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Autore: _failed dreamer    13/01/2012    2 recensioni
Probabilmente sarò l'ennesima fan che scrive una fanfiction su questa parte della vita di Billie. Ma ci tenevo a dare anche la mia interpretazione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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23 anni dopo. 23 lunghi anni dopo. Quanto era cambiato quel bambino? Era cresciuto, maturato, aveva commesso tanti di quegli errori, di quegli sbagli... Aveva fatto rinascere vite, ne aveva fatte morire altre. Aveva incantato milioni di persone, si era fatto odiare da altrettante. Aveva insegnato a tantissime persone. Ne aveva danneggiate altrettante. Aveva VISSUTO. Ed ora era dove era. E gli andava bene così. Era felice? Si. Era realizzato? Più che mai. 


Ed ora era lì. Su quel palco scintillante, con i riflettori addosso. Il suo viso proiettato su enormi schermi. 65 mila persone che lo fissavano. Un bel numero. Ed ora era il momento. "Su", si diceva, "L'hai voluto tu. Tu hai deciso di cantare questa dannata canzone a questo dannato concerto. Nessuno te l'ha chiesto. Nessuno ti ha obbligato. E ora impugna questa maledetta chitarra, mettiti davanti a questo maledetto microfono e comincia.". Ma non ci riusciva. Per la prima volta durante quel concerto sentiva gli sguardi di quelle persone su di lui. Per la prima volta sentiva il calore delle luci su di lui. Per la prima volta durante quel dannato concerto sentiva che aveva paura. Ma non poteva abbandonare. Non poteva deludere tutte quelle persone. Quelle persone credevano in lui. La vita di molte di quelle si basava su di lui. E abbandonare tutto avrebbe voluto dire perdere la fiducia di tutti loro. Dei suoi compagni. Avrebbe voluto dire perdere tutto ciò che si era costruito con le sue dannate mani. Quindi impugnò quella chitarra e suonò le prime note. Ormai non poteva fermarsi. C'era dentro. 



A quelle prime note, il pubblico impazzì. Urla di dolore, di felicità, di tristezza, di mille sentimenti diversi, invasero le orecchie del bambino cresciuto. Si fermò. Le urla si bloccarono. Come se tutti capissero ciò che stava passando. Ricominciò, si avvicinò al microfono,e iniziò a cantare. 65 mila persona iniziarono con lui. Ma lui sentiva il loro appoggio. Tutte quelle persone in un certo senso lo capivano. Così, una parola dopo l'altra, riuscì ad andare avanti. Ma l'appoggio di quelle persone non poteva colmare il suo vuoto. Nulla poteva. 


E' l'ora dell'assolo. Un attimo prima, si girò e guardò il batterista.Quel batterista che non stava un attimo serio, aveva sempre un sorrisetto sulle labbra, aveva sempre uno scherzo pronto. Ed invece era sorprendentemente serio. Triste. Lo capiva. Il chitarrista capì che lui sarebbe sempre stato al suo fianco.Quando l'aveva incontrato aveva sentito un'ondata di calore dentro. E aveva capito che lui non era come gli altri. Ed era proprio per questo che era serio in quel momento. Sapeva che ciò che il chitarrista stava cantando era diverso. Ricambiò lo sguardo, e un po' di fiducia arrivò al cuore del cantante. Poi si girò a guardare il bassista. Quel bassista che non si fermava un attimo, era sempre gasato. Ora era fermo, ad aspettare di suonare. Lo guardò, e capì che gli voleva bene anche lui. Ma era un amico. L'amico più importante della sua vita. Ma era solo un amico. Il batterista era un qualcosa in più.


Poi si girò verso il pubblico. E continuò a cantare. Ma non sentiva le urla, gli altri strumenti, nulla. Sentiva solo la sua voce, la sua chitarra. Era come in una bolla. Le orecchie erano tappate. E poi, pronunciate le parole "Like my father's come to pass", tutto cambiò. "Like my father". Suo papà. Tutti i loro momenti passati assieme, scomparsi. Tutto finito. Tutto cancellato. E sentì gli occhi bruciare. "Non provarci, idiota. 65 mila persone ti fissano. Non puoi piangere davanti a tutta 'sta gente. Proprio non puoi. NON PROVARCI!". Ma mentre se lo diceva, le lacrime avevano cominciato a scorrere sul suo viso. Ed all'improvviso nulla gli importò più. Al diavolo tutto. Anche se piangeva la vita di quelle persone andava avanti. Ma quella di suo padre si era bloccata. E così, lacrima dopo lacrima, si sentiva sempre più debole, fragile. La sua voce era rotta dal pianto. Finito di cantare, urlò "ENGLAND!". Ma lo urlò per la disperazione. Per la pressione che gli era stata addosso fino a quel momento. E poi strinse la sua chitarra, e cominciò a suanarla. Con tutta la dannata passione che gli scorreva nelle vene. Suonarla voleva dire avere di nuovo suo padre davanti per un attimo. Voleva dire sentire suo padre dirgli che era proprio bravo a suonarla. Voleva dire SENTIRE suo padre e basta. Le lacrime continuavano a scorrergli sulle guance, ma nulla gli importava ormai. Si riavvicinò al microfono. Riusciva a malapena a cantare. Alcuni singhiozzi lo scossero, ma non gli importava. E d'improvviso tutto finì. Pronunciò le ultime parole, e tutte le persone si misero ad urlare. I suoi compagni smisero di suonare. Le lacrime smisero di rigargli il viso. E lui tornò al mondo. 

 

"Wake me up when September ends".



 

Eccomi. Ho finito. Spero vi piaccia. Recensite! :D
-iWannaBeTheMinority

   
 
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