Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: fragolottina    23/01/2012    3 recensioni
'Anche io ho baciato solo una persona ed avrei voluto continuare a farlo…'
Era stata la prima volta che lo aveva sentito parlare ed anche la prima volta che il sapore delle lacrime gli aveva ricordato qualcos’altro.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sora 2 questo capitolo mi piace proprio tanto...
a parte il fatto che la piantiamo con tutti quei capitoletti spezzettati che, ok, che non mi veniva in mente nessun modo per scrivere tutte quelle cose che avevo intenzione di scrivere, ma non se ne poteva più!
questo è denso, lineare, si parla di Axel e Roxas... insomma, ha tutte le carte in regola per essere nel mio cuore...
poi io sono la scrittrice, gli voglio bene per contratto... giudicate voi!

Capitolo 14

Un ‘toc,toc’ familiare e strano allo stesso tempo lo fece svegliare. Roxas si tirò su e si guardò intorno spaesato, toccandosi in modo compulsivo addosso per essere sicuro di essere ancora lì; era ancora lì, tra le lenzuola fresche e profumate di Axel, ma, con suo sommo dispiacere, di Axel non c’era traccia.
    Qualcuno bussò ancora e lui rotolò giù dal letto, inciampando nelle proprie scarpe e finendo a terra. Cielo, era un disastro, sembrava un bambino imbranato, altro che chiave del destino.
    Si fermò improvvisamente in piedi al centro della camera, ignorando chiunque lo stesse aspettando fuori: era ancora la chiave del destino? Si studiò il palmo, concentrato a cercare qualche segno sulle sue mani; aveva ancora i calli alla base delle dita, i calli di Sora e, quindi, anche suoi.
    Scoprì di non volerlo sapere, non ancora.
    Raggiunse la porta e, durante il tragitto, sperò che fosse Axel, anche se temeva che si trattasse di Leon o Aeris che lo avrebbero sgridato perché era fuggito. Quasi, quasi gli mancava il disinteresse per i cavoli suoi dell’Organizzazione; senza missioni impellenti, lui ed Axel si erano fatti giornate interminabili di sesso e nessuno era mai venuto a rompere. A parte Xion, qualche volta, ma perché era ingenua ed era l’unica a non aver capito le dinamiche del loro rapporto di ‘amicizia’.
    Era Riku.
    «Ciao.»
    Roxas rimase in silenzio fissandolo, poi l’istinto gli suggerì di stare attento: i suoi incontri con Riku non erano mai stati esattamente amichevoli. Fece un passo indietro, pronto a prevedere ogni sua eventuale mossa.
    Ma lui allargò le braccia per mostrargli che era disarmato e che non aveva intenzione di armarsi. «Non voglio farti del male.» lo tranquillizzò.
    Roxas rise e si rilassò. «Non puoi, l’ultima volta hai barato ed ora non puoi più farlo.» rise di più, valeva la pena avere una voce propria per ricordargli come erano davvero andate le cose. Riku non era il più forte, probabilmente non lo era nemmeno contro Sora, solo che lui gli voleva bene e non si impegnava mai davvero. Era stato nella sua testa, lo sapeva.
    Lo vide trattenere un risposta velenosa. «Voglio notizie di Sora, tu sai perché non si sveglia, vero?»
    Abbassò lo sguardo, se il prezzo da pagare era Sora, forse non ne valeva così tanto la pena. «Entra.» si scostò dalla porta. «Ti conviene sederti.»
    Gli raccontò tutto, soltanto perché era il migliore amico di Sora e perché se quello rimasto di là fosse stato lui, sapeva che avrebbe affrontato ogni possibile – e probabile – scatto d’ira di Axel, ma gli avrebbe raccontato la verità.
    «Il ricordo di Axel mi ha portato qui. Se lui non ricorda né te, né Kairi non so proprio come possa fare.»
    ‘Casa è dove è Kairi’, quante volte lo aveva ripetuto?
    Riku chiuse gli occhi ed appoggiò la fronte sul tavolo, i capelli gli scivolarono addosso nascondendo il suo viso ed ogni suo dolore. «Ho tentato di ucciderlo, credo bene che abbia voluto dimenticarmi, ma Kairi…»
    «Non l’ha fatto per quello.» allungò una mano e gliela appoggiò sulla schiena. «Lui ti voleva davvero bene e ti aveva davvero perdonato, lo ha fatto perché voleva che fossi stabile, siete il ricordo più forte che ha!»
    Lui non si mosse.
    «Se dico a Kairi che Sora ha barattato lei per il tuo corpo morirà di dolore.» mormorò ancora, la voce ovattata da quella posizione.
    Roxas chiuse gli occhi. «Non dirglielo.» sentì Riku muoversi e tirarsi su, aprì gli occhi per fissare i suoi verdissimi, ma non verdi come quelli di Axel. «Portala a casa, dille che tornerai a controllare e che comunque, se ci fossero novità, vi contatterei.»
    «Vuoi che menta a Kairi?» gli domandò ad occhi sgranati.
    Lui ruotò gli occhi al cielo esasperato. «Non per mettere il dito nella piaga, ma hai fatto di peggio.»
    «Ma mentire a Kairi.» ripeté sconvolto.
    «Adesso è l’unica cosa da fare, se non te la senti ci parlo io.» disse deciso.
    Per alcuni secondi si fissarono e basta, poi Riku annuì. «No, lo faccio io.»
    «D’accordo.» sospirò.
    Lo guardò alzarsi, sconfitto, ed avvicinarsi alla porta. Si fermò con una mano sul pomello, senza guardarlo. «Ascoltalo, Roxas.»
    «Nh?» sbottò con sguardo interrogativo.
    «Lui ti ha tenuto in vita ascoltandoti, forse devi soltanto ascoltare.»
    Roxas annuì. «Lo farò.»

Quando Axel tornò a casa, dopo che Riku gli aveva chiesto di lasciarlo solo con Kairi, trovò Roxas rannicchiato tra il comodino ed il muro della camera da letto in compagnia di Oblivion. Gli si accucciò vicino e lo osservò, inizialmente non si mosse né parlo, poi: «Riku è stato qui.» gli spiegò continuando a non guardarlo.
    «Lo so.» annuì. «Mi aveva chiesto di badare a Kairi per venirti a parlare.» aspettò che l’altro aggiungesse qualcosa, senza risultato. «Aeris e Leon sono agitatissimi perché non sanno dove sei e come stai.»
    «Sto bene.» disse seguendo l’asta di Oblivion con le dita, dal manico alla punta.
    «Davvero?»
    Gli allungò un braccio. «Tocca. È tutto apposto.» bofonchiò.
    Axel non lo sfiorò, indispettito dalla sua glacialità, ma non si lasciò neanche allontanare; nonostante i suoi tentativi di essere scorbutico con lui, sapeva che era con sé stesso che ce l’aveva. «Non è colpa tua.» cercò di consolarlo e, anche se non avrebbe voluto, rimpianse il Roxas che gli si strusciava addosso la sera prima.
    Lasciò andare una mezza risata. «Ah, no?» gli domandò lanciandogli un’occhiata derisoria.
    «Non l’hai obbligato.»
    «E invece si!» gridò fuori di sé, lasciando che Oblivion scomparisse. «L’ho portato qui, l’ho costretto a baciarti, l’ho costretto a litigare con Kairi e con Riku, l’ho costretto a combattere contro i suoi migliori amici.» si mise le mani tra i capelli. «L’ho pungolato, infastidito, stuzzicato così a lungo da esasperarlo, da fargli perdere sé stesso. Io l’ho obbligato.» balzò in piedi talmente in fretta che Axel perse l’equilibrio – al quale, comunque, non era così attento – e finì seduto per terra.
    Axel era un tipo stranamente paziente e razionale, quindi mantenne il sangue freddo, nonostante avesse voglia di dargli una manata; riusciva quasi a vederla, la psiche autonoma di Roxas, cercare in tutta fretta di prendere possesso del proprio nuovo corpo, di tutte le emozione che non si preoccupava da tempo di gestire, perché filtrate da Sora. Sospirò appoggiando le braccia dietro di lui per puntellarsi, fissandolo da sotto in su in attesa. Non fece domande, lo conosceva abbastanza da sapere che l’avrebbero soltanto spinto a diventare più ingestibile.
    La migliore difesa che aveva Roxas contro ogni problema, contro ogni dolore, era la solitudine. Quindi si limitò a guardarlo uscire da casa sua sbattendo la porta, sperando che tornasse e di non trovare da qualche parte, in una busta, un bastoncino del ghiacciolo con scritto ‘Hai vinto’.

Tifa lo guardò sorridendo con un sacchetto in mano. Stranamente quel giorno raccogliere cose già distrutte o frantumare cose ancora non abbastanza distrutte, gli andava decisamente a genio. Roxas era sempre stato un concentrato di confusione, con il tempo ci si era anche abituato ed il suo autocontrollo e la sua innata calma, bilanciavano i suoi sbalzi di umore. Solo che anni senza averlo intorno glieli avevano fatti dimenticare.
    Perciò guardò Tifa, guardò una bella ragazza, sicuramente femminile e prosperosa, considerando l’idea di tornare ad occuparsi di donne. Era stato a letto con Larxene, sapeva cosa fare e come funzionava.
    «Come è andata la nottata?» le domandò lei quando fu abbastanza vicino.
    Axel si tirò indietro i capelli. «La nottata bene. Poi si è svegliato.»
    La ragazza rise e sollevò il sacchetto che aveva in mano per mostrarglielo. «Ti ho portato il pranzo.»
    «Anche a me?» si mise in mezzo Isa.
    Axel la guardò chiedendosi se avesse davvero accettato l’idea di frequentare degli ex Nobody, o se era gentile con lui soltanto per empatia. Tifa lo studiò con i suoi occhi rossi ed improbabili. «Riusciremo a dividere tutto in tre porzioni.» acconsentì infine.

«Ce l’hai fatta.»
    Roxas si girò frugando con gli occhi tutto il giardino interno, stranamente deserto, e strinse il pugno afferrando l’elsa di Oblivion. Finalmente lo vide, era Even, appoggiato al muro con le braccia incrociate sul petto. «Ho sempre saputo che scommettere su Xion non era la cosa giusta da fare. Sei sempre stato tu a condurre il gioco.»
    Un gioco. Xion era morta tra le sue braccia, Roxas era stato intrappolato nel cuore di Sora, che aveva visto morire Axel per salvare il proprio riflesso negli occhi di lui, che poi era rimasto intrappolato nell’oblio. E lui definiva quel massacro un gioco.
    «Tu sai perché non si sveglia, vero?» gli chiese conoscendo già la risposta.
    «Mi sembra evidente.» allungò una mano e Roxas si trovò circondato da un gruppo di Simili.
    «N-non…» deglutì guardandoli con orrore, quell’incubo sarebbe dovuto essere finito. «non è possibile.»
    Even rise. «Certo che no, sono soltanto delle copie. Dei giocattoli da allenamento, vediamo se ti ricordi come si fa.»
    Strinse più forte Oblivion fissandolo, solo un gruppo di copie di Simili, poi finalmente avrebbe potuto occuparsi di lui. Un ‘giocattolo’ – come li definiva lui – lo attaccò, stranamente diretto per trattarsi di uno di loro, ed il ragazzo non ebbe problemi a colpirlo e distruggerlo. Fece lo stesso con il secondo.
    Era troppo semplice, mentre schivava un tentativo incredibilmente maldestro di ferirlo, lanciò un’occhiata curiosa ad Even; se intendeva metterlo in difficoltà, per un qualche motivo, avrebbe dovuto impegnarsi di più. A Twilight Town quei mostriciattoli li aveva colpiti anche con una mazza da struggle; ora che aveva i suoi keyblade di certo non gli facevano paura.
    Studiò gli ultimi due pronti per assalirlo ancora, colpì il più vicino immediatamente, poi saltò all’indietro per sorprendere alle spalle l’altro e finirlo.
    Solo a quel punto realizzò. Nella mano destra c’era Oblivion, come era sempre stata, nella sinistra Oathkeeper era lucente.
    Even rise. «Capisci ora?» disse avvicinandosi e sfiorando la chiave di Sora che incredibilmente aveva risposto al suo richiamo. «Ora tu sei quello che Sora è stato. Per uno di voi che resta, l’altro se ne va.» Roxas sollevò il viso e lo guardò spaventato. «Non c’è modo perché possiate coesistere.» disse fissandolo, gli premette le dita al centro del torace. «Quello che ti batte nel petto, è il cuore del keyblade master.»
   
Si sedette su una sedia e lo guardò, non lo aveva mai guardato di persona, perché non erano mai stati faccia a faccia. Avrebbe voluto ridere con lui, giocare, parlare; il brutto di essere rimasto così tanto dentro di lui era che tra loro si era formato un contatto speciale. Sora era l’unico che lo sentiva, l’unico con cui parlava e – perché no? – anche l’unico con cui litigava. Per anni Sora era stato la sola persona a sapere che esisteva e, ascoltandolo e rispondendogli, l’unico a garantire la sua esistenza.
    Gli aveva dato i limiti di un cuore, di una coscienza, l’aveva fatto a tavolino, sconvolto da tutte le idea contrastanti che gli passavano per la testa: ‘Axel nudo è un sogno tuo, Kairi che mi fa lo streaptese riguarda me’; ‘la rabbia indimenticabile per Riku, per come ti ha ingannato ed imprigionato è tua, l’affetto e la tristezza per un rapporto che si sfalda sempre di più, miei’. E così via, pensieri che gli dicevano chi era.
    Per assurdo, avere un corpo, ma non avere Sora non bastava a dirgli chi era.
    «Devi trovare il modo di tornare. Qui è un casino.» mormorò prendendogli una mano. «Mi hai scaricato tutti i tuoi problemi, non è mica giusto, sai?» la pelle di Sora era abbronzata e scura, quella di Roxas pallidissima, eppure in quel momento era lui quello più caldo. Lo guardò aspettandosi davvero, che potesse dire qualcosa, poi lasciò cadere la testa sul suo materasso.
    Si leccò le labbra, bagnate e salate, e si diede dello stupido per aver parlato in quel modo ad Axel, quando era tanto evidente che avesse bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi.
    «Puoi aggrapparti a me…» Roxas sollevò il viso di scatto. «io mi aggrapperò a te, giusto per un secondo.»
    «Io…» era una figura sbiadita e poco distinta, tra le lacrime che gli velavano gli occhi, ma non era la vista a suggerirgli il suo nome. ‘Insultami, uccidimi, odiami.’ «m-mi dispiace.»
    Kairi si avvicinò si fermò davanti a lui, appoggiata al letto di Sora, tra le sue ginocchia. Frugò nella tracolla che portava appesa alla spalla fino ad estrarne un fazzoletto, poi gli prese il mento delicatamente con le dita, tenendogli il viso sollevato. «Ho visto un sacco di cose frugando nei vostri cuori…» sussurrò piano, asciugandogli gli occhi, poi le guance. «ho visto quanto eri preoccupato per Sora…» gli scostò i capelli dal viso, con dolcezza e Roxas pensò razionalmente e lucidamente che capiva Sora, capiva Riku e chiunque altro si fosse innamorato di lei: se gli fossero piaciute le ragazze anche lui l’avrebbe adorata. «ho visto quanto ami lui.»
    «Axel.»
    Annuì. «So che vuoi veramente bene a Sora, almeno quanto lui ne vuole a te.»
    Roxas gli lanciò un’occhiata. «Forse è stato il mio unico vero amico.»
    «Forse.» convenne. «Ma penso che si tratti di qualcosa di più.» seguì il contorno delle sue labbra umide con un dito, per poi tamponargli con il fazzoletto anche quelle. «Non lo abbandonerai, vero? Quando me ne sarò andata.» qualcosa si incrinò appena nei suoi occhi, la paura di un rifiuto, come se chiunque avrebbe mai potuto negarle qualcosa.
    «No, certo che no.» la tranquillizzò in fretta.
    «D’accordo.» si abbassò su di lui fino a posargli un bacio sulla fronte. «Aspetto tue notizie.» gli disse prima di andarsene.

Roxas rientrò tardissimo. Axel era già nel letto sveglio ed attento: lo sentì chiudere piano la porta, lo sentì lasciare le scarpe, lo sentì sospirare, lo sentì sedersi sulle coperte; ma non fece niente. Rimase immobile nel suo letto con gli occhi aperti fissi su di lui.
    Lo sentì scostare le lenzuola ed infilarsi sotto, rannicchiandosi nell’angolo più lontano da quello dell’uomo. «Lo so che sei sveglio.»
    Fece un mezzo sorriso invisibile nell’oscurità.
    «Kairi e Riku se ne sono andati. Sono voluto rimanere un po’ con lui.» spiegò piano, si fermò, ma Axel intuì che si trattasse di una pausa, non di una vera interruzione. «Even mi ha attaccato…» l’uomo si irrigidì. «cioè, non lui, ha usato delle copie di Simili.»
    «Stai bene?» gli chiese, avrebbe dovuto uccidere di nuovo Vexen, era fastidioso che, per quanto ti impegnassi a far fuori qualcuno, c’erano sempre quei due o tre che tornavano.
    «Certo.» mormorò quasi indispettito che non lo ritenesse in grado di sconfiggere un mazzo di Simili. «Devo farti vedere una cosa, però non devi dirlo a nessuno, perché…» sospirò esasperato. «non lo so perché, ma preferisco che non si sappia.»
    Axel si tirò su ed accese la lampada accanto a letto, anche Roxas si mise a sedere, fece un profondo respiro, tremolante ed impaurito. «D’accordo.» lo tranquillizzò, infondo, lui era sempre stato piuttosto bravo a mantenere i segreti.
    Il ragazzo allungò una mano davanti a lui, la sinistra ed Axel capì cosa voleva mostrargli ancora prima che Oathkeeper gli comparisse nel palmo. Roxas lo fissò ad occhi sgranati. «Gli ho rubato tutto.»
    L’uomo sospirò senza sapere cosa dire. Certo, il fatto che fosse lui ad impugnare la chiave che era esclusivamente di Sora, costruita per Sora, non era un buon segno. Gli si avvicinò e si allungò per togliergliela di mano, ovviamente, senza più il contatto con il suo possessore, scomparve. «Non deve essere per forza così.» cercò di tranquillizzarlo, mentre lui continuava a stare ad occhi bassi. «Sora non era più il prescelto del keyblade, eppure era vivo, non è la chiave il motivo per cui non si sveglia.»
    «Non ha più il keyblade, non ha più i ricordi dei suoi amici più cari… non c’è niente che possa guidarlo!» esclamò stravolto.
    «Guidalo tu.» fu la semplice risposta di Axel. «Gli vuoi bene, si ricorda di te, ti vuole bene. Puoi essere tu.»

Roxas guardò il cielo, che brillava di stelle sopra a Radiant Garden. C’era il cuore di Sora lì da qualche parte, era smarrito, debole e solo, ma c’era e questo era l’importante.
    Chiuse gli occhi, dimenticò tutto, concentrandosi unicamente sul proprio battito regolare per estraniare ogni altro rumore, poi lasciò indietro anche quello. Sollevò il viso offrendo al loro legame un visione più totale di tutto quello che era lassù.
    ‘Ehi, mi senti?’

Il suo cuore iniziò a galoppare, poi Sora spalancò gli occhi. ‘Roxas’ fu la prima parola che disse.

oh! abbiamo resuscitato anche lui...
ancora non vi spiego l'inghippo, però vi assicuro che c'è e prima o poi lo scopriremo...
baci

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: fragolottina