Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Avion946    25/01/2012    2 recensioni
Un anziano giornalista viene inviato a bordo del piroscafo Titanic per svolgere una importante delicatissima missione, a proposito della quale, alcune inforamzioni gli sono state volutamente taciute. Dovrà riuscire il protagonista a trovare una soluzione, muovendosi a bordo della nave e vivendo tutte le vicende collegate con il viaggio, dalla partenza al drammatico naufragio. Solo alla fine verrà fuori la soluzione attraverso un imprevisto, incredibile epilogo a sorpresa.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap VII Comincia a muoversi qualcosa Per rendere più agevole la lettura si consiglia di visitare questa pagina

Cap. VII^

12 aprile 1912 – Tempo del Titanic, ore 17.00

 

Non avendo un programma preciso per il pomeriggio, Russel a cui non andava nemmeno molto di affaticarsi ulteriormente, decise di salire semplicemente al piano superiore rispetto a quello della sua cabina, andando a visitare il ponte delle barche, ossia il livello dove, fra l'altro, erano sistemate le scialuppe di salvataggio. Poichè a quel piano si trovavano diversi ambienti, non rimase affatto sorpreso di trovare il luogo piuttosto frequentato. Inoltre , sulle due piste predisposte, si stavano svolgendo delle partite di shuffleboard con squadre composte da diversi giocatori che si impegnavano, incitati dal tifo più o meno discreto di parenti e amici.  Con grande curiosità si avvicinò alle scialuppe. Aveva la  possibilità di vederle da vicino, di toccarle, dopo averle viste tante volte in vecchie foto e filmati d'epoca. Erano in tutto 16 ed  avevano le misure di   m 9,15 di lunghezza per m 2,27 di larghezza. La profondita' di m 1,20 consentiva di raggiungere un volume in grado di accogliere 65 passeggeri. Erano fabbricate con estrema cura:  le chiglie delle barche erano realizzate  in legno d'olmo. Le coppie della prua e del telaio di poppa invece in quercia. Le barche erano bordate di pino giallo, ed inchiodate con chiodi di rame. Le strutture erano in olmo,  i banchi in pino, fissati con giunti galvanizzati.  Ogni scialuppa era corredata delle vele, sistemate in borse, un albero, dei remi ed un'ancora marina. Era fornita anche di una bussola ad alcool e di quanto necessario per fissarla ed inoltre acqua, biscotti, lampade ed altre derrate indispensabili. Sui loro fianchi erano fissate diverse targhette con varie indicazioni. Il nome del cantiere, la data di immatricolazione, il numero della scialuppa,  il logo della compagnia ed il nome della nave, preceduto dalla sigla S.S. ossia Steam Ship (nave a vapore) poichè, evidentemente, all'epoca della loro consegna, al Titanic non era ancora stata conferita la carica di Royal Mail Steamer (nave postale del regno), corrispondente alla sigla RMS che le spettava attualmente. Le scialuppe erano disposte otto per lato del castello,  con i numeri pari sul lato di tribordo e i dispari sull' altro. Sulla parte anteriore del ponte, sopra l'alloggio ufficiali, erano stati posizionati quattro battelli pieghevoli. Ossia realizzati con un fondo rinforzato in stecche di legno e dei lati di tessuto che potevano essere montati per formare una barca. Contrassegnati con le lettere A,B,C, D e privi di mezzi di sollevamento per essere calati in mare, erano comunque in grado, almeno sulla carta, di ospitare 47 persone. Inoltre non erano dotati di alcun genere di conforto o accessori di sorta. "Belle, vero, le nostre scialuppe? Come tutto su questa nave, d' altronde!". Russel, preso alla sprovvista, ebbe un moto di sorpresa che addirittura aumentò quando si rese conto di chi gli aveva rivolto la parola. Accanto a lui si era fermato un bell' uomo sulla quarantina, aspetto molto curato ed espressione intelligente e simpatica. Riconobbe infatti subito il sig Thomas Andrews, nientemeno che uno dei principali progettisti della nave e nipote del fondatore della Harland & Wolff, lord Pirrie. "D' altronde sono lì proprio per bellezza e null'altro - continuò Andrews - visto che questa nave, come voi ben sapete, è inaffondabile!" Il giornalista sapeva che questa opinione un tempo era stata molto diversa. Anzi, assieme ad un altro progettista, Alexander  Carslile, Andrews due anni prima aveva  affrontato  una vera e propria battaglia su questo argomento. Considerato il fatto che venivano potenzialmente trasportati 3200 passeggeri, si riteneva che il numero minimo di scialuppe adeguato  fosse di 64 unità! Loro più acerrimi avversari furono lord Pirrie e l' armatore Joseph Ismay, che sostenevano che la cosa, a parte i costi, avrebbe rovinato l'estetica del loro transatlantico. Fu anche scartata la possibilità di sistemare le scialuppe per file parallele con gru in grado di calarle in sequenza. Ma poi Carlisle si ritirò restando semplicemente alla compagnia in veste di consulente. La questione venne quindi abbandonata, considerato che in ogni caso la situazione attuata rispettava le norme dell' epoca, anzi le superava. Quindi ora sedici scialuppe e quattro canotti rappresentavano tutto ciò che era disponibile per il salvataggio per tutte quelle persone. Prima che il giornalista potesse replicare, l' altro continuò : "Lei dovrebbe essere il giornalista che sta preparando un pezzo su questa splendida nave !" "Perbacco, - pensò Russel - le notizie volano!". Ad una sua risposta affermativa, l' altro si presentò e disse di essere stato informato della cosa da Chrisolm e di esserne molto compiaciuto. Da uomo moderno, almeno per la sua epoca, sapeva bene quale era il valore di una buona pubblicita'. Anche lui, in qualità di progettista, era a bordo, ospite della compagnia per valutare, correggere, consigliare, risolvere insomma qualsiasi inconveniente si fosse manifestato durante quel viaggio. In realtà avrebbe dovuto esserci addirittura lord Pirrie, ma un attacco febbrile lo aveva costretto a letto. "Visto che siamo quì - continuò Andrews - mi dia l'occasione di mostrarle le meraviglie di questo ponte! Stamattina lei è disceso all'inferno ed io la ammiro sinceramente per questo. Altri suoi colleghi a bordo stanno svolgendo un lavoro basato sulle chiacchiere e sui pettegolezzi, ma è una testimonianza come la sua, quella che farà più effetto sui lettori. Sarebbe per me un onore mostrarle da dove si controlla tutta quella potenza che ha visto generare, la sala comando!". Russel, che non credeva alle sue orecchie, accettò con vero entusiasmo. In realtà era ancora un po' provato dall' esperienza del mattino ma non poteva perdere quell'occasione e poi il tempo stringeva e lui ancora non aveva rilevato nulla di particolare che potesse giustificare la sua missione. Il progettista fece strada verso la sala comando dove vennero accettati senza alcun problema. Indubbiamente essere accompagnato dal nipote del costruttore, aveva i suoi vantaggi. Russel, prima di varcare la soglia, distrattamente, dette uno sguardo indietro verso le scialuppe e immediatamente prese atto di qualcosa di strano, che però non riusciva a mettere a fuoco. Avendo premura di seguire la sua guida, fece comunque una ripresa completa di tutta la scena. Riguardandola poi la sera con calma, magari si sarebbe potuto rendere conto di cosa lo aveva così colpito. Varcata la soglia, rimase per un attimo in rispettoso silenzio davanti allo scenario che gli si presentò. Pur essendo per lui una sala di comando obsoleta, aveva comunque un' aria imponente. Era posta a circa 23 metri sulla linea di galleggiamento per consentire una visione ampia della prua. Al centro della plancia, nella parte anteriore, colpiva la larga ruota del timone, in bronzo e ottone, con i raggi di quercia, che tramite un moderno telemotore, governava il timone. Dietro ad essa, un' ampia pedana rialzata consentiva al timoniere una visione ottimale. Erano inoltre di aiuto al timoniere una bussola illuminata, la tabella di rotta che prevedeva i cambi di direzione in funzione della posizione della nave e uno strumento elettrico che indicava, istante per istante, l'esatta posizione del timone. Ai lati della ruota, si ergevano imponenti due telegrafi di macchina, ossia due dispositivi elettromeccanici che trasmettevano istantaneamente con un sistema acustico e luminoso, gli ordini alla sala macchine, circa la velocita' e la direzione del moto dello scafo. In quel momento erano in servizio di guardia il sig  Mc Master Mardoch in qualità di ufficiale senior responsabile della navigazione, coadiuvato dagli ufficiali junor sig.  Pitman, terzo ufficiale e sig. Lowe, quinto ufficiale. Il capitano si trovava in quel momento in una saletta attigua, la sala di navigazione, assieme al sig. Ismay per valutare il procedere della crociera i base a quanto previsto dalla compagnia. Il sig. Pitman accettò di buon grado di completare le informazioni fornite da Andrews, mostrando con orgoglio al giornalista anche i moderni apparecchi telefonici che consentivano un collegamento immediato con il cassero di prua, la coffa, la sala macchine e la poppa. Mostrò il quadro di comando delle paratie stagne che potevano, nel remoto caso fosse necessario, essere calate, o tutte assieme o selezionate da un commutatore, con indicazione visiva del loro stato, tramite spie luminose. Mostrò anche con orgoglio un rivoluzionario strumento in grado di raccogliere tramite delle apposite campane subacquee,  i segnali di ostacoli dal fondo o dai lati da una distanza di 10/ 15 miglia, praticamente il progenitore del sonar. In un armadietto a vista erano conservati una parte dei precisissimi cronometri e sestanti che consentivano ad ore prefissate, di fare il punto della nave. Tutti gli ufficiali imbarcati erano degli esperti in questo genere di operazione. Era importante tenere presente che via via che la nave procedeva verso occidente, era necessario compensare l' orario di poco piu' di mezz'ora al giorno. A tal uopo, nella sala carte, erano posizionati due orologi di precisione in grado di comandare tutti e 48 gli orologi presenti sul Titanic nelle varie aree comuni, sincronizzandoli sul medesimo orario. Dopo la sala di comando, Andrews condusse il suo ospite a visitare la adiacente mitica sala radio del Titanic. Essa veniva normalmente chiamata "Marconi room" ed ospitava un potentissimo (per l'epoca) apparato radio della potenza di 5 KW, che, grazie alla imponente antenna che Russel aveva notato al momento dell' imbarco, era in grado di coprire una distanza di circa 400 miglia di giorno e addirittura 2000 miglia di notte, usando il codice morse. Il servizio era affidato al capo-marconista sig. JackPhilips di 25 anni ed al suo assistente. I due si avvicendavano alla radio con turni di 6 ore stabiliti di comune accordo. Sotto l'apparato radio, in un apposito spazio, era alloggiata una grossa batteria di accumulatori che consentiva di operare per almeno 6 ore in caso di sospensione della normale alimentazione. In quel momento però quell' elemento era scollegato in quanto aveva dato qualche problema e ci si riproponeva di sostituirlo immediatamente dopo l'arrivo a New York. Il lavoro era piuttosto pesante in quanto il servizio prevedeva anche l' invio di messaggi e telegrammi per conto dei clienti. Questi arrivavano di continuo, attraverso la posta pneumatica dalla reception del ponte D e dall' ufficio postale. Dalla sala si gestiva anche una sorta di centralino telefonico che controllava 50 linee distribuite per tutta la nave. Alla fine della visita, Russel avrebbe gradito di tornarsene in cabina per visionare il materiale girato e cercare di capire cosa lo aveva lasciato così turbato ma il suo accompagnatore insistette per condurlo in un'altra sala lì vicino con la scusa di fargli conoscere qualcuno di importante. Entrarono nella sala adibita a palestra, un ambiente ampio e luminoso, fornito dei più moderni attrezzi ginnici: dai normali manubri alle cyclette, vogatori e perfino cavalli meccanici. La cosa interessante però che catturò immediatamente l' attenzione del giornalista,  fu lo scontro fra due schermidori che, in perfetta tenuta sportiva, duellavano al centro della sala, con grande impegno e maestria, incitati, seppure con misurato entusiasmo, dai più bei nomi presenti sulla nave. Si notavano subito infatti lord Astor, il sig Guggenaim, il sig. Melville Hais, il sig Widener e il sig Staad, solo per citarne alcuni. I due contendenti, seppure duellando con il medesimo impegno, apparivano subito di livello diverso. Uno, dal fisico asciutto e scattante, mostrava uno stile impeccabile,  costante e controllato. L'altro, di figura più massiccia, aveva un modo irruento ed aggressivo di portare i colpi, la qual cosa apparentemente riequilibrava l'incontro tanto che, dopo diverso tempo, erano ancora in parità. Dopo l'ennesima stoccata ricevuta dal contendente più massiccio, questi fece un passo indietro e mostrando di voler sospendere lo scontro, salutò nel modo convenzionale e si tolse la maschera. Russel che si era lasciato entusiasmare come gli altri dall'evento, riconobbe subito il col Archibald Gracie che, fatto un brusco cenno del capo verso i presenti, piuttosto provato, si diresse agli spogliatoi. Quando si tolse la maschera l'altro duellante, il giornalista riconobbe immediatamente lord Cosmo Duff.  Ora era chiara la differenza fra i due. Uno, il col Gracie, usava una tecnica militare, aggressiva, di certo di grande efficacia ma l'altro, lord Cosmo, era uno spadaccino provetto che aveva rappresentato perfino la Gran Bretagna alla IV Olimpiade svoltasi a Londra nel 1908. Andrews approfittò per fare le presentazioni. Quando gli altri passeggeri seppero che Russel era un giornalista, ci fu un attimo di disagio ma fu subito chiarito che in realtà egli era soprattutto un importante  editore che stava facendo solo un servizio giornalistico sulla nave. A quel punto l'atmosfera ritornò serena ed il giornalista ricevette anche un paio di inviti a cena poichè l' amicizia di un editore importante, in certi ambienti e con particolari progetti, magari politici, poteva sempre fare comodo. Rientrato in cabina per preparasi per la cena, non resistette alla tentazione di guardare quanto girato sul ponte delle barche poco prima, per togliersi quel dubbio che lo impensieriva. Dalla sua magica agenda, proiettò le immagini su una parete della cabina. Osservò la ripresa delle scialuppe, i giocatori di shaffleboard, coloro che facevano il tifo per una o l' altra squadra, i curiosi e le varie installazioni. Nulla. Guardò di nuovo. Qualcosa nei passeggeri, certamente. Vide gli uomini, le donne, alcuni bambini, si concentrò sui singoli personaggi notando l' abbigliamento, l'atteggiamento e alla fine, ecco! Chi era quel passeggero? Un volto a lui completamente sconosciuto! Eppure era indubbiamente un passeggero di prima classe e quelli lui li conosceva tutti, grazie al suo addestramento. Un uomo di mezza età, capelli grigi argentati,  caratteri del viso piuttosto marcati con carnagione scura, abito di ottimo taglio, grossa catena d'oro al panciotto, paglietta e bastone con pomo di avorio, fiore all' occhiello. Completamente sconosciuto. E non finiva lì. La donna accanto a lui, piuttosto giovane, elegantemente vestita ma dai caratteri e dalle movenze piuttosto volgari, che egli teneva sottobraccio. E tre uomini, molto più giovani, egualmente eleganti ma apparentemente piuttosto impacciati e che, piuttosto a disagio, si guardavano continuamente attorno. Cinque, addirittura, cinque sconosciuti . Mai incontrati prima in nessuna occasione, nella sala da pranzo, lungo i ponti di passeggiata, nel salone fumatori. Forse aveva trovato ciò per cui lo avevano inviato. Ora doveva capire con cosa aveva a che fare e che ci facevano lì quei cinque. Alla prima impressione si sarebbe detto un personaggio importante con la sua donna, come si diceva in quell'epoca, e tre guardaspalle. Già, ma con quali intenzioni erano sulla nave? Il tempo stringeva ed era importante iniziare subito ad indagare. Recatosi nella sala da pranzo e salutati i suoi compagni di tavolo, iniziò a guardarsi attorno attentamente per vedere se per caso scorgeva quelle persone. Nulla da fare, ma era pur  vero che la sala era grande. Al momento di ordinare la cena, chiese al cameriere di loro, con la scusa che gli era sembrato di riconoscere un suo amico con le caratteristiche dello sconosciuto. Il cameriere, però, negò di aver mai veduto qualcuno che corrispondeva a quanto richiesto. Russel continuò per il resto della cena a pensare alla nuova situazione limitandosi a rispondere appena, quando veniva interpellato dai suoi compagni di tavolo. Al momento di servirgli il dessert, il cameriere però gli disse che aveva pensato alla cosa e che non era impossibile che i suoi amici, come molti altri a bordo, si fossero fatti servire tutti i pasti in cabina, magari disponendo di una souite con passeggiata privata. In tal caso avrebbe potuto chiedere informazioni al sig Verdier che dalle cucine, si occupava dei servizi in camera. Ma certo, Verdier, il simpatico cuoco francese! Saputo che lo avrebbe potuto trovare più tardi nel locale della birreria di seconda classe, al ponte C, si ripropose di andare a cercarlo al momento opportuno. Terminata la cena, con il suo ormai immancabile sigaro, si diresse passeggiando sul ponte verso poppa. Giunto al limite della passeggiata, si affacciò come due sere prima, a guardare distrattamente la scia leggermente fosforescente che il Titanic lasciava dietro di sè. Quasi per caso,con la coda dell' occhio, notò nella penombra, dietro un boccaporto del ponte inferiore, un rapido movimento, come se qualcuno si nascondesse. Curioso, e piuttosto incosciente, per natura, scese la scaletta che lo avrebbe portato dabbasso e, con molta cautela,  e cercando di fare il massimo silenzio, si avvicinò al punto che gli interessava. In realtà non è che dovesse stare molto attento  poichè,  fra il rumore del mare e dei motori della nave e il chiacchiericcio dei passeggeri del ponte superiore, sommato alle note dell' orchestra che filtravano fin laggiù, lo scenario era piuttosto rumoroso. Giunto a pochi passi dal punto che voleva raggiungere, scorse nella penombra una figura accucciata che sembrava spiare ciò che accadeva sul livello superiore. Si accostò ancora, notando solo all' ultimo momento le piccole dimensione della persona nascosta. Le mise una mano sulla spalla e la girò verso di lui. La sorpresa fu reciproca. Era una bambina, che rimase quasi paralizzata dalla paura di quell' approccio così brusco. Con gli occhi sgranati, lo guardava senza il coraggio di dire una parola, con l'atteggiamento di chi si aspetta una punizione esemplare per aver fatto qualcosa di molto grave. Russel rimase anche lui per qualche secondo fermo, non sapendo che fare. Poi, d' istinto, gli venne da chiedere : "Chi sei tu, che ci fai qui?". La bambina restò in silenzio ma si capiva che un pochino aveva recuperato il coraggio, tant'è che all' improvviso cercò di liberasi da quella mano che la teneva per la spalla. Il giornalista, dispiaciuto per quanto era accaduto, prima di lasciarla andare la voleva rassicurare, che c' era stato un equivoco e che gli dispiaceva per averla spaventata. Mentre la bambina continuava a tentare di liberarsi, le diceva:"Calmati, non ti voglio fare del male, e' stato uno sbaglio!". Poi visti gli scarsi risultati, preso da un'improvvisa ispirazione, ripetè in italiano: "Stai ferma, per favore. Non ti volevo spaventare. Calmati!". Alle sue parole, la bambina si fermò immediatamente e rimase in attesa degli eventi. Russel ci aveva visto giusto. Era una piccola passeggera della 3^ classe che semplicemente era venuta a spiare le persone importanti. Poi, osservatala meglio riconobbe quel cappottino striminzito, il nastro fra i capelli e le scarpe piuttosto consunte. "Ma tu sei la bambina che giocava col cane e che quel marinaio ha cacciato via!". Non ottenne risposta, ma pur essendo ormai libera, la ragazzina non si muoveva. Il giornalista notò che lanciava spesso delle occhiate verso la zona d'ombra in cui si era nascosta fino a poco prima. Cosa c' era lì? Guardando attentamente scorse un piccolo oggetto e quando lo raccolse, vide che era una bambola di pezza, sul cui viso erano stati rozzamente disegnati gli occhi, il naso e la bocca. Notò lo sguardo della bambina che sembrava più in apprensione per la bambola che per sè."E' mia! Ridammela!"- disse finalmente  la ragazzina con voce rauca, venata quasi dal pianto.  Russel, commosso per la povertà dell'oggetto, si sentiva realmente un verme per aver spaventato quella bambina che chissà che storia aveva dietro le spalle e che tutto sommato non faceva nulla di male. Le restituì la bambola che la bambina immediatamente riafferrò e si strinse al petto. Poi con voce più gentile possibile le chiese, sempre in italiano:"Ma tu, come ti chiami e da dove vieni?". La bambina continuava a tacere. Giustamente non si fidava. Russel ebbe un ispirazione. "Ti piace la musica?" La bambina quasi istintivamente annuì. "Allora vieni con me." La prese per mano e le fece salire la scaletta 'proibita' fino al ponte superiore, fermandosi a sedere sul penultimo gradino in modo da poter guardare da vicino senza essere visti. "Sono questi i signori che ti piacciono tanto?". Per la prima volta la bambina aprì bocca parlando con un marcato accento siciliano "I vestiti delle signore!". C' erano diverse coppie che in quel momento passeggiavano."E che ti piace di più, il vestito di quella signora grassa grassa o il cappello di quella con il nasone?". Per la prima volta vide sorridere la bambina. "Quello là" - e indicava davanti a loro una magnifica ragazza con un completo color turchese tutto bordato di pelliccia, che passeggiava teneramente abbracciata ad un bel giovanotto. Russel riconobbe immediatamente la coppia. "Hai scelto proprio bene. Lo sai chi sono quelli?" e ad un cenno negativo della bambina, continuò -"Lei e' una nobile spagnola, si chiama Maria Josepha Perez de Soto, ed e' la nipote del primo ministro di Spagna. Ha solo 17 anni. Poco tempo fa ha incontrato il suo principe azzurro, il sig Victor Penasco Y Castellana di 18 anni, quel giovanotto che la tiene stretta. Malgrado fossero giovanissimi, le famiglie visto che erano così innamorati, li hanno fatti sposare ed ora girano il mondo in un favoloso viaggio di nozze. Per far sì che tutto vada a posto, li accompagna una nobile amica di famiglia. Una sorta di fata buona che si chiama dona Femina Oliva Y Ocana. Ma anche la tua bambola è bellissima, come si chiama?". "Si chiama Lucia, come la mia mamma." "E lei e' con te?". "No." Con grande difficoltà e con molta discrezione Russel, un pò domandando e un pò mostrando i passeggeri ed altri particolari che interessavano la bambina, riuscì a sapere che si chiamava Teresa Curatolo, aveva otto anni e proveniva da San Cataldo, un paesino in provincia di Caltanissetta. Per motivi sui quali non si sentì di indagare ulteriormente, i due genitori erano morti assieme, pochi mesi prima ed ora lei era stata presa in casa da alcuni zii. Per qualcosa che li minacciava al loro paese, forse connessa con la morte dei genitori di Teresa, avevano fatto questa scelta, quasi obbligata, di lasciare casa loro e di andare per il 'nuovo mondo'. Gli zii erano abbastanza affezionati alla bambina ma avevano tre figli piccoli a cui badare e questo era il motivo per cui lei poteva girellare un pò a suo piacere. In terza classe si stava abbastanza bene e  avevano una cabina tutta per loro. Il giornalista, vista l' ora, consigliò a Teresa di andare a dormire. Che continuasse pure a girellare per la nave, ma le raccomandò di stare attenta. Poi salutò lei e la bambola e rimase a guardarla mentre agilmente riguadagnava la zona della terza classe. All'ultimo momento la bambina si girò, gli inviò un rapido gesto di saluto con la manina e poi sparì. Il giornalista, piuttosto toccato per questo incontro, si diresse verso la birreria sul ponte C. Qui giunto, si ritrovò in un simpatico ambiente, piuttosto spazioso e vivacemente arredato. Ai numerosi tavoli rotondi erano sedute diverse persone che allegramente chiacchieravano fra di loro. Un giovanotto, parte di una allegra e numerosa comitiva, si stava esibendo con notevole successo con una fisarmonica. Ad un tavolo d' angolo, con un bel boccale di birra davanti, sedeva il sig Verdier, proprio l'uomo che cercava. Il motivo che lo portava in quell' ambiente era probabilmente al suo fianco, nella persona di una avvenente prosperosa cameriera sulla trentina, che sembrava non disdegnare  affatto le attenzioni del cliente il quale allungava le mani senza molto ritegno. Russel si rese conto che certamente stava disturbando ma decise comunque di andare avanti nella sua ricerca. Tutto sommato avrebbe rubato al cuoco solo qualche minuto. Fece mostra di essere capitato lì per caso e salutò, simulando sorpresa, il sig  Verdier. Questi, riconoscendolo subito, non si mostrò affatto seccato dall'interruzione, anzi si premurò di presentargli la sua ragazza, come la definì lui con orgoglio, la quale con un bellissimo sorriso, rispose al saluto. Invitato a sedersi, Russel, a quel punto, non riuscì a rifiutare ed accettò con l' impegno di poter offrire da bere. Verdier era una persona allegra e spiritosa. Tutti sembravano conoscerlo e lo salutavano cordialmente. Il giornalista approfittò di questo fatto e gli chiese, visto che lui conosceva praticamente tutti a bordo, se non avesse notato delle persone con le caratteristiche del gruppo che gli interessava. Verdier smise immediatamente di ridere e chiese se le persone descritte fossero veramente suoi amici. Abbassando il tono della voce gli riferì che aveva capito di chi stava parlando. Aveva avuto ordine di preparare tutti i pasti e di inviarli nella souite C-10 e nella cabina C-16. Il cameriere che portava le ordinazioni aveva ricevuto buone mance ma era spaventato da quella gente. Non gli era stato mai permesso di entrare nelle cabine e i pasti, che dovevano essere serviti esattamente alle ore 13.00 e alle 20.00, ora della nave, venivano ritirati sulla porta delle medesime da dei giovanotti energici e dall' aria molto pericolosa. Gli sconsigliò di parlare con il cameriere in questione poichè non gli avrebbe detto nulla di più. Il giornalista ringraziò e, cambiando discorso passò su argomenti più leggeri come le ragazze, la qualità della birra e la musica. Verdier riprese il suo tono allegro e insistette per presentargli un' amica della sua ragazza. Russel declinò l' offerta, portando come scusa la sua non verde età ed il bisogno di riposarsi. Alla fine riuscì a sottrarsi alla compagnia e, veramente stanco si mise subito a letto dove piombò in un sonno pesante.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Avion946