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Autore: Mystica    02/09/2006    2 recensioni
Magneto, seduto nel parco, gioca una partita a scacchi contro se stesso. Che cosa ne sarà di lui, adesso che non è più un mutante? Mystica trama vendetta verso l'uomo che l'ha abbandonata proprio nel momento peggiore. E lo avvicina, adesso che è lui ad aver bisogno di aiuto...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Erick Lensherr/Magneto, Raven Darkholme/Mistica
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ok, capitolo abbastanza inutile in quanto ad azione. Prendetelo come una riflessione (l'ennesima!) riguardo ai sentimenti di Raven verso il mondo, se stessa e anche Magneto. Chissà che prima o poi non possa tornare utile? =3

***

- Chiudi quel finestrino.

Gli occhi fissi alla strada che si stendeva infinita di fronte a lei, Raven fece scivolare nervosamente i palmi delle mani lungo il volante. Sabretooth continuò imperterrito a canticchiare un jingle pubblicitario.

- Chiudi immediatamente quel finestrino, ho detto.

Il vento, provocato dallo spostamento d’aria, entrava prepotentemente nell’abitacolo dell’auto, con un sibilo penetrante e continuo. Il mutante obbedì, di malavoglia. Dopo un’intera mattinata trascorsa a guidare, Raven si sentiva decisamente di malumore. Le spalle cominciavano a intorpidirsi a furia di restare immobile sul seggiolino della macchina, e Sabretooth si era rivelato un passeggero decisamente poco socievole. Per tutto il tempo del tragitto, se ne era rimasto a fissare la campagna circostante, immerso in chissà quali pensieri.

Del resto, neppure Mystica si sentiva troppo in vena di chiacchiere. I campi di cereali e le distese verdeggianti dei pascoli avevano già da tempo lasciato il posto a un terreno più accidentato e sassoso, attraverso il quale la strada serpeggiava come il letto di un fiume in secca. Il cielo, all’orizzonte, scompariva fondendosi con l’ocra della terra. E non c’era anima viva che l’occhio potesse raggiungere.

- Ammetti che ci siamo persi.

Erano le prime parole che Sabretooth pronunciava dall’inizio del viaggio, parole che fecero immediatamente saltare i nervi a Raven.

- So perfettamente dove sto andando, grazie.

Il mutante si strinse nelle spalle, e ricominciò a canticchiare come se la cosa non fosse affar suo. Per qualche minuto ancora, il viaggio continuò senza che nessuno aprisse bocca. E il paesaggio era sempre lo stesso, monotono susseguirsi di rocce e erba arsa dal sole.

Raven frenò bruscamente.

- Passami la cartina.

Con un ghigno, Sabretooth obbedì. Secondo lo stradario, quella che stavano percorrendo era l’unica via possibile per ritornare alla civiltà. Probabilmente, nel giro di un’ora o due avrebbero cominciato a scorgere qualcosa di simile ad una città.

Imprecando, Raven si domandò perché mai gli esseri umani devono rendere tutto così complicato. Col jet della Confraternita, in un paio d’ore lei e Magneto avrebbero potuto raccogliere un centinaio di mutanti da tutti gli angoli degli Stati Uniti. Ma adesso non bisognava assolutamente dare nell’occhio…

- Adesso guido io, hai l’aria di chi non dorme da giorni- disse Sabretooth, aprendo lo sportello dalla parte dell’autista e infilandosi nell’abitacolo. Raven non oppose resistenza, si sentiva veramente molto stanca.

- Cerca di guidare in maniera decente, però. Questa macchina costa un sacco di soldi.- si limitò a replicare.

***

- Sei sicura della tua scelta, Ororo?

- Non mi sembra che restino molte altre possibilità, Logan. Il professor Xavier e Jean non ci sono più, e né tu né io abbiamo idea di come utilizzare Cerebro.

- Ma… si tratta di Magneto, accidenti!

- Si tratta di Eric. Magneto non esiste più, almeno secondo i medici che hanno inventato la Cura.

- Io terrò comunque gli occhi aperti.

***

Qualche ora dopo, come previsto, il brullo paesaggio circostante aveva iniziato a cedere il posto a piccoli gruppi di case, che si facevano più numerosi col passare dei minuti. La strada, dal sentiero male asfaltato che era, si era fatta più larga e dritta, con qualche abbozzo di cartello stradale ai lati.

- Credevo che non avremmo più incontrato forme di vita intelligente.

Sabretooth si limitò a scuotere la testa, continuando a guardare avanti. Un segnale, che pendeva storto sulla cima di un’asta di ferro, dichiarava coraggiosamente che erano appena entrati nel distretto di N…

Le case erano ormai numerose, intervallate da negozi e piuttosto curate. Un anziano, seduto su una sedia a dondolo sulla veranda, osservava il passaggio delle rare automobili fumando la pipa. Alcuni bambini si cimentavano in una partita a pallone che assomigliava di più ad una rissa, nel cortiletto di una scuola.

Sabretooth inchiodò di fronte a un piccolo Supermarket, e scese dalla macchina sbuffando per il caldo. Il sole era già alto nel cielo, e l’aria era intrisa di un’umidità che faceva incollare i vestiti sulla pelle.

- Che cosa, fai?- chiese Raven, con un sopracciglio alzato.

- Rifornimento- si limitò a replicare lui, senza voltarsi.

Aveva già cominciato ad avviarsi verso l’ingresso, e a Mystica non rimase altro da fare che seguirlo all’interno. Il locale era malandato e caldo, evidentemente il proprietario non guadagnava abbastanza da potersi permettere un condizionatore. Sugli scaffali, disposti in vago ordine, c’erano soltanto cibi in scatola o preconfezionati.

- Vediamo di trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Quanto tempo è che non mangi?- chiese Sabretooth, osservando Raven con sguardo critico.

Lei si strinse nelle spalle: era poi così importante? Gli affari degli ultimi tempi l’avevano distolta da faccende banali come mangiare e dormire. Lo sguardo le cadde sulla propria immagine, riflessa sul vetro della porta. Quanto detestava quel volto!

Era pallida, stanca e appariva molto nervosa. Nonostante il suo aspetto umano fosse decisamente avvenente, Raven provò un moto di disgusto verso la donna che le restituiva lo sguardo, al di là dello specchio. Uno sguardo che, a prescindere da tutto ciò che era accaduto, conservava quella scintilla di spavalderia che era stata di Mystica. Quello che le mancava, per sentirsi completa, erano i suoi poteri. Il suo vero io da cui, prima di incontrare Magneto, sarebbe volentieri fuggita, era adesso per lei motivo di rimpianto.

- Raven!- Sabretooth la risvegliò bruscamente dai suoi sogni ad occhi aperti, sventolandole sotto il naso un sacchetto di merendine – Hai deciso di lasciarti morire di fame?

Lei gli rivolse un’occhiata raggelante, che voleva significare “non sono affari tuoi”, ma ugualmente prese ciò che lui le porgeva.

- Non c’era proprio niente di meglio?- chiese all’uscita, brandendo il misero acquisto.

- Avevano finito il caviale e lo champagne, ma era comunque rimasta parecchia birra, e a me basta- rispose Sabretooth, aprendo una lattina e porgendola a lei.

Raven, inconsciamente, si concesse un mezzo sorriso che non sfuggì al mutante.

- Brava… tanto vale godersi questa scampagnata, non ti pare?

***

- Posso vedere Cerebro?

Era la prima domanda che era sorta sulle labbra di Magneto, appena Storm aveva rimesso piede nell’ufficio. Una mossa assai scocca, da parte della ragazza, lasciarlo solo in quella stanza. Voleva forse dire che si fidava di lui a tal punto?

Le rosee prospettive che Magneto aveva congetturato, tuttavia, sembrarono rivelarsi del tutto infondate nel momento in cui anche Wolverine, con i soliti jeans malandati e il sigaro in bocca, comparve dietro di lei sulla porta. La sua assenza era servita a Storm soltanto per aumentare la sorveglianza.

- Puoi vederlo, se ci tieni tanto. Ma, per evitare qualsiasi rischio, chiederemo a Leech di accompagnarci, che ne dici?

Magneto non perse tempo a rispondere. Sorrise, semplicemente, con un sorriso forse un po’ troppo freddo per essere rassicurante, ma che voleva comunque essere amichevole.

- Non sforzarti troppo, Eric. Tu non sei simpatico a noi, e noi non lo siamo a te.

- Cercavo solo di non rendere tutto più difficile, Logan- replicò l’uomo, diplomaticamente.

Il gruppo stava intanto avviandosi per i corridoi sotterranei dello Xavier’s Institute, un luogo off-limits per la maggior parte dei mutanti.

“Devo essere impazzita” pensava Storm fra sé. Eppure, nonostante tutto, quella sembrava essere l’unica soluzione “C’è bisogno di nuovi insegnanti, qui. E, magari, anche di un preside che sia all’altezza del suo ruolo”

E l’unico modo per averli, è chiaro, era ricorrere a Cerebro. Una mente elettronica talmente potente da essere in grado di uccidere chiunque non avesse avuto un potere sufficiente da poterlo usare. Uno strumento che rendeva possibile l’identificazione di tutti i mutanti, oppure tutti gli umani, presenti sul Pianeta.

Il corridoio si interrompeva bruscamente, dopo un rettilineo, con una porta rotonda di metallo modellato a formare il logo dello Xavier’s: una X inscritta in un cerchio. Al lato della porta, un bambino piuttosto sottile e dall’aspetto spaventato se ne stava in piedi, la schiena un po’ appoggiata al muro.

Era abbastanza alto, ma decisamente magro. I suoi capelli, un tempo rasati quasi a zero, avevano ora ripreso a crescere piuttosto disordinatamente. Gli occhi, chiarissimi, erano velati da un’ombra di terrore che neppure i giorni felici allo Xavier’s erano stati in grado di estirpare.

Era vestito piuttosto semplicemente, e teneva le mani in tasca e la testa leggermente china da un lato. Appena Storm si avvicinò, tuttavia, sollevò lo sguardo fino a incontrare quello di lei, e sorrise.

- Credo che ormai tu conosca bene Leech, Eric.

***

“Devo smetterla di pensare a Magneto”

Aveva ripreso a guidare, Sabretooth russava sul sedile al suo fianco. Anche a lei sarebbe piaciuto riuscire a rilassarsi.

- Godersi la gita!- ringhiò a mezza voce.

Come se fosse stato facile! Godersi la gita avrebbe significato dimenticare la strada illuminata dai lampioni, lo stomaco che brontolava di nuovo dopo le tante ore alla guida, il freddo pungente della notte e le case, adesso così alte, che sembravano sorgere dai lati della carreggiata come giganti minacciosi, pronti a balzare sull’auto che sfrecciava avanti, sempre più veloce.

Non l’avrebbero presa! Nessuno sarebbe riuscito a interrompere la sua corsa, nessuno. Nemmeno la loro voce. La voce di quei giganti di cemento, insistenti, che nella testa continuavano a dirle “stai fingendo. Non hai bisogno di una vendetta. Fermati, e tutto il resto verrà da sé”. Ma non l’avrebbe ascoltate. Non avrebbe ascoltato quelle case, dai tetti che si fondevano col nero del cielo, le finestre chiuse come occhi che non vedono, le porte come bocche che non hanno bisogno di parlare, perché ciò che hanno da dire giunge alla mente senza bisogno di essere udito.

- Vendetta!

- Perdono!

- Sei debole! Sei inutile! Non vali niente…

- … senza di lui.

Con una frenata che fece stridere le ruote sull’asfalto, Raven fermò la vettura. Il rumore e la brusca incollata destarono Sabretooth, che balzò sul sedile imprecando. Mystica lo ignorò deliberatamente.

Quel frenetico stream of conciousness l’aveva resa esausta e irritabile, e adesso desiderava soltanto raggiungere in fretta la sua meta.

- Non vedo perché complicare così le cose- brontolò il mutante, stiracchiandosi.

Mystica scese dalla vettura con un balzo, e sbattè la portiera alle proprie spalle. Non aveva voglia di voltarsi, cercare di essere diplomatica, mettere Sabretooth a parte di quel piano così elaborato da essere in gran parte un mistero anche per lo stesso Magneto. Era la “sua” vendetta, e non c’era bisogno che altri ne fossero al corrente.

Mosse alcuni passi verso il fondo della strada, lottando contro l’impulso di girarsi a fissare il mutante che, ancora, aspettava spiegazioni. Poi, esasperata, sbottò:

- Perché gli ordini sono ordini, Viktor. E tu sei soltanto una pedina, come tutti noi.

  
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