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Autore: il_vaso_di_Pandora_    16/01/2012    2 recensioni
La storia di Rebecca, giovane ragazza che sognava un grande futuro.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rebecca aveva 17 anni.

Lei era una ballerina, o come lei si difiniva "la futura grande étoile dell'Opéra di Parigi". 

Non era presuntuosa, ma quello era sempre stato il suo sogno fin da piccola e non aveva mai permesso ad alcuna distrazione di allontanarla del suo obiettivo.

Non aveva amici. Rebecca era una ragazza carina, ma tutte le ore dedicate alla danza, suo malgrado, le avevano conferito un'aria che gli altri interpretavano come superiorità. "Quella con la puzza sotto al naso" l'avevano definita. Dal canto suo Rebecca vedeva gli altri così allegri, così chiassosi.. nel suo mondo tutto questo non era permesso. Disciplina e sacrificio, queste erano le parole chiave della danza e i suoi compagni di classe erano lontani anni luce da questa. Aggiungerci che Rebecca avesse ottimi voti a scuola nonostante le ore passate nelle sale prove, non faceva che alimentare l'inividia e la rabbia delle malelingue.

Nonostante tutto le andava bene così. Amici del genere sarebbero stati solo una distrazione e non ne aveva il tempo. Finita la giornata di scuola doveva correre a lezione, quattro ore di esercizi e di prove in cui gli errori erano difficilemente ammessi, e se sbagliavi ci sarebbe stata qualcun'altra pronta a sostituirti. Era per questo che neanche le compagne di danza potevano essere definite amiche. Erano tutte lì per lo stesso motivo : diventare prime ballerine, quindi ogni errore poteva essere l'occasione utile per qualcun'altra, e chissà poi quando sarebbe potuta capitare un'altra chance per mettersi in luce. Poi tornava a casa e passava la serata sui libri nonostante la stanchezza fisica e mentale della giornata.

Rebecca aveva accettato tutto questo. Per lei la cosa più importante della vita era danzare. Il solo indossare le scarpette la faceva sentire leggera e libera. Il suo sogno era iniziato da piccola, quando alla tv aveva visto delle ballerine col tutù biando muoversi leggiadre sul palco e lei aveva immaginato tante farfalle che svolazzavano di fiore in fiore. Ne era rimasta totalmente affascinata e da allora aveva deciso che sarebbe diventata una di loro e fino a quel momento aveva fatto di tutto per riuscirci.

Poi quel tragico giorno.

Sua madre la stava accompagnando come ogni pomergiggio a lezione. Diversamente dal solito Rebecca era seduta sul sedile posteriore invece di stare al fianco della madre perchè il posto del passeggero era occupato da uno scatolone.

Il semaforo verde. L'auto che si avvia.

Neanche il tempo di arrivare al centro dell'incrocio che la loro auto viene travolta da un'altra proveniente da sinistra, che non aveva rispettato il semaforo rosso. 

L'ambulanza. L'ospedale.

Per la madre non ci fu speranza. Rebecca se la cavò con un braccio lussato, qualche costola incrinata e altre contusioni. Ma non era quello a spaventarla. Distesa sul letto d'ospedale vedeva che la sua gamba era ingessata. Tanti al suo posto penserebbero: "Sono fortunato, sono ancora vivo nonostante tutto!". Tanti, ma non Rebecca.

Fu il medico a confermare ciò che nel profondo sapeva ma non aveva il coraggio di ammettere. 

Le lesioni ai legamenti e la rottura della rotula non le avrebbero permesso di danzare mai più. Le sembrò che il mondo le stesse crollando addosso. Il sogno di una vita infranto. I sacrifici di tutti quegli anni sfumati. E anche se non era sua la colpa, e aveva avuto la peggio, Rebecca non riusciva a non riversare la sua rabbia contro la madre. 

In fondo lei non l'aveva mai capita, ogni tanto continuava a rimproverarla che non si stava veramente godendo la sua giovinezza, che si stava perdendo i migliori anni della sua vita chiusa in quella sala prove. Quell'insipida di sua madre. Quella donna insignificante se solo all'incrocio fosse stata più attenta, se si fosse accorta dell'auto in arrivo, se avesse perso qualche secondo in più nel ripartire al verde, lei ora non sarebbe distesa su quel maledetto letto d'ospedale. Tanti se che alla fine in cuor suo si spegnevano dalla consapevolezza che in realtà la colpa non era della madre ma
dell'incosciente alla guida dell'altra auto. E nessun se avrebbe potuto cambiare le cose.

Nessuno dei suoi compagni di classe, nè le compagne di danza andarono mai a trovarla in ospedale. I primi così distratti dai loro divertimenti che lei era sicura non si fossero neanche accorti della sua assenza; le seconde così occupate con le prove da non poter perdere tempo prezioso.

Finito il ricovero in ospedale Rebecca potè tornare a casa accompagnata dalle stampelle, sue nuove indesiderate compagne. I giorni passavano lenti tra quelle mura. Passava le giornate distesa a letto. Non aveva neanche più le forze per piangere. Non mangiava, non parlava, non viveva. Anzi, non riusciva a sopportare che il mondo andasse avanti nonostante il suo dolore.
Una notte non riuscì a chiudere occhio. Il pensiero che quella vita senza danza non poteva continuare ad essere la sua vita la assillava e la cullava dolcemente allo stesso tempo.

La mattina, dopo che il padre uscì, Rebecca andò a cercare i filmini dei suoi vecchi spettacoli. Com'era bella, com'era felice. Tutto il contrario di quello che vedeva ora allo specchio.

Non c'era più bellezza per lei, non c'era più felicità per lei. Non senza la possibilità di ballare.

Questa la spiegazione di quel biglietto e di quel corpo appeso inerme che pendeva dal soffitto.

Fu il padre a trovarla. Aveva messo il vestito usato nell'ultimo spettacolo e indossò l'unica scarpetta che potè indossare.

"La futura grande étoile da così addio al suo pubblico." 
  
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