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Autore: Sari555    16/01/2012    3 recensioni
L'Akastuki ha ormai il controllo assoluto su ogni territorio e persona. Depreda, distrugge, uccide a suo gradimento.
Pain a capo dell'organizzazione, vuole immedesimarsi in Dio e ricostruire un mondo fatto sulla base delle sue regole, schiavi forti che possano combattere per lui e che lo possano servire.
E poi c'è Ami (sorella di ...) una ragazzina imprigionata dall'organizzazione alba, che lotta per sopravvivere in quella giungla.
Cosa succederà?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Akatsuki, Altri, Hidan, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Voglio essere una marionetta




Sasori P.o.v.


Ogni essere vivente, aveva la facoltà di sentire il proprio orologio vitale scandire il tempo passato. Quell’orologio poteva essere considerato come una clessidra, aveva un limite di tempo imposto dal principio della mortalità, che non mostrava pietà per niente e nessuno. Io da quel punto di vista non ero più un essere vivente, il mio orologio aveva, da tempo, smesso di funzionare.
Ero immortale, non avrei mai potuto conoscere la sensazione di crescere e maturare fisicamente, non avrei mai saputo cosa si prova a diventare genitori, non avrei, semplicemente, potuto vivere la vita come un individuo comune . Ero un guscio eterno e immortale, una scorza vuota dotata d’intelligenza, una marionetta con una sola eccezione, l’unica cosa che ancora mi poteva collegare con il concetto di vita; il mio cuore.
Dentro quella piccola scatola circolare di legno, inserita a sinistra del mio petto, potevo sentire distintamente ogni suo battito che si diradava in tutto il corpo, facendomi sentire ancora umano, ancora vivo. Lo detestavo.
Io volevo essere una marionetta, non una persona.
“Le persone sono stupide, le odio” in quel momento però, il mio pensiero mi apparì così falso che non potei far a meno di tornare indietro nel tempo, alle origini, al perché scelsi di diventare una marionetta e sopprimere tutti i miei istinti e sentimenti che mi caratterizzavano.
 
 


- Devi solo essere paziente, Sasori – gli occhi stanchi della vecchia Chiyo si andarono a posare sulla testa, bassa e ricurva, del piccolo Sasori, ancora una volta deluso dalle parole che la nonna gli riportava. Giorno dopo giorno, Chiyo gli ripeteva quelle parole, incoraggiandolo ad’aspettare il ritorno dei suoi genitori, genitori che sapeva non sarebbero mai ritornati alla propria casa.
Quelle menzogne volevano solo evitare un dolore al nipote, troppo grande per un bambino di appena dieci anni. Voleva solo che vivesse la sua vita come ogni altro bambino, ma in cuor suo Sasori fingeva solo di crederci, sapendo che non avrebbe mai più rivisto i suoi amati genitori.
- Aspetteremo tutto il tempo necessario, ci sarò io con te – Sasori annuì silenziosamente con ancora gli occhi che guardavano apparentemente terra, non voleva far vedere alla nonna quell’espressione triste dipinta sul suo volto, sapeva che faceva del suo meglio, come sapeva che gli mentiva solo per il suo bene.
- Ti voglio bene baa-chan – disse per poi tirare dritto verso la sua camera, dove delle marionette incompiute lo aspettavano.
- Anche io Sasori – rispose Chiyo a voce troppo bassa per essere sentita.
 
 
Era da più di un anno che, Sasori, riponeva tutte le sue energie nella creazione di marionette, poiché per lui non erano solo un passatempo, ma erano diventate il centro del suo mondo, dei compagni silenziosi che non lo avrebbero mai abbandonato, che non sarebbero mai morti.
Le marionette non erano altro che degl’umani sotto mentite spoglie.
In tutto quel tempo era riuscito a costruire più di cento differenti modelli di marionetta e altre due molto speciali nel suo cuore, le sue preferite.
Okaasan e Otosan.
Aveva creato quei surrogati di genitori con estrema cura, nei minimi particolari, sperando di riempire almeno un po’ il vuoto che avevano lasciato gli originali, ma per quanto sentisse la presenza fisica di un abbraccio, c’era una cosa che non si poteva sostituire, quella cosa che cercava sempre. Calore.
Lo cercava così disperatamente, agognava di riceverne almeno un po’ senza alcun successo. Sasori capì ben presto che per quanto lo cercasse non l’avrebbe mai più ritrovato, quel calore si era spento come una fiamma al soffio di vento, con la morte dei suoi genitori.
Guardò ancora le marionette sperando di trovare una risposta alla sua sofferenza.
Le marionette erano immortali, non potevano provare sentimenti di nessun tipo, incluso quel dolore che gli perforava il petto.
Se solo sarebbe potuto diventar una marionetta, i suoi sentimenti negativi, i suoi ricordi dolorosi sarebbero scomparsi.
Scomparsi per sempre senza via di ritorno, caduti nel baratro più profondo del dimenticatoio.
 




Inseguire per tutta la vita un sogno e poi avverarlo non sempre ti fa sentire realizzato.
Dopo quel giorno gli avvenimenti della mia vita non avevano fatto altro che portarmi nel punto in cui ero. Ne marionetta, ne umano, al punto di non sapere neppure che cosa ero.
Così assorto dai miei pensieri che non mi ero accorto che la sconosciuta addormentata nel mio letto si era svegliata, si era svegliata e mi stava fissando con i suoi occhi color ametista.
Aveva un’espressione rassicurante, le sue labbra leggermente carnose erano inarcate all’insù, sorridendomi calorosamente.
- Cos’hai da guardare – chiesi infastidito.
-  Che cosa stai facendo? – rispondere a una domanda con un’altra domanda, che maleducata.
- Lavoro alle mie marionette – risposi riportando lo mia attenzione sulle dita di Hiruko seriamente danneggiate dall’ultimo scontro.
- Sei un marionettista quindi – disse pacatamente, dando segno di non voler cessare quella conversazione totalmente inutile e priva di alcun interesse, almeno per me – Si – risposi fermamente.
- Non ho mai conosciuto un marionettista. Nel mio paese ne esisteva solo uno, ma è vissuto troppo poco perché mi ricordassi il suo nome – disse con una vena triste diramatasi fino agl’occhi che avevano assunto un’espressione accigliata.
- Da dove vieni ? – chiesi mentre posizionavo con le pinze un pezzo di legno nell’anulare di Hiruko.
- Il paese delle caldi primavere, conosci? – potevo sentire nostalgia nel suo tono.
- Ne ho sentito parlare, mi pare che ci provenga anche un membro dell’organizzazione – dissi riportando il pensiero a Hidan con cui non avevo così tante informazioni per esserne sicuro.
- Chi è? Magari lo conosco – domandò facendo una risatina ironica.
- Non penso – conclusi. Sentii le lenzuola alzarsi con uno silenzioso spostamento d’aria, segno che era alzato dal giaciglio e si stava avvicinando.
I suoi passi composti e sinuosi mi ricordavano quelli di un serpente, la sua presenza però non poteva essere paragonata a un infimo animale come quello, era troppo pura d’animo per esserlo.
Ora sentivo il suo respiro dietro di me, provocandomi una strana sensazione non proprio sgradevole.
- Posso osservarti mentre sei all’opera? – domandò innocentemente.
- Perché dovresti volerlo – a nessuno è mai interessato della mia arte.
- Perché come ti ho detto prima non ho mai conosciuto un marionettista, sei il primo – disse pericolosamente vicino al mio orecchio.
Potevo sentire il suo chakra alle mie spalle, un chakra come pochi che in qualche modo mi ricordava quello dei bambini. Era innocente, puro e ingenuo, privo di alcuna malizia.
- Bene ma siediti lì – indicai una sedia all’angolo opposto del tavolo dove stavo lavorando.
- Grazie- forse non era così maleducata e stupida come pensavo.
 
 
Non so quanto tempo passò da quando si era seduta e fissava attentamente i miei movimenti, ma per un attimo ricordai un fastidio.
Un fastidio alto quanto un soldo di cacio che dormiva di fianco a Ami. Un fastidio di cui non sentivo il chakra.
Mi bloccai come fulminato, sperando che fosse morta nel sonno e che non avesse varcato la porta che divideva la mia stanza dalla tana dei lupi.
Mi avrebbe ucciso Pain.
- Dov’è la mocciosa? – domandai cautamente.
- Intendi Chiyo? Sta ancora dormendo - disse prima di realizzare che nel letto non c’era nessuno. Era vuoto.
- Come ho potuto dimenticarmene? – disse frustata. Si era alzata dalla sedia e ora stava vagando per la stanza rischiando di farmi venire il mal di testa.
Decisi di riprendere la situazione in mano. Calma e sangue freddo erano l’arma vincente per ogni battaglia, anche se quella battaglia era ritrovare una bambina.
- La vado a cercare, tu rimani lì- bruscamente mi alzai da dove ero seduto e mi fiondai verso la porta socchiusa, ignorando i lamenti della ragazza.
“Lo sapevo che mi avrebbero portato solo guai” pensai prima d’incamminarmi verso il reticolo di corridoi.
Speravo solo non avesse incontrato nessuno. Poco probabile visto il via vai perenne di ninja e componenti dell’Akatsuki.
“Avrei dovuto ucciderle quando ero in tempo”.











  
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