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Autore: _Lightning_    14/01/2012    5 recensioni
Dal capitolo 3: -Se tutto va bene, tra un mese saremo di nuovo seduti qui ad aspettare che Moriarty inneschi la miccia del suo complotto.-
Ci fu una pausa, durante la quale Holmes si accese la pipa con rinnovato vigore. Gli occhi gli brillavano, come sempre durante un caso; Watson poteva quasi scorgere i pensieri che vi sfrecciavano dietro, fondendosi e collegandosi in ragionamenti logici.
-Amsterdam, la Venezia del Nord...- esclamò all'improvviso il detective, con aria sognante.
-Che aspettiamo a partire?-
Genere: Avventura, Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Chapter 3
-
Never Forget
 
 
"Those who are dead, are not dead: they're just livin' in my head... ,,

~ Coldplay - 49  ~
 
L'ultima volta che Holmes aveva messo piede in un cimitero era stato durante le indagini del caso Blackwood e avrebbe volentieri fatto a meno di ripetere l'esperienza così presto.
Il debole chiarore del sole appena sorto non bastava a dissipare la nebbiolina che serpeggiava tra le mute e grigie lapidi; dal terreno e dalle tombe ancora umidi di rugiada continuava a levarsi un denso vapore traslucido che Sherlock associò con un brivido alle anime dei defunti.
Un gatto rossiccio lo squadrava con solenne gravità dalla tomba sulla quale era accucciato, discreto guardiano di quel luogo di eterno riposo.

L'uomo distolse lo sguardo sentendosi inadeguato all'atmosfera di sommesso dolore, quando tutto quel che provava era una sensazione di profondo distacco.
Pochi avevano presenziato al funerale, ancora meno si erano trattenuti dopo la cerimonia e lui solo era rimasto di fronte alla tomba.
In realtà percepiva la presenza di Watson appena due tombe più in là, ma non si voltò, dandogli l'illusione di essere invisibile dietro il contorto alberello che ombreggiava una rozza lapide.

Holmes sospirò e affondò le mani nelle tasche della lunga giacca.
Alzò lo sguardo verso il cielo nuvoloso e ancora incolore; la luce illuminava appena i bordi frastagliati delle nubi cariche di pioggia che si addensavano lentamente sulla città.
Ecco, in quel momento percepiva il dolore come una tempesta lontana, appena visibile all'orizzonte e per il momento innocua; ne avvertiva però l'avvicinarsi e l'intensa elettricità che ne preanunciava l'arrivo.
In cuor suo sperava che la consapevolezza della perdita stesse alla larga il più a lungo possibile: doveva avere la mente lucida e sgombra per concentrarsi e punire chi aveva fatto quello a Mycroft; poi avrebbe potuto dar sfogo al suo dolore.

"To live in hearts we leave behind is not to die.", recitava l'epitaffio che Mycroft aveva richiesto nelle sue ultime volontà.
Holmes chinò il capo: avrebbe dovuto resistere e conservare gelosamente il ricordo del fratello, illudersi per un po' che il fratello vivesse ancora nella sua mente attraverso le nebbie della memoria.
La voce preocccupata di Watson lo strappò bruscamente dalle sue riflessioni:

-Holmes.-

Si riscosse, girandosi verso il dottore, che lo scrutava perplesso.

-Sta bene?-

Gli venne quasi da ridere a quella domanda, e sentì un sorriso amaro affiorargli in viso.

-Sì. Credo di sì.-

-La stavo chiamando da un po', ma non mi ha risposto. Mi ha fatto preoccupare.- bofonchiò Watson, imbarazzato da quella sua domanda decisamente scontata e fuori luogo.

-Sto bene.- ribadì l'altro -Ero solo un po'... assorto.- per un attimo la sua voce assunse la solita sfumatura di svagato interesse, per poi piombare nuovamente in un tono cupo.

Watson annuì mestamente e fissò la tomba davanti a loro, mentre un vento tagliente e foriero di cattivo tempo spazzava il cimitero.

-Mi dispiace.- mormorò infine, contrito.

-Non mi sta chiedendo scusa né per le sue domande inopportune, né per delle convenzionali condoglianze, o sbaglio?- chiese schietto, voltandosi verso il compagno, che si irrigidì visibilmente.

L'ultima domanda era evidentemente retorica, ancor di più se a pronunciarla era lui: difficilmente sbagliava un giudizio.
L'ultima volta era accaduto due giorni prima, e ne aveva il risultato davanti.
Watson attese qualche istante per cominciare:

-No, ha ragione; non è per questo che...-

-Allora,- lo interruppe con fermezza Sherlock, guardandolo negli occhi -si tenga le sue scuse.- affermò, in tono duro.

Watson si adombrò e sembrò vacillare a quelle parole.

-Non le merito.- soggiunse sottovoce Holmes, distogliendo lo sguardo; Watson sobbalzò e rimase di stucco di fronte a quel repentino cambio d'atteggiamento.

-Cosa intende con...-

-So perfettamente che vorrebbe farsi carico della morte di Mycroft, ma purtroppo o per fortuna, non saprei dirlo, l'unico che posso biasimare è me stesso.
Ammetto che sarebbe consolante avere qualcuno su cui addossare parte della colpa e da prendere a pugni in questi momenti neri.- aggiunse, senza guardarlo.

-Varrebbe il contrario?-

-Come, prego?-

Holmes si girò incuriosito verso l'amico, e il pugno di Watson lo investì in piena faccia.
Sherlock si ritrasse con un balzo e si piegò in due con un grugnito, tenendosi il naso sanguinante.

-Questo è per avermi tenuto all'oscuro di tutto e per non essersi fidato di me.- affermò Watson con durezza, per nulla pentito del suo gesto.

Abbassò il pugno ancora alzato e riprese:

-Non mi fa piacere rigirare il coltello nella piaga, ma visto che ha ammesso e accettato la sua parte di responsabilità, non sarò certo io a sollevarla dalle sue colpe.-

Holmes si raddrizzò, riprendendo il controllo; dalla mano premuta sul naso colava un rivolo di sangue.

-Io sono stato un idiota, perché non l'ho tenuta abbastanza d'occhio da capire le sue intenzioni.- dichiarò, mentre Holmes lo ascoltava in rispettoso silenzio.

-Lei invece, se mi avesse detto che cosa aveva in mente di fare, avrebbe potuto evitare tutto questo. Avremmo potuto.- si corresse, con particolare enfasi sul plurale. 

-Non la considero uno stupido, e lo sa; ma avere un aiuto e scegliere di ignorarlo è stupido.-

Watson fece una pausa, per dare il tempo al compagno di assorbire le sue parole e per riprendere la calma.

-Ha la fortuna di poter contare su qualcuno. Non se lo dimentichi mai.- concluse; gli voltò le spalle con decisione e lo lasciò solo di fronte alla tomba, avviandosi all'uscita del cimitero.

Holmes lo seguì con lo sguardo, pensoso, mentre accettava la verità di quelle parole.

Aveva sempre tenuto in gran conto l'opinione di Watson e apprezzava la sua grande schiettezza; si era quasi dimenticato di poter fare affidamento su di lui in qualsiasi circostanza, e provò un senso di vergogna al pensiero.
Si sentiva il morale sotto i tacchi, ma almeno adesso sapeva che poteva e doveva rialzarsi.
Lanciò un ultimo nostalgico e fuggevole sguardo alla lapide e seguì i passi di Watson, che lo attendeva al cancello d'ingresso.

-Come si sente, adesso?-

-Molto meglio. Illuminato, direi. Il dolore schiarisce enormemente le idee.- ribattè con voce nasale.
L'ombra di un sorriso balenò sotto i baffi di Watson, mentre gli tendeva un fazzoletto.

-Si dia una ripulita.-

Holmes si tamponò con sollievo il naso ancora sanguinante, sotto lo sguardo a metà tra il soddisfatto e il divertito del compagno.

-Dica la verità: non aspettava altro.- mugugnò il detective, guardandolo di sbieco.

Watson sogghignò.
 
*  *  *
 
-Allora; da dove si comincia?-

Era la prima volta che Holmes lo interrogava sulla successiva mossa da compiere durante un'indagine, e Watson si sentì lusingato.
Erano di nuovo nel loro studio a Baker Street, piacevolmente caldo e comfortevole dopo più di un'ora di carrozza sotto la pioggia battente che si era abbattuta all'improvviso su Londra.
Holmes non aveva parlato per tutto il tragitto, perso nei suoi pensieri, e Watson era lieto di sentirlo di nuovo parlare.

-Mi sono preso la libertà di raccogliere qualche informazione su... Irene.- esitò, ma lo sguardo fermo di Sherlock lo invitò a continuare, facendolo sentire leggermente a disagio: aveva ottenuto tutti quei dati semplicemente sfogliando la voluminosa cartella nella quale Holmes continuava imperterrito ad annotare ogni singola mossa o spostamento di Irene. Non aveva esattamente "indagato"...

Scosse la testa e riprese:

-Ho ottenuto da varie fonti un elenco di probabili città nelle quali si recherà nei prossimi mesi per conto di Moriarty, la prima delle quali è...-

-Amsterdam.- indovinò Holmes, assorto.

Watson gli lanciò un'occhiata non troppo stupita, abituato alle sue interruzioni, e si limitò ad inarcare un sopracciglio, in attesa. Aveva trovato il nome scribacchiato in un angolo, senza alcuna spiegazione, così come quelli di altre tre o quattro città.

-Ho saputo che ha intercettato non molto tempo fa un enorme carico d'oppio; inoltre ha inviato un messaggio criptato a un certo Goldschmidt, Olandese, residente ad Amsterdam e mente di molti loschi traffici nel quartiere malfamato della città. 
Risultava avere un'influenza politica abbastanza potente perché Moriarty prendesse in considerazione l'idea di farselo amico; e cosa c'è di meglio di una cospicua quantità d'oppio per iniziare una solida alleanza? Sa, spacciarsi per telegrafista ha molti vantaggi.- osservò infine, deliziato.

-Ammetto che ha un senso. Quindi Irene andrà ad Amsterdam per la prima volta solo per stringere un patto segreto?-

Holmes percepì il suo tono dubbioso.

-Cosa non la convince del mio ragionamento?-

Watson fece una pausa, durante la quale lo fissò intensamente.

-Ho esaminato il corpo, come mi aveva richiesto.- esordì, scrutando la reazione del compagno, che con suo sollievo non diede segni di turbamento; continuò:

-Il veleno contenuto nel proiettile non è molto comune: ha effetti molto simili a quelli del cianuro e viene estratto da una pianta piuttosto rara che non cresce certo nei dintorni di Londra. Mi insospettisce il fatto che...-

-L'Hortus Botanicus di Amsterdam.- lo interruppe Holmes, come folgorato.

-Era esattamente quello a cui avevo pensato.- confermò i suoi sospetti l'altro, rassegnato al fatto che Holmes anticipasse sempre e comunque i suoi ragionamenti.

-Bisognerà controllare qualche registro di spedizione e scoprire da chi è stato acquistato il veleno: non credo che Moriarty rischierebbe in prima persona.- riprese dopo un po', ricevendo da Holmes un vago cenno d'assenso.

Sembrava perso in altri pensieri.
Improvvisamente si riscosse, si alzò di scatto dalla poltrona e frugò brevemente nel cassetto della scrivania.
Tornò indietro con un rotolo di quella che sembrava pergamena, ma quando fu più vicino Watson si rese conto che era una tela di un quadro. 
Aggrottò la fronte, perplesso, e si accigliò ancor di più quando Holmes svolse la tela, rivelando dietro al dipinto il disegnino stilizzato di un omino che pescava.

-E questo cosa significa?- chiese, leggendo la scritta sotto al disegno, in una calligrafia chiara ed elegante.

-Significa-, Holmes sgomberò la scrivania con una manata mandando all'aria le scartoffie che la ricoprivano e spiegò la tela su di essa -che in questo momento siamo all'interno di un paradosso.- concluse, appoggiandosi al tavolo e incrociando le braccia con la pipa che gli penzolava dalle labbra.

Watson alzò gli occhi dal disegno e lo fissò eloquente.
Sherlock lo fece penare qualche secondo, poi si decise a spiegare:

-Moriarty ha un senso dell'umorismo davvero singolare. Ha iniziato lui questa battuta di caccia uccidendo Mycroft, ma in realtà l'obiettivo ero io; in questo momento, invece, sono io che sto cercando di stanarlo dalla sua tana, ma allo stesso tempo è lui che ha in mano le redini del gioco e può manipolarmi a suo piacimento. Siamo entrambi cacciatori ed entrambi prede. O se preferisce, pescatori e pesci. Interpretiamo due ruoli diversi nello stesso momento!-

-Molto filosofico, Holmes, ma a parte questo ha pensato, per esempio, ad effettuare un esame calligrafico?-

-Già fatto, mio caro Watson. E sono rimasto non poco perplesso.-

Indicò la prima lettera, una "W" perfetta che iniziava con uno svolazzo.

-L'unica persona che fa un ricciolo oblungo che si protende in alto a sinistra nello scrivere la "W" è Irene Adler.- pescò un foglietto dalla tasca della camicia; somigliava a una lettera e Holmes si premurò di celare abilmente ciò che

Watson non doveva leggere; lasciò scoperta solo la frase della "W" in questione.
Watson confrontò le due lettere e infine annuì: erano identiche.
Anche tutte le altre lettere corrispondevano, non lasciando adito a dubbi.

-Vede?- lo incalzò Holmes, impaziente.

-Vedo; sono state evidentemente vergate dalla stessa mano. Quella di Irene.- affermò con sicurezza l'assistente.

-Ed è qui che si sbaglia!- lo contraddisse l'altro, trionfante.

Watson trattenne un sorrisetto: era bello vedere che Holmes sembrava aver dimenticato su quale caso stessero lavorando e si fosse gettato a capofitto nelle indagini.

"Sembra quasi se stesso."

Solo una lieve ombra d'inquietudine tradiva la sua reale condizione.

-Watson, perché non replica con uno dei suoi commenti pungenti come sempre?- Holmes si finse indignato.

-E allora mi dica: dov'è che sbaglio?- sospirò Watson.

-La calligrafia è sì la stessa, ma non la mano che l'ha scritta.-

-Come può non essere di Irene se...- si fermò, dandosi dell'idiota. -Ma certo! Hanno copiato la sua calligrafia!-

-Adesso ci siamo. Un falsario molto abile, devo ammetterlo: io stesso ero stato tratto in inganno, all'inizio. Ma poi...- e puntò il dito sulla "H" di "Holmes", un po' sbilenca e leggermente più marcata.

-Qui ho notato una sbavatura che non sembrava causata da un semplice errore di distrazione... bensì dalla troppa attenzione.
Mi spiego: per copiare la calligrafia di qualcun altro, per forza di cose si scrive molto più lentamente di quanto si faccia di solito. Irene scrive la "H" in un modo molto particolare e complesso da imitare: persino il falsario si è trovato in difficoltà e ha lasciato una traccia: qui l'inchiostro è molto più del necessario e il solco più profondo, come se si fosse soffermato sul tratto.
Ho poi esaminato le altre lettere più attentamente e ho notato che questo fenomeno si ripeteva in tutte, dove più, dove meno.
Poteva anche essere causato da un certo nervosismo di Irene mentre scriveva, che l'aveva forse spinta a calcare più del necessario ma... c'erano semplicemente troppi dettagli che non tornavano ed era più ovvio prendere in considerazione anche questo, piuttosto che scartarlo, no?- Holmes si sfregò le mani con immensa soddisfazione e Watson giurò che non fosse semplicemente per il suo ragionamento impeccabile.

-Quindi, adesso sappiamo che forse non è stata Irene ad organizzare l'omicidio.-

-In realtà questo non la scagiona completamente, ma non posso fare a meno di chiedermi perché ordire tutto questo invece di chiedere direttamente a Irene di scrivere dietro il quadro.-

-Pensa che vogliano indirizzare i suoi sospetti su di lei?-

-Sì, è l'ipotesi più probabile. E io non mi tirerò indietro: potrebbe anche essere stato tutto pianificato, ma Irene è troppo importante per lasciarla andare via così. Come testimone e fonte d'informazioni, intendo.- aggiunse, dopo aver intercettato l'occhiata divertita di Watson.

-Ovviamente. E quindi si è diretta ad Amsterdam, come prima tappa. Ha idea del perché Moriarty abbia improvvisamente deciso di spedirla ai quattro angoli d'Europa?-

-Ma è ovvio, Watson, ovvio!- esclamò Holmes impaziente e si guadagnò un'occhiataccia da parte sua.

Sherlock aveva una concezione dell'"ovvio" che superava spesso le sfrenate fantasie di qualsiasi comune mortale.
Fortunatamente, in quel caso la spiegazione non era poi così intricata e bislacca come quelle a cui era abituato il povero dottore:

-Per sondare il terreno, farsi una mappa politica dell'Europa e presumibilmente per stringere alleanze utili ed eliminare eventuali ostacoli che potrebbero porsi sul suo cammino.-

-Cammino verso cosa?-

-Ci sto ancora arrivando, Watson. Non mi metta fretta. 
Per ora dovrò accantonare le mie indagini su complotti mondiali e simili e concentrarmi sul singolo dettaglio: non credo che l'omicidio di Mycroft rientri nei meccanismi di politica internazionale: è solo un modo per depistarmi e distogliere la mia attenzione da lui.-

-E lei cosa ha intenzione di fare?-

-Fingere di farmi depistare.- rispose con semplicità Holmes.

-Indagheremo sull'assassinio e lasceremo che Moriarty si gingilli con le sue fantasticherie, senza però perderlo d'occhio: non ho intenzione di mancare una sua singola mossa.-

-Crede che Moriarty possa scomodarsi per intralciarla in prima persona? Sarebbe molto più comodo ingaggiare qualcuno per eliminarla senza scalpore.-

-Dubito che la mia morte passerebbe inosservata-, osservò Holmes, immodestamente -ma sono convinto anch'io che farà così. Comunque, il suo piano, oscuro anche per me, è ancora agli albori e avrà bisogno di tempo per essere messo in pratica. Tempo che noi impiegheremo al massimo per trovare l'assassino. 
Se tutto va bene, tra un mese saremo di nuovo seduti qui ad aspettare che Moriarty inneschi la miccia del suo complotto.-  

Ci fu una pausa, durante la quale Holmes si accese la pipa con rinnovato vigore.
Gli occhi gli brillavano, come sempre durante un caso; Watson poteva quasi scorgere i pensieri che vi sfrecciavano dietro, fondendosi e collegandosi in ragionamenti logici.

-Amsterdam, la Venezia del Nord...- esclamò all'improvviso il detective, con aria sognante.

-Che aspettiamo a partire?-

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Note Dell'Autrice:

Salve a tutti :D
Questo capitolo è stato una tortura: scritto e riscritto da capo a piedi tre volte e modificato un'altra decina ò_o''
Spero almeno che sia leggibile! D:
Ringrazio tanto la mia adorata (e sfruttata) Beta, _ Shadow _ :3 Grazie per sopportarmi, nessuno aveva mai resistito tanto! ^_- <3
Grazie anche a Artemis Hide, _Luna_, Rogue92 che hanno recensito, _ Shadow _, Charlie_Winchester, adag46 che hanno aggiunto la storia alle seguite ^^
Thank you all ;D

-Light-



 
   
 
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