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Autore: Vavvina    20/01/2012    5 recensioni
Helga, con quei suoi occhi limpidi, azzurro cielo, e con quel suo sorriso gentile, sulle sue labbra per essere donato agli altri, lo attraeva come l’ago di una bussola è attratto dal Nord.
Perché?
Oh, quella sì che era un’ottima domanda!
Salazar era tutto ciò che Helga non era.
O, forse, Helga era tutto ciò che Salazar non era.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Serpeverde, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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THE ANCIENT HARP’S MELODY





Non era bella, Helga Hufflepuff.
Decisamente no, anzi.
Il suo ideale di bellezza era molto più vicino a Rowena: alta, dalla pelle diafana che brillava alla luce, con i lunghi capelli neri che, impreziositi da un velo di perline, le ricadevano in morbide onde sulla schiena, incarnava la regalità e l’acutezza d’ingegno che Salazar ricercava in una donna.
Helga, invece, era tutto il contrario.
Bassa e grassottella, somigliava più ad una sguattera piuttosto che alla fondatrice di una più che rinomata Scuola di Magia e Stregoneria.
Era una strega molto potente, certo, ma nel suo aspetto tutto gridava il contrario.
Rotonda – troppo – sui fianchi, con i capelli castano chiaro raccolti in un morbido chignon intrappolato in una retina dorata, spiccava per le guance paffute e il sorriso gentile.
Se lui sceglieva allievi Purosangue, Godric i più leali e coraggiosi e Rowena accettava nella sua Casa solo coloro dotati di acume ed intelletto, Helga apriva le braccia a tutti gli altri, senza distinzione, richiedendo soltanto impegno e costanza nello studio.
Eppure…
Già, perché c’era un ‘eppure’.
Helga, con quei suoi occhi limpidi, azzurro cielo, e con quel suo sorriso gentile, sulle sue labbra per essere donato agli altri, lo attraeva come l’ago di una bussola è attratto dal Nord.
Perché?
Oh, quella sì che era un’ottima domanda!
Salazar era tutto ciò che Helga non era.
O, forse, Helga era tutto ciò che Salazar non era.
Lei era generosa per quanto lui avaro.
Era paziente per quanto lui irascibile.
Helga aveva la serenità, macchie nere coprivano il cuore di Salazar.
Gli occhi di Helga erano azzurri più del cielo terso d’estate, quelli di Salazar neri come le profondità di un pozzo, torbidi come le sue acque.
Lei era dolce, lui la dolcezza non sapeva nemmeno cosa fosse.
Lei era il sorriso che gli studenti in difficoltà ricercavano, quando lui era il terrore che essi rifuggivano in ogni momento.
Helga era pura, Salazar era sporco.
Helga era buona, Salazar era crudele.
Eppure, nonostante fossero distanti come il Sole e la Luna, come la luce e la tenebra, si attraevano.
O meglio, era Helga che attraeva Salazar, come con una calamita.
E questo non andava bene.
Non per Salazar Slytherin, non per un uomo come lui.

Era una melodia dolce e leggera, quella che invase l’ufficio del mago mentre era assorto nei suoi pensieri.
Note leggiadre si diffondevano penetrando dal soffitto, sino a raggiungere le orecchie di Salazar, tanto disabituate ad un suono simile.
Spinto dalla curiosità, egli seguì la musica fino al piano superiore: proveniva dallo studio di Helga, la cui porta era socchiusa.
Salazar sbirciò dentro, intrigato, ed individuò subito la fonte di quel suono così dolce.
Al centro della stanza, arredata con il buon gusto tipico di una dama, stava Helga.
In terra, inginocchiata sul curato parquet, le gonne aperte a raggiera attorno a lei, rosse come i petali di una rosa appena dischiusasi.
Le sue dita paffute pizzicavano, delicate, le corde di un’arpa di squisita fattura.
Era senza dubbio originale egiziana, all’alta circa un metro, con fregi e decorazioni geometriche che correvano lungo la cassa armonica, in legno ricoperto d’oro.
Ne erano sopravvissuti pochissimi esemplari in tutto il mondo, ed uno di essi lo possedeva la famiglia Hufflepuff da molte generazioni.
Salazar rimase lì, come uno sguattero che spia curioso la sua padrona, a guardare la donna, rapito ed incapace di distogliere lo sguardo da quella figura così strana, particolare.
Come faceva una donna simile a generare qualcosa di così stupendo?
Come facevano quelle dita, non affatto magre e delicate, a pizzicare con tanta leggiadria e dolcezza le corde di uno strumento tanto regale?
Come era possibile che una donna come Helga, così imperfetta, non bella, fosse in grado di dar vita ad un qualcosa che, invece, trasmetteva proprio perfezione, bellezza, regalità?
- Messer Slytherin, potete accomodarvi, se vi aggrada.
- Non volevo recarvi disturbo, madama.
- Oh, nessun disturbo, anzi. Mi fa piacere che qualcuno possa trarre giovamento dalle mie modeste note.
Helga fece un sorriso gentile prima di tornare a dedicare la sua attenzione allo strumento.
Salazar, desideroso senza un motivo preciso di continuare a lasciarsi cullare da quella melodia, entrò ed occupò una morbida poltrona in velluto marrone, con delle decorazioni in pizzo verde scuro.
In effetti, rifletté il mago, quella musica donava tutto ciò che donava la sua esecutrice: serenità, tranquillità, una dolce pace interiore, uno strano bisogno ancestrale.
Era impossibile, in quella stanza, avere cattivi pensieri, pensare a problemi o preoccupazioni.
Quel susseguirsi di note, quel rincorrersi di toni e semitoni, quel risolversi di quarte… quella melodia era Helga.
Helga era la musica.
Era quella musica che lo cullava tra le braccia come la madre che non aveva mai avuto, che lo carezzava dolcemente come la più premurosa delle amanti, lo stava lentamente portando in uno stato dove il languore e l’estasi avevano il sopravvento sul razionale e sul terreno.
Quasi non si accorse di chiudere gli occhi e di schiudere le labbra, lasciandosi andare in balia di quelle note, come un ciocco di legno si lascia trasportare dalle maree.
Era una melodia ancestrale, una melodia che andava a scavare nell’animo di chi la udiva, che ne metteva a nudo il cuore, i problemi, i desideri dello spirito, le bramosie del corpo.
Salazar si sentì scoperto.
Si sentì spogliato, nudo, vulnerabile come mai era stato.
Era come fare l’amore con una persona che lo conosceva meglio di se stesso, con qualcuno che sapeva tutto di lui e che non lo giudicava, che lo amava.
Ad occhi chiusi, Salazar vide Helga davanti a sé.
La vide bella, leggera sopra di lui, più una presenza eterea che la donna in carne ed ossa.
Immaginò di amarla, di amarla lì su quella poltrona, sul tappeto, sulla scrivania.
Si vide farla sua con languore e con bramosia, fino a raggiungere entrambi l’apice, con la consapevolezza di essere maledettamente perfetti insieme.
Con la consapevolezza che il giorno e la notte, in fondo, sono complementari, e che l’uno non può esistere senza l’altra.

Quando riaprì gli occhi, Salazar era ancora sulla poltrona di velluto marrone, leggermente scivolato in avanti, il volto appoggiato alla mano ossuta.
La musica era cessata, ed Helga lo guardava dal basso della sua posizione sul parquet, con un sorriso strano sulle labbra carnose, il sorriso di qualcuno che sa.
- Spero di non avervi tediato con la mia musica, messere. È particolare, molto antica, e solo persone con l’animo di un certo tipo possono comprenderla.
- Non mi avete affatto tediata, madama Hufflepuff, anzi, tutt’altro. Devo ringraziarvi per questo intrattenimento più che piacevole.
Con movenze eleganti, Salazar si alzò e si inchinò, facendo un perfetto baciamano alla dama sul parquet, per poi lasciare la stanza.
Era quella la vera magia che Helga era in grado di sprigionare?
Aveva avuto un assaggio della grande potenza magica della strega?
Chissà.
Forse, un giorno, l’avrebbe compreso.






***






Vavvina's Corner



Oh, beh... che dire?
E' la prima storia riguardante i Fondatori che scrivo, e devo dire che non mi dispiace più di tanto. Non avevo mai scritto su di loro, men che meno su questo pairing, ma mi è venuto questo spunto, perciò l'ho presa come una sfida, e mi sono divertita a farlo.
E' un po' particolare, me ne rendo conto, ma spero possa piacere!

Vavvina ^^
  
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