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Autore: Smollo05    23/01/2012    2 recensioni
Siamo prigionieri di questo luogo. Prigionieri del tempo. Intrappolati nell’unico singolo instante di cui abbiamo memoria: quello che avrebbe potuto salvarci dall’oblio, quello di una decisione fondamentale. La scelta che ci avrebbe fatti ricordare in eterno.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non poteva esserselo immaginato. Non era una paranoia delle sue. Christopher tastò il pavimento accanto a lui alla ricerca della torcia, scarica. Prese ad agitarla furiosamente per caricare la dinamo, col cuore in gola.. Non poteva esserselo immaginato. Le note del piano gli rimbombavano ancora nelle orecchie, mentre illuminava il piano col fascio di luce. Non poteva esserselo immaginato. “Chi c’è?”, si era alzato in piedi, i sensi tesi al massimo. “C’è nessuno?”. Magari la villa era diventata la dimora notturna di qualche senza tetto, oppure – anche se non era superstizioso, sentì un brivido lungo la colonna vertebrale- era infestata dai fantasmi, il che avrebbe spiegato perché fosse rimasta disabitata per tanto tempo. Si guardò attorno. Il chiavistello era al suo posto e non c’era segno di scasso. Non bastò a rassicurarlo. Si avvicinò al mobile ed afferrò il candelabro di argento ossidato, frugò nelle tasche alla ricerca dello Zippo, benedicendo il fatto di aver ricominciato a fumare e accese ad una ad una le candele. Poi, con la torcia salda in mano, esaminò il pianoforte, premette qualche tasto a caso, cercando di ricordare la melodia. Non era un musicista, ma ricordava vagamente di aver già sentito quel motivo. Provò ancora qualche nota, ma gli ultimi tasti sembravano rotti: non emettevano alcun suono . Premette con più veemenza. Niente. Illuminò le macchine, chiedendosi quale fosse il problema. Senza capire granché, riuscì a individuare il problema in un pacchetto rettangolare che bloccava i martelletti. Lo rimosse con cautela e lo rigirò tra le mani. Era un plico di fogli ingialliti dal tempo, tenuti insieme da un filo cucito alla bell’e meglio. Sulla prima pagina, era stato battuto con la macchina da scrivere il nome “Giosuè Cardelli”. Christopher diede una scorsa veloce alle pagine poi, pregando che il suo italiano lo aiutasse, cominciò a leggere alla luce tremula delle candele. Lesse tutta la notte, ignorando le palpebre che minacciavano di chiudersi ad ogni frase e fu sorpreso dalla luce del mattino ancora con quei fogli in mano, seduto ai piedi del piano. 

“Dobbiamo andare via,qui crolla tutto!”. Si guardò intorno. Tastò le pareti. Non c’era via di fuga. Sarebbe morto lì, lo sapeva. “Non c’è modo!”. La figura indistinta ricoperta di polvere e calcinacci gli aveva teso la mano, ma per quanto lui tentasse di afferrarla, era sempre più lontana. “Non ci riesco,scappa!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Ma lei era ancora lì, non lo stava ascoltando. “Giosuè, corri!”. Si voltò e capì. Non stava chiamando lui. Nella foga della corsa, Giosuè non si era accorto che c’era qualcuno sulla propria traiettoria,Chris si accorse troppo tardi del suo arrivo, ma nel momento esatto in cui i corpi avrebbero dovuto cozzare l’uno contro l’altro, lo scrittore gli passò semplicemente attraverso, senza essersi accorto di nulla. “Ma che cazz…!”, il ragazzo si toccò istintivamente il petto. Che diamine stava succedendo? Improvvisamente un pezzo di cemento si staccò dal soffitto. Chris si gettò all’indietro per evitarlo, ma nel polverone aveva perso gli altri due. Aveva perso la sua unica possibilità di uscirne. Solo, si inginocchiò a terra. 

Chris si svegliò madido di sudore. La testa gli faceva dannatamente male e si maledì per non aver portato un’aspirina: perdere così tante ore di sonno non si era rivelata una grandissima idea dopotutto. Si massaggiò le tempie, cercando di tornare alla realtà, lui non era su un ‘Isola, lui non era un’invenzione, era reale. Sbadigliò guardando l’orologio da polso di plastica azzurra. Aveva perso già troppo tempo. Per prima cosa ispezionò la stanza nella quale si era addormentato, raccattò tutti gli oggetti di valore(a dirla tutta davvero pochi e Chris ebbe l’impressione che qualcuno l’avesse già razziata) e sistemò tutti i libri che aveva trovato in un grosso scatolone. Per buona misura ci mise anche tutte le pagine del manoscritto. Continuò controllando nel mobiletto all’ingresso: era vuoto tranne che per una vecchia macchina da scrivere semi arrugginita. Il ragazzo sussultò, aveva avuto sempre una passione smisurata per quegli arnesi e nonostante il laptop sul quale lavorava di solito, a volte riscopriva il piacere di scrivere alla vecchia macchina appartenuta a suo nonno. La tirò fuori con dita tremanti e l’appoggiò sul tavolo . “Chissà se funziona ancora …”, scrisse il suo nome, pensando che l’inchiostro si fosse seccato con gli anni. Per qualche assurdo motivo non era così. Si chinò a controllare sul foglio ingiallito. “Christopher von Galn”. Sorrise sotto i baffi e fece per allontanarsi e continuare il proprio lavoro, quando notò un’altra frase sul foglio. Qualcuno aveva già scritto prima di lui.

 “L’equilibrio era diventato instabile,mai nessuno aveva tentato con tanta intensità di andare via. Per quanto tentassi di frenarla,non riuscivo a dissuaderla. Sapevo che l’Isola sarebbe affondata e noi con lei. La sola possibilità era che …”.

  Una macchia d’inchiostro interrompeva bruscamente la frase. Girò il foglio cercandone la fine, ma le uniche altre parole sulla pagina erano quelle del suo nome, appena due righe più sotto. Era diventato parte del romanzo.
   
 
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