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Autore: hipsta please    22/01/2012    4 recensioni
Quel che le rimaneva erano solo dei bellissimi ricordi; un supermercato.
Un ragazzo.
E poi un prato, un cornetto, della pioggia.
Una chiamata, un caffè allo Starbucks, un panino al Mc Donald’s.
Tanti, tanti problemi. E poi quel bacio sulle labbra, che le aveva lasciato un buonissimo sapore.
Il suo sapore.
E che non voleva saperne di andarsene.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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1. First day in London


Baby, you light up my world like nobody else. The way that you flip your hair gets me overwhelmed. But when you smile at the ground it ain't hard to tell. You don’t know… You don’t know you’re beautiful.
Le note della canzone scorrevano nella testa ad una velocità impressionante, mentre i suoi pensieri erano una massa ingarbugliata che non cercava minimamente di districare. Il cielo era pieno di nuvole, e se allungava la mano sembrava riuscisse a toccarle. Cercò di dare una forma a quelle nuvole, come amava fare quando era bambina.
Una torta, un osso, una faccia di un cane; e poi una borsa, un microfono, e...
Quando la massa indistinta di nuvole prese le sembianze di quei ricci che tanto amava, decise che era meglio lasciar stare. Non mancava molto ormai al suo atterraggio a Londra, e come previsto la voce dell’hostess echeggiò nelle casse dell’aereo.
«I signori passeggeri sono pregati di allacciarsi le cinture. Tra circa cinque minuti atterreremo all’aeroporto di Stanford. Auguriamo una buona giornata», ripeté in varie lingue. La ragazza posò l’iPod nella borsa e si allacciò le cinture, mentre con un codino decise di legarsi i capelli. L’aereo atterrò, i passeggeri scesero. Prese le sue valigie, appena arrivate in aeroporto, e uscì sotto il cielo nuvoloso di Londra; un taxi si avvicinò a lei proprio in quel momento, e l’autista la aiutò a posare i suoi bagagli nel cofano. Gli disse la via, e partì.
Le strade scorrevano veloci fuori dal finestrino, in una mezz’oretta arrivò a destinazione; diede i soldi al tassista e scese, con i bagagli in mano. Era una piccola casa circondata da un piccolo giardino e un cancello, così entrò e bussò alla porta. Come previsto, la proprietaria della casa aprì la porta e la invitò ad entrare. Le fece le ultime raccomandazioni, le diede le chiavi di casa e le disse che sarebbe ripassata tra due settimane esatte a riprendersele, prima della sua partenza. Era decisamente migliorato l’inglese della ragazza, se riusciva a capire perfino le parole sgrammaticate della vecchia signora. Le augurò buona giornata e chiuse la porta.
Prese il trolley e il borsone ai suoi piedi e salì le scale che portavano al piano di sopra, con l’intenzione di portare la roba in camera sua; la prima cosa che ci voleva era una bella doccia. Buttò le valigie sul pavimento e andò in bagno, dove c’era già tutto: asciugamani, sapone, phon... Così si rilassò sotto il getto d’acqua calda e, dopo essersi messa un asciugamano intorno al corpo bagnato, andò in camera. Aprì l’anta dell’armadio, a cui era attaccato uno specchio, e posò alcuni suoi pantaloni e magliette. Guardò il proprio riflesso allo specchio; era una ragazza con dei capelli neri, che portava scalati e con un po’ di frangetta, la pelle candida, e gli occhi di un azzurro cielo; un fisico minuto. 
Indossò il completo intimo e una maglia grande, che usava per dormire, poi si asciugò un po’ i capelli lisci. Prese il telefono e chiamò la madre, per non farla preoccupare.
«Jessica? Allora, sei arrivata? È tutto apposto?», chiese in pensiero. Lei sospirò.
«Si mamma, tutto bene. Sono arrivata e mi sono fatta una doccia. La casa è davvero ben tenuta, e tra due settimane passa la signora a riprendersi le chiavi».
«E con l’inglese, ti trovi bene? Hai qualche difficoltà?», chiese. Come se potesse avere difficoltà con una mamma americana e un padre che viaggia sempre.
«No, va benissimo, riesco a capire tutti e a farmi comprendere. Adesso stacco, ho un mucchio di cose da fare», e attaccò. A parte mettere a posto le sue cose non aveva molto da fare, ma non le andava di parlare con la madre. In fondo era colpa sua e del padre se era costretta a trascorrere due settimane a Londra da sola, senza conoscere nessuno. Erano troppo impegnati con le loro questioni di lavoro, e avevano pensato bene di toglierla dai piedi. Forse in un altro momento sarebbe stata contenta di questo viaggio fuori programma, ma adesso non poteva fare a meno che pensare che era un modo per sbarazzarsi di lei.
Sistemò ogni cosa nei cassetti e nell’armadio, prese la tinta blu per capelli e si recò in bagno. Aveva voglia di fare qualcosa ai suoi capelli, e adorava come quel colore le stava, perché era perfetto per i suoi occhi. La tinta era lavabile, così senza problemi iniziò a colorarsi le punte della frangetta irregolare e si fece varie meches. L’effetto fu fantastico, così mentre il colore si asciugava si mise lo smalto nero sulle unghie; tra una cosa e l’altra si fece ora di andare a letto e, senza cena, andò a dormire.


Author's note
Tipo che adesso che arrivate qui pensate: e questo è? ._.
.. Sì, è questo! u.u
Sarebbe troppo facile far cominciare tutto già dal primo capitolo, perciò vi chiedo un po' di pazienza. Vi assicuro che nel prossimo capitolo succederà qualcosa :D
Questa è la mia prima fan fiction, per favore siate buone xD
Mi piacerebbe avere qualche recensione, per sapere se vale la pena continuare o se è meglio che mi ritiri u.u
Grazie! Al prossimo capitolo (spero).
S.

  
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