Cap VII Comincia a muoversi qualcosa
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Cap. VII^
12 aprile 1912 – Tempo del
Titanic, ore 17.00
Non avendo un programma preciso per il pomeriggio,
Russel a cui non andava nemmeno molto di affaticarsi ulteriormente, decise di
salire semplicemente al piano superiore rispetto a quello della sua cabina,
andando a visitare il ponte delle barche, ossia il livello dove, fra l'altro,
erano sistemate le scialuppe di salvataggio. Poichè a quel piano si trovavano
diversi ambienti, non rimase affatto sorpreso di trovare il luogo piuttosto
frequentato. Inoltre , sulle due piste predisposte, si stavano svolgendo delle
partite di shuffleboard con squadre composte da diversi giocatori che si
impegnavano, incitati dal tifo più o meno discreto di parenti e amici. Con grande curiosità si avvicinò alle
scialuppe. Aveva la possibilità di
vederle da vicino, di toccarle, dopo averle
viste tante volte in vecchie foto e filmati d'epoca. Erano in tutto 16 ed
avevano le misure di m 9,15 di lunghezza per m 2,27 di larghezza. La
profondita' di m 1,20 consentiva di raggiungere un volume in grado di
accogliere 65 passeggeri. Erano fabbricate con estrema cura: le chiglie delle barche erano realizzate in legno d'olmo. Le coppie della prua e del
telaio di poppa invece in quercia. Le barche erano bordate di pino giallo, ed
inchiodate con chiodi di rame. Le strutture erano in olmo, i banchi in pino, fissati con giunti
galvanizzati. Ogni scialuppa era
corredata delle vele, sistemate in borse, un albero, dei remi ed un'ancora
marina. Era fornita anche di una bussola ad alcool e di quanto necessario per
fissarla ed inoltre acqua, biscotti, lampade ed altre derrate indispensabili.
Sui loro fianchi erano fissate diverse targhette con varie indicazioni. Il nome
del cantiere, la data di immatricolazione, il numero della scialuppa, il logo della compagnia ed il nome della nave,
preceduto dalla sigla S.S. ossia Steam Ship (nave a vapore) poichè,
evidentemente, all'epoca della loro consegna, al Titanic non era ancora stata
conferita la carica di Royal Mail Steamer (nave postale del regno),
corrispondente alla sigla RMS che le spettava attualmente. Le scialuppe erano
disposte otto per lato del castello, con
i numeri pari sul lato di tribordo e i dispari sull' altro. Sulla parte
anteriore del ponte, sopra l'alloggio ufficiali, erano stati posizionati
quattro battelli pieghevoli. Ossia realizzati con un fondo rinforzato in
stecche di legno e dei lati di tessuto che potevano essere montati per formare
una barca. Contrassegnati con le lettere A,B,C, D e privi di mezzi di
sollevamento per essere calati in mare, erano comunque in grado, almeno sulla
carta, di ospitare 47 persone. Inoltre non erano dotati di alcun genere di
conforto o accessori di sorta. "Belle, vero, le nostre scialuppe? Come tutto
su questa nave, d' altronde!". Russel, preso alla sprovvista, ebbe un moto
di sorpresa che addirittura aumentò quando si rese conto di chi gli aveva
rivolto la parola. Accanto a lui si era fermato un bell' uomo sulla quarantina,
aspetto molto curato ed espressione intelligente e simpatica. Riconobbe infatti
subito il sig Thomas Andrews, nientemeno che uno dei principali progettisti
della nave e nipote del fondatore della Harland & Wolff, lord Pirrie.
"D' altronde sono lì proprio per bellezza e null'altro - continuò Andrews
- visto che questa nave, come voi ben sapete, è inaffondabile!" Il
giornalista sapeva che questa opinione un tempo era stata molto diversa. Anzi,
assieme ad un altro progettista, Alexander Carslile, Andrews due anni prima aveva affrontato una vera e propria battaglia su questo
argomento. Considerato il fatto che venivano potenzialmente trasportati 3200
passeggeri, si riteneva che il numero minimo di scialuppe adeguato fosse di 64 unità! Loro più acerrimi
avversari furono lord Pirrie e l' armatore Joseph Ismay, che sostenevano che la
cosa, a parte i costi, avrebbe rovinato l'estetica del loro transatlantico. Fu
anche scartata la possibilità di sistemare le scialuppe per file parallele con
gru in grado di calarle in sequenza. Ma poi Carlisle si ritirò restando
semplicemente alla compagnia in veste di consulente. La questione venne quindi
abbandonata, considerato che in ogni caso la situazione attuata rispettava le
norme dell' epoca, anzi le superava. Quindi ora sedici scialuppe e quattro canotti
rappresentavano tutto ciò che era disponibile per il salvataggio per tutte
quelle persone. Prima che il giornalista potesse replicare, l' altro continuò :
"Lei dovrebbe essere il giornalista che sta preparando un pezzo su questa
splendida nave !" "Perbacco, - pensò Russel - le notizie
volano!". Ad una sua risposta affermativa, l' altro si presentò e disse di
essere stato informato della cosa da Chrisolm e di esserne molto compiaciuto.
Da uomo moderno, almeno per la sua epoca, sapeva bene quale era il valore di
una buona pubblicita'. Anche lui, in qualità di progettista, era a bordo,
ospite della compagnia per valutare, correggere, consigliare, risolvere insomma
qualsiasi inconveniente si fosse manifestato durante quel viaggio. In realtà
avrebbe dovuto esserci addirittura lord Pirrie, ma un attacco febbrile lo aveva
costretto a letto. "Visto che siamo quì - continuò Andrews - mi dia
l'occasione di mostrarle le meraviglie di questo ponte! Stamattina lei è
disceso all'inferno ed io la ammiro sinceramente per questo. Altri suoi
colleghi a bordo stanno svolgendo un lavoro basato sulle chiacchiere e sui
pettegolezzi, ma è una testimonianza come la sua, quella che farà più effetto
sui lettori. Sarebbe per me un onore mostrarle da dove si controlla tutta
quella potenza che ha visto generare, la sala comando!". Russel, che non
credeva alle sue orecchie, accettò con vero entusiasmo. In realtà era ancora un
po' provato dall' esperienza del mattino ma non poteva perdere quell'occasione
e poi il tempo stringeva e lui ancora non aveva rilevato nulla di particolare
che potesse giustificare la sua missione. Il progettista fece strada verso la
sala comando dove vennero accettati senza alcun problema. Indubbiamente essere
accompagnato dal nipote del costruttore, aveva i suoi vantaggi. Russel, prima
di varcare la soglia, distrattamente, dette uno sguardo indietro verso le
scialuppe e immediatamente prese atto di qualcosa di strano, che però non
riusciva a mettere a fuoco. Avendo premura di seguire la sua guida, fece
comunque una ripresa completa di tutta la scena. Riguardandola poi la sera con
calma, magari si sarebbe
potuto rendere conto di cosa lo aveva così colpito. Varcata la soglia, rimase
per un attimo in rispettoso silenzio davanti allo scenario che gli si presentò.
Pur essendo per lui una sala di comando obsoleta, aveva comunque un' aria
imponente. Era posta a circa 23 metri sulla linea di galleggiamento per
consentire una visione ampia della prua. Al centro della plancia, nella parte
anteriore, colpiva la larga ruota del timone, in bronzo e ottone, con i raggi
di quercia, che tramite un moderno telemotore, governava il timone. Dietro ad
essa, un' ampia pedana rialzata consentiva al timoniere una visione ottimale.
Erano inoltre di aiuto al timoniere una bussola illuminata, la tabella di rotta
che prevedeva i cambi di direzione in funzione della posizione della nave e uno
strumento elettrico che indicava, istante per istante, l'esatta posizione del
timone. Ai lati della ruota, si ergevano imponenti due telegrafi di macchina,
ossia due dispositivi elettromeccanici che trasmettevano istantaneamente con un
sistema acustico e luminoso, gli ordini alla sala macchine, circa la velocita'
e la direzione del moto dello scafo. In quel momento erano in servizio di
guardia il sig Mc Master Mardoch in
qualità di ufficiale senior responsabile della navigazione, coadiuvato dagli
ufficiali junor sig. Pitman, terzo
ufficiale e sig. Lowe, quinto ufficiale. Il capitano si trovava in quel momento
in una saletta attigua, la sala di navigazione, assieme al sig. Ismay per
valutare il procedere della crociera i base a quanto previsto dalla compagnia.
Il sig. Pitman accettò di buon grado di completare le informazioni fornite da
Andrews, mostrando con orgoglio al giornalista anche i moderni apparecchi
telefonici che consentivano un collegamento immediato con il cassero di prua,
la coffa, la sala macchine e la poppa. Mostrò il quadro di comando delle
paratie stagne che potevano, nel remoto caso fosse necessario, essere calate, o
tutte assieme o selezionate da un commutatore, con indicazione visiva del loro
stato, tramite spie luminose. Mostrò anche con orgoglio un rivoluzionario
strumento in grado di raccogliere tramite delle apposite campane subacquee, i segnali di ostacoli dal fondo o dai lati da
una distanza di 10/ 15 miglia, praticamente il progenitore
del sonar. In un armadietto a vista erano conservati una parte dei precisissimi
cronometri e sestanti che consentivano ad ore prefissate, di fare il punto
della nave. Tutti gli ufficiali imbarcati erano degli esperti in questo genere
di operazione. Era importante tenere presente che via via che la nave procedeva
verso occidente, era necessario compensare l' orario di poco piu' di mezz'ora
al giorno. A tal uopo, nella sala carte, erano posizionati due orologi di
precisione in grado di comandare tutti e 48 gli orologi presenti sul Titanic
nelle varie aree comuni, sincronizzandoli sul medesimo orario. Dopo la sala di
comando, Andrews condusse il suo ospite a visitare la adiacente mitica sala
radio del Titanic. Essa veniva normalmente chiamata "Marconi room" ed
ospitava un potentissimo (per l'epoca) apparato radio della potenza di 5 KW,
che, grazie alla imponente antenna che Russel aveva notato al momento dell'
imbarco, era in grado di coprire una distanza di circa 400 miglia di giorno e
addirittura 2000 miglia di notte, usando il codice morse. Il servizio era
affidato al capo-marconista sig. JackPhilips di 25 anni ed al suo assistente. I
due si avvicendavano alla radio con turni di 6 ore stabiliti di comune accordo.
Sotto l'apparato radio, in un apposito spazio, era alloggiata una grossa
batteria di accumulatori che consentiva di operare per almeno 6 ore in caso di
sospensione della normale alimentazione. In quel momento però quell' elemento
era scollegato in quanto aveva dato qualche problema e ci si riproponeva di
sostituirlo immediatamente dopo l'arrivo a New York. Il lavoro era piuttosto
pesante in quanto il servizio prevedeva anche l' invio di messaggi e telegrammi
per conto dei clienti. Questi arrivavano di continuo, attraverso la posta
pneumatica dalla reception del ponte D e dall' ufficio postale. Dalla sala si
gestiva anche una sorta di centralino telefonico che controllava 50 linee
distribuite per tutta la nave. Alla fine della visita, Russel avrebbe gradito
di tornarsene in cabina per visionare il materiale girato e cercare di capire
cosa lo aveva lasciato così turbato ma il suo accompagnatore insistette per
condurlo in un'altra sala lì vicino con la scusa di fargli conoscere qualcuno
di importante. Entrarono nella sala adibita a palestra, un ambiente ampio e
luminoso, fornito dei più moderni attrezzi ginnici: dai normali manubri alle
cyclette, vogatori e perfino cavalli meccanici. La cosa interessante però che
catturò immediatamente l' attenzione del giornalista, fu lo scontro fra due schermidori che, in
perfetta tenuta sportiva, duellavano al centro della sala, con grande impegno e
maestria, incitati, seppure con misurato entusiasmo, dai più bei nomi presenti
sulla nave. Si notavano subito infatti lord Astor, il sig Guggenaim, il sig.
Melville Hais, il sig Widener e il sig Staad, solo per citarne alcuni. I due
contendenti, seppure duellando con il medesimo impegno, apparivano subito di
livello diverso. Uno, dal fisico asciutto e scattante, mostrava uno stile
impeccabile, costante e controllato. L'altro, di figura più massiccia, aveva un modo irruento ed aggressivo di portare
i colpi, la qual cosa apparentemente riequilibrava l'incontro tanto che, dopo
diverso tempo, erano ancora in parità. Dopo l'ennesima stoccata ricevuta dal
contendente più massiccio, questi fece un passo indietro e mostrando di voler
sospendere lo scontro, salutò nel modo convenzionale e si tolse la maschera.
Russel che si era lasciato entusiasmare come gli altri dall'evento, riconobbe
subito il col Archibald Gracie che, fatto un brusco cenno del capo verso i
presenti, piuttosto provato, si diresse agli spogliatoi. Quando si tolse la
maschera l'altro duellante, il giornalista riconobbe immediatamente lord Cosmo
Duff. Ora era chiara la differenza fra i
due. Uno, il col Gracie, usava una tecnica militare, aggressiva, di certo di
grande efficacia ma l'altro, lord Cosmo, era uno spadaccino provetto che aveva
rappresentato perfino la Gran Bretagna alla IV Olimpiade svoltasi a Londra nel
1908. Andrews approfittò per fare le presentazioni. Quando gli altri passeggeri
seppero che Russel era un giornalista, ci fu un attimo di disagio ma fu subito
chiarito che in realtà egli era soprattutto un importante editore che stava facendo solo un servizio
giornalistico sulla nave. A quel punto l'atmosfera ritornò serena ed il
giornalista ricevette anche un paio di inviti a cena poichè l' amicizia di un
editore importante, in certi ambienti e con particolari progetti, magari
politici, poteva sempre fare comodo. Rientrato in cabina per preparasi per la
cena, non resistette alla tentazione di guardare quanto girato sul ponte delle
barche poco prima, per togliersi quel dubbio che lo impensieriva. Dalla sua
magica agenda, proiettò le immagini su una parete della cabina. Osservò la
ripresa delle scialuppe, i giocatori di shaffleboard, coloro che facevano il
tifo per una o l' altra squadra, i curiosi e le varie installazioni. Nulla.
Guardò di nuovo. Qualcosa nei passeggeri, certamente. Vide gli uomini, le
donne, alcuni bambini, si concentrò sui singoli personaggi notando l'
abbigliamento, l'atteggiamento e alla fine, ecco! Chi era quel
passeggero? Un volto a lui completamente sconosciuto! Eppure era indubbiamente
un passeggero di prima classe e quelli lui li conosceva tutti, grazie al suo
addestramento. Un uomo di mezza età, capelli grigi argentati, caratteri del viso piuttosto marcati con
carnagione scura, abito di ottimo taglio, grossa catena d'oro al panciotto, paglietta
e bastone con pomo di avorio, fiore all' occhiello. Completamente sconosciuto.
E non finiva lì. La donna accanto a lui, piuttosto giovane, elegantemente
vestita ma dai caratteri e dalle movenze piuttosto volgari, che egli teneva
sottobraccio. E tre uomini, molto più giovani, egualmente eleganti ma
apparentemente piuttosto impacciati e che, piuttosto a disagio, si guardavano
continuamente attorno. Cinque, addirittura, cinque sconosciuti . Mai incontrati
prima in nessuna occasione, nella sala da pranzo, lungo i ponti di passeggiata,
nel salone fumatori. Forse aveva trovato ciò per cui lo avevano inviato. Ora
doveva capire con cosa aveva a che fare e che ci facevano lì quei cinque. Alla
prima impressione si sarebbe detto un personaggio importante con la sua donna,
come si diceva in quell'epoca, e tre guardaspalle. Già, ma con quali
intenzioni erano sulla nave? Il tempo stringeva ed era importante iniziare
subito ad indagare. Recatosi nella sala da pranzo e salutati i suoi compagni di
tavolo, iniziò a guardarsi attorno attentamente per vedere se per caso scorgeva
quelle persone. Nulla da fare, ma era pur vero che la sala era grande. Al momento di
ordinare la cena, chiese al cameriere di loro, con la scusa che gli era
sembrato di riconoscere un suo amico con le caratteristiche dello sconosciuto.
Il cameriere, però, negò di aver mai veduto qualcuno che corrispondeva a quanto
richiesto. Russel continuò per il resto della cena a pensare alla nuova
situazione limitandosi a rispondere appena, quando veniva interpellato dai suoi
compagni di tavolo. Al momento di servirgli il dessert, il cameriere però gli
disse che aveva pensato alla cosa e che non era impossibile che i suoi amici,
come molti altri a bordo, si fossero fatti servire tutti i pasti in cabina,
magari disponendo di una souite con passeggiata privata. In tal caso avrebbe
potuto chiedere informazioni al sig Verdier che dalle cucine, si occupava dei
servizi in camera. Ma certo, Verdier, il simpatico cuoco francese! Saputo che
lo avrebbe potuto trovare più tardi nel locale della birreria di seconda classe, al ponte C, si ripropose di andare a
cercarlo al momento opportuno. Terminata la cena, con il suo ormai immancabile
sigaro, si diresse passeggiando sul ponte verso poppa. Giunto al limite della
passeggiata, si affacciò come due sere prima, a guardare distrattamente la scia
leggermente fosforescente che il Titanic lasciava dietro di sè. Quasi per
caso,con la coda dell' occhio, notò nella penombra, dietro un boccaporto del
ponte inferiore, un rapido movimento, come se qualcuno si nascondesse. Curioso,
e piuttosto incosciente, per natura, scese la scaletta che lo avrebbe portato
dabbasso e, con molta cautela, e
cercando di fare il massimo silenzio, si avvicinò al punto che gli interessava.
In realtà non è che dovesse stare molto attento
poichè, fra il rumore del mare e
dei motori della nave e il chiacchiericcio dei passeggeri del ponte superiore,
sommato alle note dell' orchestra che filtravano fin laggiù, lo scenario era
piuttosto rumoroso. Giunto a pochi passi dal punto che voleva raggiungere,
scorse nella penombra una figura accucciata che sembrava spiare ciò che
accadeva sul livello superiore. Si accostò ancora, notando solo all' ultimo
momento le piccole dimensione della persona nascosta. Le mise una mano sulla
spalla e la girò verso di lui. La sorpresa fu reciproca. Era una bambina, che
rimase quasi paralizzata dalla paura di quell' approccio così brusco. Con gli
occhi sgranati, lo guardava senza il coraggio di dire una parola, con
l'atteggiamento di chi si aspetta una punizione esemplare per aver fatto
qualcosa di molto grave. Russel rimase anche lui per qualche secondo fermo, non
sapendo che fare. Poi, d' istinto, gli venne da chiedere : "Chi sei tu,
che ci fai qui?". La bambina restò in silenzio ma si capiva che un pochino
aveva recuperato il coraggio, tant'è che all' improvviso cercò di liberasi
da quella mano che la teneva per la
spalla. Il giornalista, dispiaciuto per quanto era accaduto, prima di lasciarla
andare la voleva rassicurare, che c' era stato un equivoco e che gli dispiaceva
per averla spaventata. Mentre la bambina continuava a tentare di liberarsi, le
diceva:"Calmati, non ti voglio fare del male, e' stato uno sbaglio!".
Poi visti gli scarsi risultati, preso da un'improvvisa ispirazione, ripetè in
italiano: "Stai ferma, per favore. Non ti volevo spaventare.
Calmati!". Alle sue parole, la bambina si fermò immediatamente e rimase in
attesa degli eventi. Russel ci aveva visto giusto. Era una piccola passeggera
della 3^ classe che semplicemente era venuta a spiare le persone importanti.
Poi, osservatala meglio riconobbe quel cappottino striminzito, il nastro fra i
capelli e le scarpe piuttosto consunte. "Ma tu sei la bambina che giocava
col cane e che quel marinaio ha cacciato via!". Non ottenne risposta, ma
pur essendo ormai libera, la ragazzina non si muoveva. Il giornalista notò che
lanciava spesso delle occhiate verso la zona d'ombra in cui si era nascosta
fino a poco prima. Cosa c' era lì? Guardando attentamente scorse un piccolo
oggetto e quando lo raccolse, vide che era una bambola di pezza, sul cui viso
erano stati rozzamente disegnati gli occhi, il naso e la bocca. Notò lo sguardo
della bambina che sembrava più in apprensione per la bambola che per
sè."E' mia! Ridammela!"- disse finalmente la ragazzina con voce rauca, venata quasi dal
pianto. Russel, commosso per la povertà
dell'oggetto, si sentiva realmente un verme per aver spaventato quella bambina
che chissà che storia aveva dietro le spalle e che tutto sommato non faceva
nulla di male. Le restituì la bambola che la bambina immediatamente riafferrò e
si strinse al petto. Poi con voce più gentile possibile le chiese, sempre in
italiano:"Ma tu, come ti chiami e da dove vieni?". La bambina
continuava a tacere. Giustamente non si fidava. Russel ebbe un ispirazione.
"Ti piace la musica?" La bambina quasi istintivamente annuì.
"Allora vieni con me." La prese per mano e le fece salire la scaletta
'proibita' fino al ponte superiore, fermandosi a sedere sul penultimo gradino
in modo da poter guardare da vicino senza essere visti. "Sono questi i
signori che ti piacciono tanto?". Per la prima volta la bambina aprì bocca
parlando con un marcato accento siciliano "I vestiti delle signore!".
C' erano diverse coppie che in quel momento passeggiavano."E che ti piace
di più, il vestito di quella signora grassa grassa o il cappello di quella con
il nasone?". Per la prima volta vide sorridere la bambina. "Quello
là" - e indicava davanti a loro una magnifica ragazza con un completo
color turchese tutto bordato di pelliccia, che passeggiava teneramente
abbracciata ad un bel giovanotto. Russel riconobbe immediatamente la coppia.
"Hai scelto proprio bene. Lo sai chi sono quelli?" e ad un cenno negativo
della bambina, continuò -"Lei e' una nobile spagnola, si chiama Maria
Josepha Perez de Soto, ed e' la nipote del primo ministro di Spagna. Ha solo 17
anni. Poco tempo fa ha incontrato il suo principe azzurro, il sig Victor
Penasco Y Castellana di 18 anni, quel giovanotto che la tiene stretta. Malgrado
fossero giovanissimi, le famiglie visto che erano così innamorati, li hanno
fatti sposare ed ora girano il mondo in un favoloso viaggio di nozze. Per far
sì che tutto vada a posto, li accompagna una nobile amica di famiglia. Una
sorta di fata buona che si chiama dona Femina Oliva Y Ocana. Ma anche la tua
bambola è bellissima, come si chiama?". "Si chiama Lucia, come la mia
mamma." "E lei e' con te?". "No." Con grande
difficoltà e con molta discrezione Russel, un pò domandando e un pò mostrando i
passeggeri ed altri particolari che interessavano la bambina, riuscì a sapere
che si chiamava Teresa Curatolo, aveva otto anni e proveniva da San Cataldo, un
paesino in provincia di Caltanissetta. Per motivi sui quali non si sentì di
indagare ulteriormente, i due genitori erano morti assieme, pochi mesi prima ed
ora lei era stata presa in casa da alcuni zii. Per qualcosa che li minacciava
al loro paese, forse connessa con la morte dei genitori di Teresa, avevano
fatto questa scelta, quasi obbligata, di lasciare casa loro e di andare per il
'nuovo mondo'. Gli zii erano abbastanza affezionati alla bambina ma avevano tre
figli piccoli a cui badare e questo era il motivo per cui lei poteva girellare
un pò a suo piacere. In terza classe si stava abbastanza bene e avevano una cabina tutta per loro. Il
giornalista, vista l' ora, consigliò a Teresa di andare a dormire. Che
continuasse pure a girellare per la nave, ma le raccomandò di stare attenta.
Poi salutò lei e la bambola e rimase a guardarla mentre agilmente riguadagnava
la zona della terza classe. All'ultimo momento la bambina si girò, gli inviò un
rapido gesto di saluto con la manina e poi sparì. Il giornalista, piuttosto
toccato per questo incontro, si diresse verso la birreria sul ponte C. Qui
giunto, si ritrovò in un simpatico ambiente, piuttosto spazioso e vivacemente
arredato. Ai numerosi tavoli rotondi erano sedute diverse persone che
allegramente chiacchieravano fra di loro. Un giovanotto, parte di una allegra e
numerosa comitiva, si stava esibendo con notevole successo con una fisarmonica.
Ad un tavolo d' angolo, con un bel boccale di birra davanti, sedeva il sig
Verdier, proprio l'uomo che cercava. Il motivo che lo portava in quell'
ambiente era probabilmente al suo fianco, nella persona di una avvenente
prosperosa cameriera sulla trentina, che sembrava non disdegnare affatto le attenzioni del cliente il quale
allungava le mani senza molto ritegno. Russel si rese conto che certamente
stava disturbando ma decise comunque di andare avanti nella sua ricerca. Tutto
sommato avrebbe rubato al cuoco solo qualche minuto. Fece mostra di essere
capitato lì per caso e salutò, simulando sorpresa, il sig Verdier. Questi, riconoscendolo subito, non
si mostrò affatto seccato dall'interruzione, anzi si premurò di presentargli la
sua ragazza, come la definì lui con orgoglio, la quale con un bellissimo
sorriso, rispose al saluto. Invitato a sedersi, Russel, a quel punto, non
riuscì a rifiutare ed accettò con l' impegno di poter offrire da bere. Verdier
era una persona allegra e spiritosa. Tutti sembravano conoscerlo e lo salutavano
cordialmente. Il giornalista approfittò di questo fatto e gli chiese, visto che
lui conosceva praticamente tutti a bordo, se non avesse notato delle persone
con le caratteristiche del gruppo che gli interessava. Verdier smise
immediatamente di ridere e chiese se le persone descritte fossero veramente
suoi amici. Abbassando il tono della voce gli riferì che aveva capito di chi
stava parlando. Aveva avuto ordine di preparare tutti i pasti e di inviarli
nella souite C-10 e nella cabina C-16. Il cameriere che portava le ordinazioni
aveva ricevuto buone mance ma era spaventato da quella gente. Non gli era stato
mai permesso di entrare nelle cabine e i pasti, che dovevano essere serviti
esattamente alle ore 13.00 e alle 20.00, ora della nave, venivano ritirati
sulla porta delle medesime da dei giovanotti energici e dall' aria molto
pericolosa. Gli sconsigliò di parlare con il cameriere in questione poichè non
gli avrebbe detto nulla di più. Il giornalista ringraziò e, cambiando discorso
passò su argomenti più leggeri come le ragazze, la qualità della birra e la
musica. Verdier riprese il suo tono allegro e insistette per presentargli un'
amica della sua ragazza. Russel declinò l' offerta, portando come scusa la sua
non verde età ed il bisogno di riposarsi. Alla fine riuscì a sottrarsi alla
compagnia e, veramente stanco si mise subito a letto dove piombò in un sonno
pesante.