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Autore: NoceAlVento    20/01/2012    1 recensioni
« Allora domani al Giant Chasm, va bene? A che ora ci svegliamo? ».
« Mah, mezzogiorno? » propose neanche troppo spiritosamente Hilbert.
« Vada per le dieci. Se non ti svegli mando Kyurem a prenderti » Cheren tornò a guardare fuori dalla finestra « Buffo che un muro di qualche decimetro faccia la differenza tra vita e morte ».
« Buffo » gli fece eco Hilbert « Buonanotte Cheren ».
« Buonanotte Hilbert » rispose il suo amico, poi spense la luce e serrò la finestra per buona misura « Buonanotte Lacunosa ».
Genere: Avventura, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del Conflitto Globale'
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IV: "S come segreti"

IV: “S come segreti”


L'attacco sfrecciò a massima velocità percorrendo in pochi istanti i venti metri che separavano Kyurem da Cheren. Il ragazzo, non appena si fu accertato che la traiettoria dell'Iper Raggio era ormai impossibile da deviare, scattò in direzione nord-est verso il quarto angolo, l'unico libero, scansando i laghi di acqua gelida causati dalla precedente pioggia meteorica mentre il tentativo del leggendario si infrangeva contro la Protezione alzata poco prima.

Come previsto lo scudo riuscì a resistere pochissimo, e nel momento in cui il ragazzo si mise in salvo lontano dal centro del Giant Chasm esso cedette del tutto lasciando passare il micidiale fascio energetico che collise con la distesa di ghiaccio. Vi fu un rumore assordante, come di vetri infranti: la lastra fu percorsa da venature incrinate e in breve tempo – forse due secondi fu quanto necessario perché tutta l’azione si sviluppasse, non di più – il terreno crollò. Come previsto da Cheren i quattro angoli rimasero collegati alle solide pareti gelide del cratere. Tuttavia un elemento fondamentale non era stato calcolato neanche da una mente come la sua.

In realtà impiegò poco a comprendere il suo errore clamoroso: il ragazzo se ne accorse nel momento in cui il raggio penetrò oltre il ghiaccio. Sotto non c’era terra, bensì acqua. L’attacco aveva aperto un’enorme voragine esattamente al centro della fossa: le particelle del fluido di conseguenza avevano iniziato a convergere disponendosi a spirale in senso antiorario in direzione di un unico punto, quello vuoto, quello che andava riempito, il nucleo del futuro vortice. In qualche istante la grande piscina creatasi era già divenuta un enorme gorgo acqueo di immensa potenza.

Cheren tentò di sfuggirgli, ma non aveva idea di come fare: se infatti Braviary e Cryogonal non appena avevano intuito il possibile risultato si erano involati, altro non si poteva dire del giovane, che dato il ridottissimo arco temporale in cui tutto ciò era avvenuto non aveva neppure potuto richiedere l’aiuto di uno dei suoi pokémon. Lui ed Emboar, situato all’angolo opposto, furono trascinati nel mulinello senza poter reagire.

Il ragazzo cercò disperatamente di lottare contro la corrente, ma fu inutile: il suo corpo fu inesorabilmente trasportato a grande velocità verso il centro del Giant Chasm. Una volta giunto lì la forza cambiò e Cheren fu trainato verso il basso, dirigendosi nelle profondità del cratere sballottato ripetutamente dal vortice che ancora turbinava. Poi, di colpo, tutto si fermò: il foro doveva essersi colmato. L’adolescente rimase a galleggiare nell’acqua, trattenendo il respiro. Per la spinta di Archimede stava lentamente riemergendo, ma un semplice sguardo verso l’alto – che gli provocò un lancinante bruciore agli occhi, che aveva mantenuto chiusi fino ad allora – fu sufficiente per capire che non ci sarebbe mai arrivato nemmeno nuotando quanto più rapidamente poteva. In lontananza, un’altra serie di piccole bolle annunciava che anche Emboar era immerso con lui.

Cheren fece per prendere una sfera dalla cintura, ma un verso familiare lo fermò. Cercò di capire, pur trovandosi sott’acqua, che cosa stesse succedendo: qualcosa in superficie era diventato celeste. Kyurem preparava un nuovo attacco.

Non è possibile, pensò, NON È POSSIBILE! HA USATO L’IPER-RAGGIO, COME CAZZO FA!

Il colpo richiese poco tempo per essere scagliato. Il ragazzo già si prefigurò la sua atroce morte, dilaniato da un raggio energetico o Dio sa cosa. Serrò le palpebre, in parte per il dolore causato dalla salinità e in parte per non dover vedere, aspettando l’inevitabile.

Trascorse qualche secondo, e ancora non provò niente. Le riaprì lentamente, e i bulbi tornarono a bruciargli mentre osservava la distesa d’acqua sopra di lui che s’era d’improvviso chiusa. Era tornata la lastra di ghiaccio: Kyurem aveva utilizzato il Gelamondo per intrappolarlo là sotto. Il ragazzo riuscì a mantenersi sveglio per qualche istante ancora, poi fu costretto a inspirare e perse definitivamente i sensi.


Cheren tossì acqua. Detta così può sembrare semplice, ma chiunque abbia assaporato quella sensazione sa che ci può essere poco di più orribile. È come essere diventati d'improvviso pesci, solo senza le branchie: ti ritrovi liquido che scorre liberamente per la tua trachea senza che tu possa farci molto. Sei costretto a tossire per almeno mezzo minuto per riuscire a espellerlo tutto, e non puoi fermarti perché soffocheresti. Non una bella situazione, in definitiva.

Quando il giovane riprese coscienza di dove si trovasse sospirò di sollievo: era ancora dentro il Giant Chasm, congelato come quando aveva cessato di vederlo ed era sprofondato nell'acqua. Ah, già, sprofondato. Si guardò intorno: era insieme ai suoi pokémon, ma di Kyurem non vi era traccia. Vide Seismitoad, appostato accanto a un foro nel ghiaccio e ancora bagnato – Cheren intuì che era stato lui a salvarlo dalla morte –; scorse vicino a lui Emboar, la cui fiamma che attorniava il collo, sebbene flebile, si era riaccesa, segno che si stava riprendendo dal viaggio subacqueo; Braviary e Cryogonal fluttuavano poco lontano, indenni.

Cheren si rialzò, non senza fatica, poi estrasse due sfere « Cryogonal, Seismitoad, ottimo lavoro. Rientrate pure ». Dopodiché, prevedendo la delusione degli altri due suoi compagni, si affrettò a precisare « Bravi anche voi, ma non abbiamo ancora finito. Resta da ritrovare Hilbert ».

Nuovamente diede uno sguardo intorno a sé, per controllare se si fosse aperto qualcosa mentre lui era svenuto: le pareti erano invece ancora integre e gelate, senza possibilità di uscita. « Non vedo vie facili » commentò « Ma anche se la foresta è scomparsa noi da qualche parte saremo entrati. Emboar, usa Lanciafiamme finché non ritrovi l'apertura ».

Non fu necessario molto tempo, in realtà sembrava che il pokémon sapesse già dove cercare: dopo pochi tentativi lo scioglimento di una sezione di muro rivelò quello che Cheren si aspettava, ovvero un tunnel che conduceva nella grotta; che fosse lo stesso di prima non ne poteva essere certo. « Ritorna, Emboar » disse « Braviary, se è come penso io, il Giant Chasm ora potrebbe essere più pericoloso di prima. Coprimi ». Detto ciò, varcò il tunnel verso l'ignoto.

L'interno, invece, era calmo come quando vi era entrato la prima volta. Nessun pokémon pronto ad attaccare, nessuna imboscata, era come se quella di Kyurem fosse stata solo una semplice parentesi. Forse il musicista aveva dato per scontato che il drago li avrebbe uccisi nel pianificare quella trappola? In tal caso era stato piuttosto sprovveduto. Scartata la pista Lacunosa, tuttavia, Cheren brancolava nel buio. Ponendo che la città senza dubbio doveva essere connivente – altrimenti non sarebbe rimasta impassibile di fronte a due ragazzi che vengono quasi uccisi da un pokémon leggendario – in che modo il loro uomo era in relazione con essa? Hilbert aveva ostentato sicurezza nell'organizzare la spedizione, quasi fosse a conoscenza degli esatti piani dell'avversario; in realtà i due sapevano poco o niente di quello che stavano facendo e si basavano unicamente su ipotesi: che il piano che tentavano di sventare fosse ancora in atto e non si fosse concluso, che la base fosse Lacunosa, che Kyurem fosse stato mandato da lui, che il musicista non li avesse volutamente depistati – e se invece stesse lavorando segretamente ad Anville Town? –, eccetera. Soprattutto, non avevano la minima idea di che cosa stessero realmente cercando di bloccare, e neanche se fosse qualcosa di effettivamente illegale. Se fosse stato un benefattore e loro avessero inseguito il fumo per tutto questo tempo? Sarebbe stato umiliante.

Un grido squarciò l'aria. Non era un grido giocoso, magari proveniente da qualche bambino che giocava all'esterno: invece era un urlo di dolore proveniente da qualche parte dentro la grotta. D'istinto Cheren scattò tentando di seguirlo con l'udito, facendosi strada nel labirinto roccioso con la sua aquila al seguito. Poi ebbe un'idea migliore « Braviary, svelto, alzati e trova la via! ».

In poco tempo riuscì ad avvicinarsi progressivamente al luogo da cui proveniva il rumore, che nel frattempo non era calato d'intensità. Prese in mano una Poké Ball e la lanciò « CRYOGONAL, BRAVIARY, PROTEZIONE! ». Un flash di estrema luminosità schiarì l'ambiente, e il grido cessò. Quando il lume si diradò, Cheren e Hilbert si trovavano faccia a faccia.

Per qualche istante rimasero attoniti, scrutando uno gli occhi dell'altro. Poi il secondo parlò « Ah, quindi sei vivo ».

Il primo sorrise, in parte per la totale discrepanza tra situazione e affermazione, in parte per la felicità di ritrovare il suo amico « Dovrei dire la stessa cosa. Dov'eri finito? ».

« Mentre stavo esplorando il cratere ho trovato un altro varco che conduceva qua dentro. Visto che era quasi impossibile che il nostro musicista avesse sede in quell'orto cresciuto ho pensato di seguire la strada più razionale ».

« Com'è che era? “se troviamo qualcosa usiamo flash”? Mi hai lasciato solo là fuori ».

« Ehi, ferma un attimo » proruppe Hilbert « IO il flash l'ho usato, sei tu che non sei venuto ».

« Non ho visto nessun flash. Anche io a un certo punto l'ho usato, a momenti rimanevo cieco da quella luce. Comunque, che c'era dentro? ».

« Non serve che lo descriva, l'hai visto anche tu. Sono rientrato dallo stesso punto in cui ero uscito, era come se il tunnel fosse lo stesso ».

« Magari ti sei perso e hai fatto un giro completo » osservò Cheren.

« Può darsi. Tu invece? ».

Il giovane raccontò del furioso scontro avuto con Kyurem, di come fosse quasi affogato e del lamento che l'aveva portato lì dal luogo di rientro.

« Urlo? » domandò stranito Hilbert « Non ho sentito niente ».

« Come sarebbe a dire che non hai sentito niente, e qui come ci sei arrivato? ».

« Vagando. Sono stato fermo in questo posto per tipo qualche minuto per cercare qualcosa che mi facesse ritrovare il senso dell'orientamento. E poi ti ho visto correre qui ».

« Curioso... » Cheren si fermò a pensare.

« Qualcosa non va? ».

« E se invece Lacunosa non c'entrasse niente con il musicista? Se ci avesse mandati qui apposta per essere uccisi da Kyurem dopo aver visto che avevamo interrotto una riunione magari importante? ».

« Ma rischiare di mettersi contro tutta la città? Se qualcuno avesse sentito il caos che abbiamo provocato durante lo scontro quello là si sarebbe fatto altri nemici. Lacunosa deve per forza essere in combutta con lui, ti pare? ».

« Ma gli abitanti non hanno sentito nulla. Proprio come tu non hai sentito quel grido. In qualche modo questo musicista ha inibito selettivamente l'udito, non c'è altra spiegazione ».

« Mi pare assurdo, ma d'altronde se davvero c'è stato questo grido e io non l'ho sentito tutto può essere. Il problema è: ora da dove ripartiamo? ».

« Ci sto pensando » rispose Cheren « Direi che per prima cosa dobbiamo uscire di qui. Solo, non chiedermi come ».

« In linea teorica ci sono due sole uscite. Una torna nel cratere, l'altra ci porta fuori ».

« Solo in linea teorica. Ricorda che tu sei rientrato qui passando per un'altra via ».

« Ma mi sono trovato nello stesso punto della prima ».

« Buon punto. Braviary, rintraccia un tunnel ».

I due giovani, seguendo l'istinto del compagno di viaggio di Cheren, girovagarono per l'inaspettatamente vasta caverna, svoltando curve e contro-curve tra le rocce del rompicapo che li circondava. Proprio questo errare in apparenza insensato portò alla mente di Hilbert un pensiero che sul momento a nessuno era ancora venuto spontaneo chiedersi.

« Cheren » disse il ragazzo « è sempre stata così la grotta? ».

« Che intendi? ».

« Quando siamo entrati stamattina non era stato così difficile arrivare al lato opposto. Tutti questi ostacoli, da dove vengono fuori? ».

Cheren si chiuse nei suoi pensieri per qualche istante. Sul momento non aveva fatto caso a quella particolarità, ma aveva notato altre stranezze che avevano caratterizzato la loro gita al Giant Chasm, non ultima la scomparsa completa di tutta la vegetazione dal luogo d'impatto e la mancanza del meteorite stesso al suo interno. Se la seconda poteva essere spiegata con l'ipotesi che Kyurem fosse a tutti gli effetti precipitato vicino a Lacunosa per essere poi scambiato per un corpo celeste da abitanti incapaci di fornire una spiegazione più logica, la prima non aveva semplicemente una risposta razionale. Ciò aveva portato Cheren a ideare una sua personale interpretazione per quanto era accaduto loro in quei giorni.

« Sai, è un po' che ci penso » replicò « Secondo me siamo vittima di illusioni ».

Quelle parole spiazzarono visibilmente Hilbert, restio ad accettare una simile conclusione « Illusioni? ».

« Sì. Più ho cercato di sfatare questa teoria più si è rafforzata. Guardiamo i motivi per cui siamo qui » Cheren assunse il tono di voce di un investigatore pronto a svelare la verità su un mistero « Andiamo a Castelia e ci perdiamo. Perdersi a Castelia, per quanto grande, non è cosa comunque da tutti i giorni. Nessuno di noi aveva la minima idea di dove eravamo ».

« Mi sembra ancora troppo poco per parlare di visioni ».

« Lasciami continuare. Vediamo un bar, un bar che nessuno di noi ha mai visto prima, perso in un viottolo isolato senza anima viva nei paraggi. Ci entriamo e un musicista ci dissuade in qualche modo dall'andare a Lacunosa, dove peraltro noi in origine non vogliamo recarci. Dopodiché ci terrorizza con un'apparizione che ci fa fuggire. Andiamo qui e Kyurem ci attacca, e nessuno se ne accorge, come se fossimo in un'altra dimensione. Facciamo un'incursione qua dentro e tu finisci in un altro tunnel che ti riporta al punto di partenza, mentre la giungla del cratere scompare e la fossa si ghiaccia. Di nuovo nessuno vede niente di niente nonostante piovano meteore che colpiscono il Giant Chasm. Ripeto, meteore, molto piccole in scala ma non sassolini. E ora rientriamo e l'assetto interno è diverso da come lo ricordavamo ».

« Sì, capisco tutti i tuoi dubbi » ribatté Hilbert ancora poco convinto « Ma perché? Perché qualcuno che non conosciamo cercherebbe di ucciderci? ».

« Perché forse non è del tutto vero che non lo conosciamo ».

Hilbert si fermò e sbarrò la strada a Cheren fissandolo negli occhi « Che ti prende? Sai qualcosa? Sai chi è stato? ».

« No, no, per carità » replicò l'amico sbigottito dalla reazione del suo interlocutore « sono solo ipotesi. Non so chi sia questo qua né perché ci perseguiti. Erano solo–– che è quello? ».

I due osservarono quello che sembrava un tunnel celato nella penombra. Era quasi in una posizione strategica: era infatti nascosto da un gruppo di lunghe stalattiti che fuoriuscivano dal soffitto della caverna. In questo modo poteva essere visibile per chi avesse saputo cosa cercare e fosse stato al livello del terreno, ma per volatili come Braviary sarebbe stato pressoché impossibile scorgerlo oltre le formazioni rocciose. Era alto poco meno di un metro e largo mezzo, e pur essendo misurazioni a spanne apparve ovvio sia a Cheren che a Hilbert che era stato scavato dagli Excadrill che abitavano il Giant Chasm.

« Beh, è un tunnel » rispose il secondo « Solo... piccolo ».

« Per te dove porta? ».

« Non fuori. Tanto basta ».

« Oh, Hilbert, dov'è il tuo spirito avventuriero? » lo esortò Cheren « Potrebbe essere qui il nostro musicista. Forse l'ipotesi che questo posto sia il suo quartier generale non è da scartare. E poi non ci capiterà mai più di entrare qua dentro, dovremmo sfruttare l'occasione ». Detto ciò, senza neanche attendere risposta, richiamò Braviary, si chinò ed entrò nell'apertura. Hilbert sospirò sconsolato, poi fece lo stesso.


Lo scenario era alquanto insolito persino per una regione come Unova. Sia Hilbert che Cheren non ricordavano di aver visto altrove qualcosa di simile; da scrittore onnisciente, tuttavia, è possibile offrire un paragone valido di quanto si trovarono di fronte i due ragazzi. L'intrinseca oscurità avvolgente neutralizzata da una luminosità quasi artificiale proveniente dai cristalli, le stalattiti e stalagmiti che frangevano il vuoto dai due rispettivi lati, l'appariscente lago, che quasi brillava di luce propria, che proponeva evocativi suoni che suggerivano che non fosse in quiete, dunque che vi fossero pokémon al suo interno, situato al capo opposto della grotta rispetto all'entrata: tutto pareva quasi riprendere certe ambientazioni di Hoenn che gli avventori del luogo ben sanno essere presenti in prossimità di Pacifidlog Town.

« Cos'è questo posto? » esordì Cheren.

« Non mi piace ».

« Chissà se qualcuno è già stato qui ».

« Ho i miei dubbi. A stento pochi sono entrati nel Chasm » commentò Hilbert « E ora? ».

Cheren per tutta risposta si avvicinò allo specchio d'acqua e immerse una mano « Fredda ».

« E con ciò? ».

Il ragazzo si spostò nuovamente e afferrò un sasso nelle vicinanze; dopodiché sospese la mano sul lago e lasciò cadere dentro il corpo, scrutando il proseguimento della sua traiettoria « Come pensavo ».

« Esplicati ».

« Questo lago è più profondo di quello che sembra. A giudicare dalla temperatura penso ci sia anche un ricambio d'acqua ».

« E questo come ci riguarda? » Hilbert assunse un tono nervoso. Non voleva parlare in modo esplicito per paura di essere lui a suggerire l'idea, ma in cuor suo sapeva che con ogni probabilità il suo compagno di viaggio ci aveva già pensato.

« Potremmo immergerci ».

Il dado era tratto. « Sei fuori ».

« E perché mai? Sono curioso di sapere dove porta ».

« Che ti importa? ».

« Non hai mai avuto il desiderio di esplorare per il puro gusto di farlo? Mai sperimentato la curiosità fine a se stessa? È qualcosa di insopprimibile che trascende il conscio. Spesso vorrei avere una mappa di Unova che non si fermi alla superficialità, che mostri ogni singolo passaggio che si può intraprendere. Una mappa dei segreti della regione nella loro interezza, senza limiti, tutta qui nella mia testa pronta per la consultazione. Sarebbe un'ottima occasione per ampliarla e giungere dove altri mai sono arrivati ».

« Puoi stare qui a parlarmi della mutevolezza del tuo ego fino a domani se vuoi » replicò acido Hilbert « Sta di fatto che io non scendo là sotto. Sono passate meno di ventiquattr'ore da quando te l'ho detto, dovresti ancora ricordarti perché ».

« Ah, l'idrofobia ».

« Roba da poco insomma ».

« Allora tu resti qui e io vado ».

Questa risposta scioccò Hilbert più delle precedenti, facendogli ribollire il sangue nelle vene. Non aspettava altro « Hai qualche problema oggi? ».

« Che vuoi dire? » Cheren percepì che il litigio era nell'aria, ciononostante decise di proseguire aspettandosi risvolti che non voleva non conoscere.

« Ah, no, nulla sai, siamo solo PERSI in un luogo in cui nessuno verrà mai a salvarci perché è impossibile lanciare allarmi e se ci beccano dovremo anche rispondere di danneggiamento a un patrimonio culturale di Unova, e tu ora vuoi lasciarmi qui da solo mentre vai a immergerti in una pozzanghera che non sai neanche dove finisce. Seriamente, sei sicuro di essere ancora con tutte le rotelle a posto? ».

« Che, hai paura? » Cheren decise di non evitare più quanto non poteva essere scansato « Ci hai portati tu qui, mi hai lasciato solo a essere quasi ucciso da Kyurem e ora sono IO quello non a posto? Il bue che dà del cornuto all'asino? ».

« Scusami tanto se credevo che il musicista fosse qua! Ma sì, dovevamo restare a Undella mentre quello progetta Dio sa cosa, vero? Non era questo che volevi? ».

« CHE COSA? » Cheren non ci vide più, aveva sopportato abbastanza « IO? Chi è che ha passato la notte prima della partenza a rompermi il cazzo perché era troppo pericoloso andare a Lacunosa perché c'era quel tizio che aveva detto di no? E ora siccome hai cambiato idea il rinunciatario sarei IO? ».

« Oh, mi sembra di aver avuto ragione alla lunga, non trovi? » la voce di Hilbert si fece ancor più veemente e violenta, come se vi stesse facendo confluire tutta la propria energia, mentre il volto impallidiva progressivamente « Tu poco fa sei quasi stato ucciso e ora mi stai lasciando qui perso a morire di fame! Non una vacanza di piacere, vero? ».

« Sarebbe potuto esserlo se quel musicista non fosse diventato un'ossessione per te! TU ne hai avuto il terrore da quando l'hai visto! Se vuoi insultare qualcuno insulta te stesso e le tue paranoie! ».

« IO? È COSÌ CHE LA PENSI? » .

Hilbert mosse la mano verso la cintura, ma Cheren che già se l'aspettava ebbe riflessi più pronti: mentre il braccio del suo amico ancora scattava lui aveva già la sfera prescelta in mano « SEISMITOAD, ASSORBIPUGNO! ». L'anfibio si scagliò verso il giovane che fu centrato in pieno dal poderoso colpo: le due figure rimasero immobili per qualche istante mentre una luce verde si accendeva sul torace di Hilbert, poi il ragazzo si accasciò svenuto a terra. Il suo amico, ancora ansimante per i nervi tesi, si lasciò cadere a sua volta mentre ancora teneva d'occhio il corpo privo di sensi di fronte a lui che sarebbe potuto apparire esanime a uno spettatore entrato in sala in quel momento.

Cheren rimase per alcuni minuti in uno stato di trance, meditando su cosa fosse opportuno fare: la battaglia non aveva rimosso completamente il senso di curiosità che prima lo affliggeva ma lo aveva se non altro fortemente ridotto. Abbandonare Hilbert in quello stato là dentro sarebbe stato da irresponsabili, non sapendo quando sarebbe riuscito a tornare nel Giant Chasm: fregarsi della sua presenza e lasciare la grotta attraverso il lago poteva rivelarsi fatale per il suo amico. D'altro canto era fuori discussione portarlo con sé sott'acqua, poiché se si fosse risvegliato prima della fine del viaggio sarebbe senz'altro andato fuori di testa, compromettendo anche in quel caso la sua sopravvivenza. La via più razionale parve quindi caricarlo sulle spalle e tornare insieme nel labirinto della caverna per uscire sani e salvi, ignorando ogni desiderio di esplorazione.

D'un tratto, tuttavia, gli sovvennero alcune parole che nel suo raptus d'ira Hilbert aveva pronunciato: “siamo solo persi in un luogo in cui nessuno verrà mai a salvarci”. E se invece il piano del musicista fosse stato molto più sottile di quanto fino ad allora aveva presunto? Se in previsione di un fallimento di Kyurem avesse pensato di chiuderli là dentro con un'illusione? Pur essendoci effettivamente un tunnel da qualche parte nella caverna né lui né Braviary l'avrebbero mai visto perché celato: ciò avrebbe spiegato perché la sua aquila non avesse immediatamente localizzato l'apertura. Avrebbe potuto cercarla anche per decenni e decenni, non l'avrebbe mai trovata. Non poteva rischiare tanto, doveva uscire in qualche modo.

Ripensò al lago e alle sue osservazioni operate poco prima. Immerse nuovamente una mano nell'acqua per buona misura, e confermò che la sua temperatura era innaturalmente bassa. Vi era un'ottima speranza che l'apertura situata in fondo a quella fossa non fosse stata presa in considerazione dal musicista e che quindi costituisse una valida via d'uscita. Ovviamente, utilizzarla significava lasciare Hilbert nella grotta, ma Cheren non vide un altro metodo che garantisse un così alto margine di riuscita. Avrebbe comunque potuto recuperare il suo amico successivamente. Avrebbe anche raso al suolo tutto il Giant Chasm, se fosse stato necessario. Era deciso. « Seismitoad, usa Sub ».


Sebbene la bolla d'aria in cui lui e il suo pokémon erano rinchiusi ne attutisse l'effetto, il gelo bruciava la poca epidermide scoperta di Cheren come mille coltelli. Inutilmente tentò di coprire volto e mani con lembi del suo vestiario: semplicemente non bastarono, e il ragazzo accettò questa condizione senza poterci fare alcunché. Di pari passo con il suo lento addentrarsi sempre di più nelle profondità di quell'apparentemente infinito lago andava la progressiva diminuzione di energia luminosa, filtrata dalle particelle acquose. Come risultato Cheren intuì, mentre le pareti sfilavano a imbuto ai suoi lati, che malgrado la bolla neutralizzasse buona parte della pressione atmosferica che l'avrebbe altrimenti compresso oltremodo egli non sarebbe comunque potuto proseguire a oltranza: prima o poi la luce sarebbe stata offuscata e Seismitoad era incapace di apprendere Flash.

Fortunatamente nel corso della discesa, proprio in un punto in cui il giovane cominciava a dubitare della sensatezza della sua decisione, intravide un condotto alternativo che dipartiva da un tunnel alla sua destra. Sconsideratamente vi si diresse dentro, in parte per curiosità e in parte perché ormai fiaccato da quel viaggio che sembrava interminabile, salvo poi rendersi conto di essere passato dalla padella all'altoforno: quella strada non aveva illuminazioni, e dopo non molta strada la flebile luce che proveniva dall'entrata terminò quasi totalmente di compiere il suo lavoro. Cheren si ritrovò nell'oscurità poco meno che totale, senza punti di riferimento se non l'uscita che ancora si intravedeva, con per le mani la determinante decisione di andare avanti o tornare indietro.

I pro della seconda erano numerosi – non ultima la certezza di sopravvivere –, ma dovevano bilanciare i contro di affrontare enormi difficoltà per uscire dal Giant Chasm e, soprattutto, di dover di nuovo confrontarsi con Hilbert da solo. Forse questa fu la considerazione che più lo convinse a restare per il momento dov'era e provare a rimanere sul percorso in cui era per uscirne.

D'altronde, proseguire su quella strada equivaleva a rischiare personalmente la vita. Non tanto per l'eventualità di perdersi – pressoché nulla dal momento che si trovava su un forzato binario unidirezionale –, quanto piuttosto per il fatto che non poteva prevedere né la lunghezza né lo sbocco di quell'azzardo.

Di colpo l'ambiente si oscurò definitivamente. Non fu qualcosa di graduale, al contrario parve come se qualcosa avesse coperto il lago dal quale entrato impedendo ai cristalli di aiutarlo nella sua impresa anche oltre la superficie liquida. Senza avere neanche il tempo di reagire Cheren vide le condizioni su cui prima stava riflettendo radicalmente mutate. Tornare indietro ora significava vedersela con un viaggio di risalita molto più ostico di quanto sarebbe in precedenza stato, in quanto adesso aveva la certezza di essere del tutto al buio. Lo stesso, peraltro, si poteva dire di un'eventuale esplorazione ulteriore.

Mentre era ancora immerso in questi pensieri avvistò una luce cilestrina in lontananza: non poté stimare la reale distanza tra lui e la fonte, ma non poteva essere molto lontana se lui riusciva ancora a vederla. Cosa più importante sembrava situata in linea retta rispetto alla sua posizione, il che significava che il tunnel che aveva imboccato veniva irradiato di luce prima di terminare. Dal momento che la sorgente sarebbe potuta essere temporanea e scomparire così com'era apparsa, decise di mettersi subito sulla sua scia. Insieme con il suo procedere lungo lo stretto passaggio aumentava la quantità di energia luminosa che raggiungeva i suoi occhi, fino a che non intravide la fine del percorso: una larga apertura oltre cui il chiarore incrementava. Il ragazzo inspirò profondamente, poi sussurrò « Seismitoad, andiamo ».


La sala situata oltre quell'entrata era quanto di più spettacolare Cheren avesse mai visto. In primo luogo vi erano le dimensioni: il giovane proveniva da una strettoia che a malapena lo conteneva e si era ritrovato in un ambiente di proporzioni ciclopiche, tappezzato da cima a fondo dalle più varie iscrizioni che, a uno sguardo iniziale, parevano articolate sulle quattro pareti con altrettanti argomenti. Non si trattava in realtà solo di mere scritte, anzi esse erano sovente accompagnate da illustrazioni di qualche sorta, sempre tracciate a linee dritte eppure inaspettatamente evocative e impressionanti. Ciò che più saltava all'occhio, però, era la sorgente luminosa che aveva condotto Cheren fino a lì: non si trattava di cristalli come aveva presunto, bensì delle mura di pietra stesse che dovevano essere fosforescenti. Anche questa già di per sé assurda caratteristica, però, non giustificava ancora diversi quesiti che erano sorti nella mente del nostro protagonista: in primis non spiegava perché si fossero accese soltanto allora quando era rimasto per un buon tempo nella medesima posizione dalla quale aveva avvistato la luce per la prima volta; in secundis la fosforescenza implica generalmente l'esposizione a fotoni che innescano il passaggio degli elettroni a un livello superiore di singoletto, e ciò non era compatibile con il buio che avvolgeva il resto di quell'ambiente subacqueo. In basso, al livello di qualcosa di vagamente assimilabile a un pavimento piastrellato, si trovava un'uscita delle dimensioni di quella che aveva utilizzato per penetrare all'interno di quello spazio.

Cheren, incuriosito, si avvicinò alla prima delle iscrizioni che ricoprivano le lastre rocciose che contornavano la stanza, ovvero quella situata sul limite che ospitava l'entrata. Le incisioni illustrate non diedero alcun apporto alla comprensione, in quanto senza conoscerne l'argomento mostravano solamente linee di poco significato. Il ragazzo dunque si concentrò su quelle che dovevano essere scritture. La prima cosa di cui si accorse è che i segni erano tutti o verticali o orizzontali, e soprattutto non mostravano altezze differenti: in altre parole le linee, in qualsiasi direzione fossero orientate, erano tutte inscrivibili in un quadrato di uguale area, dando all'intera iscrizione un senso geometrico impressionante se osservata da lontano. Quanto al significato, tuttavia, esso era ancora ignoto.

Sul punto di abbandonare lo studio, però, il giovane realizzò un dettaglio fondamentale che lo sorprese non poco: quelli che vedeva non erano segmenti. O meglio, lo potevano sembrare se analizzati da una certa distanza, mentre da vicino appariva ovvio che essi erano composti da numerosi punti affiancati. Cosa ancora più scioccante, i piccoli fori erano raggruppati di sei in sei, due in orizzontale e tre in verticale, rammentando un noto metodo di scrittura che ancor oggi si usa: il braille. Cheren d'un tratto ricordò l'aneddoto che suo padre una volta gli aveva raccontato, di come fosse possibile impiegare persone fortemente miopi per scrivere con caratteri di dimensioni inarrivabili per la gente normale. Il principio doveva essere stato il medesimo: chiunque avesse allestito quell'area doveva avere conoscenze molto avanzate in diversi campi, non ultimo quello dell'edilizia.

Naturalmente se tutta la parete era scritta in questo modo quello che vi era inciso poteva anche essere della lunghezza di un romanzo, e il ragazzo non poteva certo leggerlo completamente. Avendo tuttavia appreso il braille anni addietro per comunicare con un suo compagno decifrò rapidamente le prime frasi del mastodontico lavoro, e rimase nuovamente colpito: la lingua non era quella moderna, bensì una ben più arcaica che aveva imparato sommariamente a scuola. Ciò, oltre a complicargli notevolmente la lettura, introdusse interrogativi sempre più copiosi e complessi nella testa di Cheren: chi mai avrebbe riutilizzato quella lingua di cui del resto si sapeva pochissimo – forse una trentina di pagine di un moderno vocabolario in tutto, senza considerare che la sintassi nota era pressoché nulla – se non gli originali ideatori? Era quindi plausibile che la scoperta operata fosse molto più storica di quanto Cheren si sarebbe mai aspettato? Pareva quasi fantascienza: il nostro protagonista effettuò nuovamente un'inspirazione profonda mentre un rumore sordo sembrò risuonare in lontananza.

Malgrado i problemi sopraccitati il ragazzo comprese a spanne quanto vi era immortalato dietro quei segni perlopiù astrusi: distinse due parole evidenti ripetute più volte, keleythos e kairos, rispettivamente viaggio e tempo, a cui sembrava essere stata impressa più enfasi nel corso della stesura. Il fatto stesso di aver individuato qualcosa che conosceva infuse in Cheren un ottimismo quasi fuori luogo: il suo timore fin dall'inizio era stato che, nonostante la lingua moderna e quella arcaica facessero uso di un alfabeto comune, la corrispondenza lettere-braille potesse differire in una rispetto all'altra; localizzando nomi noti aveva in automatico escluso quest'eventualità. Molto in generale, Cheren intuì che doveva essere parte di un discorso riguardante un fantomatico viaggiatore nel tempo, appunto, che sarebbe apparso in un tempo non precisato – o meglio poteva esserlo, ma il giovane non intravedeva termini che lo specificassero – posteriormente all'incisione. Una lampadina si accese nella mente del giovane: secondo il suo precedente ragionamento chi aveva compiuto quell'opera doveva essere qualcuno con un'ottima conoscenza della lingua utilizzata, eppure senza le tecnologie odierne quella stanza era quasi impossibile da costruire. Era ipotizzabile che la teoria del viaggio nel tempo fosse alla base di quel segreto appena riportato alla luce?

Cheren, incuriosito, si diresse verso l'iscrizione di destra e, constatato che anch'essa era stata incisa con lo stesso metodo della prima, decise di tradurre il possibile nelle prime frasi dello scritto. Questa volta il termine più frequente era pontos, ovvero mare, e il tutto discorreva di un qualcosa in grado di fermare una ceima, termine sconosciuto al giovane. Le illustrazioni non aiutarono nemmeno questa volta, in quanto almeno per la prima parte si limitavano a segmenti abilmente impressi a formare ondulazioni. Comunque, non appariva collegata a niente che Cheren conoscesse nemmeno questa, ragion per cui il ragazzo si diresse verso la terza.

Quest'ultima, situata dal lato opposto, colpì il nostro protagonista prima di tutto per la sorta di disegno che la sormontava, che era inequivocabilmente un triangolo con una circonferenza sviluppata attorno al suo baricentro che non tangeva i lati e vi rimaneva interna. Pur non comprendendone la natura, Cheren riuscì ad afferrare più il senso di questa che dell'incisione, di cui comprese una sola parola veramente significativa, peraltro già incontrata in occasione della prima: kairos. Per tentare di capire di più il giovane si abbassò, ma l'iscrizione si faceva sempre più astrusa man mano che continuava e di nuovo non riconobbe che un termine, polemos, che secondo le sue memorie poteva essere guerra e che comunque era citato solamente una volta, segno che verosimilmente era di poca importanza.

Deluso, Cheren si appropinquò all'ultima lastra, quella opposta all'entrata. Cercò invano di decifrare quanto vi era stato scritto, ma non riuscì a trovare neanche una sillaba nota, e in generale gli parve che anche la sintassi fosse mutata rispetto ai tre campioni analizzati in precedenza, come se fosse cambiato il linguaggio usato. Non ancora scoraggiato scorse ulteriormente il testo e arrivato a circa metà trasalì: le irraggiungibili scritte si interrompevano bruscamente sebbene temporaneamente per far luogo a un incavo delle dimensioni di un pugno o poco più vuoto, sul fondo del quale c'era quello che senza dar adito a dubbi era un pentagramma con note impresse sopra. A causa del metodo utilizzato per l'incisione Cheren faticò a leggerle, ma dopo qualche istante era già in grado di riprodurle nella sua mente. Non era una melodia sconosciuta, al contrario era una udita molto di recente. Era l'esatta sequenza suonata alla chitarra dal musicista del Café Sonata.

Un rumore sordo rimbombò nella stanza. Cheren non ne identificò l'origine, nondimeno intuì che doveva essere molto lontano, se non in linea d'aria, quantomeno considerando tutto il tragitto che andava percorso da dove la fonte era locata. Il giovane era infatti pressoché certo che oltre la piccola apertura che si trovava nella zona inferiore della parete che stava esaminando si estendesse forse non un labirinto ma sicuramente un cunicolo ulteriore delle dimensioni di quello dal quale era entrato.

Il suono sommesso si ripeté, identico al precedente in tutto meno che in intensità, quasi si stesse avvicinando alla sala in cui Cheren si trovava. Il ragazzo, iniziando ad avere paura, si diresse con Seismitoad verso l'uscita sopraccitata; quindi lì si appostò, attendendo impazientemente il terzo segnale.

Che non arrivò. Al suo posto venne quello che pareva un soffio di vento. E questa prima stranezza confuse l'adolescente: l'aria sott'acqua dovrebbe separarsi in bolle e risalire una volta entrata al contatto con il fluido, invece il getto che aveva raffreddato la bolla da cui era avvolto era più simile a un'unione dei due elementi. Sempre più sospettoso Cheren decise di non rischiare oltre: ordinò al suo pokémon di effettuare un'inversione e tornare indietro verso il Giant Chasm, a uscirne avrebbe pensato dopo aver ragionato con Hilbert.

Una nuova zaffata della miscela citata poco sopra investì la coppia, seguita da un violento turbinio di bolle che si diresse a spron battuto verso i due imprigionandoli. I tempi di reazione furono pienamente insufficienti per scansarlo, e in men che non si dica padrone e creatura rimasero costretti nel vortice impossibilitati a muoversi. La bolla d'aria, anche se mi sembra superfluo dirlo, si ruppe non appena entrò in contatto con quell'impeto poderoso, e Cheren fu costretto a chiudere gli occhi e trattenere il respiro per non soffocare. Il mulinello afferrò di forza il gruppo e li trascinò verso l'apertura dalla quale era penetrato nella grotta, verso l'ignoto.

Il ragazzo non sapeva quanto tempo fosse rimasto in quel turbinio, né dove stesse andando: il rumore delle bolle e la forzata cecità avevano inibito qualsiasi sua percezione del mondo esterno, riducendolo a un oggetto inanimato in balia della corrente. Poi, senza preavviso, il vincolo che fino a quel momento lo aveva dominato lo rilasciò in un istante, permettendogli di riacquistare la sensibilità. Si trovava ancora in acqua, questo era scontato ma sicuro, quindi tentò di nuotare insistentemente verso l'alto: la prima cosa che denotò era che Seismitoad non era più con lui, e sperò di non essere stato condotto in tutt'altro luogo rispetto al suo compagno. Non appena riemerse si guardò intorno: grazie al cielo non era in mare aperto, e riconobbe il pokémon da cui si era separato che fluttuava poco distante. D'istinto lo raggiunse, ma sulla via per farlo si rese conto di una verità ancora più sconcertante. Aveva notato fin da subito una scogliera situata a nord-ovest rispetto alla sua posizione, ma non si era accorto nell'immediato che proprio nelle sue vicinanze si trovava un villaggio in cui spiccava un edificio molto elegante, all'apparenza qualcosa di culturale. Cheren lo conosceva bene: era il museo di Undella.

Si trovava nell'Undella Bay.

   
 
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