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Autore: Garfield    22/01/2012    2 recensioni
(Storia in revisione)
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 17
Cap. 17

 

Premo un po’ il freno del mio Ferrarino nero, cercando di mantenere il controllo dell'auto. Le strade qui in Liguria fanno schifo, sono strette, tutte salite, discese, curve a gomito e vie senza uscita.

La macchina prende una buca e fa un rumore sgradevole, mentre io rimbalzo sul sedile tenendo salda la presa sul volante per miracolo.

Possibile che ci siano delle dannattissime buche ogni dieci metri?!

Me la cavo bene alla guida, anche se di solito preferisco che sia Marco a portarmi in giro. Non per niente il mio fratellino è un pilota di auto da rally a tempo perso! Ha già vinto qualcosa, forse uno o due premi.
Quando ci muoviamo per le strade di Milano alla ricerca dei demoni adoro la sua guida veloce e sicura, non fosse mio fratello mi innamorerei di lui solo per come si muove in auto.

In neanche dieci minuti sono a Cervo, un paesino arroccato su un monte, davvero caratteristico. Sembra un antico borgo medioevale, la maggior parte delle casette cono costruite in pietra. La Chiesa è sulla cima della collina, mentre le abitazioni scendono lungo il fianco del monte formando una specie di scia fino al mare.

Sento le presenze demoniache all’interno della zona più vecchia del paese, esattamente dove non ci si può muovere in macchina! E ti pareva!
Parcheggio l’auto in piazza e inizio a camminare velocemente attraverso quei violetti bui e stretti, verso il punto da cui sento provenire le tracce.

Ho rilevato l’esatta posizione di un demone, per la prima volta, all’età di sette anni. I miei genitori furono ancora più orgogliosi di me quando seppero della mia nuova capacità. Per i miei fratelli invece fu l’ennesima fonte d’invidia, ma poi ci si sono abituati.
In teoria c’è un rilevatore per captare i segnali sui demoni, ma certi Distruttori molto sensibili non hanno bisogno di tali strumenti. Questa capacità solitamente si mostra più spesso nelle donne che negli uomini. Sono state fatte alcune ipotesi, in particolare, la più verosimile consiste nel bisogno femminile di maggiore protezione rispetto agli uomini. Il ciclo mensile indebolisce il corpo e la mente, la gravidanza rende impacciate nei movimenti o addirittura impossibilitate a difenderci ed infine il parto porta via grandi dosi di energie rovinando il fisico prima del tempo. Insomma, poiché noi donne in teoria siamo più deboli, ci sono stati donati alcuni vantaggi. Resta comunque un dono molto raro.

Estraggo le mie due spade.
Vedendo lo scintillio delle lame un brivido di aspettativa e piacere mi corre lungo la schiena. 

Ispiro.

Ho bisogno di eliminare qualche demone.

La guerra è il destino di noi distruttori, lo scontro con i demoni, ma anche la lotta interiore tra il desiderio di una vita normale e l’istinto. Essendo mortali vorremmo una vita comune, vorremmo essere come gli umani che si muovono intorno a noi, ignari di ciò che accade oltre il visibile, eppure l’istinto ci spinge a combattere.
Un tempo ho cercato di lottare contro la parte di me che chiedeva sangue demoniaco, ma è stato come soffrire la sete. Sentivo la mia stessa anima spossata e assetata di quel liquido nero, invisibile agli umani. Non sono più riuscita a resistere, quel richiamo ha vinto.

Espiro.

Non vedo nessun umano nella zona, in lontananza solo il rumore di un televisione con il volume troppo alto.
Inizio a correre, entro in una stradina pedonale sulla sinistra e mi lancio giù dalle scale sulla destra, salto un muretto a secco che divide i giardini di due case e rientro nelle vie sempre più strette e buie fino al cuore della cittadina. Il centro è un intrico di stradine, alcune che salgono, altre che scendono, delle scale sulla destra e anche sulla sinistra, tutto intorno viette, scale, ruderi di vecchie abitazioni oramai inutilizzate da tempo.
È triste che proprio il centro storico del paese sia il punto ridotto in rovina.
Mi fermo al centro di quel groviglio di ruderi e alzo la testa alla ricerca di qualche stella. Il tetto mezzo diroccato di una delle case copre parzialmente la mia visuale, ma riesco a vedere qualche corpo celeste e la luna alta quasi sopra la testa.
Quella stessa pallida luna, spesso lodata dai poeti, è proprio la condizione necessaria affinché i demoni possano giungere nel nostro mondo.

Mi guardo attorno certa di essere osservata.
« Venite fuori…» sussurro. Sento i demoni, tre, che mi stanno circondando. Sono tutti di basso livello.
La voglia di trapassarli da parte a parte all’istante si fa largo nel mio animo, ma cerco di sopprimerla, dopotutto dovrei estorcere loro delle informazioni sul demone di livello superiore e se li rimando all’altro mondo subito otterrei ben poco.

All’improvviso mi volto fulminea verso il rudere attirata da un movimento.
Tra le pietre accatastate crescono ormai delle piante che ricoprono di foglie le travi in legno marce a causa delle intemperie. Una delle creature si è nascosta lì.
Sento, grazie alle mie percezioni, un'altra creatura spostarsi verso di me velocemente alle mie spalle, ma rimango immobile.

« Ciao Distruttrice…» Sento una vocina fievole vicino all’orecchio, ma continuo a rimanere immobile. Il demone mi gira attorno e quando arriva di fronte agli occhi vedo una farfalla nera come a notte. La scaccio con la mano e quella si posa per terra, poco lontano da me.

Più i demoni sono alti di livello più riescono ad assumere le sembianze che desiderano nel mondo degli umani. I demoni di livello molto elevato solitamente riescono a sembrare persone comuni, mentre i demoni inferiori si devono accontentare di imitare gli animali o dei mostriciattoli originati dalle paure.

« Come mai da queste parti?» una voce roca giunge da sotto una tettoia, nel rudere sotto la scala sulla mia destra. 
Vedo un demone piccolissimo ma ciccione di un colore violetto. Mi ricorda un cartone che vidi una volta da piccola, un film d’animazione della Disney, “Hercules”. 
Mi sembra il mostriciattolo brutto e viola, uno dei tirapiedi del cattivo. Mi stava antipatico già allora...
Noi Distruttori non veniamo allevati con i cartoni degli umani solitamente, ma io sono un caso a parte. Mi ricordo che ero scappata dall’istituto e mi ero nascosta in una ludoteca della zona. Prima di venire rintracciata dagli insegnanti ero riuscita a vedere tutto il film d'animazione. Da quel giorno sono scappata spesso per tornare lì e passare del tempo con gli altri bambini umani, ma non sono più stata beccata. 

Bleah! Oggi è la giornata delle bestiacce…

Noto l'ultimo demone avvicinarsi a me, sembra intenzionato ad attaccare. Il braccio scatta velocissimo e la lama si conficca netta nel collo di una lucertola grigia accanto ai miei piedi. Quella emette un sibilo strozzato e si dimena più che può, prima di sparire.
Più i demoni sono alti di livello più sono veloci, mentre la rapidità di queste caccole è pari allo zero assoluto e non sono in grado di ferirmi, né tanto meno di crearmi problemi.
Gli altri due demoni emettono un ringhio rabbioso, ma non attaccano.

Paura, eh?

« Voglio sapere chi è il demone che è passato nella nostra dimensione questa notte. Qui vicino, ad Imperia…»

Non celo lo sdegno che provo ad essere costretta a parlare con loro.

« La bimba vuole sapere chi è il demone cattivo nel suo armadio?» Il demone viola e grassottello inizia a girarmi attorno colto da uno strano impulso suicida.

Resisti! Resisti! Alessandra non ti conviene…

Un sibilo strozzato annuncia la dipartita del demone dal nostro mondo… Ops! Troppo tardi…
Rimango con l’ultimo demone, la farfalla. Lo guardo con ribrezzo.

« Ora tocca a te. O mi dici che demone era e cosa voleva, oppure ti rispedisco nella tua dimensione per un bel po’ di tempo…»

Per un demone di scarso potere come questo, occorrono secoli per riuscire a tornare nel nostro mondo dopo essere stato respinto, tuttavia di solito non sprechiamo tempo a fare fuori queste caccole. Sono quasi insignificanti anche per gli esseri umani, possono provocare come massimo qualche depressione… Inoltre sono molto numerosi nel loro mondo, quindi appena uno ritorna ne giunge subito un altro a prenderne il posto. Inutili e fastidiosi. 
Li cerchiamo solo per ottenere informazioni, visto che sono i lecchini dei potenti signori demoniaci e conoscono quasi tutto.

« Dimmi quello che sai demone.» Gli ordino dopo un po', ma quello sembra intenzionato a rimanere i silenzio e la mia pazienza sta per esaurirsi.

La farfalla si alza di nuovo in volo, ma questa volta si ferma a pochi centimetri dal mio naso, all’altezza dei miei occhi. Io rimango impassibile.

« Umana, non ti dirò nulla. Meglio non tornare mai più su questa terra che tradire quel padrone… Ma se mi lasci rimanere ti darò un consiglio prezioso, che ti potrebbe salvare la vita. »

Continua a sbattere le piccole ali per mantenersi in volo, ma si vede che fa molta fatica.

« Non ti lascerei restare comunque, ma se parli ti darò dieci secondi di vantaggio nella tua fuga. »

Tanto ti uccido comunque.

« Affare fatto. » La vocina soddisfatta del demone mi infastidisce e non vedo l’ora di farlo scomparire.

« Il padrone non è come gli altri… Ti ucciderà se lo sfidi.» Il suo tono è talmente deciso che immagino lei non abbia alcun dubbio al riguardo, ma non mi lascio condizionare.

« Certo, immagino…» Annuisco reggendole il gioco.

« Fossi in te mi rifugerei il più lontano possibile da qui ad aspettare la fine della vostra specie. Lui è molto più forte di qualsiasi cosa voi abbiate mai visto...»

La farfalla si volta e inizia a volare via. Sale sempre più di quota, per gettarsi nel cielo dipinto di nero e mascherarsi nella notte.

Sbuffo. Non ho ottenuto niente…

Conto fino a dieci.

Salto, mi aggrappo alla grondaia e mi arrampico velocemente sul tetto dell’edificio traballante. Dal tetto spicco un altro salto fin sulla casa più vicina e lancio il coltello. Non ho bisogno di vedere se ho colpito la preda.

In questa zona c’è carenza di demoni…

 

Mentre percorro a ritroso le stradine di Cervo per ritornare alla macchina, mi ritrovo davanti all’improvviso un ragazzo. Sta camminando tranquillamente, con le mani in tasca, verso il centro storico del paese, cioè in senso opposto al mio.
Lo scruto attentamente. 
È abbastanza alto, magro, niente di anormale. I suoi capelli sono biondi e sono sparati sulla testa, mentre nel viso dai lineamenti aristocratici spuntano due splendidi zaffiri che mi fissano intensamente.
Non avverto nulla, è un comunissimo umano.
Mi sorride.

« Ciao. »

Lo sorpasso e faccio finta di non averlo sentito.

« Ti sei persa? Vuoi una mano? »

Mi volto a guardarlo. L’educazione mi impone di rispondere a una proposta d’aiuto sempre e comunque. Forse l'educazione impone anche di rispondere ad un saluto, ma non sono sicura che valga anche per gli sconosciuti.

« No, grazie. » Il mio tono freddo non ammette repliche, quindi mi volto, decisa a non calcolarlo più.

Faccio per tornare sulla mia strada, quando quello ricomincia a parlare e mi invita a casa sua.

« Se vuoi ho la casa libera, è molto tardi… »

Continuo ad allontanarmi incurante. Si vede che è un ragazzo appena uscito da qualche locale o discoteca, probabilmente ci sta provando. Squallido.

Sono già molto distante da lui quando lo sento riprendere a camminare verso l’interno della vecchia cittadina, inizia a fischiettare un motivetto lento e lugubre che ho già sentito da qualche parte. Reprimo un brivido freddo.
Il suono del suo fischiettio si smorza sempre più mano a mano che ci allontaniamo l’uno dall’altro e sparisce del tutto una volta che sono giunta in macchina.

 

Ritorno ad Imperia e passo da casa di mio fratello per prendere la mia valigia. La Ferrari nera rimane parcheggiata davanti alla questura di polizia, domani uno degli uomini del mio amico viene a riprendersela.

Nel momento stesso in cui entro in casa avverto il cambio di temperatura ed inizio a sudare. Sorrido soddisfatta. Sono sicura che tutto andrà secondo i piani!
Trovo Giacomo profondamente addormentato a pancia in giù sul divano, con un po’ di bava alla bocca. Disgustoso…

Faccio un salto veloce in camera per controllare Aurora e la trovo profondamente assopita sul fianco sinistro. Le scosto i capelli dal viso e la copro con un'altra coperta, dopotutto non voglio che prenda freddo...
Ridacchio silenziosamente.

Lascio un bigliettino con dei saluti sulla tavola in cucina e poi prendo la mia valigia. Imposto la porta su Torino e, grazie all'incantesimo, quando oltrepasso la soglia, mi trovo tra i palazzoni della città piemontese.

  
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