pur inchiodandola dal terrore. Ma non era solo una questione di aspetto. La mente della fiera sfiorava la coscienza di Leah, trasmettendole la sua brama di sangue e morte, di caccia e di sfida.
Distolse lo sguardo dalla bestia, per osservare il cielo limpido, non inquinato da nessuna nube raminga. La luna che brillava nel cielo era indiscutibilmente piena. 
Fu in quel momento che capì cosa voleva dire il succhiasangue quando affermava che i Quileute erano mutaforma. Capì la differenza.
Perché  quello che aveva di fronte a sé era senza ombra di dubbio un licantropo.
 Un secondo dopo la pelle di Leah si lacerò e i vestiti esplosero intorno al suo corpo. Un piccolo lupo grigiastro spalancò le fauci in un ringhio che sperava essere minaccioso.
Gli occhi del licantropo si assottigliarono ma nella sua mente Leah lesse solo soddisfazione. Era chiaro che per lui, lei non era un vera minaccia, solo una distrazione che si era rivelata più  divertente del previsto.
Poi iniziò lo scontro e Leah lasciò che l’umanità le scivolasse di dosso, abbandonandosi a tutto quello che era istinto e riflessi primordiali.
Il licantropo era avanzato a passi lenti e misurati, senza distogliere mai il viso dal suo, fino a posizionarsi al centro della radura. Il pelo, ritto intorno al corpo, ne aumentava ancora di più il volume. I muscoli erano tesi, tutto il corpo in tensione, come se stesse per saltare addosso da un momento all’altro.
I due lupi si studiarono per un tempo che parve infinito, muovendosi in cerchi concentrici, senza osare fare la prima mossa.
Alla fine fu il licantropo a rompere quel delicato equilibrio.
Le balzò contro, puntando alla gola, ad una velocità che Leah non aveva preventivato. Scartò e le zanne la mancarono di un soffio, mentre il licantropo sembrava essere ancora più eccitato dalla sua resistenza. La attaccò di nuovo, stavolta cercando di artigliarle un fianco, e di nuovo mancò poco l’obbiettivo.
Quella strana danza continuò per alcuni minuti. Leah non faceva altro che schivare, senza riuscire a portare a segno un solo punto. Sentiva la stanchezza insinuarsi a poco a poco negli arti, come un veleno letale. Ansimava e la lingua le ciondolava pendula dalle fauci.
Il licantropo, invece, non dava segni di affaticamento.
Stava giocando.
Leah lo realizzò quando le zanne le sfiorarono un orecchio, senza strapparlo come avrebbero potuto. E la mente della creatura –che a tratti sfiorava ancora la sua coscienza – urlava la sua gioia nell’aver trovato una preda che si muoveva così bene.
Leah sentì la rabbia premerle nel petto. Che cos’era lei, un giocattolino con cui divertirsi? Non avrebbe lasciato che la sfibrasse per poi darle un colpo di grazia! Era Leah Clearwater, aveva fatto parte di un branco, aveva ucciso succhiasangue! Lei non era il passatempo di nessuno!
Ruotò su se stessa e si diede lo slancio con gli arti posteriori. Saltò, in modo improvviso e letale, contro il licantropo. Quello per un istante parve sorpreso,  ma la sua reazione non si fece attendere. La sua zampata la colpì mentre era ancora a mezz’aria, facendola rovinare al suolo.
L’impatto con il terreno fu duro, ma mai quanto l’umiliazione. “Aro voleva sterminare i lupi mannari, eh?” pensò mentre si sforzava di rialzarsi e di scrollarsi di dosso la polvere e le foglie. “Inizio a capirne il motivo… maledizione, sono molto più forti di qualunque succhiasangue abbia affrontato finora!”
Si tirò su, ma la zampa destra cedette sotto il suo peso e un odore ferroso e sgradevole si diffuse nell’aria. Sangue. Sul fianco destro, quello su cui era atterrata, c’era un squarcio lungo e sottile.
A Leah bastò osservare lo sguardo del licantropo nel fiutarne l’odore per capire di essere perduta. Il suo volto era completamente sfigurato. Digrignò i denti, fissandola come se fosse qualcosa da divorare. Nelle sue iridi rosse si riflesse uno sguardo bestiale, che ormai aveva perso anche il più piccolo connotato di umanità. Se fino a quel momento era apparso spaventoso, adesso Leah lo trovò agghiacciante.
Il licantropo rovesciò la testa all’indietro e ululò. Fu un latrato breve ma intenso, che riflesse tutta la sua eccitazione. Poi la sua mente – senza più argini – attaccò quella di Leah.
Lei si sentì quasi schiacciare tanto intenso e prorompente fu quel contatto. I suoi pensieri erano feroci, sanguinari e di una potenza mai vista. Era una mente atavica, profonda, il cui obbiettivo era di schiacciarla e ridurla in ginocchio ai suoi piedi. Un nero pozzo senza fondo dove la bestia aveva inghiottito l’uomo e a regnare era solo l’istinto e la forza bruta: le dava la nausea.
Leah ebbe paura e seppe che questo lo avrebbe eccitato ancora di più. Stavolta semplicemente non riuscì a ribellarsi all’istinto e scappò, ignorando le fitte dalla zampa ferita, avvertendo il rombo potente del cuore che pompava sangue nei suoi muscoli.
Il licantropo le lasciò qualche secondo di vantaggio – probabilmente perché non voleva che il divertimento finisse subito – poi scattò ad inseguirla.
Leah sfrecciò fra gli alberi, zigzagando di continuo. Cercava di sfruttare la sua taglia più piccola, che le consentiva di infilarsi fra spazi in cui il lupo mannaro non sarebbe entrato. Non che per lui fosse un grande problema: se la fessura fra due tronchi era troppo piccola, semplicemente li buttava giù con il peso del suo corpo.
Non avrebbe saputo dire per quanto tempo aveva corso. Forse minuti o forse ore. Era spossata eppure si rifiutava di arrendersi. Ma la cosa più difficile da combattere non era la stanchezza, quanto i pensieri del licantropo che le si infilavano nel cranio, come artigli invisibili, minando la sua voglia di scappare ancora. Era un contatto doloroso, bruciante, che la faceva sentire violata nella sua intimità.  Era come un vortice che rischiava di risucchiarla; temeva di smarrirsi nei labirinti di quei pensieri ferini, fino a dimenticare che era un essere umano, lei, e non una semplice bestia in fuga.
Le piombò addosso, agguantandole per la collottola e le zampe le cedettero di colpo. La soddisfazione del licantrop riverberò nella sua testa come un colpo di frusta. Aghi di ghiaccio le trafiggevano la tempia, mentre lei e il lupo mannaro si rovesciavano al suolo e il duro terreno si macchiava del suo sangue.
Era finita. Lo sapeva e quasi quasi non le importava. Cosa aveva da perdere in fondo?
Seth. Il volto del fratello per un attimo si affacciò alla sua mente. Chiuse gli occhi, preparandosi a salutarlo per sempre.
Quasi senza che se ne accorgesse il suo corpo mutò, riprendendo l'aspetto umano. Sospirò di sollievo perché in quel modo il licantropo non aveva più accesso alla sua mente e finalmente quel contatto freddo e bruciante si era ritratto. Il lupo non si aspettava quella mossa e per un attimo gli sgusciò dalle zampe, rotolando alcuni metri più avanti.
Ma aveva rimandato la sua morte di soli pochi istanti e lo sapeva bene. Era sporca, ferita, sanguinante, gettata a terra come uno straccio. Aveva le palpebre ancora ermeticamente serrate, ma il lupo la dominava di nuovo, le era sopra, avvertiva i suoi artigli premere sulle spalle e lasciare solchi rossastri, sentiva la sua ombra che lo sovrastava minacciosa nel pallido chiarore che si stava facendo strada nel cielo.
Avrebbe potuto trasformarsi di nuovo, ma non voleva. Andava bene così: morire da umana, morire dopo aver dato il meglio di sé. Dopo tutto era fuggita dalla riserva perché voleva smettere di soffrire ed anche quella era una soluzione.
Leah attese il colpo di grazia ma quello non si decideva ad arrivare. Probabilmente nella fiera era rimasta ancora qualcosa di abbastanza umano da donarle il sadico gusto di procrastinare ulteriormente la sua fine, in modo da farla agonizzare ancora un po'. Anche il peso che gravava sulle sue spalle era diminuito e la presa era meno ferrea, come se il lupo stesse ritraendo gli artigli.
Capì quello che stava succedendo – lo intuì dal suo odore che mutava gradualmente – ancor prima che una voce risuonasse nell'aria:
<< Una ragazza? >>
Il tono era basso e ringhioso, sembrava quasi un abbaiare, ma era indiscutibilmente umano. Leah continuò a tenere gli occhi chiusi ma aveva un groppo in gola e non sapeva come aveva fatto fino a quel momento a non scoppiare in singhiozzi. Il tenue sprazzo di sole che le bagnava la pelle le suggerì che la luna stava ormai calando all'orizzonte e che fosse quasi l'alba.
La luna è scomparsa e il licantropo è di nuovo un uomo.
<< Cosa ci fai tu qui? >> chiese lo sconosciuto con tono sbalordito. << Di notte in questa foresta non c'è mai nessuno... è per questo che io... Io non volevo... >>
Le sue scuse erano pietose. L'aveva quasi ammazzata e adesso dava la colpa a lei che non si sarebbe dovuta trovare in quel posto? Normalmente una frase del genere l'avrebbe fatta incazzare. L'avrebbe fatta incazzare di brutto, della serie che gli avrebbe tirato un pugno da spaccargli il naso.
Ma in quel momento, il cuore che ancora le batteva a tremila e le gambe che tremavano per il pericolo scampato, semplicemente il sollievo era troppo per lasciar posto alla rabbia.
<< No-non importa. >> sfiatò dopo alcuni secondi, interrompendo la litania di scuse di quello.
Finalmente Leah si decise ad aprire le palpebre e la prima cosa che i suoi occhi videro fu il cielo, tinto di un bel rosato ed arancio. La luna si intravedeva ancora, ma era un puntino appena accennato sull'orizzonte.
Poi i suoi occhi si spostarono ad osservare lo sconosciuto che le gravava addosso. Si trattava di un ragazzo, all'incirca della sua età o forse un poco più grande. Aveva dei capelli nerissimi, dello stesso identico colore della pelliccia del lupo, che gli ricadevano in ciocche scomposte sugli occhi di un grigio argenteo. A Leah sembrò che la luna si fosse spostata lì, dentro i suoi occhi ombrosi.
Continuò ad osservarne i lineamenti, in uno statico stupore. La linea della mascella era decisa, gli zigomi alti, le labbra carnose. Per la prima volta in vita sua pensò che “bello” fosse un termine assolutamente riduttivo ed insignificante.
Lo perdonò in un secondo di averla ferita, braccata, quasi uccisa. Lo perdonò perché capì con un'intuizione improvvisa che non era stato lui a farle quello, ma il lupo su cui non aveva controllo. Lui non le avrebbe mai fatto del male.
Un barlume di lucidità si affacciò alla sua mente e Leah arrossì, rendendosi conto della posizione compromettente in cui si trovavano. Le era steso sopra, completamente nudo, e lei si trovava nella stessa, imbarazzante situazione. Istintivamente si coprì il seno con il braccio sano, sentendo che le gote le andava a fuoco. Forse anche lui si rese conto del modo in cui i loro copri erano intrecciati, perché si ritrasse appena, mentre i suoi occhi abbracciavano il suo corpo scoperto.
Il suo sguardo aveva ancora un che di ferino e bestiale ma era anche nudo, privo di veli, e Leah capì che anche lui la desiderava. La desiderava come donna. Non come amica, confidente o sorella, ma come compagna.
Uno strano calore le si diffuse nelle membra: non era mai stata nuda fra le braccia di un ragazzo, nemmeno fra quelle di Sam, e razionalmente sarebbe dovuta fuggire a gambe levate. Invece appena quello si discostò di un poco e i loro busti smisero di toccarsi, avvertì una spiacevole fitta all'altezza dello sterno, come se adesso le mancasse qualcosa.
“Potrebbe essere l'imprinting” le suggerì la solita vocina saccente e razionale, ma Leah ricacciò quel dubbio dentro di sé. Non le importava cosa la facesse sentire così, voleva solo godersi il rombo martellante del suo cuore che sembrava voler recuperare in pochi attimi i mesi di grigiore ed apatia a cui era stato condannato.
Il ragazzo fece per ritrarsi ancora e Leah non riuscì a trattenersi. Bisbigliò un “No!” con un gemito di disperazione, come se solo il suo contatto fosse in grado di farle dimenticare il dolore per le ferite, per la paura, per la vita che odiava. Lui si fermò all'istante, mentre le dita di Leah gli affondavano nella spalla. I suoi occhi si incupirono e lei vi lesse lo stesso profondo bisogno che le scavava il petto.
Quando quelle labbra, rosse e fameliche, si posarono sulle sue, Leah pensò che il suo cuore si sarebbe fermato sì, ma per il troppo battere.
 
 
 
 
 
 
 
 
Un saluto a tutti!
Come ho scritto nella presentazione, questa ff è nata come one-shot, poi però mi sono venuti in mente tanti personaggi della saga di cui non si sapeva molto e ho pensato di approfondire.
La Meyernon descrive i licantropi, limitandosi a dire che si trasformano solo con la luna piena e che sono diversi dai Quileute. Quindi mi sono attenuta al filone classico: creature feroci, che tornano umane appena spunta il sole e bramano il sangue. Quando sono in fase di trasformazione l’essere umano non ha alcun  tipo di controllo e dopo non ricorda niente. Invece il fatto che il licantropo riesca ad entrare in contatto con la mente di Leah l’ho inventata di sana pianta, ma mi è sembrato verosimile.
Se vi state chiedendo se sarà solo una raccolta di “storie di lupi” la risposta è no. È stato un caso che in questi due episodi abbia parlato dei Quileute, nel prossimo infatti penso che descriverò il rapporto fra Marcus e Dydime ( nella saga quasi non se ne parla, ma Dydime era la sua compagna e aveva  un potere molto particolare).
Non ho assolutamente idea di quando lo pubblicherò, potrebbe volerci anche molto tempo perché sono alle prese con altre storie che hanno la priorità... Gli aggiornamenti saranno lenti! Vi avviso subito e mi scuso anche per questo.
Bene, un grazie a tutti quelli che hanno commentato “Touched by your skin”, un grossissimo saluto a tutti e un bacio!
Ely
p.s. xocchidigatto: lo so che quando mi hai proposto di scrivere un continuo intendevi di proseguire la storia Jacob/Renesmèe e mi dispiace darti questa delusione. In realtà non ho abbandonato l'idea di scrivere una fic su di loro, ma non posso farlo nell'immediato perché ne sto scrivendo altre e non ho proprio tempo. Inoltre mi sembrava che Touched fosse già completa, senza bisogno di un seguito. Spero che l'idea di questa raccolta possa comunque piacerti, se così non fosse, capirò! ; )
 
 
 
       

 

  
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