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Autore: Alastor_Moody    26/01/2012    0 recensioni
Una raccolta di cinque racconti che hanno l'obiettivo di farvi deprimere.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ultimi giorni
Ultimi momenti.
«Allora, sto per darle brutte notizie, quindi è.. meglio che si sieda». 

Afferrai lo schienale della sedia di fronte a me, la tirai verso di me e mi sedetti.
Un grosso peso, come un masso, mi si era posizionato sul petto a quelle parole.
Il cuore cominciò a battermi forte.
« Dalle analisi che le abbiamo fatto, risulta che lei ha... »
Il medico esitò un momento; non desiderava affatto dirmi quello che stava per dirmi. Poi continuò.
«Lei ha un cancro al cervello, ormai alla fase terminale».
 A quelle parole il cuore mi esplose nel petto, e il mondo mi cadde addosso.
Tutti i miei ricordi felici, con la mia compagna, i miei amici, furono come scacciati via, rimpiazzati dal pensiero del male che avevo.
Mi trattenni dal piangere.
«Quanto mi resta, dottore?»
«Poco meno di un mese. Mi dispiace».
Meno di un mese, e non ci sarei stato più. Non sono mai stato religioso, e ho sempre pensato che, dopo la morte, ci fosse il nulla.
Ora questa nulla mi spaventava, terribilmente. 
Salutai il medico e mi diressi verso casa.
Pensai a quando le avrei detto che sare morto di lì a poche settimane. Avrebbe pianto? Sì, sicuramente.
Almeno avrei trascorso con lei i miei ultimi momenti.
In fondo, era quello che desideravo dal momento in cui la vidi per la prima volta.
Arrivai davanti casa. Aprìi il cancelletto e attraversai il corto viale. La porta di casa era socchiusa. Entrai dentro e la chiusi.
"Ci siamo", pensai. A breve lei lo avrebbe saputo. Mi feci coraggio e la chiamai.
Non rispondeva.
Provai a cercarla in cucina, in salotto, nello studio. Non c'era da nessuna parte.
Probabilmente stava ancora dormendo.
Le avrei riservato proprio un bellissimo risveglio.
Salìi le scale, ma ad un certo punto mi fermai. Dalla camera da letto proveniva un rumore soffocato, sembrava un gemito.
Un orribile pensiero mi attraversò la mente. Non poteva essere così, non poteva.
Attraversai il corridoio e aprìi la porta della camera.

***

«Mi ha chiamato il medico, ha i risultati delle analisi», le dissi, mentre infilavo i pantaloni.
Mi aveva detto di dovermi dire anche altro, e il tono che aveva usato non mi aveva fatto presagire il meglio.
Evitai però di dirle anche quest'ultima parte. Non volevo si preoccupasse.
«
Cosa vuole così presto? Non poteva aspettare oggi pomeriggio?» disse lei, con la faccia immersa nel cuscino e la voce piena di sonno.
«Oh, be', si vede che è pieno d'impegni». Finìi di sitemarmi. Mentre stavo per uscire, li mi chiamò.
«Non dimentichi qualcosa?» mi chiese, da qualche parte in mezzo alle coperte.
Mi avvicinai a lei e le stampai un bacio. La salutai e uscìi.
Lei si riaddormentò subito. La sera prima eravamo tornati a casa davvero tardi.
Per questo non si accorse del rumore che fece il malvivente quando forzò la porta di casa;
non sentì il ladro entrare nella sua camera. Si svegliò soltanto per vedere la sua mano premuta sulla bocca, e la lama con la quale le pugnalà lo stomaco.

***

La trovai in un lago di sangue. Era ancora viva, anche se per poco.
Le andai vicino, mentre col cellulare componevo il numero di emergenza.
La tenni stretta fra le braccia. Lei mi guardò, io le sorrisi, dicendole che sarebbe andato tutto bene.
In cuor mio però sapevo che c'era ben poco da fare. Poco dopo sentìi che non respirava più. I suoi occhi non mi guardavano.
Trascorsi con lei i suoi ultimi momenti.
   
 
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