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Autore: thewhitelady    22/01/2012    4 recensioni
1993-2009
Come deve essere vivere la storia degli Oasis e della scena rock britannica dagli anni 90' ad oggi? Cassandra Walsh è forse l'unica persona al mondo a saperlo. In più in tutto il caos della sua vita di sex, drugs, and rock n roll sa solo una cosa, che a volte il posto migliore da cui godersi un concerto è da dietro il palco.
Per chi ama gli Oasis e quei due pazzi fratelli, ma anche solo per chi ha sentito una volta nella vita Wonderwall o Don't Look Back In Anger e vuole scoprire chi sono Liam e Noel Gallagher. Per chi ha nostalgia dell'atmosfera degli anni '90, e chi neppure l'ha vissuta davvero. Per chi ama gli aneddoti del rock e della musica. Una canzone per ogni capitolo. Cheers!!
Gruppi/Artisti che compariranno: Oasis, Blur, Pulp, Red Hot Chili Peppers, Radiohead, Kasabian, Paul Weller, The Stone Roses, The Smiths, Travis, Arctic Monkeys (un po' tutti)
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Gallagher, Noel Gallagher, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Slip inside the eye of your mind
Don't you know you might find
A better place to play
You said that you'd never been
All the things that you've seen
Will slowly fade away

Novembre 1978.
La luce è giallognola e c'è un profumo caldo, mi entra nelle narici, e inspiro avida: biscotti. In sottofondo è sospeso un suono bellissimo, mi attira, ma mi mette di uno strano umore, non penso più tanto ai biscotti. Cammino verso l'affascinante melodia, i mobili svettano sopra di me, guardo avanti: sulla poltrona c'è mamma. Sta suonando il violino. Le tiro la gonna lunghissima, ma continua a suonare. Riprovo, questa volta mi guarda, ha la faccia di un angelo triste la mia mamma. Si ferma, mi tira su in braccio e riprende a suonare, mentre io infilo il viso sotto la cortina dei suoi capelli. Respiro, prosuma come i biscotti. Capisco cos'è: cannella. E capisco anche come sia quella musica: triste.
Il mio primo ricordo.

 
- All the lonely people/Where they do all come from?/All the lonely people/Where do they all belong? - canticchiai a mezza voce, mormorando appena parole che conoscevo a memoria. Eravamo nella sala comune di un albergo a Parigi, avevamo suonato lì con i The Verve e ora ci stavamo rilassando tutti assieme, birra, sigarette – per chi si accontentava di quelle - , e qualche chiacchiera sul calcio. I Verve mi andavano parecchio a genio, erano gente a posto che faceva musica con le contropalle, trovavo soprattutto interessante il loro leader, Richard Ashcroft, un tipo allampanato e un viso tutto asperità. C'era da dire che era strambo, e difatti era soprannominato dalla stampa e non Mad Richard, uno che aveva i sui alti e bassi e che poteva sembrare essere l'uomo più felice al mondo come quello più disgraziato. Un po' lunatico, ma un genio ed era davvero qualcosa di speciale vederlo discutere con Noel, di cui era diventato un ottimo amico. Come regola generale era piacevole essere seduta tra due delle menti musicalmente più brillanti di quel periodo.
- Ti dico che quella aveva due bocce così! - esclamò Richard ad un certo punto, tirandosi su dalla poltrona su cui era stravaccato. Già, mente brillante, sogghignai guardandolo mentre cercava ancora di fare capire a gesti a Liam e a tutta la sala quanto fossero epicamente grandi quelle tette. C'era da dire che era uno spasso Richard, quand'era così, e io non potevo lamentarmi dei discorsi che spesse volte si toccavano, dato che ero praticamente l'unica donna, o quasi, in un intero gruppo di una trentina di uomini tra membri di band e road crew. In America però c'avevo fatto il callo e, se già prima non l'avrei fatto, ora non mi scandalizzavo certo più. Anzi, Richard era stato abbastanza fine nel limitarsi a descrivere il decoltè di quella ragazza, di solito c'era ben di peggio.
Liam era in piedi a braccia conserte, quasi al centro del cerchio che s'era formato naturalmente con poltrone, divani e sedie, e scuoteva la testa come un giudice irreprensibile. Bevve l'ultima sorsata dal suo bicchiere di scotch, - Sì, ma c'aveva un culo che era uno sfascio totale! - rise, e così in coro più o meno tutta la stanza senza un vero motivo se non l'ebbrezza dell'alchol, io mi limitai ad un abbozzo di sorriso, persa ancora nei miei pensieri.
Cercai Noel e lo inquadrai dove era pure un quarto d'ora prima, quasi completamente sdraiato su una poltroncina rossa, i piedi poggiati ad un tavolinetto e la chitarra acustica in braccio. Ogni tanto lanciava un'occhiata in giro – una allucinata, dato la roba che s'era tirato -, senza realmente guardare, troppo preso a strimpellare sempre i soliti accordi. Do maj7, quello strano Sol di cui non ricorderò mai il nome, La minore, Mi, Fa maj7, Sol, Do maj7, La minore e ancora Sol in sequenza veloce. Non capivo che c'era tanto da continuare a ripeterli ma ormai m'ero arresa da tempo a cercare di comprenderlo in quei momenti di asocialità pura. Birra con la band? Orrore.
- Lei! -, all'inzio non registrai la cosa, ma quando notai che nella sala era calato il silenzio mi voltai al suono della voce di Liam e trovai proprio lui che mi puntava addosso un dito. E adesso che cazzo volevano da me...? - Lei – ripetè e si mosse verso di me con passo deciso, avevo perso il filo del discorso perchè ipnotizzata dal giro d'accordi di Noel, dal movimento che pareva perpetuo delle mani. - Aspetta – disse Liam con una strizzata d'occhio a Richard e a tutta la sua audience, più in generale. A dove ero arrivata io, i ragazzi stavano discutendo della donna più bella che avessero mai visto. Ourkid marciava ancora verso di me, non era possibile che...naaah...Me lo trovai di fronte e mi fece il suo sorriso un po' ottuso ma allo stesso tempo assassino, quello per cui la ragazzina sedicenne in prima fila si sarebbe strappata la maglia di dosso sulle note di I Am The Walrus, io lo ricambiai con una smorfia che diceva di non osare avvicinarsi un centimetro di più. Ma certe cose coi Gallagher sono proprio inutili: lui fece un sorriso ancora più ampio e mi mise le mani sul culo. La sala rimbombò di un ruggito generale. Per un attimo rimasi pietrificata da una rabbia che sgorgava direttamente dal mio orgoglio, e non mi mossi. Solo un'occhiata istintiva in direzione di Noel, che però pareva guardare la scena come tutti gli altri, giusto un sopracciglio leggermente inarcato.
Liam rimase lì attaccato, rafforzando soltanto un poco la presa. Lo guardai imbufalita, una voce nella mia testa – che suonava spaventosamente simile a quella di Gem Archer – mi suggerì di tirargli un ceffone memorabile. Non lo feci, c'era qualcosa di strano negli occhi di Ourkid, e di fatto... – Scusa, tesoro – mormorò e mi sfilò dalla tasca posteriore il portafoglio.
Ci misi qualche secondo a realizzare, e nel frattempo Liam lo stava già sventolando all'aria come un ambito premio, quando mi riebbi però immediatamente gli afferrai la mano che stringeva il portafoglio. - Mollalo – dissi in un basso ringhio, fredda come il ghiaccio ma pronta a mordere. Avevo capito quali erano le sue intenzioni e una parte di me s'era subito sentita nuda, senza uno scudo. Ourkid pareva intrigato dalla mia espressione rabbiosa e sembrò scordarsi della stanza attorno a noi, - Oppure? -.
Non meritava una risposta, per cui tirai di netto e basta, convinta che sarebbe bastato quello a fargli perdere la presa, ma lui non cedette. - Non pensarai davvero che basti questo -, fece in una risata breve, seppure fossi a un metro buono di distanza scorsi l'odore di alchol, - Dai, che ti costa, è solo una fotografia – continuò questa volta un po' più dolce, ma vedevo che sotto sotto era irritato. Era come un bambino, capace di sembrare bravo, ma appena gli si negava la cosa desiderata diventava irremediabilmente stizzoso.
Scossi la testa. - Molla, Liam – gli intimai calma, provando a non far più vedere quanto davvero mi interessasse quel dannato portafoglio, o il suo contenuto quantomeno. Nella sala era calato di nuovo il silenzio, qualche sorrisetto intrigato dalla nostra sfida sparso qua e là, Noel s'era spostato sul bordo della poltrona su cui sedeva e Guigsy si grattava la nuca nervoso.
Infine strattonammo assieme e ad un certo punto avvertii pure la presa di Liam cedere un poco, guardai meglio e vidi che era perchè stava per prendere dal dentro ciò che gli interessava, mi mossi mollando il portafoglio, che era solo una vittima innocente in quella lotta e all'ultimo afferai un angolo della fotografia di mia madre. Rumore di carta strappata. Tra le dita mi ritrovai un pezzo dove si vedeva solo il prato e lì in mezzo una gamba spezzata all'altezza del ginocchio. Mi fece più male di quanto una fotografia stracciata avrebbe dovuto, non c'era più la rabbia, era stata soppiantata da qualcosa di più cattivo, che affondava le sue radici parecchio più a fondo. Guardai Liam che solo in quell'attimo s'accorse d'aver fatto una grande cazzata, che pur nella sua confusione alcolica s'aspettava la mia reazione irosa era rimasto immobile con l'altra metà, il ghigno di prima ancora congelato sul bel viso. Ma in quel momento io stavo combattendo una lotta molto più ardua, rispetto a quella contro Liam, per rigettare indietro le lacrime rabbiose che minacciavo di scendere, sapevo che se lo avessi aggredito – verbalmente o fisicamente non importava – sarei scoppiata in pianto e quella era l'ultima cosa che desideravo fare. Così inghiotti tutto, rabbia, lacrime, orgoglio, quell'idea che mi suggeriva di trafiggere Liam alla giugulare con una delle forchette che stavano sui tavoli ancora apparecchiati, e mi avviai a passi decisi verso la reception cogliendo appena la figura di Noel che ancora era in bilico sul bordo della poltrona.
Nella mia mano c'era ancora quel pezzo di fotografia, nella testa la certezza di dovermi allontanare da lì il più velocemente possibile e andare a rintanarmi nella mia stanza.

 9 Dicembre 1980
E' tarda mattina e scendo le scale rapida, con addosso il pigiama e l'eccitazione che solo il giorno del mio compleanno può comportare. Il giorno prima non avevamo festeggiato perchè sia mamma che papà erano tornati a casa tardi, ma mamma oggi ha il suo giorno libero. Penso alla torta che mi prepara sempre, quella al cioccolato e il regalo che mi spetta.
Entro in cucina e trovo mamma seduta su di una sedia a fissare immobile lo schermo della tv, non mi saluta neppure, nessun abbraccio. Qualcosa non va, lo sento. Sto per parlare, un groppo di delusione e di risentimento in gola, ma poi sento che dice il signore del telegiornale, dice che un pazzo ha ucciso John Lennon. Deve essere qualcuno di abbastanza famoso se ne parlano alla tv, però penso che debba essere anche uno zio di mamma o un suo amico perchè lei parla di lui spessissimo. La fisso, deve essere per quello che sta piangendo, e lei s'accorge di me e allora mi solleva e mi mette sulle sue ginocchia, stringendomi a sè. Guardo anche io le immagini in tv, e non sento più la felicità per il compleanno, anzi sono triste, per John, non lo conoscevo bene ma da come ne parlano le persone nello schermo doveva essere un tipo a posto. E ora è morto. Fino ad allora erano morti solo la zia Rosie – ma lei era molto vecchia – e Jimmy, il mio pesce rosso, per loro non avevo sentito tutta questa insopportabile tristezza.
Io e mamma passiamo tante ore a guardare la tv quando ci sono i telegiornali e per il resto del tempo lei mette su i suoi vecchi dischi, mi piace vederli girare sotto la puntina. La sera sono seduta ancora in braccio a lei, che improvvisamente alza un poco il volume. Quelli della tv stanno facendo delle domande a un signore dai capelli scuri, che mastica la gomma americana, e guarda di qua e di là con gli occhi inquieti. Penso abbiano detto si chiami Paul. Gli chiedono qualcosa su John, doveva essere un suo amico - mi chiedo se verranno pure a fare delle domande a mamma -, e lui risponde veloce, sembra un po' stanco, ma non piange. E' come mamma nelle ultime ore, penso, c'assomiglia tanto.
Seguo con gli occhi le immagini sullo schermo, ormai so tante cose su John, tipo che ha una moglie giapponese e che ha un bambino della mia età. Eppure è morto lo stesso, era anche giovane. Per un po' mi mordo il labbro di sotto.
- Mamma -, mi giro, - tu non andrai via come John, vero? -
Lei mi sorride vagamente.
- Non fidarti se qualcuno ti chiede di fare una foto o la firma -, lei è molto bella, qualcuno potrebbe farlo. - Non andare via...promesso? -
- Promesso -.
Mi riappoggio al suo petto, continuo a guardare la tv. La risposta m'ha tranquillizzato un poco, ha promesso.
Quello che credetti essere il giorno più brutto della mia vita.
 

So I start the revolution from my bed
'Cos you said the brains I have went to my head
Step outside the summertime's in bloom
Stand up beside the fireplace
Take that look from off your face
You ain't ever gonna burn my heart out


Guardai la sveglia sul comodino, e sbattei le palpebre un paio di volte. Nonostante mi fossi addormentata qualche ora prima, non mi sembrava d'aver proprio chiuso occhio, mi rigirai dall'altro lato aspettando di trovare un corpo caldo accanto al mio quando ricordai che avevo una camera singola. Strinsi le coperte nel mio pugno insoddisfatto e sbuffai a me stessa. Tutti i pensieri di prima mi tornarono a vorticare in testa, sentii l'impulso di parlare con qualcuno, non ero il tipo, ma avrei voluto davvero scambiare quattro chiacchiere con Gem, anche solo per non riflettere più su quel che mi affliggeva. Discutere di qualsiasi cosa, di calcio, delle registrazioni, punzecchiarlo. Ma lui non era il tipo che riceveva telefontate alle fottute quattro del mattino per sentirsi sfottere sul fatto d'essere vegetariano.
Mi arrivò all'orecchio un bussare sordo e deciso, quasi saltai nel letto per l'effetto che mi fece nel silenzio notturno. Per un momento pensai di ignorarlo, ma sarebbe stato impossibile, per cui raccogliendo ogni briciolo di forza di volontà andai alla porta ad aprire, senza chiedermi chi fosse, assumendo per l'ora che era che doveva essere qualcosa di importante. Invece era Liam. Gli tirai un pugno nello stomaco, senza pensarci, così ad istinto, lui non se l'aspettava e si piegò leggermente lasciandomi l'opportunità di colpirlo pure a una spalla. Non sapevo quando avevo deciso di picchiarlo ma la sua sola faccia mi era bastata come pretesto, sentivo le mani bruciare e la rabbia di ore prima riaffiorare come se non fosse mai defluita. Gli sferrai un altro destro, ma questa volta lui m'afferrò rapido un polso, poi l'altro mentre stavo già caricando il sinistro. Per un secondo ci fissammo, aveva il labbro spaccato anche se io non l'avevo colpito in faccia, ma poco importava, la rabbia montava come una marea, sempre più ad ogni attimo che passava. Provai a liberarmi, lui mi stringeva forte, fin da farmi male ma io continuai ad agitarmi colpendolo con calci, ginocchiate e sgomitando. Tutto inutile, ma non m'arresi neppure quando mi strinse a sè con le braccia, continuai a lottare con quella forza che non pensavo neppure che Ourkid possedesse. Alla fine mi sentii annichilita e anche se non avrei voluto smisi quasi completamente di colpirlo, afflosciandomi tra le sue braccia vinta dalla stanchezza e dall'impotenza. - Sei... -, gli tirai un pugno sul petto, - ...uno... -, pugno, -...stronzo – finii di mormorare, la bocca arida contro il tessuto blu della sua camicia.
- Devi andarci giù più pesante, principessa, se mi vuoi offendere -.
Alzai un ginocchio e lo colpii vicino all'inguine. Emise un flebile grugnito. - Ok, questo ha fatto male – soffiò e in quel momento diedi un altro strattone per liberarmi ma lui non mollò la presa, anzi prese ad accarezzarmi la schiena mentre faceva qualche passo in avanti per entrare nella mia stanza, e con il tacco chiuse la porta e subito vi scivolò contro, portandomi giù con sè.
Non so quando, ma alla fine la sua presa su di me s'era trasformata in un vero abbraccio, con un brivido mi sciolsi dalla rigidità che fino a quel momento s'era impadronita di me, e dopo un mezzo minuto quando ormai era certo che non l'avrei più colpito, Ourkid mi mollò i polsi – che dolore, cazzo – e io mi aggrappai alla sua camicia. Tirai su col naso: neppure m'ero accorta d'essermi messa a piangere, eppure avevo le guance tutte bagnate.
- Se non ti dispiace – borbottò Liam carezzandomi i capelli – non usarmi come fazzoletto umano -. Sorrisi un poco e pure lui lo fece di riflesso.
- Rimani uno stronzo comunque -
- Grazie, Mohammed Alì -
- Sai d'esserlo -.
Fece un verso d'assenso, quasi con un tono orgoglioso a gonfiargli il petto. Sentii una delle sue mani abbandonare la mia schiena e, sul punto dove sostava prima, il gelo notturno. Dopo aver rovistato nella tasca dei jeans – cosa resa più complicata dal fatto che gli sedessi sopra – estrasse la foto mutilata di mia madre, provai una fitta allo stomaco.
- Hai ancora l'altra metà? - domandò con un'esitazione che se un giornalista di NME l'avesse vista c'avrebbe scritto su un intero articolo tanto non apparteneva al giovane Gallagher. - Se ce l'hai – si rigirò il pezzo di carta tra le mani – con un po' di scotch si rimedia -. Questa volta sorrisi a quella sua aria da bambino, accentuata dal bianco nero della stanza in cui eravamo calati, la luce proveniente dai lampioni della strada che lo lambiva appena. Gli presi di mano la fotografia, - E' tutto a posto -, dovetti inghiottire non poca rabbia sedimentata, ma la maggior parte l'avevo buttata fuori sfogandomi su di lui – Va bene così, non ti preoccupare – mormorai pacata. Passò qualche minuto, io che quasi mi stavo addormentando con la testa poggiata alla sua spalla e le nostre gambe intrecciate.
- Non va bene per un cazzo, Cass – mi svegliò quasi con un ruggito basso che gli partì dalla gola. - Devi sistemare certe cose -. Alzai la testa rapidamente, all'erta, non poteva riferirsi a Noel... nessuno sapeva veramente di noi, certo i ragazzi avevano notato ma... Liam che si fregava della situazione sentimentale del suo fottuto fratello era ancora più fottutamente surreale. Una puntata di Star Trek!
- Ho trovato questa -, il mio treno di pensieri venne interrotto da un pezzo di carta bianco che mi veniva sventolato davanti al naso. Realizzai subito cos'era e rimasi paralizzata, - L'hai letta? -. M'accorsi della vocina che m'era uscita, per cui cercai un tono più spavaldo: - O meglio, sai leggere? -, ma il mio era stato un tentativo patetico, dalla sua faccia seppi che persino Liam l'aveva capito.
- Dovresti sistemare questa cosa -
- Io penso di no -
- E invece sì – ribattè testardo, una mano che mi stringeva il braccio convinta.
- Perchè?! -. Altra cazzata.
- Perchè hai un padre, che cazzo! -.
Rimasi senza qualcosa da ribattere. Avrei fatto meglio a non sostenere discussioni notturne, non riuscivo mai a spuntarla. Neppure con Liam – che certo aveva la ragione dalla sua – ed è tutto dire.
La mano sul braccio diminuì la presa passando da “smettila di dire stronzate” ad “andrà tutto bene”, peccato non pensavo potesse essere così. La lettera che aveva trovato Ourkid me l'aveva data zia Beth il giorno della mia partenza dalla Scozia, dentro nella sua scrittura rotondeggiante c'era scritto che l'uomo che s'era sbattuto mia madre una notte di circa vent'anni prima aveva un nome e un cognome. Mamma l'aveva sempre saputo e l'aveva detto alla sua migliore amica, ovvio, non a sua figlia. In più zia Beth tra un travaglio e l'altro era riuscita pure a dare un indirizzo all'uomo del pub – questo era l'unico nome che ero riuscita io ad affibbigliargli -.
Eravamo in silenzio da un bel po' quando infine i miei occhi ricaddero in quelli di Liam, contornati da quelle ciglia scurissime che li facevano sembrare irresistibili. - Sei fortunata – mi disse, sincero e sobrio come poche volte l'avevo visto in quelle settimane – Sai d'avere un padre e non è più uno stronzo manesco -.
- Già, è solo uno che non regge bene la birra e che si cala facilmente i pantaloni - mormorai astiosa, non sapevo perchè ce l'avevo davvero con l'uomo del pub, infondo mia madre aveva fatto la sua parte. Forse desideravo solo che fosse rimasto con lei un po' più di quel quarto d'ora. Liam mi diede uno sguardo di dissapprovazione, con quei suoi stramledettissimi occhi da cucciolo. - Certo, non fosse stato così, ora il mondo intero non potrebbe godere dall'incommensurabile piacere della mia compagnia, ma... -
- Ma...? - insinuò sibillino davanti alla mia mancanza di parole. Stronzo.
- Ma, che vuoi che faccia? Che vada da Oprah assieme a lui per una bella puntata fatta di lacrime e abbracci? -
Sbuffò, - L'esibizionista qui sono io. Penso che andarlo a trovare possa essere un buon inizio, per esempio -
- Abbiamo un tour promozionale da fare. Non ho tempo – borbottai chiudendomi a riccio.
- Saremo a Sheffield tra soli tre giorni, potresti incontrarlo senza problemi -
Non c'era apparente via d'uscita, nonostante l'aria inconsuetamente dolce, il tono di Ourkid era deciso.
- Dio... non ci posso credere, sto prendendo consigli da Liam Gallagher! -
- Sei messa proprio male, Cassandra Lane -. Io lo guardai torva, ma lui mi schioccò un bacio sulla fronte innocentemente, così decisi di rimandare ogni sorta di pensiero al giorno dopo mentre mi sistemavo accoccolata tra le braccia di Liam. E da qualche parte nel mio stomaco, nel frattempo, una stramba sensazione aveva preso vita.
 

So Sally can wait, she knows its too late as we're walking on by
Her soul slides away, but don't look back in anger I hear you say

 
Quello sarebbe stato un giorno grandioso, lo sapevo perchè sarebbe stata la prima volta che gli Oasis avrebbero suonato in un'arena, una fottutissima arena! Insomma era un bel salto in avanti rispetto al Boardwalk, eppure io non ero minimamente eccitata all'idea di partecipare ad un evento su così grande scala, anzi percepivo un nodo allo stomaco che era comparso la notte prima del concerto e che, ora, al mattino era sempre più stretto e di fatto avevo persino saltato la mia mega colazione con bacon e uova – io, rinunciare a del cibo, la situazione era preoccupante -. Saremmo stati a Sheffield solo un giorno, sapevo che se non l'avessi fatto quel giorno, che se non mi fossi presentata alla porta di mio padre non l'avrei mai più fatto in vita mia, avrei archiviato la cosa in una zona angusta del mio cervello come la lettera era finita a ingiallire nel portafoglio.
Ad ogni modo, la mattina dovevo sistemare le attrezzature con il resto della crew e dare una mano a Noel con il soundcheck, e straordinariamente Sua Altezza Reale William John Paul Gallagher ci aveva gentilmente concesso la sua presenza alle prove nonostante lo facesse di rado – leggasi: mai – e che fossero solo le dieci del mattino. Sorrisi mentre lo vedevo aggirarsi sul palco come un bambino meravigliato mentre guardava la grandezza dell'arena da lassù, di certo lui era quello che palesava ancora costatemente lo stupore per quel che era successo in quei due anni. Faceva tanto il duro, come si addiceva ad una rockstar, ma poi lo beccavo a saltare sul letto king size. Agitò una mano veloce per salutarmi, mi tolsi le cuffie del lettore CD – regalo di Bonehead per Natale – perchè m'era sembrato che mi stesse gridando qualcosa, ma in un battito di ciglia s'era già diretto da un'altra parte. Premetti il tasto play e lasciai che la voce di Ray Davies tornasse a riempire i miei pensieri, cantandomi della bellezza del Village Green.
Mezz'ora dopo lo reinquadrai mentre era gomito a gomito con Noel, mi irrigidii un poco, Liam tendeva ad invadere per puro divertimento lo spazio vitale del fratello, cosa che spesso sfociava in una belle lite. Smisi di lavorare su quel dannato amplificatore che pensavo si potesse ancora salvare ma che non ne voleva sapere di farsi aggiustare, per dedicarmi a qualcosa di assai più interessante: i fratelli Gallagher che collaboravano. Se non avessi avuto la musica nelle orecchie, avrei chiesto ai miei astanti di fare silenzio per non disturbare quel così incredibile avvenimento che di rado si poteva apprezzare in natura. Avevo visto come Noel stesse suonando per l'ennesima volta quello stesso giro d'accordi e ora Liam gli si era avvicinato dicendo evidetemente qualcosa che d'apprima l'aveva contrariato, ma che poi una volta suonato sulla chitarra aveva, almeno all'apparenza, convinto The Chief che aveva gratificato il minore con un sorriso mentre quello aveva assunto una vera e propria espressione d'orgoglio. Per un attimo fui curiosa di sapere quale mirabolante consiglio – ci stava prendendo gusto, a quanto sembrava – Ourkid avesse dato, però poi mi dissi che certi fenomeni sono belli proprio perchè hanno il loro alone di mistero. Insomma, una cazzo di aurora boreale la guardi, mica ti chiedi perchè abbia tutti quei colori.

 
- Ripetimi ancora che accidenti ci fai qui – mormorai a denti stretti mentre guidavo attraverso le strade di Sheffield, diretta verso la periferia.
- Semplice: è stata una mia idea – fece serafico Liam sorseggiando la sua lattina di birra. Lo guardai in tralice, solo perchè non potevo fissarlo apertamente dato che questo avrebbe messo in pericolo la vita d'entrambi – avevo fatto una cosa del genere con Guigsy sulla M3, e ancora mi chiedo come abbiamo fatto a mancare quel tir; forse s'era spostato grazie all'onda sonora emessa dal grido del bassista -.
- Ma è mio padre! - esclamai costernata, battendo sul volante per esaltare il concetto. Mi si inserì la freccia, fanculo.
Liam si limitò a fare spallucce, un bel chi se ne frega che era il suo solito quando non aveva una buona motivazione da addurre a qualsiasi sua azione. A volte pensavo che infondo davvero non sapesse perchè faceva alcune cose, era solo pura carne, ossa e istinto e voce, più un pizzico di coglionaggine, il tutto rivestito con un bell'incarto.
Una decina di minuti dopo l'avvertii che eravamo arrivati all'indirizzo indicato sulla lettera di zia Beth e lui parve risvegliarsi dal torpore in cui s'era avvolto mentre osservava con occhi ciechi il paesaggio fuori dal finetrino. Ci trovavamo in una bella zona residenziale, con casette dalle ampie finestre, un po' tutte simili ma ognuna con il suo particolare a distinguerla. La caratteristica di quella al numero 11 di Barkley Road, che ci trovammo a fissare io e Ourkid, dopo aver fatto un centinaio di metri di strada dal parcheggio, era d'essere circondata da un giardino straordinariamente ben curato: prato verde, vialetto spazzato e una moltitudine di fiori a decorare le aiuole delimitate da blocchi d'ardesia.
- A quanto pare non hai ereditato il pollice verde da Mr. Rob Lane – commentò Ourkid, e io per abitudine lo fulminai con gli occhi, ma in realtà ero occupata a scrutare ogni singolo dettaglio di quella casa. Vagamente udii Liam dire – Ehi, che ci devo fare se sei riuscita pure ad ammazzare il bonsai che t'ha regalato Maggie? -, ma era solo un rumore di sottofondo. Chissà perchè mi ero immaginata un quartiere grigio e una palazzina, una rampa da salire fatta di cemento e una porta d'appartamento consunta a cui bussare, invece era davvero bella. Continuai a guardare, forse alla ricerca persino lì del motivo per cui quel Lane avesse lasciato mia madre, non avesse pensato neppure per un momento d'aver potuto magari averla messa incinta, e che poi sarebbe nata una bambina. Ero talmente persa in quelle assurde riflessioni che non m'ero accorta che sul tappeto d'erba erano posati degli strumenti per il giardinaggio e allo stesso modo quasi non notai, se non all'ultimo, che un uomo si stava dirigendo verso di noi reggendo una grossa pianta. Rimasi con il fiato intrappolato nei polmoni e pure Ourkid la smise di farneticare. Appena mise giù il sempreverde spuntò da dietro i rami una capigliatura rosso intenso. Questa almeno fu la prima cosa che notai, prima che una miriade di informazioni mi colpissero confusamente il cervello: alto, mani grandi, leggermente sovrappeso, stempiato, abiti casual, viso rubicondo, sui quarant'anni, maglione blu. Lui non pareva essersi accorto di due sconosciuti che lo fissavano insistentemente, troppo preso nel trapiantare l'alberello che aveva trasportato. Sentivo la gola arida, e per istinto m'aggrappai alla cosa più vicina, ovvero il braccio di Liam. Sentii la strana sensazione che m'ero portata appresso in quei giorni animarsi. - Scusi – feci esitante e lui fulmineo alzò lo sguardo, aveva gli occhi castani. Poi l'incantesimo fu interrotto, giunse di corsa dal retro della casa un ragazzo più o meno della mia età, coi medesimi capelli rossi - Pa', la mamma dice che è ora che la smetti con il giardino, è tutto il giorno che ci lavori -, fece una pausa in cui riservò un'occhiata distratta e un po' incuriosita a me e Liam - Ah, e ti chiede se vuoi il tè -
Rob Lane si sfregò le mani sporche di terriccio, - Certo, certo. Lo Yorkshire per me – corrugò le sopracciglia in una maniera che trovai caratteristica, - tua sorella dov'è? -
Il ragazzo alzò le spalle – E che ne so, sarà in città con le amiche. Ha tredic'anni ormai, mica devo farle da balia – dopo di che rientrò in casa, soffermandosi solo per poco un'altra volta su di noi. Stavo ancora fissando la porta da cui era sparito, una mano al viso chidendomi quanto fossero simili I nostri lineamente quando mi resi conto che l'uomo mi stava guardando. - Stava forse dicendo qualcosa? - domandò con un mezzo sorriso di circostanza, quello che si riserva agli sconosciuti.
Mi guardia un attimo attorno, mi strinsi le labbra sino quasi a farle scomparire, - Niente -, guardai il cortile e mi sfuggì un sorriso, - Volevo solo dirle che ha proprio un bellissimo giardino -. Qualcosa dentro di me morì. Ma lui parve sinceramente lusingato, e la sua espressione si scaldò, - E' il tempo di qua che rende tutto più facile, quando vivevo ad Edimburgo i fiori non venivano così colorati -. Questo era troppo. Mi limitai ad annuire, e anche lui capì che qualcosa non andava, vi fu un secondo di silenzio in cui avrei voluto andarmene ma non ci riuscii, allora parlò di nuovo, questa volta rivolto a Liam però: - Ha proprio una ragazza molto carina, fa bene a tenersela stretta – disse indicando il braccio di Ourkid che ormai si era serrato a me, - Non sa cosa sarebbero disposti a fare li uomini di Sheffield per un qualcosa di così grazioso -. Poi guardò ancora me, al che io feci lo sforzo più grande per sfoderare un sorriso di congedo e infine andarmene davvero lasciando persino Liam di stucco, che mi raggiunse solo dopo qualche secondo e aver mormorato una qualsivoglia forma di cortesia a Rob Lane prima di rincorrermi.
Feci in tempo appena a girare l'angolo che venni afferrata per il polso, - Dove vai? - fece basito Liam. Scossi la testa, come se il movimento bastasse a sbrogliare la matassa di pensieri che li dentro si aggrovigliavano, - In un qualsiasi posto che non sia qui -. Ad essere sinceri avevo proprio preso la prima strada che m'era capitata, l'auto era persino nella direzione opposta.
- Tutto qui? Gli dici che è bello il suo fottutissimo giardino e basta?! -, parlando mi scosse un po' il braccio così io lo ritrassi immediatamente, mettendomi sulla difensiva, pronta già a scoprire le zanne quando qualcosa dentro mi mancò, come se improvvisamente sentissi il peso di una stanchezza alimentata da tutti quei giorni d'aspettativa. - Non hai visto? – mormorai infine, scuotendo piano la testa – Ha un figlio della mia età, vuol dire che quando aveva incontrato mia madre Lane stava già con sua moglie...sono felici –, aggiunsi dopo una breve pausa, – perchè dovrei voler rovinare la loro esistenza? Così è meglio per tutti -
Vedevo che Liam avrebbe voluto ribattere qualcosa, ma si trattenne, infine indicò in direzione del parcheggio ma io non accennai a muovermi minimamente. - Ho capito – asserì – Do un colpo di telefono a Meggie, ci si vede più tardi al concerto – e tornò verso Barkley Road. Una parte di me di dimensioni non indefferenti avrebbe voluto accompagnarlo, anche solo per ripassare davanti a quella casa, magari rivedere Rob Lane che finiva di sistemare quell'alberello, magari rovinargli la vita... Diedi un taglio netto a quell'idea e mi dissi che non l'avevo conosciuto per vent'anni e che avrei potuto benissimo fare così per altri venti. Stavo giusto facendo questa considerazione quando i miei occhi colsero una figura famigliare dall'altro lato della strada, che diam...? Noel prese a camminare verso di me, evitando una berlina rossa giusto prima di raggiungermi sul marciapiede. Provai ad articolare una sola parola ma non riuscivo a decidermi su quale usare, quindi mi prese lui in contro piede: - Non avrai mica pensato che t'avrei lasciata andare da sola con Ourkid? -
Avrei potuto fargli una bella sfuriata perchè non si era fatto i cazzi suoi, ma non mi rimaneva la forza mentale per far altro che non fosse poggiare la testa tra la sua spalla sinistra ed il collo, lasciando le braccia inerti lungo i fianchi. Lo sentii irrigidirsi un poco, non se lo aspettava e di norma Noel Gallagher non era molto pratico nell'abbracciare gente, sopratutto me e in quel genere di situazioni. Si limitò a mettermi una mano sulla schiena, e mio malgrado sorrisi per quanto sapeva essere impacciato a volte. - Come facevi a sapere dov'eravamo? - chiesi non veramente interessata, solo per distrarmi dato che il cervello continuava a ripropormi l'immagine di quella perfetta villetta.
- Io so sempre tutto -
Gli tirai un colpetto, al che lui ridimensionò le sue manie di omniscienza – Me l'ha detto Liam -, si scostò un po' da me e indicò il sopracciglio destro, – Mi è costato questo -. Era spaccato e sinceramente in quei tre giorni non c'avevo fatto caso, forse perchè erano così folti... in ogni caso si spiegava pure il labbro rotto di Ourkid: si dovevano essere accapigliati dopo che avevo lasciato la sala d'albergo a Parigi. Tornai con la testa contro la sua spalla, indifferente come prima.
- Che hai intenzione di fare? - mi chiese dopo un paio di minuti, vedevo con la coda dell'occhio che la gente ci guardava strana per via di quell'improbabile posizione che avevamo assunto, - Be' oltre ad usarmi come pilastro d'appoggio – ghignò.
Arricciai il naso e strinsi gli occhi, come se a pensare ad un futuro mi facesse del male fisico – Non so –, sospirai, – Voglio solo riiniziare a girare per il mondo, andare ogni volta in un posto dove non so neppure se sarà giorno o notte -. Mi ci voleva proprio della sana vita da tour.
Noel emise una risata leggera, ma che da dove ero io potevo sentire benissimo fargli vibrare il petto – No, intendo cosa farai ora, in questo momento -. Quella frase chissà perchè mi diede la forza di scostarmi da lui, sperando che le gambe non mi tradissero, lasciandomi cadere.
- Solo... -, diedi brevemente un'occhia all'angolo da dove ero arrivata, oltre cui c'era la strada, la casa, mio padre, - ...non guardare indietro – dissi a bassa voce, ma con fermezza – Continuare a camminare, ecco cosa farò –, mi morsi per un secondo il labbro prima d'aggiungere: - Stasera non ci sarò al concerto -.
Noel appariva estremamente confuso, come pure prima suo fratello, ma feci appena in tempo a scorgere quella sua espressione che stavo già camminando, decisa ad andare quanto più possibile lontano da Berkley Road. Ne sentivo proprio il bisogno fisico. In testa mi continuavo a ripetere che mi sarebbe bastato camminare, camminare senza meta fino a che non avessi consumato la suola delle Converse.

 

Take me to the place where you go
Where nobody knows if it's night or day
Please don't put your life in the hands
Of a Rock n Roll band
Who'll throw it all away


- Tu hai idea di quando inizieranno a registrare? - mi chiese Jason, un tecnico delle chitarre – be' in effetti non era un semplice roadie, era stato il tecnico delle chitarre di Johnny Marr, mica cazzi – mentre ci dirigevamo verso la sala dove gli Oasis stavano provando. La domanda mi parve quindi un po' stupida, fatta da un tipo come lui, dato i recenti avvenimenti. - Be' penso che prima dovremo trovare un buon batterista -. Già – attenzione, signore e signori – McCarroll era stato definitivamente lincenziato, inutile dire come la mia persona non fosse minimamente toccata da quell'avvenimento. La cosa era scoppiata subito dopo l'esebizione con Some Might Say a Top Of The Pops, il batterista aveva avuto uno scontro ravvicinato con Liam e dopo poche ore s'era trovato fuori dalla porta. Messa così poteva sembrare una decisione presa all'improvviso, ma la verità era che Noel me ne parlava da tempo di buttare fuori McCarroll e pure lui poteva intuire di non essere molto ben visto da The Chief, che non a caso durante le interviste si divertiva a non citarlo neppure, come se non avesse fatto parte della band. Era anche meglio così, ora agli Oasis serviva un vero batterista per poter registrare il nuovo album, però l'annuncio della dipartita di McCarroll – che era stato dato proprio mentre il singolo invece raggiungeva il numero uno, strana la vita - era roba vecchia di sole ventiquattr'ore, per cui Noel aveva ancora un po' di respiro per scegliersi il suo nuovo uomo.
- Io stavo pensando a White -
Presi un sorso dala mia tazza di tè, - Il batterista di Paul Weller, Steve White? -
- No, no, il fratello minore, Alan -
- Ah sì, avevo sentito Noel parlarne bene quando l'aveva visto suonare per Idha -, l'espressione di Jason mi sembrava perplessa – Ma sì, la cantante svedese –
- Quella che si vede con Andy Bell dei Ride? - domandò ancora un po' troppo ingenuamente per i suoi standard. - Esatto – risposi mentre aprivo la porta della sala prove, i ragazzi che stavano evidentemente cazzeggiando dato che Bonehead era alla tastiera a suonare Imagine, stavo per scherzarci su quando Noel prese a suonare accordi diversi da quelli di Lennon, per l'esattezza quegli stessi accordi che aveva suonato ripetutamente per settimane. Il mio cervello riuscì soltanto a registrare che - diamine! - alla batteria c'era proprio Alan White e a dare un'occhiataccia a Jason che se la ghignava sotto i baffi, prima che Noel iniziasse a cantare. Poi non capii più nulla, persi la cognizione d'ogni cosa tra una nota di basso di Guigsy ed il tintinnare del tamburello di Liam che ritmico accompagnava le parole del fratello, parole che una ad una mi giungevano alle orecchie come se le avessi sempre conosciute, come se fossi io a raccontare la mia vita e non Noel a cantarmela. All'inizio pensai fosse una coincidenza, mi lasciai sfuggire un sorriso quando citò una frase proprio dello stesso Lennon che annunciava che avrebbe fatto partire una rivoluzione dal suo letto, ma poi arrivò il ritornello e lì, qualcosa mi si infranse contro, come un'onda del mare che mi spogliò di ogni cosa: Noel stava cantando di me. E di mia madre. Per un momento sentii che un'immensa rabbia dentro di me stava per esplodere, ma poi trovai lo sguardo di Ourkid che continuava a suonare il suo – inutile – strumento e mi bloccai sino a quando arrivarono le parole che chiarirono tutto. Le stesse parole che Noel ripetè più volte alla fine della canzone – But don't look back in anger, don't look back in anger I heard you say, at least not today... -, vi fu un solo singolo fottuto secondo di silenzio prima che io lo stringessi in un abbraccio come mai avevo fatto, completamente incapace di pensare a cosa volessi fare: piangere, gridare, picchiarli, ringraziarli, ridere. Qualcosa mancava però, per cui alla cieca allungai un braccio e arpionai pure Ourkid, che se ne stava lì col suo tamburello, così che potei stritolarli entrambi cercando di annullare in quel modo il bisogno di ogni parola.
- Puoi anche solo dire grazie, invece di soffocarmi – protestò Liam, quindi alla fine li liberai schioccando ad entrambi un bacio, uno sulla guancia per Ourkid e uno sulle labbra a Noel che pareva inebetito da quella mia reazione così espansiva. Dopo un paio di secondi notai come tutti nella stanza mi stessero guardando, per via del mio comportamento, per via di quella stupenda canzone di cui però non coglievano il significato più profondo, per via di quelle effusioni che mai avevamo avuto esplicitamente. Ricambiai la loro occhiata curiosa e infine fissai il mio sguardo su Alan White, - E così abbiamo un nuovo batterista? -.

 

Got I start the revolution from my bed
'Couse you said the brains I have went to my head
Step outside 'couse summertime's in bloom
Stand up beside the fireplace
Take that look from off your face
'Couse you ain't ever gonna burn my heart out


Agosto 1986
Sta piovendo, gli scrosci d'acqua sopra il tetto della casa sono come piccoli torrenti. Piove da giorni ormai, forse da tutta l'estate. E' notte fonda ma sono ancora sveglia, in camera mia cercando di tirar fuori gli accordi di Waterloo Sunset dalla chitarra, ma non mi riesce. Dalla finestra vedo la luce di un auto, è la polizia. Getto la chitarra sul letto e scendo rapida le scale, i piedi nudi sulla moquette, in testa il pensiero che forse hanno trovato mamma. Rumore di tuoni.
Sono in veranda, apro appena la porta per poter sentire che dicono i poliziotti a papà e a zia Beth che con quel pancione mi toglie parecchia visuale.
- L'auto era ridotta a sole lamiere – fa uno. Beth emette un verso, ma non capisco bene, la pioggia confonde tutto. - I medici hanno provato ma...- aggiunge l'altro tipo in divisa. Non capisco perchè non continui la frase, come sta mamma? - Condoglianze, Mr. Sheen – riprende l'altro. Questa volta lo sento chiaro come fosse mio il singhiozzo di zia Beth.
- Chi ha provocato l'incidente? - chiede papà.
- Non pensiamo sia stato un incidente: non c'erano segni di frenata -.
Il giorno più brutto della mia vita.

 

So Sally can wait, she knows its too late as she's walking on by
My soul slides away, but don't look back in anger I hear you say


Avevo detto a tutti che dovevo andare fuori a fumare, in realtà mi serviva tutto il contrario: una buona boccata d'aria. Ancora non riuscivo a credere alle parole e alla musica di quella canzone, mi ci sarebbe voluto un bel po' ad abituarmi all'idea che il nome di mia madre sarebbe stato cantato da...quante persone? Gli Oasis ormai erano davvero parecchio famosi, soprattutto ora con il singolo al numero uno, migliai di persone, forse decine di migliai, in ogni caso parecchie. Mi ritrovai a vagare per la strada sino a quando non mi scontrai proprio con l'immagine del singolo di Some Might Say che mi fissava dalla vetrina di un negozio. Sulla copertina c'era una scena da sobborgo di città inglese: un uomo con cariola, un mendicante – ci credereste che quel barbone era Liam? Quanto avevamo riso a vederlo conciato così! - e Noel sopra di un ponte. Mi ero quasi dimenticata come fosse, talmente ero stata presa da altri pensieri in quei giorni ed effettivamente non avevo neppure mai visto il CD fisico, e fu forse questo a spingermi ad entrare nel negozio e a prenderlo in mano. Lo osservai in ogni suo dettaglio come avrei fatto con il disco di una band che non conoscevo, sino a quando lessi le B-Side.
- Cass! -, mi voltai rapida, Noel era entrato a sua volta – Stiamo andando al pub coi ragazzi – finì di dire, ma s'accorse di cosa avevo per le mani e repentinamente assunse un'espressione seria. Vi fu un lasso di tempo silenzioso e alla fine i miei occhi cedettero alla tentazione di riguardare il retro del CD, come per accertarsi di non aver letto male la prima volta. Acquiesce. Non avevo mai sentito tra i demo una canzone che avesse quel nome, il mio nome. Noel negli ultimi mesi aveva avuto parecchie Untitled per cui non riuscivo neppure a ricollegarla ad un testo o a una melodia. Non sapevo veramente che dire, forse prima d'esprimermi avrei avuto bisogno di sentirla, quella canzone. Infine dovetti incrociare di nuovo il mio sguardo con il suo, - E' per te – disse con uno strano tono, che mai gli avevo sentito usare prima e che non mi aiutò certo a scegliere cosa rispondergli, non sapevo cosa la gente normale replicasse quando qualcuno le dedicava una canzone. Sbattei le palpebre un paio di volte, - Grazie – feci alla fine, abbastanza incerta. Rimisi giù il CD, quella situazione era decisamente scomoda per entrambi, guardando fuori vidi che nel cielo si stavano caricando grossi nubi temporalesche, provai ad uscirne: - Muoviamoci, sta arrivando la pioggia -.
Come se a due Northener fosse mai importato del maltempo.

Don't look back in anger
Don't look back in anger
Don't look back in anger
At least not today


 

Se siete arrivati sin qui, complimenti: avete perso almeno una diottria, ma avete finito questo capitolo insolitamente lungo e pieno di Angst! Passando alla parte tecnica, la canzone del capitolo è straconosciuta, ed è il primo singolo e la prima traccia di un album ad avere Noel alla voce. E' stata scritta (leggenda vuole) il 18 d'Aprile e suonata per la prima volta il 22 proprio a Sheffield quando ancora era in fase embrionale http://www.youtube.com/watch?v=l3AgQiyOLws  ed il pezzo ceh fa "so sally..." è stato suggerito da Liam a Noel
mentre così è da finita, vi metto un live perchè è come rende al massimo http://www.youtube.com/watch?v=jBbyc3t-Ctc  con Natale emozionato perchè torna dopo 20 anni in uno stadio in cui era stato da roadie :)
McCarroll è stato davvero licenziato subito dopo TOTP anche se non si sa bene quale sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e dopo fu preso appunto Alan White fratello del batterista di Paul Weller (The Jam, Style Council). Anche tutta la storia della cantante svedese è vera e pure Jason esiste davvero, e poverino io lo continuavo a chiamare al concerto di Noel LOL l'ho traumatizzato, penso.
Penso sia tutto, mi scuso per la massiccia presenza di angst in questo capitolo, ma spero apprezzerete :D Ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono :))) Thanks, always
Cheers^^ Ps: dimenticavo, questo è Richard Ashcroft, mente e voce dei Verve (A Northern Soul, Urban Hymns se avete voglia di ascoltare della gran bella musica). Questa foto la adoro, perchè è sfocata, perchè questi due erano high as a kyte, perchè era il 1995 e questa era la Cool Britannia



   
 
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