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Autore: ryuzaki eru    18/01/2012    8 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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IMPERDONABILE!!!!!!!

Non posso dire altro…

Solo IMPERDONABILE….
Scusatemi veramente…
E poi non avevo neppure avvisato!!!!!
Non ho mai fatto tutto questo ritardo… Ma sono stata presissima dalla consegna di un lavoro che non credevo proprio mi avrebbe trattenuta così tanto tempo… Non ho neppure risposto ad alcune  recensioni!!! Un disastro!! Non è da me…
Ma ora, almeno a quello, provvedo subito!!!
Per il capitolo…be’… La vostra attesa non mi aiuterà… Chissà cosa vi aspettate…
Le mie ansie ve le rovescio subito addosso, così vi risparmio alla fine…
Aiutoooooooooooooooooo  ^___^


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

19. Il gelo e il fuoco

(Dal capitolo precedente)
I loro volti erano vicinissimi. Si fissavano vicinissimi…
«Sei senza controllo. Temo che la tua indole contraddittoria stia fuoriuscendo senza controllo…»
«… Lo so… E non mi importa… Forse domani me ne importerà…ma ora no… sono così…»
«Sì. Temo che tu sia così.» gli usci una voce bassa, ma fluida, mentre continuava a fissarla, con le pupille nere sfavillanti…
E allora Emma si avvicinò ancora…
Percepì l’odore fresco di bucato della sua maglietta bianca…
Sentì il respiro caldo di lui sulle proprie labbra… e vaniglia… un dolce e vago profumo di vaniglia…
E poi…
Poi ridusse ancora quel ridicolo spazio che li teneva ancora distanti…
E gli sfiorò le labbra con le sue…
Lui non si mosse…
Lei tirò appena la maglietta che ancora stringeva tra le dita e racchiuse delicatamente il labbro superiore di Elle tra le sue… e poi chiuse gli occhi…
Si sentì il cuore esploderle nel petto…
E poi, lentamente, lasciò l’umido di quelle labbra morbide…
Lui abbassò lo sguardo e le osservò la bocca… poi sollevò appena la mano e si sfiorò le labbra con l’indice… e ritornò sugli occhi di Emma, senza dire una parola…
«… Domani mi pentirò anche di questo…» gli sussurrò lei con occhi sinceri, spostando lo sguardo in basso.
«Sì. Temo di sì...» gli disse lui…
«…Scusami… per quello che può valere ora…»
«Non mi ha dato fastidio.» le disse lui senza vergogna, schiettamente e con un candore disarmante…

La timidezza non gli apparteneva.
Emma si sentì sprofondare…
Sprofondare in una confusione di emozioni e pensieri discordanti…
Il suo stato annebbiato non le permetteva di afferrare il significato di quelle parole, che apparivano fredde, razionali… Ma non era solo l’alcol a renderla così. Era tutta la situazione. Era il cuore che non smetteva di batterle forsennatamente in petto. Era Elle di fronte a lei. Erano i pochissimi centimetri che ancora li separavano. Erano il suo respiro ed il suo odore fresco che ancora le giungeva nitido e reale in quell’angolo buio di un salone che sembrava fuori dal mondo.
E poi erano quelle parole assurde. Parole che apparivano frutto di una mente logica e di nient’altro…
Mentre lei non riusciva a formulare nessuna ipotesi a riguardo.
Da quel punto di vista non riusciva a sciorinare nulla che potesse in qualche modo incasellare Elle in uno dei suoi comportamenti noti alla Death Note… In quel frangente non riusciva a ricordare nulla che potesse aiutarla a “capirlo”. Nessuna frase, nessun contesto noto, letto e riletto. Non riusciva a leggere nessun  significato dietro quelle parole spiazzanti e tuttavia assolutamente “da Elle”.
Semplicemente perché il comportamento di Elle in quell’assurdo frangente, lei non l’aveva mai visto.
O forse, più semplicemente, perché in quei momenti nessuno riesce a ragionare.
“Non mi ha dato fastidio” … Una risposta logica… Una considerazione obiettiva… Quasi una rassicurazione, come se avessi semplicemente fatto un’osservazione che gli avrebbe potuto dare fastidio e che invece non lo ha disturbato… Come se avessi fatto una semplice osservazione azzardata o scorretta… Non lo so… non lo so…
Continuando a mantenere lo sguardo verso il basso, Emma sussurrò «…Non mi ha dato fastidio… non mi ha dato fastidio…»
Era come se stesse pensando ancora, a voce alta, come se volesse rimuginare su quelle parole, come se sentirle di nuovo la potesse aiutare in qualche modo.
E sciolse la presa dalla maglietta di Elle.
E poi risollevò lo sguardo.
Lui non aveva mai smesso di osservarla con i suoi occhi neri e pungenti.
E lei se lo ritrovò di nuovo troppo vicino. E lo avrebbe baciato di nuovo…
Ma non ce la fece.
Non avrebbe dovuto abbassare lo sguardo. Così aveva spezzato quella tensione che li aveva tenuti legati in qualche modo e l’aveva portata ad avvicinarsi così tanto.
Ma ora non ce la fece a farlo di nuovo.
«Credo che la tua considerazione sia ancora più convincente: ora non “temo” che ti pentirai di questo gesto, ora “sono certo” che te ne pentirai. Perché adesso sei ancora più confusa.» le disse lui a bruciapelo, leggendole dentro… «Quindi c’è qualcosa, qualcosa che non conosci di me, Emma.» proseguì con un fare quasi indagatore… «È comunque un qualcosa che non mi turba e non mi interessa. Quindi dubito che ne riparleremo mai. Sono sicuro che neppure tu lo farai.»
Emma aguzzò lo sguardo e strinse i denti. E rispose con freddezza alla freddezza «Ora so che ci sarà un domani in cui ti rivedrò ed in cui “non parlerai” di questo. Questo mi basta. Su ciò che io dirò o non dirò “domani”, dubito che tu possa avere voce in capitolo. Da questo punto di vista tendi sempre ad incasellare l’ “altro sesso” in tipologie…» abbozzò un leggero sorrisetto di sfida «E mi sembra di averti già detto che non mi sento tanto “tipologia”.»
Un’impercettibile luminosità si accese nelle pupille di Elle.
«Ti riprendi in fretta. E non sono il solo a rendere ogni colpo, vedo. È naturale che ci sarà un domani. Questo era già evidente da altro, credo. Il perché tu voglia che ci sia, un domani, penso che avrò tempo per stabilirlo.»  
La conversazione aveva preso una piega completamente diversa.
Ancora una volta avevano deviato su tono, argomento, intenzioni…
Imprevedibili.
In fondo erano entrambi imprevedibili.
«Mi sta bene. Non posso pretendere altro da te.» ammise Emma.
Poi si raddrizzò appena sulla schiena, raccolse i capelli sciolti che le si appoggiavano lunghi e morbidi sulle spalle, li tirò su e ci fece un nodo per bloccarli in alto. «Credo che sia il caso che io mi faccia un caffé.» disse risoluta.
Poi poggiò la mano su un ginocchio di Elle e facendo un po’ forza anche su quello si aiutò ad alzarsi, senza guardarlo, senza scusarsi, senza chiedere il permesso.
E lui non si mosse, non parlò, non la riprese.
Semplicemente si limitò a guardarla mentre si alzava.
«Tu ne vuoi?» gli chiese quando fu in piedi.
«No, grazie.» rispose lapidario.
Ed Emma si allontanò…
Elle sfilò il cellulare dalla tasca e telefonò « È necessario predisporre quanto ti avevo accennato. Ci vorrà del tempo per definire tutto. Ma ne parleremo con calma tra poco. Sto uscendo.» e mentre parlava serrava il cotone dei jeans con le dita dell’altra mano, che era stretta attorno alla gamba, appena sotto il ginocchio…

Era quasi l’alba.
Emma si rigirava nel suo letto, in quel bilocale che aveva affittato da poco.
Era stanca.
Gli occhi affaticati, le membra pesanti, la testa pesante e leggera nello stesso tempo. Aveva sulle spalle una giornata di lavoro, la preparazione della festa e poi… la festa. E la festa non l’aveva solo sulle spalle, galoppava nella sua mente.
Elle se n’era andato senza dirle nulla. Si era limitato a salutare Misao. Il minimo indispensabile di correttezza.
Ma…
Le ore in quella grande villa non la lasciavano.
E non riusciva a staccare il pensiero da quel momento.
Non poteva abbandonare quella sensazione fantastica che l’aveva sfiorata per pochi istanti.
Non la mollava, ci stava attaccata con le unghie e con i denti.
Non la voleva perdere.
Non la voleva dimenticare.
Le sue labbra…
Aveva sentito le sue labbra.
Quelle labbra candide.
Quelle labbra che sui disegni erano a volte grigiastre… ma non erano sottili.
Aveva sentito il sapore di Elle…
Qualcuno lo aveva mai sentito?
Qualcuno si era mai chiesto quale fosse il suo “sapore”?
Sì… Lei stessa lo aveva fatto migliaia di volte.
Ma la realtà è un’altra cosa, lo è sempre…
L’immaginazione ed i sogni possono essere dimenticati, possono variare, possono arrovellarsi in altre varianti, in ulteriori situazioni, possono snodarsi in altre atmosfere.
Ma si tratta solo di atmosfere, per l’appunto.
La realtà rimane lì, immobile.
E non è solo un’atmosfera.
La sua pelle.
Aveva sentito il sapore della sua pelle.
Le corse di nuovo un brivido lungo la schiena, come quello che aveva provato mentre racchiudeva ed inumidiva il labbro di Elle nelle sue…
Questo era quello che voleva provare ancora.
Quel brivido istintivo, che nasceva dalla parte più recondita dell’addome e si irradiava per tutta la colonna…
Era stato solo un brevissimo bacio.
E non lo avrebbe mai dimenticato…
Anzi, forse il ricordo di quella realtà avrebbe continuato a farla rabbrividire ancora.
E voleva che fosse così.
E tutto il resto. Death Note. Kira. Le indagini di Elle. Le deduzioni ed i pensieri ignoti e poco intuibili di lui. Tutto passò in secondo piano.
E voleva che fosse così…
Sola. Nel silenzio. Raggomitolata nelle coperte, mentre il buio della notte sembrava appena meno profondo e pronto a diradarsi sempre più nella tenue luce dell’alba, mentre nessuno poteva osservarla, mentre nessuno poteva giudicarla o ridere di lei per quella sciocca necessità di “sentire”. Emma voleva che fosse così…
Che quel brivido non la abbandonasse.

«Emma! Mi devi raccontare tuttooooooooooo!!!» esordì Misao appena entrò in casa di Emma, nel tardo pomeriggio di quella giornata di vacanza che entrambe avevano passato a dormire dopo la festa della sera prima.
Emma strascicò impercettibilmente i piedi nelle vecchie scarpe da ginnastica che portava in casa. Odiava le ciabatte “canoniche” ed indossava quelle.
Richiuse la porta dietro Misao che era appena entrata e la guardò. «E tu hai avuto la forza di vestirti così e truccarti?!» le chiese osservando non più l’amica, ma se stessa, avvolta in una tuta gigante, di svariate taglie più grande. Anzi. Le sue due tute giganti. Perché naturalmente  pantaloni e felpa non facevano parte dello stesso “completo” «A volte la tua forza di volontà mi lascia senza parole… Hai una marcia in più… Ti stimo veramente! Io ancora non ho capito se mi fa male la testa o se è solo il mio stomaco che si è trasferito altrove…»
«Be’, anch’io non è che mi senta un fiore! Però ieri come ho toccato il cuscino sono svenuta e mi sono svegliata due ore fa!» e si mise a ridere.
«Io invece ho faticato ad addormentarmi….» disse Emma a mezza bocca
«E ci credo!!!! Sarai stata emozionata! Racconta, racconta! Contatta Viola così racconti ad entrambe! Ah, a proposito, prima che inizi, sai che a casa mi sono arrivati dei fiori da parte di Ryuga!? Che carino! C’era anche un semplice biglietto con gli auguri!»
Emma sgranò gli occhi.
Poi però ci pensò un attimo.
«…Misao. Credo tu debba ringraziare il signore anziano che accompagna sempre Ryuga… è stato certamente lui a pensarci, conformemente all’etichetta che prevede un regalo per il compleanno…»
«Be’, ne sono contenta ugualmente! In fondo è Ryuga che si accompagna a lui ed evidentemente ci si appoggia proprio per queste cose che non è in grado di pensare o gestire. Vuol dire che conosce i suoi limiti ed il risultato è lo stesso, per quanto mi riguarda. Mancanze non ne fa. Ognuno si arrangia come può, anche con l’aiuto di altri!» e strizzò l’occhio ad Emma.
Ecco perché Misao era speciale.
Perché vedeva ed apprezzava le persone, tutte le persone, anche quelle che erano diverse da lei e dal suo modo di comportarsi.
«Quindi? Prima di contattare Viola voglio un solo commento!» la incalzò Misao.
Emma la guardò negli occhi e poi sospirò lentamente. Tornava il brivido…
«Non è successo quasi niente… E comunque non significa niente e quello che è accaduto non accadrà più…E io non voglio dimenticarlo… So che lo rivedrò, ma non so quando… E ora più di prima non riesco a stare senza vederlo… Lo vorrei qui ora! Ma dipende tutto da lui, come sempre… Però…» Si fermò un istante a pensare e poi aggiunse, tra sé e sé «Si è sbagliato su una cosa… io non mi sono pentita!!!»
Misao allargò gli occhi in un’espressione sincera e coinvolta, prese l’amica per mano e la portò davanti al pc, determinata a contattare chi, dall’altra parte del pianeta, avrebbe gongolato e sospirato quanto lei in quei momenti così infantili, veri, naturali, normali e condivisibili da tutte le ragazze del mondo.

La preparazione di questa presentazione dei dati preliminari al convegno mi sta massacrando… Accidenti! Dobbiamo ricordarci di finire quella pianta! Anche se Kei…
Al diavolo! Sono fusa! Ci penserò domani!

Passò il tornello della metropolitana e si appropinquò a scendere le scale affollate delle stazioni di Tokyo.   
Quando Misa lo ha baciato sulla guancia lui ha risposto così ambiguamente, ma superficialmente… “Potrei anche innamorarmi!” …ma figuriamoci! Mentiva… Mentiva o prendeva in giro… Sono certa di questo! E perché con me ha fatto così!? Oddio… Questi sono trip mentali… Tutte le ragazze se ne fanno… Ma Elle non è come tutti gli altri!!! Accidenti! È già irraggiungibile ed impenetrabile su tutto il resto, figuriamoci su questo…
Sono un’idiota!
Mi sembra assurdo anche pensare queste cose di lui… Mi sembra quasi di snaturarlo…
Con lui è tutto il resto che conta…
Ed io non ho ancora capito cosa abbia in mente… Posso solo sperare… Sperare che farà quello che avevo auspicato nel piano…
Il mio piano…
Mi sembra lontano anni luce ormai…
Maledizione! Non può essere così!
Ritornerò alla dura realtà…
Devo essere pronta a questo…
Perché Kira esiste, Elle esiste, i criminali continuano a morire ed i giorni a passare…

Seduta nel vagone della metro, in uno qualunque di quei tanti giorni che stavano passando inesorabilmente senza Elle, Emma pensava, con lo sguardo perso verso un finestrino buio che si affacciava sulle pareti di un tunnel sotterraneo… Con le cuffiette nelle orecchie pensava…
E poi, inevitabilmente, quel brivido ritornò e lei si morse appena il labbro.
 
Emma uscì dalla palestra alle dieci di sera.
Faceva freddo. Come sempre.
Alzò il cappuccio della felpa e infilò dentro la giacca la lunga treccia di capelli ancora un po’ umidi dopo la doccia. Si sistemò la tracolla del borsone e si incamminò per la strada.
La sua nuova casa era nello stesso quartiere di Misao e della palestra.
Lo stomaco le gorgogliò. Aveva una fame spaventosa.
Avevano pranzato in facoltà con un panino al volo, durante la pausa del convegno mentre tutti gli uditori si strafogavano al buffet, e poi si erano rimessi a ripetere e controllare le ultime cose prima di presenziare col loro intervento. Avevano finito tardi. Ed Emma da lì era passata a casa solo per cambiarsi e prendere la sacca e poi era corsa direttamente agli allenamenti, senza avere il tempo di mettere altro sotto i denti. In effetti avrebbe anche potuto evitare di andarci per una volta, ma la lezione la scaricava…
Appena torno sfondo il frigo!
Passò davanti ad un locale che faceva anche cibo take-away.
Anzi… Appena torno sfondo “pure” il frigo!
Ed entrò.
Dunque. Fra tre giorni lo rivedrò per forza… il 13 Febbraio c’è il secondo turno degli esami di ammissione alla Todai… Però è strano… Ci andrà…? In fondo anche lì avrebbe potuto incontrare Light… Uhm… A questo non avevo pensato… Potrebbe anche non andarci… O farlo a porte chiuse da solo… Uhm…
La sua testa continuava a viaggiare mentre camminava con un sacchetto pieno di polpettine di carne, il capo chino con lo sguardo sull’asfalto del marciapiede ed incappucciato come un ragazzino, una lunga tuta, la sacca pesante a tracolla ed un giubbotto senza zip da snow-board.
Arrivò al portone.
Armeggiò a lungo nel borsone per trovare le chiavi.
Poi finalmente le trovò e le infilò nella toppa, senza mai alzare gli occhi.
«Ciao, Emma. Vedo che tendi sempre ad apparire come un giovane adolescente e a nascondere il tuo sesso.» incolore, inespressivo.
La voce le arrivò alle orecchie come in un sogno.
Quella voce calda, ma fredda allo stesso tempo, pacata e nota.
Quella voce la stregava…
Le cadde a terra il sacchetto che aveva in mano.
E rimase di spalle, immobile.
«E vedo che il tuo vacillare prende piede sempre più spesso.» commentò impassibile.
E allora Emma si voltò.
E se lo ritrovò davanti.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio.
Oddio… Un dejà-vu… L’ho già visto in questa posizione… “Sono Elle” e poi… “BANG”… Solo che allora era scalzo…ed era solo un disegno…
Emma si guardò intorno. C’erano solo loro due sulla strada.
Loro due ed una Rolls Royce nera parcheggiata dall’altra parte della carreggiata.
Non ci aveva proprio fatto caso prima. Era incastrata a guardare l’asfalto.
«… Ciao Ryuzaki…» le uscì la voce finalmente.
Poi il cervello cominciò a carburarle rapidamente, mentre lui rimaneva zitto e continuava a strofinare la scarpa sui jeans, rimanendo perfettamente in bilico su un piede solo, le mani in tasca e le spalle curve.
Sì, Emma cominciò a ragionare.
Quindi… oddio… Sì! Sì! Sì! Sì!
«Allora sai dove vivo, adesso che non sono più da Misao! Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui curioso e vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu non sappia solo questo di me. Sai molto altro. Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra.
«No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La sua voce arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile, agguerrito e freddo la trapassò.
Questo era Elle.
Questo era il vero Elle.
Questo era l’Elle che sfidava qualcuno.
L’Elle agghiacciante.
Quello che non lasciava scampo.
Quello che Emma non aveva ancora mai toccato veramente…
Rimase zitta, senza smettere di sostenere lo sguardo irreprensibile e deciso del grande detective che aveva davanti.
Lui riprese a parlare con un tono diverso, ma quasi peggiore di quello di prima, perché aveva una punta di scherno nel suo essere diretto «Allora, come sono andati gli allenamenti Emma? Deve essere faticoso fare così tante cose. Il convegno è stato un successo. Mi congratulo.»
«… Il convegno…» sussurrò Emma ripetendo le parole di Elle… Poi assottigliò gli occhi ed un sorriso soddisfatto le comparve sul volto.
«Allora non mi ero sbagliata… Tu stai indagando su di me… Tu sai tutto di me! Mi hai tenuto sotto osservazione!» le uscì una voce squillante e quasi contenta. «Da quando, da quando lo stai facendo?»
Elle si portò l’indice sul labbro e si concentrò ancora su di lei, sempre impassibile «Le tue reazioni sono sempre diverse da quelle che si aspetterebbe chiunque. Ma mi danno ulteriori informazioni a conferma delle mie teorie. La tua trasparenza è una fonte inesauribile.»
«Da quando Ryuzaki? Da quando? Da quando Elle indaga su di me? Quali altre informazioni ti ho dato ora?» lo incalzò Emma.
«Sei affamata di risposte.» commentò lui gelido.
«Anche tu lo sei. Ed io sono affamata delle “tue” risposte!» esclamò Emma.
Voleva sentirlo ragionare, sciorinare deduzioni…
Voleva vedere di nuovo Elle indagare.
E non aveva importanza che fosse lei l’indagata.
Moriva dalla voglia di vederlo di nuovo su un caso che non fosse il caso Kira, che conosceva alla perfezione.
Perché nessuno aveva più descritto e raccontato alcuna indagine di Elle dopo che era morto…
«È ovvio che io voglia risposte. Sono quello che sono. Come tu sai bene. Ma d’ora in poi avrò tutto il tempo per farti le domande che desidero.»
«Da ora in poi?» gli chiese con voce tremante Emma, che non sapeva più se faceva bene a sperare quello che sperava.
«Verrai con me, sempre. Sarai costantemente sotto il mio sguardo. Sarai controllata in ogni momento. Non ci sarà un istante in cui non sarai sotto i miei occhi. Se ti rifiuterai di collaborare, sarà solo più difficile, complicato e molto spiacevole per te, per la tua carriera, per la tua famiglia, per tutti quelli che ti amano, per Misao, per Viola… Devo continuare? Non ne uscirai. Nessuno può conoscere Elle senza che lui lo abbia deciso e nessuno può conoscerlo “così”.»
Un blocco di granito.
Spietato.
Emma fece un grosso respiro con la bocca aperta ed il vapore caldo dell’aria che usciva visibile dalla sue labbra si dissolse nel freddo nella sera.
«Era esattamente quello che volevo.» gli rispose  in preda ad un misto di sensazioni che vagavano tra l’emozione, il dubbio, la paura e la soddisfazione di aver pianificato tutto in modo perfetto, nonostante le insicurezze.
Perché il successivo punto del suo piano recitava questo:
- Essere messa sotto stretta sorveglianza da Elle, seguirlo nei suoi vari alberghi, sempre.
«Ero certo che avresti detto questo. Perché tu hai cercato questo fin dal primo momento. Mi sbaglio?» la incalzò lui con una domanda che non voleva una risposta.
Perché Elle l’aveva capito.
Perché Elle ovviamente l’aveva capito.
«Sì. L’ho cercato. Ma non dal primissimo momento…» rispose Emma ripensando all’incontro all’area archeologica.
«Già.» ammise lui lapidario. «Ed è irritante che tu abbia potuto “giocare” su questo. È irritante che tu abbia pianificato qualcosa su di me ancora prima che io arrivassi qui a Tokyo. Perché questo hai fatto, Emma. Tu hai pianificato sulla base di informazioni di cui eri a conoscenza da molto prima che io fossi qui. Non avresti avuto il tempo di ragionare sulle tue mosse altrimenti. Mosse che si sono incastrate come un puzzle. Mosse alle quali io ho dovuto rispondere necessariamente come tu volevi e ti aspettavi io avrei risposto. Dalle apparizioni sotto l’albergo fino alla Todai. E questo è stato assolutamente insopportabile. Muoversi in un percorso stabilito, scivolare su un binario fisso è insopportabile. Ma sono stato al tuo gioco. Ed ho cercato di capire.»
«Io non ho mai giocato!!» gridò Emma sconvolta.
Elle aveva capito.
Non stava solo indagando su una strana ragazza che era spuntata nella sua vita in modo strano e singolare.
Era andato oltre. Ovviamente.
«Sì che lo hai fatto. Il tuo è un gioco serio e reale. Ogni “puzzle” che si rispetti lo è. Io gioco continuamente. Ed il tuo è stato un gioco simile al mio.» la corresse Ryuzaki.
«Allora ho giocato, sì. Se questo è ciò che intendi per gioco. E cosa hai capito?» gli chiese Emma insaziabile di spiegazioni, di collegamenti, di deduzioni.
«Sembra quasi tu voglia sentirmi spiegare per il semplice gusto di ascoltare deduzioni. Avremo tempo Emma. Ne avremo molto. Per ora ti basti sapere che mi rimangono tre grandi incognite da chiarire. E tu non puoi stare a piede libero. Chi conosce Elle non può stare a piede libero. E tu lo sai bene. Proprio perché lo sai hai organizzato tutto questo.»
«Perché hai aspettato e non l’hai fatto subito? Perché sei venuto alla festa prima di deciderlo?»
«Non lo capisci da sola, visto che mi “conosci” così bene? Elle non parlerà mai di sé, Emma, a viso scoperto, senza precauzioni e senza prima aver pensato a lungo. Semplicemente non dovevo avere alcun dubbio riguardo l’esattezza delle considerazioni che avevo fatto su chi avevo davanti.»
«E chi hai davanti?» lo provocò Emma.
«Una ragazza che sa, che non mente, che vuole Elle, oserei dire disperatamente, ma senza desiderare o chiedere il suo aiuto. Anche se su questo ho dei dubbi che devono essere chiariti… Forse su qualcosa potrebbe volere il mio aiuto, ma non è il motivo principale per cui mi vuole. Tuttavia è una che non teme affatto Elle, pur sapendo che potrebbe rovinarle la serena esistenza che ha condotto finora se lei occultasse segreti pericolosi e contro la legge. Perciò, anche se omette molto, praticamente tutto quello che sa ed il perché lo sappia,  non ha nulla da nascondere. Non teme di essere scoperta. Questa ragazza ha un fine ben preciso. E non è un fine malvagio. Ma non può continuare a vivere le sue giornate senza che Elle non la controlli e non carpisca ciò che lei non vuole ancora rivelargli. Perché lei non gli rivelerà tutto in una volta sola. Perché attende qualcosa, altrimenti avrebbe già vuotato il sacco da tempo. Perché è una ragazza che pianifica attentamente le sue mosse, anche se è incredibilmente e contraddittoriamente trasparente. Ma io lo capirò, Emma. Stai certa che lo capirò.»
«Sì. Lo capirai…Devi… Ma prima dovrai essere pronto ad accettarlo. E solo allora, forse, potrai anche aiutarmi…» Emma rimase un istante in silenzio. «Non mi opporrò. Verrò e mi adeguerò. Io voglio venire!»
«Perfetto. Hai il tempo di preparare le prime cose da portare. Tutto il resto ti raggiungerà domani. Verrai con me. Ora.»
Glielo ordinò.
Sottostare ad un comando imposto in quel modo non era una cosa alla quale Emma era abituata, né era una cosa che normalmente avrebbe mandato giù tranquillamente. Ma non era una sciocca, Elle era Elle e comunque aveva accettato lei…
«Immagino tu abbia provveduto a tutto… Dovrò avvisare qualcuno?»
«La tua vita continuerà apparentemente come prima. Sono certo che con i tuoi amici giapponesi saprai omettere il necessario, senza raccontare menzogne. Con tutti gli altri potrai tranquillamente tacere ogni cosa.»
Emma non rispose, si limitò ad annuire, ad eseguire gli ordini.
Si chinò a raccogliere il sacchetto con le polpette, che ormai si erano congelate e poi si voltò e fece scattare le serratura dove erano rimaste ancora appese le chiavi.
E lo stomaco le gorgogliò rumorosamente all’improvviso.
Si morse il labbro, quasi divertita, senza alcun imbarazzo. «Va bene tutto…» Si rigirò di nuovo verso Ryuzaki «Ma prima fammi mangiare, ti prego… e magari anche un salto al bagno ci starebbe bene…» gli fece con occhi fintamente supplichevoli.
Aveva ragione lui, come sempre.
Quello era un “gioco”, non un gioco inteso nel suo significato meramente infantile o superficiale. Perché allora, in quel senso, Emma non stava giocando. Questo Elle lo aveva chiaro.
Ma quello che Emma aveva architettato col suo piano era un “gioco” vero, reale, assurdo. E, come per tutti i giochi, c’era uno strano modo di affrontarlo, sopra le righe, come fosse stata finzione, come se non si fosse trattato di un accadimento imprevedibile di una vita normale.
Del resto quello era un mondo diverso, era un altro mondo, un ibrido singolare.
C’era quindi quel qualcosa di “surreale” in ciò che stava accadendo ad Emma che le permise di non rimanere incastrata nella situazione scomoda e quasi drammatica in cui si trovava e la portò ad uscirsene in quel modo, come se fino a quel momento avessero parlato di tinte per capelli.
O forse la sua reazione apparentemente superficiale dipese solo dall’indole di Emma...
Elle non si scompose «Trovo sempre alquanto singolare il tuo essere senza vergogna. E naturalmente il cambio repentino dell’atteggiamento.» e non aggiunse altro.
Emma sorrise, con gli occhi fulgidi, divertita da se stessa e da lui, palesando ancora di più il suo spirito controverso, quasi puerile e tuttavia perspicace e brillante.
E poi entrò nel portone senza attendere un assenso che non aveva bisogno di avere, perché su queste piccole cose, ormai, era in grado di capire Elle.
E lui si voltò, raggiunse con calma l’auto e si rannicchiò a piedi nudi sul sedile.
«Watari, ho bisogno del pc, dovremo aspettare e devo controllare gli ultimi dati. Tu vai ad aiutarla, per favore.»
«Certamente Ryuzaki. Credi che Miss Emma non si imbarazzerà a farsi aiutare a preparare le sue cose da un uomo che conosce poco?» insinuò il signor Wammy, porgendo il portatile ad Elle.
«No Watari.» rispose lui adocchiando subito il monitor luminoso. «Emma ti conosce. E comunque non si vergognerà certamente.» concluse senza guardarlo.
«Deduco sia una ragazza singolare ed interessante, o sbaglio?» proseguì Watari.
«L’hai tenuta d’occhio a lungo. Non hai bisogno di chiederlo a me. Mi stupisce che tu me lo domandi. Sai già che lo è.» impassibile.
Watari abbozzò un lievissimo sorriso, quasi compiaciuto e divertito, che però Elle non vide e poi uscì dall’auto per andare ad aiutare Emma.

Eh eh eh!
Era un po’ che non sentivate i miei commenti…
L’avevate capito che Elle aveva questo in mente? Che stava indagando su di lei fin dal primo momento?
Da parte mia ho fatto di tutto per deviarvi dalla strada giusta… Mi diverto troppo!
E ora?
Eccolo il fuoco con cui stava “giocando” Emma.
Io l’avevo detto!
Anche Elle ha confermato le mie idee, riguardo al “gioco” e, naturalmente, riguardo al “fuoco”…





Grazie infinite a tutti!!! Di recensire, di leggere, di preferire questa storia!!!
Mi state dando tantissimo!!! Ed io spero di non deludervi…

Smack e alla prossima settimana (magari tento di postare prima… ci provo… per tentare di farmi perdonare l’immondo ritardo… sempre che dopo questo chappy stiate ancora con la voglia…)


PS. Il bacio dell’altro capitolo concluso così? Sì… Con Elle non poteva che essere così… almeno secondo il mio umilissimo parere… Però è un precedente… un morsino alla carotina appesa… ;D

PPS. Nel primo capitolo ho postato una scheda di Emma in stile DN 13 How to read, frutto delle mie nuove follie con photoshop…

Eru

 









   
 
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