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Autore: Nemsi    14/01/2012    2 recensioni
Provate ad immaginare il re delle serpi e i suoi più fedeli sudditi all'età di 8 anni ed intenti a trovare un modo per non annoiarsi ad un tediosissimo ricevimento dei grandi.
Avviso: pucciosità alle stelle.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Draco Malfoy, Millicent Bullstrode, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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BABY SLYTHERIN
By Nemsi
Dedicata a Luna, Lady e Ryta
con l'aggiunta di Max e Juls



05. Nascondino & Baci

 

 

Ed eccoli lì.
Il possente predatore e la sua preda designata a camminare a pochi passi di distanza (mano nella mano neanche a parlarne, Dray non l'avrebbe mai permesso), cercando di stanare gli altri componenti del loro squadrone.

Per ordine del biondissimo Generale erano ridotti più o meno al silenzio. Non sia mai che rivelassero la propria posizione ai loro temporanei nemici, prima che questi fossero sotto assedio ed a un passo dalla resa. O almeno questo era quello che il giovane Malfoy aveva ordinato alla sua prima, ed al momento unica, prigioniera.
In realtà la piccola Parkinson continuava a chiacchierare imperterrita.
L'unica concessione che aveva fatto al pargolo padrone di casa era il tono semi sussurrato.

Continuava a parlare di loro, delle loro famiglie, della scuola che avrebbero frequentato, della casa in cui sarebbero stati smistati, dei propri nuovi vestiti, dei suoi nuovi vestiti.

Sembrava potesse andare avanti per ore intere. 

Solo Circe poteva sapere come facevano le femmine a non finire mai le cose da dire. Ma da dove le tiravano fuori?! 

Che avessero qualche armadio svanitore dentro le loro teste? 

Lui e Theo l'avevano ipotizzato più volte, ma fino ad allora non erano riusciti a convincere nessuna volontaria a sacrificarsi per il bene della conoscenza, e della curiosità, del loro Generale. Ingrate! 

Il povero Draco non riusciva più a sopportare il suo chiacchiericcio frivolo e così, con la scusa di aver sentito un rumore provenire da lì dietro, infilò agilmente la prima porta che si affacciava sul corridoio.
La morettina fissò per una frazione di secondo il punto esatto da cui era evanesciuto (si diceva così, vero?) all'istante il suo compagno di giochi. Uno sbuffo scocciato e l'accenno di un sorriso, prima di seguirlo a capofitto. 
Dray non sarebbe mai cambiato.

Era tirannico, geniale ed imprevedibile.

Ed era quest'ultimo attributo a renderlo così divertente agli occhi della bambina. 

Nonostante le apparenze da perfetta damina, la piccola Parkinson era una ragazzina come tutte le altre, ed ascoltare per ore ed ore quei noiosissimi discorsi delle signore che sua madre invitava tutti i pomeriggi per il the, era una vera noia. 

Vestiti, gioielli, fiori, scarpe, profumi, scandali e pettegolezzi, sussurrati con circospezione le une alle altre, come fossero segreti di stato. 
Raramente parlavano di 
politica o di qualche avventura interessante. Erano banali, terribilmente monotone ed assolutamente soporifere.

Fortuna che lei non era così.

Certo, si comportava come l'etichetta richiedeva quando sua madre le imponeva di passare "un pomeriggio da vere signore", come definiva le interminabili sessioni di pettegolezzi che intavolava con le altre Pureblood, che invadevano la loro casa con ciclica regolarità. E la brunetta sapeva fin troppo bene che non era il caso di far arrabbiare sua madre; di conseguenza aveva imparato a far buon viso a cattivo gioco.

Sotto sotto la bambina iniziava a sospettare che frequentare assiduamente quelle gallinacce pettegole, la stesse cambiando. Scrollò involontariamente le spalle a quel pensiero. Non era certo un problema irrisolvibile.

Rispetto alla opulenta noia che permeava la propria dimora, le feste ed i pomeriggi passati a Malfoy Manor avevano il profumo del paradiso. Quel dedalo di stanze e l'enorme parco in cui correre liberi, la squisita cucina degli elfi di casa, i coetanei con cui giocare a volontà. E poi c'era Draco.
Inutile negarlo, lui le piaceva più di qualunque altro ragazzino. 

E se mai le avessero chiesto a chi avrebbe pensato nel ruolo di suo marito, non avrebbe esitato un attimo a rispondere: Draco Malfoy. 

Era assolutamente certa che al suo fianco non si sarebbe mai annoiata. E cosa c'è di più importante per amare qualcuno, che trovarlo sempre interessante?

Inoltre, era certa che anche i suoi genitori avrebbero approvato la sua scelta (anche se non per gli stessi motivi della ragazzina, ma a Pansy questi dettagli non importavano).

Dal canto suo, il biondino sapeva bene che il suo diversivo non gli avrebbe fatto guadagnato che qualche breve, agognatissimo, momento di silenzio da parte della ciarliera brunetta. Ma si sà, in guerra, anche il minimo attimo calma é da considerarsi d'oro, no?

 

 

Tracey non ce la faceva più a sopportare quella situazione.

Lì, nascosta in quell'armadio da sola, si stava annoiando mortalmente.

Draco ci avrebbe messo ore a trovarla. Non era la campionessa indiscussa di nascondino mica per nulla!

Certo i due ex-compagni di rifugio avrebbero potuto rivelare la sua posizione, ma era certa non l'avrebbero mai fatto.
Sulla lealtà di Millicent, avrebbe messo la mano nella tana di un Ashwinder. Quanto al nuovo arrivato... bhe ci avrebbe pensato Milli a non farlo parlare. Con le buone o con le cattive.

E lei cosa doveva fare nell'attesa?
Se davvero voleva vincere, non doveva muoversi da dove si trovava.

Scartò quella possibilità immediatamente.

A che sarebbe servito trionfare dopo essersi scocciata tutto il pomeriggio?

Così sgattaiolò fuori dall'armadio, decisa a raggiungere l'altro amico di culla, quello a cui non era toccata la conta.
Si diresse a passo svelto, non senza circospezione, verso le stalle. 

Era più che sicura di trovarlo lì. 

Tutte le volte che avevano giocato a nascondino, Teddy era sempre là, neppure tanto ben nascosto.
Se non fosse stata più che certa che fosse un'idea assurda, avrebbe giurato che quei due si fossero messi d'accordo per far vincere sempre lei.

Tuttavia, considerando i due soggetti in questione, uno terribilmente competitivo e l'altro assolutamente orgoglioso, una cosa simile era semplicemente impossibile.

 

Draco (seguito prontamente da Pansy) si ritrovò in una camera per gli ospiti, una di quelle che veniva usate più di rado. A sua madre non piaceva nessuno di quei mobili scuri, ma erano pur sempre eredità della famiglia Black, parte del suo corredo matrimoniale. Ed era quella l'unica ragione per cui non se ne era disfatta anni addietro. 
Malfoy incrociò le braccia al petto, lasciandosi sfuggire uno sbuffo scocciato.
Che sfortuna nera.
Là dentro non avrebbero trovato nessuno. Sapeva fin troppo bene che Tracey evitava accuratamente l'ala ovest del suo maniero. Ed era più che sicuro che con lei ci fosse almeno Milli. Quel Blaise poteva essersi potenzialmente nascosto ovunque, ma il piccolo tiranno biondo era certo che avrebbe evitato le camere da letto.
Gli era sembrato un ragazzino sveglio, sebbene fosse solo una novella recluta, e bastava un colpo d'occhio per capire che lì dentro non c'erano nascondigli degni di questo nome. La scrivania era esposta, le finestre erano prive di tende, l'armadio era chiuso a chiave. Sotto al letto nemmeno a parlarne. Chiunque si fosse cacciato là sotto ne sarebbe uscito impolverato da fare schifo (sua madre odiava così tanto quella stanza, che aveva dato l'ordine agli elfi domestici di pulirla solo in caso di necessità). E nessun bambino, per quanto ingenuo, straniero o disperato, si sarebbe arrischiato ad affrontare una sonora punizione per aver sporcato irrimediabilmente il vestito della festa ed essersi presentato così in pubblico.

L'unico posto rimasto era l'enorme letto a baldacchino, ma anche quello era categoricamente da escludere. 

Chi mai si sarebbe nascosto nel posto più in vista ed ovvio in assoluto? 
Non restava altro che uscire da lì e ricominciare la caccia.

Un rumore lo fermò mentre stava già varcando la soglia. 

Attese qualche istante, immobile e attentissimo, come solo un segugio di razza potrebbe fare. 

Di nuovo quel suono!
Non poteva sbagliarsi. In quella stanza c'era qualcuno. E qualcuno che stava ronfando sonoramente! 

Si voltò verso Pansy per farle segno di tacere, quando questa lo anticipò tappadogli poco signorilmente la bocca con la propria manina. Il biondo padrone di casa la fissò stupefatto, mentre lei gli intimava il silenzio, per poi avvicinarsi con passo felpato e sorrisetto furbo alle cortine tirate del letto. A quella vista, per poco non gli sfuggì un sonoro sbuffo. Eccola, come al solito, di punto in bianco la ragazzina smetteva i panni dell'aristocratica nobildonna per comportarsi come il peggiore dei maschiacci... e rubargli il ruolo di leader, nei momenti cruciali. Si limitò ad arricciare le labbra, fintamente spazientito. Inutile negare che lui la preferiva di gran lunga così. La raggiunse e la fermò, afferrandole la mano.

Dray sogghignò rivolto alla novella alleata, spiegandole a gesti di appostarsi alla porta, per impedire la disperata fuga del suo ormai prossimo, nuovo, prigioniero.

A lui spettava l'arduo compito di stanare il malcapitato e farlo nel modo più silenzioso possibile ovviamente. Non sapevano chi si celasse dietro quelle pesanti tende di velluto. E se fosse stato un adulto?

O un mostro? Magari un Boggart? 

Sarebbe stato avventato, e molto codardo, lasciare la prima linea ad una femmina. E lui non solo era uomo, era anche IL Gran Generale delle loro truppe. Il pericolo era il suo mestiere.

L'azione che si apprestava a compiere richiedeva la massima cautela ed esperienza. Chi meglio di lui poteva riportare un trionfale successo?

Un Malfoy non inciampa, non impreca e non cade.
...almeno in teoria.

L'angelico biondino incespiscò nel pesante velluto scuro del baldacchino, finendo a terra e tirando con sè gran parte delle cortine. 

SBADABOM!!!

Un tonfo sordo ruppe violentemente il sereno silenzio della camera, seguito da una parolaccia di quelle grosse grosse (quelle che i grandi dicono sempre, ma si arrabbiano tantissimo se da usarle sono i bambini). Inutile dire che il proposito della modalità stealth non era che un vago ricordo.

L'infortunato e sfortunato Gran Generale si sollevò malamente, aggrappandosi con fatica al bordo del letto, solo per trovarsi faccia a faccia con uno spaventatissimo Malcom Baddock, che lo fissava terrorrizzato, con gli occhioni umidi e che tirava insistentemente calci al socio di sempre, nella speranza di svergliarlo per aver manforte. 
Inutile dire che il suo compare continuò a dormire beato, come se nulla fosse accaduto, con il ciuccio d'ordinanza ancora penzolante dalla bocca semi aperta.
Mentre la giovane Parkinson si accasciò a terra, incurante delle buone maniere e dell'etichetta, ridendo così di gusto da doversi stringere le mani in grembo per non indicarli maleducatamente. Lei era pur sempre una lady... in verità temeva le ripicche dei suoi due permalosissimi amici, qualora avessero avuto conferma che stava apertamente ridendo di entrambi.  

 

 

L'italo-inglese aveva rincorso la brunetta per quasi metà piano di quell'enorme maniero, ben conscio di quanto ciò fosse rischioso. Draco sarebbe potuto sbucare ad ogni angolo e farli prigionieri. Ma che altro poteva fare?

La vide infilarsi velocemente in una stanza sulla destra, poco prima della grande scalinata che portava al salone principale. Con una mossa fulminea, bloccò la porta con il proprio piede, prima che questa si chiudesse, e sgusciò dentro quello che scoprì essere uno studio dalle grandi vetrate luminose.

Millicent, troppo sconvolta da quanto accaduto, non si era accorta di essere seguita e quando sentì il rumore della porta, trasalì visibilmente.
«Credo sia meglio chiarire...» affermò gentile ma inammovibile, appoggiandosi contro il legno chiuso dell'ingresso. 

Sbarrando così ogni possibile via di fuga a quella strana ragazzina.

Il maghetto sembrava assolutamente a suo agio perfino in quella imbarazzantissima situazione. 
Toccò a Milli cedere per prima.

«P-perché mi hai... si, b-baciata... v-vorrei saperlo... e-ecco.» biascicò tentennate la bambina, completamente arrossita, con gli occhi incollati insistentemente al bordo del proprio vestito.

«Mi andava di farlo.» replicò definitivo il moretto, il quale non era minimamente intenzionato a spiegare il proprio comportamento da fratello maggiore ad una sconosciuta o quasi. Soprattuto perché era lui il primo ad esserne profondamente sorpreso. 

Un atteggiamento così protettivo e poco neutrale non era certo da lui. Eppure con lei, gli era sembrata una reazione più che ovvia.

A quella risposta così schietta, Millicent sollevò di colpo il volto, incrociando di nuovo quel suo sguardo di un blu così bello e strano.

Avvampò, se possibile ancora di più, studiandolo a bocca aperta per qualche secondo. Poi rincollò gli occhi a terra e ri-prese a tormentarsi il vestito. Dall’orlo passò al fiocco della cintura in velluto verde, iniziando a tirarlo e stropicciarlo con le minuscole ditine.

«E’ che eri adorabile in quel momento ed ho agito senza pensare!» confesso il ragazzino, stufo di vedere quel povero nastro torturato orribilmente per colpa sua.
Ecco si era scoperto con l'ingenuità di un poppante. 

Ma perché quella bambina riusciva a farlo sentire a disagio (ed anche un tantino colpevole) così facilmente? 

Era abituato a dire le bugie, e non solo ai suoi fratelli, ma anche ai grandi. Ed ormai era talmente bravo a raccontarle, che spesso loro non se ne accorgevano neanche. Oppure quando non poteva farlo, optava per un ostentato mutismo che ben pochi erano riusciti a scalfire. 
Eppure con lei non ci riusciva.

Doveva spiegarsi, dirle la verità. 
E non riusciva a capirne il perché.

«I maschi non dicono “adorabile”.» lo corresse dopo diversi istanti di sorpreso mutismo la ragazzina. Quantomeno aveva smesso di seviziare quel povero nastro.

«E chi lo dice questo?!» sbottò Blaise visibilmente irritato da quella puntualizzazione. Un lieve rossore gli invase le guance e la bocca si arricciò all’insù in un vezzo seccato. A quella vista Milli non poté trattenere una risatina, che si tramutò in un’aperta risata argentina allo sguardo inceneritore del brunetto. 
Ora rideva pure di lui? Poverina, non sapeva con chi aveva a che fare.

In tutta risposta la boccuccia del ragazzino si tese in un ghignetto sghembo e terribilmente furbo.

«Facciamo così... ti sfido a chi arriva per primo alla finestra.» cominciò il piccolo straniero con il tono di un vincitore che si abbassa a concedere un accordo dignitoso al povero sconfitto. E quelle parole, unite a quel modo di fare, alla rampolla dei Bulstrode ricordarono terribilmente Draco. Quando giocava al tiranno, per di più.

«Se vinco io mi perdoni per quello che è successo, se vinci tu faccio quello che vuoi per la prossima mezzora.» propose sornione, convinto di avere la vittoria in tasca. Era sicuramente più veloce di lei e dalla sua aveva anche la fortuna che, in quanto maschio, non era ridotto a vestire come una bambola a grandezza naturale.

Le grandi iridi scure della bambina corsero un paio di volte dal suo novello sfidante alla meta.
«Ci sto.» disse annuendo e porgendogli la mano per suggellare il patto. D'altronde, qualcosa le suggeriva che quel forestiero fosse un tipo caparbio ed un filino dittatoriale, proprio come il biondo padrone di casa.
Molto bene. 
Lei sapeva perfettamente come comportarsi con tipi del genere. 

Non per niente era riuscita a farsi rispettare e trattare da loro pari niente popò di meno che da due pesti come Nott ed il suo inseparabile e serafico (almeno d'aspetto) compare.

Si affiancò al ragazzo, in attesa che lui desse il via.
Il bruno annuì con soddisfazione, prima di alzare il braccio e calarlo velocemente.

Entrambi iniziarono a correre a perdifiato verso la finestra. Inutile dire che le supposizioni di Zabini si stavano rivelando più che esatte. Non aveva il tempo di voltarsi a controllare, ma il fatto di non essere stato superato, lo rassicurava. La vittoria sarebbe stata sua, come da programma. 

A meno di un paio di metri dall'obbiettivo, Millicent inciampò e cadde a terra con un sonoro tonfo. Immediatamente, l'animo cavalleresco del ragazzino lo fece voltare ed inchiodare di colpo, non appena si accorse che la sua sfidante era raggomitolata a terra, a pochi passi da lui.
Lo sapevo. Si è fatta male. Miseriaccia!

Titubante, tornò sui suoi passi per vedere con i propri occhi quanto grave fosse la situazione.

Non fece in tempo ad accucciarsi accanto a lei, che due manine lo colpirono in pieno petto, sbilanciandolo indietro. 

Prima che Blaise capisse quanto era appena successo, si vide sfrecciare accanto un turbine di stoffa verde e crema. La piccola Bulstrode aveva finto una caduta per atterrarlo, recuperare terreno su di lui e toccare meta per prima.
L'aveva fregato! E su tutta la linea, per giunta!
Il moretto la osservò festeggiare ad occhi sgranati, ancora indecorosamente seduto a terra.
Si alzò in piedi di scatto, arrabbiato. Se fosse stato un maschio, gliele avrebbe suonate di santa ragione. Lui odiava essere ingannato, quasi quanto perdere.

«Così è sleale!» rimbrottò l’italo-inglese, braccia conserte e sguardo battagliero, per nulla rassegnato ad un'ignominiosa sconfitta contro una bambina.

«Tu non avevi detto che non si poteva fermarsi a riprendere fiato.» asserì con la più serafica delle espressioni la sua vittoriosa sfidante.

Fu il turno del ragazzino di rimanere senza possibilità di replica. 
Lo aveva battuto due volte, sia sul piano fisico che su quello verbale. E a nessuno piace essere infinocchiato, soprattutto da una femmina coetanea tutta trini e rossori. Poteva mettersi a contestare, e probabilmente sarebbe riuscito a spuntarla, ma avrebbero passato almeno la metà della giornata a bisticciare. Ne valeva davvero la pena?
Blaise sapeva che impuntarsi per principio può risultare assai stupido, oltre che assolutamente dannoso, in certe circostanze. E poi che diamine poteva costringerlo a fare? Era una ragazzina alta la metà di lui (ok, non proprio, ma almeno una spanna si... ed a otto anni, una decina di centrimetri scarsi, sono un divario incolmabile) che non faceva che arrossire tremebonda. Concederle la vittoria non avrebbe portato grandi tragedie, no?

«E va bene... hai vinto tu.» concesse con uno sbuffo malcelato, mantenendo un broncio che voleva essere minaccioso, per nulla soddisfatto della conclusione della loro piccola sfida.

In tutta risposta ottenne il più angelico (ed al tempo stesso mefistofelico) dei sorrisi.

Millicent lo sogguardò per un paio di minuti buoni, indecisa sul proprio meritatissimo premio. Poi sogghignò in modo preoccupante.

A quella vista il moretto non poté fare a meno di deglutire pesantemente.

 

 

Un rumore di passi lo risvegliò dal suo sonnacchioso torpore. 

Non poteva essere Dra. Era passato troppo poco tempo.

«Ciao Tracey!» la salutò aprendo entrambi gli occhi azzurri azzurri ed abbozzando un ciao-ciao con la destra. Il tutto senza cambiare minimamente la sua comoda posizione da perfetto pisolino, incurante di essere vestito a festa ed essersi ugualmente sdraiato su un mucchio di paglia secca.

La ragazzina biascicò un poco convincente “ciao” prima di sedersi al suo fianco, rannicchiando le ginocchia al petto e risistemando con cura la gonna del vestito color crema.

Poi tacque. Fissando il vuoto e prendendo a giocare con le proprie trecce brune, fermate da due fiocchetti tinta con il grazioso abitino che indossava.

Strano comportamento.

«Mi sono perso qualcosa di importante?» ipotizzò il ragazzino, socchiudendo pigramente un occhio.

«Niente Teddy.» mormorò in risposta la bambina, scuotendo mollemente il capo per risultare più credibile.

Tracey Davis aveva molti pregi. Ma la capacità di mentire in modo credibile proprio le mancava.

Stette zitta per qualche minuto poi non resistette più e si voltò di scatto verso il Teddy.

«Quel bambino... quello straniero... ha baciato Milli!» sbottò indignata. Nella foga della sua indignazione si era dimenticata di aggiungere qualche piccolo particolare, tipo la caduta nell'armadio della sua migliore amica e l'enorme bernoccolo che le stava spuntando sulla fronte.

A quell’affermazione il piccolo Theodore si limitò ad aggrottare le sopracciglia scure in una smorfia di corrucciata sorpresa.

«...oh...» fu il suo monosillabico commento.

«E non doveva permettersi!» prosegui ancora furiosa la piccola Davis, agitando i piccoli pugni in aria, con fare minaccioso. Anche se lo aveva fatto per consolarla, non avrebbe dovuto. Non avevano mica sei anni! E poi lo sanno tutti che dare bacetti sulla bua non funziona affatto. Altrimenti lei avrebbe dovuto sbaciucchiare Dra e Teddy almeno cento volte al giorno.

A quel pensiero un velo di rossore le imporporò appena il viso.

Allungò le gambe e per un po' giocò a spostare il fieno con la punta dei piedi.
Poi tornò a rannicchiarsi, con fare sconsolato.

Il bambino non si perse in chiacchiere (non lo faceva mai in effetti) ma la sfiorò con il proprio gomito, in segno che la stava ascoltando e che se voleva poteva continuare. Tanto era comunque certo che l'avrebbe fatto.

«Ecco... lascia perdere... è una stupidata.» mugugnò a labbra chiuse la bella bimba, anche lei totalmente indifferente allo stare seduta su un cumulo di paglia con un abitino candido candido.

Il bambino rimase in silenzio come al suo solito, in attesa. La conosceva fin troppo bene, quella chiacchierona, ed era certo che ben presto avrebbe cambiato idea. Oppure le sarebbe inavvertitamente sfuggito.

«Vorrei solo sapere che si prova a baciare qualcuno...» bisbigliò arrossendo in zona guance e stringendo ancora di più le ginocchia al petto, come se questo potesse far scemare l’imbarazzo. Nel mentre prese a giochicchiare con un filo d'erba secca come se fosse la cosa più interessante al mondo.

Theodore non disse nulla. Rimase a sonnecchiare disteso sul fieno. O meglio a fingere di sonnecchiare.

In realtà stava decidendo sul da farsi.

‘...massì!’ si convinse sollevandosi a sedere. La studiò di sottecchi ancora per qualche secondo.

‘Al limite si arrabbia e mi picchia!’ si consolò in una strana ed alquanto contorta forma di incoraggiamento.

Le picchiettò sulla spalla per farla voltare e non appena Tracey girò la testa, Theo si fece coraggio e le sfiorò fulmineo le labbra con le proprie, ritraendosi subito dopo.

Ad essere sinceri centrò in pieno l’angolo destro della bocca della ragazzina, ma nessuno dei due fece caso a questo dettaglio.

L’espressione della Davis era indescrivibile.

A metà tra la voglia di piangere per la gioia e quella di piangere e basta.

«Credevo volessi provare a baciare qualcuno.» spiegò Nott con un nodo alla gola, riaccomodandosi sul suo giaciglio di paglia. Chiuse gli occhi azzurro cielo dietro le palpebre e si sforzò con tutto se stesso di non arrossire.

«Mi sono semplicemente offerto volontario.» proseguì ostentando una sicurezza ed una calma che più false non si può.

Sentiva il cuore martellargli nel petto velocissimo.

E dovette anche sopprimere l’impulso di passarsi la mano sulla bocca, per accertarsi davvero che quel caldo pizzicore che avvertiva fosse reale. D’altra parte, sentiva che, se l’avesse fatto, Tracey non l’avrebbe presa bene.

Ed è sempre meglio ascoltare certi presentimenti.

 

 

Qualche minuto dopo, uno scocciatissimo Blaise si ritrovò costretto a fare da bambola a grandezza naturale ad una contentissima Millicent.

Aveva sciolto la sua lunga coda corvina ed ora la stava pettinando con le dita. Non era molto semplice in effetti, e più di una volta l'aveva bruscamente strattonata, ma Zabini non si lamentava, ubbidendo agli insegnamenti del Nonno circa l’essere cavaliere e il non urlare per nessun motivo contro una ragazza. Ed in quel “nessun motivo” rientrava anche il sentirsi tirare i capelli ogni due per tre.

Il brunetto però smozzicava singulti, serrando occhi e labbra a più non posso. 

Più che su un'ampia e comoda seggiola da studio, gli sembrava di essere seduto su uno di quegli strumenti di tortura, illustrati in alcuni dei volumi della biblioteca di suo padre, quelli sugli scaffali più alti e quindi irraggiungibili per i pargoli di casa. Almeno in teoria.

«Prima portavo sempre le trecce...» iniziò la ragazzina, per colmare il silenzio stizzito del suo bel bambolotto.

Sorridendo felice, proseguì il proprio racconto, inconsapevole di dove la sua mente sarebbe andata a naufragare al seguito di quelle semplici parole.

«Ogni mattina la Mamma mi pettin-» la bimba si interruppe bruscamente.

Il silenzio riempì di nuovo il piccolo ambiente. Zabini attese qualche minuto, e quando fu definitivamente certo che la ragazzina non gli avrebbe tirato i capelli, inavvertitamente o meno, si voltò verso di lei.

Millicent aveva gli occhi scuri fissi nel vuoto e grossi lacrimoni minacciavano di colare lungo le sue guance ad ogni secondo. Ma la bambina non era intenzionata a permettere al proprio dolore di rompere gli argini e farla piangere di fronte ad un estraneo. 

Lei non piangeva mai. 

Neppure davanti a Draco, Theo e Tracey. Lei era la roccia del gruppo. 

Doveva esserlo. O non sarebbe stata nessuno.

Al ragazzino bruno non servirono spiegazioni. 

Si limitò a sospirare, prima di posare una mano sulla spalla di lei, in un genuino tentativo di consolarla.

«Piangere non serve.» quell'affermazione brusca la risvegliò dal suo torpore, ancora più di quella mano calda sulla sua pelle.

Grandi occhi spauriti lo stavano ora osservando come se lui le avesse appena rivelato un segreto tanto profondo quanto ovvio. 
Normalmente, si sarebbe arrabbiata e gli avrebbe urlato contro che Tracey aveva ragione a ritenerlo antipatico ed gli avrebbe imposto di andarsene da quel nascondiglio, in quanto suo di diritto.

Ma non lo fece.

Non poteva. 

Perché negli abissi di quelle iridi cobalto c'era lo stesso dolore che riempiva le sue.

«Lei non torna indietro.» concluse quello strano ragazzino, dal modo di fare troppo adulto per uno della loro età. 

Ed è il dolore a far crescere, no? Lei lo stava provando a sue spese da quando la mamma era...

«Te lo posso assicurare.» aggiunse con un tono più gentile, porgendole un fazzoletto pulito. Pulito... ok, quasi. Su un angolo della stoffa candida spiccavano infatti tracce di qualcosa di arancione ed appiccicaticcio. Marmellata di pesche, senza possibilità di errore.

«Anche tu... non hai più... la Mamma?» la bambina dette voce ai propri pensieri con quella semplice domanda.

Un leggero scuotere il capo che fece ondeggiare le sue ciocche nere nere.

«Quella donna bionda dagli occhi freddi chi è allora?» lo incalzò curiosa, prendendo il fazzoletto ed abbozzando un sorrisino timido a mo’ di grazie.

«La Madre dei miei fratelli.» rispose senza alcuna inflessione particolare il ragazzino. I suoi occhi oltremare però erano tristi. Molto più di prima.

«Ti manca?» le sfuggì prima di essere certa di volerlo sapere davvero.
Un assenso secco, quasi meccanico. Terribilmente sincero nel suo incolmabile dolore.
«Anche a me... tanto tanto...» riuscì a dire prima che i singhiozzi le bloccassero di nuovo la voce.
Lei non ne aveva mai parlato apertamente con nessuno. Neppure con Tracey. 
Aveva paura che non l'avrebbero capita. In fondo, loro una mamma l'avevano ancora.
All'improvviso, si ritrovò stretta in un abbraccio silenzioso, tanto inaspettato quanto accogliente. E non riuscì più ad arginare il fiume di lacrime che da troppo tempo le inondava il cuore.

Blaise l'avrebbe stretta fino a che non avrebbe smesso di singhiozzare, o avrebbe allagato la sua camicia, non gli importava. 
Lui aveva pianto per giorni
 la morte di suo Nonno. 
Da solo, prigioniero
 volontario della solitaria riservatezza che unicamente la sua camera poteva offrirgli. La mamma l'aveva persa quando era ancora troppo piccolo per ricordarla davvero, non era che un'ombra gentile nel mare della sua memoria. Ma suo nonno era mancato solo pochi mesi prima. 

E faceva male. 
Così male che non c'erano state parole che potessero consolarlo. E neppure braccia che lo stringessero, costringendolo a sfogarsi. 
Aveva affrontato tutto da solo, non c'era stato nessuno accanto a lui. 
E forse era stato quel muto dolore che li accomunava, a spingerlo a comportarsi in modo così irrazionale verso quella strana bambina.
Quel silenzio, rotto solo dal pianto sommesso di quella testolina bruna, stava diventando un macigno insopportabile per Zabini. Sentiva le lacrime premere dietro le palpebre chiuse, sempre più urgenti. 
Prese ad accarezzarle la chioma ondulata, per distrarsi dalla propria sofferenza.

«Frignona.» un rimprovero dolce, come le carezze ai suoi capelli castani, ed incoraggiante, come quelle braccia calde che la stringevano gentili.

Quel commento sfuggì alle sue labbra, prima che lui le sigillasse nuovamente. Sebbene il volto apparisse quasi sereno, la sua voce sapeva di pianto.
Lui era un maschio. 

E gli uomini, soprattutto i gentiluomini, non si mettono certo a piagnucolare davanti ad una donna. Neanche se sono ancora bambini.

 

 

Il piccolo Malfoy era ormai stufo di scarrozzare recluta Priccy sulla propria schiena. E quando lui era stanco, i giochi dovevano finire. Si incamminò verso le stalle, certo di trovare lì il proprio Luogotenente. E se era fortunato, anche qualche altro soldato.

Dal canto suo, Pansy seguiva serenamente il loro Augusto Generale, continuando a tenere per mano un ancora assonnato Malcom, intento a ciucciare poderosamente il suo adorato Mimmo.
Era occorsa l'abilità di Merlino in persona per far si che il piccolo Baddock non scoppiasse a piangere disperato, richiamando l'attenzione di qualche adulto. Con la molto probabile conseguenza di una bella sgridata ai due soldati più grandi ed un ritorno forzato alla camera delle torture (il salone infestato dai grandi) per tutti e quattro.
La brunetta era ormai stufa di sentire i mugugni senza senso del suo carceriere, così infilò la mano destra nella tasca invisibile del proprio abito, e ne estrasse un ciucciotto all'amarena, che fu subito disprezzato con un'occhiataccia schifata da Malcom.

«Dray...» lo chiamò volontariamente civettuola, con il nomignolo che il giovane Malfoy più detestava, certa così di avere la sua totale attenzione. E non appena questo si voltò ringhiante verso di lei, con prontezza gli cacciò in bocca il ciuccio.

«Non ci si lamenta in missione.» affermò dittatoriale, riducendo al silenzio un più che stupito biondino. Malcom la fissava estasiato. Era in quei momenti che il pupattolo che ricordava perché lei gli piacesse tanto. Era il Provvisorio Generale in gonnella più tosto che lui avesse mai visto... oltre che l'unico.

Peccato che poi rovinasse sempre tutto. Con slancio si avvicinò al loro Unico Generale Ufficiale e gli schioccò un bacio sulla guancia, a mò di scusa.
Il rampollo dei Malfoy sbuffò roteando gli occhi con disapprovazione, più per scena che per reale fastidio.

Ormai sapeva bene che quelle dimostrazioni di tenerezza erano incancellabili dalla natura affettuosa dell'amica. Ci aveva fatto il callo. E a dire il vero, non gli dispiaceva più di tanto. Colmavano quel bisogno di attenzioni che sua Madre, e ancor più suo Padre, gli concedevano con sempre maggior parsimonia. E per quanto restio all'apparenza, nessun bambino odia le coccole. Neppure se si chiama Draco Malfoy.

Continuando a succhiare il ciucciotto all'amarena (il suo preferito, chissà come faceva Pansy ad averne una scorta pressochè infinita con sempre sè) si diresse senza indugio alle scuderie, deciso a porre fine ai giochi. 

Nelle stalle trovarono ben due nuovi prigionieri. Non solo Teddy, ma anche Tracey era seduta sulla paglia fresca, entrambi sembravano in attesa di qualcosa.

Erano insolitamente silenziosi. O meglio, la cosa strana, ma davvero strana, era che Tracey Davis, la bambina dall'implacabile e temutissima parlantina, se ne stesse zitta zitta a giocare con i lacci del suo vestito. 

Il biondo e la morettina si scambiarono un'occhiata significativa. Avrebbero chiarito dopo, con calma, ognuno con il commilitone del proprio grado. In fondo il nemico è meglio interrogarlo in stanze separate.

Solo il sonoro sbadiglio di Priccy fece voltare tutti i presenti verso il pupo, distogliendoli da quel silenzio irreale. 

Ormai mancavano all'appello solo Milli e il nuovo arrivato.
 

 

Millicent camminava a passo spedito, seguita da un Zabini curioso di esplorare il resto dei possedimenti dei Malfoy. Avevano un gusto impeccabile per l'architettura ed un occhio di riguardo per l'arte, e questo, il piccolo damerino non poteva che apprezzarlo sinceramente. Osservava con interesse ogni angolo dell'imponente maniero prima e del curato giardino poi. La bimba sorrideva ne vederlo così attento ed interessato. Sperava di reincontrarlo nuovamente ad una delle prossime feste dei loro genitori. Okey, c'era stato quel piccolo incidente del... hem... pianto. Ma era convinta che non fosse un problema così insormontabile. Quel bambino le dava fiducia e poi era così gentile, era sicura che non avrebbe tradito il suo piccolo sfogo segreto. E senza neppure il bisogno di minacciarlo!

Ora il loro obbiettivo era riunirsi agli altri per dicidere che nuovo gioco fare nel resto del pomeriggio. O almeno così aveva deciso, e poiché non aveva ricevuto lamentele di sorta, si era diretta prontamente verso le scuderie. 
A conti fatti, Draco doveva essersi stufato di dar loro la caccia e doveva essersi diretto verso lì, dove avrebbe trovato Teddy. Pansy era sicuramente con lui, e molto probabilmente anche i piccoli Baddock e Pritchard. L'unica a mancare all'appello sarebbe stata Tracey, ma lei non era affatto difficile da trovare, dato che non utilizziava mai l'intera ala ovest del maniero per nascondersi. Forse, spinta dalla fame, o meglio dalla golosità, poteva essere tornata nella sala del ricevimento per sgranocchiare qualcosa.

Mentre camminavano, Milli incrociò il proprio sguardo con quello del damerino straniero. D'impeto gli si parò davanti.

«Hai gli occhi viola!» esclamò sorpresa sollevandosi un poco sulle mezze punte per riuscire a fissarlo occhi negli occhi. «Però sono di un viola diverso da quelli di Tracey. I suoi sono quasi neri, mentre i tuoi sono più blu...» proseguì la sua comparazione mentale, quasi fosse un soliloquio.

«Bhe, anche tu hai gli occhi verdi. Ma sono così scuri che sembrano marroni da lontano, sai?» fu la sua replica pacata e tranquilla.

Solo allora si rese conto di quanto gli fosse vicina. Cercando di arretrare, incespicò nei propri piedi (maledette scarpe eleganti, sono delle trappole infernali, altrochè!) e per poco non rischiò di finire sedere a terra, di nuovo.

Blaise la prese al volo, finendo per abbracciarla. Un'altra volta. La terza in quella giornata.
Il mezzo-italiano non si scompose, si stava quasi abituando ad averla così vicina. Istintivamente respirò a pieni polmoni, con il viso immerso nei suoi capelli. 
Sapevano di latte e caramello, un odore dolce che a lui ricordava l'Italia e la casa del suo amatissimo Nonno. Il profumo di quella famiglia che aveva ormai irrimediabilmente perduto. Sull'onda dei ricordi, lasciò cadere le sue barriere. 

«...che hai detto?» chiese, incerta di aver capito bene.

«...che mi piaci Milli... è bello parlare con te...» mormorò nuovamente, dopo qualche secondo di imbarazzo, ma ben udibile questa volta. In tutta risposta un timido sorriso sincero fiorì sulle labbra della bimba.

Si scostò delicatamente da lui, ma non troppo. Anche a lei piaceva quel ragazzino strano e gentile, che le aveva permesso di allergire il cuore senza chiederle nulla in cambio.

«Sono adorabile anche adesso?» domandò imbarazzata, con le guanciotte più colorite del normale ed uno scintillio furbetto nello sguardo.

«Si. Perc-» l’italo-inglese non poté concludere la sua domanda.

Millicent lo aveva infatti zittito con un bacetto.

SULLA BOCCA.

Avvampando l’istante successivo, in verità, però lo aveva fatto. Dopo di che, senza attendere una qualunque reazione di Blaise, la bambina si voltò e prese a correre a perdifiato diretta verso le stalle di Malfoy Manor, certa di trovarvi Theodore e Draco, o quantomeno il primo intento a sonnecchiare, oppure il secondo intento a cercare l'amico di culla.

Il ragazzino moro era, invece, rimasto basito da quel gesto. Imbronciò le labbra con fare pensoso.

‘...Milli...’ ripeté nella propria mente quel nomignolo. Un sorriso lieve sulla boccuccia carnosa.

Fece spallucce, lanciandosi poi all’inseguimento di quella bimba tanto strana, ma che gli piaceva sempre di più.

Forse venire a quella festa non era poi stato uno sbaglio... forse si era fatto degli amici. Dei veri amici.
 

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Fine
(almeno per ora)

   
 
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