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Autore: Leitmotiv    17/01/2012    4 recensioni
Pia conosce perfettamente l'arte del mentire agli adulti.
Cain s'illude di poter capire le persone con una sola occhiata.
E poi ci sono gli altri, a scuola, per strada, in quelle simmetriche case della working class di Manchester.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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the end






                                                                                               





                                                                                             







                                                                                                        Lui, Lei














Bristol, nove mesi dopo l'arresto dei coniugi Hunt.




Il solleone di agosto aveva bruciato le piantine di basilico che mrs. Turner aveva cominciato a coltivare nel minuscolo cortile della nuova abitazione.  Cain finalmente era rimasto da solo a casa dopo mesi in cui non c'era stato giorno in cui non avesse visto il viso di sua madre, e, preso da quei giorni di pace, aveva finito per trascurare quelle piccole verdi forme di vita.
Il viso di sua madre. Un volto sciupato da quegli ultimi mesi di appelli in tribunale, la stampa accalcata alla sua porta, l'accettazione della morte di suo marito, i visi dei suoi due assassini.

Era invecchiata  in così poco tempo quella signora dal fare composto e lo sguardo smarrito. Sottili fili bianchi avevano cominciato a frastagliarsi fra i suoi capelli corvini, e la pelle intorno agli occhi si era sciupata a causa dei pianti che avevano accompagnato le sue testimonianze in tribunale, e soprattutto quelle di Cain.
Poi c'erano state le cure psichiatriche ed il trasferimento a Bristol, per sfuggire ai curiosi e ad una casa intrisa di troppi brutti ricordi. Il sangue della ferita alla gamba di Hellen Hunt non se n'era piu' andato dal parquet, e ad Henrietta Turner non era piu' bastato  coprirla con un tappeto e far finta che non fosse lì.

Il giovane Turner non poteva piu' sopportare di vederla vagare per casa con quell'espressione smorta  da depressa cronica. Sua madre avrebbe dovuto rialzarsi come aveva fatto lui. Così aveva preso l'iniziativa ed aveva convinto la donna a vendere casa e negozio ed a trasferirsi in una piccola villetta di nuova costruzione a Bristol, nello stesso quartiere di sua zia Danha, sorella minore di Henrietta.
 Gli ci erano voluti cinque mesi per strapparla ai demoni dei ricordi che, pur detestandola,  la tenevano prigioniera  di quella citta', ma alla fine mrs. Turner aveva ceduto, ammorbidita anche dalla terapia psichiatrica che aveva cominciato a giorni alterni.

Cain tiro' su con delle pinzette un ritaglio di giornale pieno di colla, e lo ripose con cura su una pagina bianca dell'album in cui aveva cominciato a raccogliere tutte le notizie relative al caso degli Hunt.
Quel giorno il quotidiano nazionale aveva riportato la sentenza della condanna di  Hans e Frederick Verhon, fulcro della setta occulta e mandanti nell'ombra della maggior parte degli omicidi.
Il caso si era dimostrato particolarmente controverso, e non c'era stata settimana in cui non fossero venuti a galla nuovi risvolti e nuove testimonianze. Gli avvocati degli accusati, purtroppo, avevano quelle che volgarmente venivano definite "due palle così", e malgrado l'evidente brutalita' degli omicidi - diventati lo scandalo nazionale degli ultimi dieci anni - non era stato semplice mettere i colpevoli all'angolo.

- La giustizia ha i tempi lunghi - sussurro' il ragazzo, sorridendo appena.
Pose una velina sulla pagina e richiuse l'album, riponendolo nell'unico cassetto della scrivania.
Il  cellulare vibro' nella tasca dei pantaloncini di cotone che indossava. Era un messaggio di Jhonathan, il suo vecchio amico di Manchester; Cain lo aveva invitato per alcuni giorni, sfruttando l'assenza di sua madre.

Indosso' un paio di sneackers da cui spuntavano dei corti calzini di cotone, inforco' gli wayfarer neri  e rispose velocemente al messaggio, incontrando l'accecante sole di mezzogiorno. La piazzetta residenziale era deserta, se non per un gatto pezzato che aveva puntato un grosso insetto ronzante.
Cammino' rapidamente sino alla stazione ferroviara di Temple Meads e controllo' gli arrivi sul tabellone. Con le mani in tasca, raggiunse il binario dove in lontanza sentì il fischio di arrivo del treno.

Il mezzo rallento' delicatamente, illuminato dai riflessi caldi del sole. Jhonny scese da uno dei vagoni mezzani, indossando un cappellino da baseball e sorrise all'amico.
- Viaggi leggero - commento' Cain, salutandolo nel modo informale degli adolescenti inglesi - Allora, come va ragazzo?!
- Gli uomini veri viaggiano con poco, lo sai! - gli rispose, porgendoli una busta colorata - Questi li manda mia madre: biscotti al burro e noci. Gli unici dolci che potevano sopravvivere a questo caldo...Si fa per dire che siamo piu' a nord, ho potuto constatare - disse, asciugandosi il sudore dalla fronte.
- Quando e' estate fa comunque caldo ovunque, lo dovresti sapere. Vuoi farti una doccia a casa? Non credo tu abbia voglia di visitare la citta' con il caldo anomalo di quest'anno...
- Proprio ovunque, no!  Diciamo che d'estate divento un tipo prettamente notturno - gli rispose sorridendo.

Jhonathan aveva fatto un altro dei suoi famosi balzi d'altezza, raggiungendo le vette di un giocatore di pallacanestro. Aveva lasciato che una sottile barba biondastra gli avvolgesse il mento, ed anche i capelli, rasati solo sotto la nuca, erano di qualche centimetro piu' lunghi di come Cain li ricordasse.
Aveva decisamente l'aspetto di un trentenne intrappolato in un abbigliamento forse un po' troppo sbarazzino per le sue fattezze da adulto. Ma aveva bei lineamenti e la vita sottile metteva in risalto le spalle larghe ed atletiche, le gambe muscolose da corridore si facevano notare dalle ragazze.
Turner si sentì piuttosto corto rispetto all'amico: lui aveva messo su sì e no un paio di centimetri, e la rada peluria che era cominciata a spuntargli sulle mascelle, così ridicola in confronto a quella di molti ragazzi della sua eta', veniva sistematicamente asportata dal suo rasoio elettrico ogni mattina.
Ma se il suo aspetto era poco mutato rispetto ai ragazzi che conosceva, dentro di lui erano invece cambiati diversi meccanismi.

- Sembra una bella citta', Bristol - commento' il biondo, scorgendo palazzi  e negozi fra i turisti affannati.
- Ci sono sicuramente piu' turisti che a Manchester, ma forse ne vedo di piu' perche' prima vivevo in periferia, mentre ora abito vicino al centro della citta'.
- Mi pare ci sia una bella atmosfera, molta gente giovane. Molte ragazze - sottolineo', squadrando un gruppo di adolescenti in succinti, colorati  prendisole di jersey e cotone.
- Mha, sai...Mi pare che qui i ragazzi siano un po' troppo fuori di testa.
- Pero' non ti trovi male nella nuova scuola, no?
Il moro fece spallucce - Ma no, diciamo che pero' mi sentivo piu' a mio agio prima, con voi, nella vecchia scuola.
- Mh. Ti fanno molto domande, qui?
- All'inizio sì, si capisce... Chiunque sarebbe stato incuriosito dal casino che e' successo. Ma dopo qualche settimana l'hanno abbozzata in parecchi. A parte quando esce qualche nuova notizia...praticamente ogni settimana. Allora qualcuno si dimostra ancora un po' insistente...
- Le hai mai prese...? - gli chiese l'amico, sistemandosi il cappellino sulla fronte.
- No che non le ho prese! Ma in quei momenti non faccio in tempo ad entrare a scuola che gia' mi fermano in strada con domande del cazzo... Almeno i professori mi lasciano stare, anche se gli leggo la curiosita' negli occhi.
- Capisco... E' una bella rottura di palle, amico.
- Oh, bhe...passera' anche questa.



Cain fece accomodare l'amico, indicandogli bagno ed asciugamani. Acchiappo' una bottiglia di soda dal frigo che ando' a miscelare nei bicchieri  con del vermouth e del ghiaccio, e recupero'sottaceti  e patatine.
Jhonathan uscì dalla doccia ciabattando sino al divano - Mi mancava l'odore di pulito di casa tua -  disse, portando le mani ai fianchi ed osservando la meticolosa pulizia di quella graziosa villetta - C'e' pure l'aria condizionata.
- E' stato un buon affare malgrado le stanze siano davvero piccole. Con i soldi ricavati dalla vendita del negozio ci piacerebbe comprare una casa vicino tipo ad un lago...in un luogo di villeggiatura. A mia madre farebbe molto bene.
A Jhonathan brillarono gli occhi - Un posto tipo quello dove abita ora Pia? - chiese, guardandolo con la faccia di chi la sapeva lunga.
Turner trattenne un sorriso, voltando lo sguardo al paesaggio oltre la finestra - Ma dai, ti pare che ora mi metta  a fare lo stalker...
- Non credo che nel tuo caso si possa parlare di persecuzione. Si capisce che fra voi due c'e' molto piu' di quello che dichiarate.
- Mi sembri uno dei miei nuovi compagni di scuola...
- Dai Cain, non ti volevo rompere le palle, ma ti conosco da una vita. Se davvero vi piacete e' giusto che stiate vicini. Se poi  ora non e' il momento per vari motivi...non e' comunque detto che dobbiate rimanere a distanza forzata l'uno dall'altro ogni giorno. Ve lo ha forse proibito il giudice? No! E allora fa quello che ti pare una volta tanto nella tua vita.

Il ragazzo moro rimase silenzioso e contemplativo per qualche istante; le dita bagnate dal suo drink, la caviglia poggiata sull'altro ginocchio. Sbatte' le palpebre, tornando a guardare l'amico.
- Pare che questa frase te la sia preparata da un po' di tempo. Te la sei studiata in treno?
- Diciamo che era un po' che volevo dirtelo, ma al telefono finiamo sempre per parlare di cazzate. Io non dico che lei sia la donna della tua vita, pero' dopo tutto questo casino potresti almeno andare da lei di persona e parlarci un po'. Non avete potuto parlare ai processi, eppure i vostri occhi erano incollati l'uno sulla figura dell'altro. Mi hai parlato di lei per nove mesi, delle sue e-mail e le sue  telefonate, seppur brevi,ti riempivano di gioia. Ma non ho potuto fare a meno di pensare a te come ad un puma in gabbia: ansioso, smanioso e consumato dal desiderio di vederla. E sai Cain, ora che ti ho qui davanti sei esattamente come ti avevo immaginato - concluse, indossando una t-shirt d'un verde militare.

Turner serro' le mascelle. Malgrado fossero passati nove mesi e le loro telefonate fossero quasi sempre state un elenco di gag ed aneddoti divertenti, si stupì di come Jhonathan fosse riuscito nuovamente a leggere nei suoi pensieri  e nelle sue intenzioni.  Era saggio come un apostolo, quel ragazzo. Ed era la prima persona nella sua vita con cui gli era necessario guardarsi negli occhi per trovare delle risposte a cui lui proprio non riusciva ad arrivare.
La seconda persona era Porthia. Forse lo era ancora. O almeno lo era stata.
Era davvero arrivato il momento di accantonare il timore reverenziale che la turbolenta vita mediatica ed i processi avevano scioccamente fatto nascere nei confronti di lei. Doveva tornare a guardarla negli occhi, e parlarle di loro due.

Cain si alzo' e raggiunse l'amico. Alzo' il bicchiere, invitandolo a fare lo stesso - Amico, un brindisi alle tue parole, ed un brindisi di buona fortuna a me.
- Un brindisi a noi, aggiungerei - disse, facendo coincidere il bicchiere con quello del ragazzo.





Agosto, Contea della Cumbria.




Oltre il perimetro della brughiera, il lago luccicava invitante sotto il sole estivo. Tutt'intorno cicale ed insetti rumoreggiavano in un fitto riverberare di vita. Non c'era niente di vagamente simile a Manchester.

Pia uscì dal sentiero battuto che dal lago portava a casa di sua zia, tagliando attraverso la bassa vegetazione per far prima. Le felci le solleticavano le gambe e le braccia scoperte, mentre alcuni piccoli boccioli di erica si erano impigliati sulle sue ruvide scarpe di cotone.
Attenta ai fruscìì fra le piante, intimorita dalle serpi, la ragazza corse sino alla strada asfaltata.
Non c'erano macchine in giro, se non il camper di un'appesantita famigliola tedesca,  accampata in un piccolo spiazzo per consumare il pranzo.

Svelta, salì i gradini che sopraelevavano la casa dal giardino. Sua zia ancora non era tornata dalla stazione dei pulman con l'ospite del giorno, ma l'emozione di rivedere Cain le aveva impedito di rilassarsi a lungo sotto il sole.
Fece una rapida doccia, tirando via dalla pelle abbronzata la sottile patina di protezione solare che le faceva luccicare le gambe scattanti. Con i capelli ancora umidi, schiariti dall'estate e dai bagni nel lago, Pia indosso' una sobria t-shirt bianca, che le tirava leggermente alle spalle per poi  scorciarla in vita con un nodo, così da scoprire la stoffa di una paio di corti bermuda scoloriti.

Il rumore delle gomme di un auto sulla ghìaia  la avvertì che sua zia era rientrata a casa.
Porthia corse alla finestra, scorgendo i capelli corvini di Cain, ed un borsone sportivo buttato sulla sua spalla. Vide il ragazzo guardare la facciata della casa, i suoi occhiali da sole neri riflettere la luce.


Cain entro' nell'abitazione, seguito dallo sguardo non proprio rilassato della sua accompagnatrice.
- E' una casa molto fresca - commento' il ragazzo, un po'  a disagio. Anche durante il breve viaggio in macchina i due si erano scambiati domande irrilevanti, ben attenti a non toccare certi argomenti, entrambi avvolti da una leggera ma educata  inquietudine.
- Sì, qui non fa mai troppo caldo - rispose lei, posando la borsetta sul tavolo del soggiorno - Vado a vedere se Pia e' rientrata dal lago - gli disse, avvicinandosi alle scale.
Fu allora che i due si accorsero della ragazza ferma in cima alle scale. Questa sorrise timidamente ad entrambi.



Nel giardino della casa, Turner tastava il legno umido  del tronco d'albero da cui era stata ricavata una rudimentale panca. D'intorno le cicale rumoreggiavano assordanti.
Pia uscì dalla casa trasportando una grossa caraffa di the freddo e qualche galletta al burro. Lascio' il vassoio sull'erba, e verso' da bere al suo ospite.
- Mi sembri davvero in forma.
- Vado a correre ogni sera prima del tramonto - rispose la ragazza - Mi aiuta molto.
- E ti rende piu' serena?- chiese il ragazzo, sorseggiando la bibita.
- No. Mi aiuta ad arrivare al giorno dopo senza arrovellarmi troppo il cervello. A dormire la notte... - Pia s'indurì in volto. Cerco' di rimediare immediatamente alla propria espressione - Non te la voglio mettere tragica, Turner. Qualsiasi cosa mi attanagli ora, prima o poi passera' - aggiunse, sorridendo da dietro il bicchiere.

Cain abbasso' lo sguardo alla bevanda che stringeva fra le dita. Cominciare un discorso, malgrado tutti i buoni propositi che si era  prefissato durante il viaggio, non era cosa semplice. Non riusciva a guardarla negli occhi per piu' di qualche secondo, sentendo il cuore martellargli nel petto. Si era accorto che anche la ragazza aveva delle reazione molto simili alle sue.
Era come se entrambi dovessero confidare l'uno all'altro una questione spinosa, ma nessuno dei due riusciva  a cogliere il momento per farlo.

Il moro poggio' il bicchiere fra l'erba, scacciando delle formiche dalle gallette dolci. Improvvisamente penso' che due giorni non sarebbero stati abbastanza per arrivare a spiegarle le sue emozioni.

- Sai Pia - comincio' il ragazzo - Alla fine non sono riuscito a dire a mia madre che sarei venuto da te, oggi. Forse certe cose non mi sono ancora così semplici da fare come avevo pensato.
- E dove gli hai detto che andavi?
- Oh bhe, semplicemente lei pensa che ora io sia a casa. E' andata in vacanza con mia zia, in Scozia.
- Mh. E la terapia come va? Mi avevi detto che aveva fatto molti progressi.
- Non parla piu' con i morti ed ha pure smesso di impilare detergenti come fossero trofei...direi che e' un bel passo avanti, no?
Pia sorrise, senza mostrare i denti. Strappo' alcuni fili d'erba, lasciandoli ricadere nel bicchiere ormai vuoto - Dai Turner, presto riavrai una madre nuova di zecca, potresti essere anche meno sarcastico.
- Non lo so Pia. Francamente non credo che riavro' mai la mamma di una volta. Forse pretendo troppo, ma lei era davvero speciale quando mio padre era vivo. Cioe', era una mamma qualunque per certi versi, pero' e' come mi faceva sentire che la rendeva speciale. Mi sentivo molto tranquillo, come fossi ancora nella sua placenta - disse, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

Porthia ripasso' mentalmente le parole del ragazzo. La prospettiva di sentirsi al sicuro come nella placenta della mamma gli suonava come nuova. Era una sensazione che nella sua infanzia aveva perso definitivamente, una volta fuori del pancione. Forse una recondita, silenziosa parte di lei aveva sempre vissuto nell'ansia pur vicino ai suoi genitori, gli orchi che s'immaginava da piccola e che abitavano i suoi incubi infantili erano stati solo un'avvisaglia di cio' che il suo intuito avrebbe poi percepito qualche anno dopo.
Era vero, dunque, che i bambini potevano captare il malessere dei genitori senza che questi aprissero bocca.

- Ma Turner, anche se lei tornasse come piaceva a te, tu ormai non sei piu' un bambino.
- Lo so, ma sapere che c'e' la "mamma di una volta" che mi aspetta a casa mi farebbe sentire meglio. E' un pensiero infantile...pero' e' così, che ci posso fare? - le sorrise di sghimbescio, massagggiandosi la nuca.
- Dai retta a me. Una volta, quando eri piccolo, era lei a vivere per te. Ora che sei cresciuto e che hai capito come funzionano certe cose, che i genitori non sono indistrittubili, puoi ricambiare quello che tua madre ha fatto per te. E' un ciclo, no? - gli disse, agitandogli l'indice davanti al naso.
Il ragazzo le afferro' la mano, stringendola lievemente. Il bicchiere  della ragazza rotolo' fino ai suoi piedi.
Cain schiuse le labbra, sporgendosi in avanti; Pia strinse le ginocchia, lasciandosi scivolare verso di lui.

- Pia, c'e' l'avvocato al telefono! - le urlo' sua zia, sporgendosi dall' ingresso posteriore dell'abitazione.
Cain ritiro' la mano, chinandosi per raccogliere una galletta al burro. Prese a sgranocchiare l'oggetto con un certo nervosismo.
La biondina si alzo', raccogliendo i bicchieri vuoti e raggiunse la donna. Quest'ultima rimase sull'uscio, lisciandosi le pieghe del grembiule da cucina, fiera ma al cintempo preoccupata dall'aver interrotto un momento evidentemente significativo per i due ragazzi.
- Ho preparato la camera per il tuo amico al piano inferiore, accanto alla lavanderia - le disse, come a sottointendere che non lo avrebbe mai fatto dormire nella camera degli ospiti accanto alla sua.
Pia penso' alla stanzetta del piano di sotto con la carta da parati scolorita, che sua zia usava per ricevere i ragazzini del posto quando dava ripetizioni di matematica, alla minuscola poltrona-letto adatta piu' che altro ad un bambino - Grazie zia - le rispose, prendendo la cornetta fra le  mani.

Porthia riceveva ogni giorno almeno una telefonata dal suo avvocato, e diverse volte la settimana pure dall'assistente sociale che  le era stata imposto in sede giudiziaria.  Non poteva permettersi il lusso di rifiutare le chiamate, anche se sempre piu' spesso non aveva voglia di ragionare e di scervellarsi sempre sui soliti argomenti e rispondere alle loro domande.
Non era semplice rilassarsi con questi adulti colmi di burocrazia alle calcagna.

Cain si alzo' dalla panca, recuperando il piatto delle gallette e rientro' in casa. Zia Hunt gli prese l'oggetto fra le mani.
- Grazie caro. A che ora hai il treno, domani mattina? - gli chiese, sforzandosi di apparirgli gentile - Sai, per calcolare a che ora dovremo svegliarci...
Che non fosse il benvenuto gli era ormai evidente. Quella donna che aveva davanti era la sorella di mr. Hunt, era evidente che questa fosse a disagio con lui e che, soprattutto, fosse in apprensione per la nipote. Chissa' quanti sensi di colpa stavano opprimendo quella signora dall'aria un po' disordinata, con quella gonna lunga a fiori e le scarpette bianche decisamente dèmodè. Una donnetta inglese qualunque, con un "non so che" di kitsch.

- Alle undici, mrs. Hunt - le rispose il ragazzo, poggiando le mani sullo schienale del divano.
- Ah, bene! Così potremo fare colazione con calma. Ah! Per stasera ho preparato il porridge, io ci metto le fragole d'estate. Potrebbe piacerti?
- Sì signora Hunt. Non si disturbi troppo, io mangio davvero tutto.
- Sei stato abituato bene, allora - aggiunse la donna, abbassando poi lo sguardo nervoso al pavimento. Accennare implicitamente alla famiglia di quel ragazzo le era sembrato in qualche modo irrispettoso.
Cain afferro' immediatamente la gaffe della donna, ma non disse nulla.
Una mosca ronzo' fra le gambe di Cain, posandosi  poi sul grembiule della donna; questa ne scosse un lembo, e l'insetto schizzo' verso la cucina.
- Vado a coprire il porridge...odio gli insetti!In questa stagione ne ho la casa piena... - aggiunse, defilandosi verso i fornelli.
Pia sfioro' il braccio del ragazzo - Ci verresti a correre con me? Lasciamo mia zia alla cucina.



Il corpo di Cain premeva la ragazza sull'erba.
I loro baci si erano fatti lenti ma insistenti, le labbra gonfie, i muscoli tesi gli uni verso gli altri. Due sapori  che non si erano mai spinti piu' in la dell'assaggio.
Le magliette umide di sudore, le schiene inarcate, gli abiti sgualciti a sfregare fra di loro.
Le mani di Pia scivolarono placidamente dalla schiena del ragazzo alla sua nuca; sfiorarono la cartilagine delle orecchie, poi i capelli corvini, inspessiti da invisibili gocce di sudore. La ragazza schiuse appena le gambe, per lasciare che lui si avvicinasse di piu'.
Per Cain quel genere di baci non era una novita', eppure quello era un corpo che non conosceva e che lo attirava e disorientava  al tempo stesso. Ora che Pia era sotto di lui, ed accettava con trasporto i suoi baci, ora che finalmente le sue azioni avevano parlato per lui sciogliendolo dall'imbarazzo, solo allora si lascio' andare come non faceva da molto tempo.

Nel lago un pesce guizzo', ed alcuni cerchi concentrici andarono ad adagiarsi e morire sulla riva.

Pia gemette, ed arrossì violentemente. Torno' a nascondersi nella bocca di lui, distraendolo dal proprio collo.
Come non avveniva da tempo la testa le era tornata leggera, ricordandole come una sensazione di svenimento, mentre le sue mani incontravano il corpo di Cain, le sue braccia magre ma virili, il buon profumo che non aveva smesso di usare, il nome di quel fiore, di quell'ingrediente che sempre le era sfuggito. Si stupì dell'urgenza che provava nel cercare le sue labbra. E si stupì dei "non pensieri"  che le sfuggivano alla mente.

Cain carezzo' il volto della ragazza con il dorso della mano. Avrebbero finito per fare l'amore lì, a poche centinaia di metri dal rifugio dove i turisti si rifocillavano di birre e sandwich. Poteva sentire le loro risate, il loro brusìo risuonare sulla superficie del lago.
- Hey... - sussurro', con voce arrochita dall'eccitazione. Schiuse le labbra della ragazza con il pollice.
Pia aprì lentamente gli occhi lucidi, posando mollemente le mani sulle spalle di lui - Siamo via da un po' - disse, anche se in quel momento non aveva proprio voglia anche solo di controllare l'ora sul display del cellulare. Ora che aveva scoperto cosa c'era d'irresistibile nel bacio, avrebbe potuto andare avanti per delle ore. Sentì la testa così leggera che dovette reclinarla all'indietro, incontrando le giovani radici di una sottile betulla.
Cain guardo' il quadrante dell'orologio che indossava - Hum. Sono quasi le sette - disse, facendo scivolare l'indice sulla giugulare della ragazza.
La biondina mugolo' contrariata - Noi ceniamo presto, qui.
Entrambi sospirano, imponendosi di alzarsi dal manto erboso.

Pia scosse i capelli disordinati, togliendo alcuni fiorellini rinsecchiti  da una ciocca. Rimase a fissare il lago per qualche istante, inebetita dai baci e dalla corsa quasi violenta che avevano fatto, sfidandosi, prima di lasciarsi cadere in mezzo all'erba.
Cain le carezzo' le ginocchia, su cui apparivano sottili cicatrici il cui biancore risaltava sulla sua pelle abbronzata. Penso' che dovevano risalire alla notte in cui era riuscita a sfuggire dai suoi genitori. Non si era mai fatto raccontare cos'era avvenuto esattamente una volta che l'aveva lasciata sola faccia a faccia con i coniugi Hunt, ma aveva comunque appreso molti particolari dagli innumerevoli articoli che avevano affollato i giornali e le trasmissioni televisive.
Poi il ragazzo si alzo', porgendole una mano. Quell'esplosione di intimita' lo aveva sbloccato dai suoi timori, e finalmente trovo' la via giusta per esternarle i suoi pensieri - Mi dispiace di  non essere venuto prima a trovarti, non ti nego che non ne avevo il coraggio - le confesso', con aria veramente seria.
Porthia s'inumidì le labbra, distogliendo lentamente lo sguardo dalla superficie del lago agli occhi azzurri del ragazzo. Gli afferro' la mano con aria comprensiva, e lascio' che l'aiutasse a rialzarsi - Anche io. Avevo paura persino di chiamarti al telefono. Ma temevo di piu' che non saresti mai venuto qui da me - le sue dita s'intrecciarono con quelle del ragazzo. I due s'incamminarono verso la strada asfaltata.

- Sai Turner - riprese a parlare la ragazza - Malgrado ci sentissimo ogni tanto, piu' andavano avanti le indagini e la situazione si faceva piu' difficile, piu' temevo che avresti seguito l'impulso di cancellarmi dalla tua vita. Ogni giorno pensavo sempre di piu' che sarebbe stato legittimo...che per te sarebbe stata la cosa migliore. Io ho perso i miei genitori perche' hanno voluto  rovinarsi con le proprie mani, ma tu hai perso tuo padre contro la volonta' di tutta la tua famiglia. Poi pensavo alle condizioni di tua madre e temevo anche per le tue. A volte ho pensato di non potercela fare con tutti questi sensi di colpa...mi vergogno così tanto della mia famiglia! - esclamo'; un brivido di rabbia e frustrazione le fece tremare le spalle.

Cain aprì la bocca per rassicurarla, ma non riuscì immediatamente a trovare le parole giuste per farlo, come invece si aspettava da se stesso.
Nella sua testa, era ben conscio che la ragazza non aveva nessuna colpa, ma che era stata una vittima degli eventi esattamente quanto lui, e benche' gli opinionisti spesso l'avessero accusata di omerta' alla stregua di un mafioso, non si era mai lasciato condizionare dai giudizi altrui.
Qualsiasi fosse stata prima la posizione di Pia rispetto ai suoi genitori, la sera in cui lei  lo aveva salvato con sua madre dalle grinfie dei suoi aguzzini, in quel preciso istante aveva sentito totalmente la ragazza dalla sua parte.
Da quel momento in poi non aveva  piu' avuto dubbi su di lei, e non importava quanto la stampa ed i curiosi le vomitassero contro accuse: per il suo giudizio entrambi erano stati due vittime di pari livello.

- Io non...- sospiro' il ragazzo, irritato dalla propria mancanza di tempismo - Dha! - esclamo', arruffandosi i capelli - Io voglio stare con te! Voglio che diventi la mia ragazza!
Pia si volto' di scatto verso di lui. Dopo la propria confidenza, onestamente, si sarebbe aspettata di certo frasi di rassicurazione da parte del ragazzo. Ma quella confessione l'aveva completamente spiazzata. Arrossì.
Anche Cain avvampo' sino alle orecchie. Si massaggio' la nuca, mentre con l'altra mano stringeva ancora quella della ragazza. Piego' la bocca nel suo particolare sorriso - Cioe'...forse dovevo dirti altro...questo era quello che avrei dovuto dirti dopo altre parole, ma ormai... - cerco' di giustificarsi, confuso.

Porthia torno' silenziosa, lo sguardo rivolto alla punta delle scarpe da ginnastica. Ora avrebbe dovuto dargli una risposta. Non poteva certo negare che non avesse mai pensato a loro due insieme. Molti mesi prima, quando abitavano ancora a Manchester,  Cain si era fatto piuttosto insistente su quel punto... 
Pia non aveva dimenticato i suoi occhi chiari che piu' volte gli avevano espresso il proprio sincero interesse. Il contatto fisico che spesso lui aveva cercato, azzardando e mai esagerando,  piu' di una volta l'aveva fatta tentennare.
Le torno' in mente il bacio sensuale che gli aveva strappato nel corridoido di casa sua, affondandola nel cappotto di suo padre.

Gli occhi nocciola della biondina risalirono dalle gambe di lui al fianco, dove la stoffa della t-shirt nascondeva il tatuaggio che lei stessa gli aveva fatto lo scorso inverno. Con la mano libera sollevo' la maglietta, riconobbe la cicatrice dell'appendicectomia, l'ombelico sfiorato da una sottile scìa di peluria, ed infine la piccola serpe al centro dello scudo, il gioco di foglie ad inseguire i contorni del blasone.
Cain l'avvicino' a sè, garbatamente - Te l'avevo detto che per colpa del tuo tatuaggio non avrei mai potuto dimenticarti.
- Forse questa situazione e' persino troppo romantica per una come me - gli disse, poggiando il palmo bollente sul suo fianco - Pero'...e' "sì".

Cain Turner le mostro' il suo sorriso obliquo e malandrino, per poi nasconderlo subito fra le labbra di Pia prima che questa potesse fargli notare per l'ennesima volta che il suo sorriso era proprio storto.




                                                                                                                                           -The end-






Mi scuso per aver pubblicato l'ultimo capitolo così tardi malgrado fosse gia' dichiaratamente pronto da un po' di tempo; l'intenzione era quella di metterlo online con il quindicesimo capitolo, esclusivamente dedicato a mr. e mrs Hunt, ed in cui sarebbero stati spiegati retroscena sui libri misteriosi, ma soprattutto sul movente degli omicidi, e cos'ha  portato due genitori a compierli, bisto nel corso di questi quattordici capitoli viene solo debolmente accennato.
Il capitolo verra' comunque pubblicato, ma singolarmente e mi auguro in tempi brevi. Non si trattera' di un capitolo auocelebrativo della storia, ma un concentrato di "dovute spiegazioni" ai lettori che hanno seguito la vicenda :D
Un grazie dovuto ma sincero va a Carla Volturi ed Oddish, lettrici e commentatrici <3









































  
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