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Autore: ryuzaki eru    26/01/2012    8 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Allora.

È meglio che io la smetta di fare previsioni…

Scusatemi tanto ancora una volta…

Ma le intenzioni e l’impegno ci sono stati tutti!! Calcolate che è da sabato che sono su questo capitolo!!! Che lo volevo postare domenica sera!!!
Ma mi ha uccisa… letteralmente uccisa… e proprio per questo non so cosa ne sia venuto fuori…
Ho dovuto rileggere molti capitoli precedenti, ho dovuto incastrare alcune cose, cercare di renderle chiare…
È stato un parto!!
È spero sia tutto chiaro…
Proprio per questo, vi ricordo ora che si riprenderà qualcosa di cui parlai parecchio tempo fa.
Quando leggerete il passo del quadernino di Emma, dell’hard-disk ecc., se non vi è chiaro e se non sono riuscita a ricordarvelo bene, vi consiglio di rileggere la parte del capitolo 9 in cui avevo definito bene le mosse di Emma a riguardo. Spero che questo vi aiuterà a capirci meglio qualcosa…
Dita di liquirizia impostate!
Buona lettura e grazie di essere qui!!!


Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

20. L'incognita numero uno


Emma sentì il portone che sbatteva dietro di sé, mentre si affrettava a raggiungere il suo appartamento.
E si affrettava non perché temesse Elle o perché volesse velocemente sistemare le sue “prime cose” da portar via, come lui le aveva praticamente ordinato, ma semplicemente perché la fretta a volte può essere un modo di esprimere l’agitazione, può essere uno dei tanti aspetti in cui si manifesta l’emozione, può essere impazienza.
Entrò in casa, poggiò il borsone della palestra a terra, vi si inchinò davanti ed iniziò a sfilare rapidamente tutto quello che c’era dentro, buttandolo a casaccio sul pavimento. E poi dal fondo tirò fuori il suo quaderno, quello delle “occasioni speciali”, quello su cui aveva scritto la trama di Death Note ed il suo piano, che erano inoltre entrambi gelosamente custoditi anche sull’hard-disk esterno rinchiuso in una cassetta della banca… il quaderno con tutti disegni a mano libera.
Quel quaderno lo aveva portato sempre con sé. All’università, in palestra, nelle sue varie uscite di svago. In ogni momento, in ogni luogo, sempre. Era ininterrottamente rimasto con lei. Lo aveva fatto perché era terrorizzata all’idea di perderlo, era ossessionata dal timore che potesse finire nelle mani di chissà chi. Un po’ come si può essere terrorizzati all’idea di perdere le chiavi di casa, se non sia ha un doppione. E lo aveva portato sempre con sé anche perché aveva sempre sperato che Elle la controllasse ed indagasse su di lei e quindi, se veramente lui lo avesse fatto, Emma aveva dovuto evitare che lui lo trovasse in casa incustodito mentre lei non c’era.
Perché Elle non doveva conoscere quelle cose prima del tempo.
Non doveva vedere tutti insieme i disegni che lei aveva fatto. I disegni di Elle stesso, di Light, di Misa, di Ryuk, di Rem, di Near, di Mello e di Watari, che lei aveva scansionato molto tempo prima e poi aveva riversato, parte sul pc portatile e parte sull’hard-disk esterno, con un preciso intento…
Elle non doveva leggere la trama di Death Note, né il suo piano, prima che lei lo avesse voluto.
E soprattutto non avrebbe dovuto leggerli né avrebbe dovuto vedere quei disegni su “quel” quaderno, perché lì sopra, tracciati a matita, non sarebbero stati la “prova” di nulla. Elle avrebbe dovuto scoprire i files di quel materiale, solo ed esclusivamente i files e li avrebbe dovuti scoprire per gradi…
E quel quaderno ora doveva e poteva sparire.
La trama di Death Note ormai la ricordava dettagliatamente a mena dito, dopo tutte le volte che l’aveva letta e riletta su tutti quei fogli consumati.
Il piano, così come lo aveva congegnato, era finito, non avrebbe potuto programmare più nulla.
Era concluso perché Elle avrebbe visto quei files al momento giusto, in pillole…
E poi era concluso soprattutto perché Emma aveva sempre saputo che, se fosse riuscita ad arrivare fino a quel punto, tutto il resto l’avrebbero condotto in due, perché quel “gioco”, così come lo aveva chiamato Ryuzaki,  lei non l’avrebbe più pilotato da sola. E non ci sarebbe stato nient’altro da programmare, eccetto un ultimo punto che però Emma teneva a mente senza bisogno di trovarselo per iscritto…
- Essere messa sotto stretta sorveglianza da Elle, seguirlo nei suoi vari alberghi, sempre.
- Da ora in poi sarete in due. In bocca al lupo Emma!!!
- Come salvarlo: …


Veramente vi aspettavate che vi avrei detto come Emma ha intenzione di salvare Elle?
E non è che non ve lo dica solo perché, come al solito, mi diverto a vedervi sulle spine.
In questo caso, ancora di più, non ve lo dirò perché sarebbe contro la mia natura rivelarvi un elemento così importante.
Sarebbe come annunciare l’identità dell’assassino all’inizio di un film o di un romanzo giallo…
Sarei un pessimo… Eh eh eh! Un pessimo “cosa”?
Be’, non sono certamente “pessimo”. Anzi, io li incarno tutti “quelli lì” che voi non avete ancora capito “cosa” siano…
Ma torniamo ad Emma.


Strappò velocemente tutte le pagine del quaderno, le sminuzzò attentamente e le gettò nel wc, tirando lo sciacquone in due riprese…
Bussarono alla porta «Arrivo! Sono un istante al bagno!» la verità, come sempre.
Quando andò ad aprire si ritrovò Watari davanti. Emma sollevò le sopracciglia perplessa «Ah… Non ho avuto ancora il tempo neppure di levarmi la giacca… Dobbiamo già andare!?» chiese lievemente confusa, senza spostarsi dalla porta.
Il signor Wammy sorrise dolcemente «No, Miss Emma. Sono qui per esserle di qualche aiuto.»
Emma rimase un attimo zitta, poi annuì pensierosa «Uhm.» si fece da parte per lasciarlo passare e richiuse la porta. Poi si voltò verso Watari «Non credo di essere nella posizione per decidere nulla, quindi posso solo fare la ragazza “per bene” e rifiutare l’aiuto, fingendo un pudore che non ho. Quindi mi sbrigherò da sola e vi raggiungerò in auto.»
Emma non si sarebbe mai fatta aiutare da lui. Perché sapeva che era stato Elle a chiederlo.
Se proprio pensa che io, povera fanciulla indifesa e debole, non possa farcela da sola, che venga lui a darmi una mano! È giovane e forte!
Watari sorrise quasi divertito e compiaciuto per l’atteggiamento di Emma e poi lei continuò «Prego, però ora si accomodi, le preparo un tè. Sono certa che lei lo apprezzerà più di chiunque altro.»
Emma sapeva che lo avrebbe gradito non solo perché era un perfetto uomo inglese, ma anche e soprattutto perché quella era una gentilezza che lui avrebbe apprezzato veramente, dal momento che era sempre lui ad occuparsi di quelle mansioni. Solo chi sa cosa significhi fare alcune cose, sa essere grato per certi gesti.
Watari allora inclinò il capo in un gesto di simpatica resa mista a mite gentilezza e si andò a sedere, lanciando uno sguardo alla borsa della palestra che Emma aveva appena svuotato, al suo contenuto sparso disordinatamente sul pavimento ed al quaderno da cui erano stati strappati i fogli che giaceva anch’esso per terra.
Ed Emma mise l’acqua sul fuoco, preparò la tazza e, quando l’infuso fu pronto, si sedette anche lei, con le polpettine ormai congelate davanti ed al fianco dell’anziano gentiluomo che sorseggiava lentamente il suo tè.
«Miss Emma. Ryuzaki sa molto di molte cose, ma molte altre potrà forse impararle…» disse Watari con un tono dolce e calmo, senza guardarla.
«Lo so.» rispose Emma portandosi la forchetta alla bocca «Lo so fin dal primo momento e questo non mi ha fermata, non avrebbe mai potuto farlo. Lui è così. E sono certa che potrà imparare, è la cosa che sa fare meglio…»
Cosa poteva “imparare” a fare Elle?
Doveva magari “imparare” a farsi un tè o un caffé da solo?
O forse si trattava anche di qualcos’altro…?

Quando Emma ebbe finito di sistemare il frigo, spostando nel freezer quel poco che c’era, riempire la valigia con i vestiti e la sacca con le cose del lavoro, uscì e chiamò Watari.
Lui la raggiunse immediatamente di nuovo nell’appartamento ed allora lei gli mostrò tutto ciò che rimaneva ancora da prendere e che le avrebbe potuto essere utile. Qualcuno le avrebbe portato tutto in seguito.
«Come si farà ogni volta…?» chiese Emma titubante sull’uscio «Intendo dire ogni volta che cambieremo albergo…»
«Non si preoccupi Miss Emma. Siamo attrezzati per questo.» le rispose professionalmente lui.
«D’accordo… Credo di aver preso tutto il necessario e di averle indicato il resto…»
«Stia tranquilla, se dovesse servirle in futuro altro da qui, qualcosa che ora ha dimenticato di comunicarmi o che le servirà magari soltanto in seguito,  non esiti a dircelo e verremo a prenderlo.» le disse lui serio.
Emma annuì, poi lasciò uscire Watari, chiuse la porta, consegnò la chiave a lui e uscì con la sua valigia, mentre l’anziano signore le portava la borsa del lavoro.
Misero tutto nel portabagagli e partirono silenziosamente, lasciando quella strada deserta e addormentata.

Emma lasciò che il facchino lasciasse le valige all’ingresso della sua stanza, in uno degli ultimi piani di un grande albergo. Era già stato pagato per farlo.
Lei ringraziò, chiuse la porta e poi vi si appoggiò con la schiena.
Era sola adesso…
No…
Non lo era…
…“Sarai controllata in ogni momento. Non ci sarà un istante in cui non sarai sotto i miei occhi.”…
Si guardò intorno.
Poi si incamminò lentamente nel corto corridoio dell’ingresso ed entrò nella stanza ancora buia.
Avanzò. Scostò appena le pesanti tende che coprivano le finestre.
E Tokyo le si presentò davanti, in tutta la sua grandezza, stagliata con le sue migliaia di luci, vicine e lontane, nel cielo della notte…
Emma ebbe quasi un brivido nell’osservare la grande metropoli così dall’alto, si sentì sospesa nel vuoto, immobile dietro quel vetro che arrivava fino a terra.
Fece scorrere tutta la tenda, che occupava quasi un intero lato della camera e si allontanò un po’ per avere una visuale completa di quella immensa parete trasparente, finestra sulla città.
La stanza si illuminò appena di una pallida luce artificiale che giungeva fredda da fuori…
Emma si sedette a terra, sul caldo parquet, lì dove quella strana luminosità si rifletteva…
Poi si sdraiò, allargò le braccia, chiuse gli occhi e sospirò.
Era in qualche modo felice?
Una strana sensazione la invadeva tutta…
Non ho mai osato neppure immaginarlo…
Tutto questo è surreale…
Lui è qui.
È qui, da qualche parte.
È qui, in una suite di questo albergo.
È qui e vede questo stesso cielo.
Il cielo del mio stesso mondo…
È qui e mi osserva…
Anche ora…

Il telefono della stanza squillò brutalmente in quel silenzio ed in quella pace che sembrava quasi lunare, per via di quella sbiadita luce biancastra.
Emma sussultò. Si sussulta sempre quando squillano i telefoni delle stanze d’albergo. Perché non ci si aspetta mai che succeda, perché non se ne conosce il trillo…
Si alzò rapidamente, corse nella direzione del suono e vide l’apparecchio nella penombra, su un basso tavolino, vicino ad una parete buia.
Un altro passo ed inciampò su un tappeto che non aveva notato, nel cono d’ombra.
«Accidenti!» esclamò, andando ad appoggiarsi con le mani al muro che si trovò davanti, evitando la caduta.
E poi alzò la cornetta «Sì…?»
«Forse dovresti accendere la luce.» la voce le giunse calma ed impassibile, ma sempre pungente, trasudando quel modo “british” e compassato che lui aveva di prendere in giro, quando non era “temibile”.
La voce, solo la voce… Che strano…
«…Dovresti accenderla anche tu allora.» rispose quasi ridendo Emma, sicura che anche lui avesse gli interruttori spenti… Quasi lo vedeva, al buio, sperduto in una stanza qualunque, con la sola luminosità del monitor a rischiarargli il volto candido…
Elle non esitò «Non sapevo di avere anch’io delle telecamere di sorveglianza nella mia stanza.»  
«No, però sai che io ti conosco. E comunque mi hai confermato che sei a luce spenta.» commentò Emma.
«Non avrei motivo di non confermartelo. E comunque “io” non ho rischiato di schiantarmi sulla parete.» ovviamente non si arrendeva.
«Ma non mi sono “schiantata”, è questo che conta, no? Il risultato.» Non si arrendeva nemmeno lei.
Però è strano… «… Ryu… Ryuga… Ehm… devo chiamarti “così” al telefono…?» proseguì Emma titubante.
«Puoi chiamarmi come vuoi al telefono. È una linea protetta. Basta che non ti abitui con un altro nome e poi non te lo fai uscire in presenza di altri.» affermò lui serio e tranquillo.
«Ok… Allora magari eviterò proprio di chiamarti… Comunque… Quello che ti volevo dire… Non sei più quello di prima, quello che fa paura… ora sei così, così, quasi diverso, ma sei sempre tu…»
Elle rimase un attimo in silenzio. «Uhm. Non mi soffermo mai sui miei comportamenti. Ma tu non manchi mai di porvi l’accento. È un’altra delle cose di cui dovremo parlare.»
Tagliò tranquillamente corto così, senza in fondo risponderle.
Elle non era molto abituato ed essere guardato dentro…
Anzi, non era abituato affatto…

È vero quello che ha detto Emma.
Questo Elle che le parla al telefono è quasi “umano”…
Il punto però non è solo che è diverso da come è stato poco fa, quando l’ha inchiodata, minacciata, scoperta nei suoi giochi ed intimata…
Il punto è che Emma lo ricorda a tratti anche così, anche un po’ “umano”. Perché l’Elle del manga ha degli aspetti “terreni” e divertenti che lei aveva adorato.
E invece fino a questo momento lei ha visto solo un Elle molto “alieno”, con lievissimi sprazzi di leggerezza…
Perché quello che lei ha conosciuto in questo bizzarro mondo è l’Elle dell’anime, naturalmente, che ha una “gravità” superiore, che a lei però non ha stonato, perché era comunque lui.
Ora però si sta rendendo conto che fino a quel momento quell’aspetto vagamente più “umano” non lo aveva quasi mai riscontrato…
Ma Emma cosa ne può sapere dell’Elle in versione animata?
Ad ogni modo anche il Ryuzaki dell’anime nei momenti che non sono compresi nella  “sceneggiatura da mandare in onda”, magari potrebbe essere così…
Voi cosa ne pensate?
Anche quei momenti ciechi sono una dimensione parallela.
Rifletteteci un istante.
Ecco che sgorgano tanti mondi nella vostra testa, tanti Elle che agiscono in momenti ciechi del cartone animato e, perché no, anche del manga!
Oppure… oppure Elle è così se stesso, ma diverso dal “temibile detective”, per altri motivi…


Emma capì che lui non avrebbe risposto e quindi proseguì «Cosa volevi dirmi?»
«Domani Watari ti aspetterà alle otto alla reception, ti porterà alla Todai.» le disse secco.
«Cosa?! Ma posso andarci anche da sola al lavoro!» esclamò Emma.
«Non potrai. E comunque gli alberghi di Tokyo saranno molti e variamente distanti dall’università. E non è una cortesia. Non sei in vacanza, Emma.» le ricordò lui con una punta di ironia.
Elle dava per scontato che Emma sapeva che avrebbero cambiato hotel spesso.
«Giusto, devo essere controllata… Be’, però il fatto che mi senta “in vacanza” significa che non temo nulla e che, come hai detto tu, non ti nascondo nulla che possa ledermi… Watari però non potrà accompagnarmi sempre… Sono certa che a breve avrà molto da fare e non potrà dedicarsi a me…» Dopo che tu avrai incontrato Light…
«Parleremo anche di questo.» disse lui enigmatico. «Dunque. Puoi girare nell’albergo liberamente, ma potrai uscirne solo accompagnata. Domani mattina lascerai il tuo portatile in stanza, dovrai farne  a meno per un giorno.»
Emma fece un leggero sorriso compiaciuto. «Lo esaminerai?» gli chiese curiosa.
«Tu vuoi che io lo faccia. Comunque sì, e non farò solo quello. Poi. Sul comodino della camera da letto troverai un cellulare. Prendilo. E prendi anche il tuo vecchio telefono. Ora.»
Emma allora cercò l’interruttore della luce… Niente… Nell’oscurità della parete non lo trovava e non lo vedeva…
«Affianco alla porta, alla tua destra.» le suggerì Elle.
«Sì… grazie…» ed accese finalmente la luce…
Strizzò gli occhi che ormai si erano abituati alla semioscurità.
Era immensa. La camera era immensa.
E non era la stanza vera e propria.
Era un salotto.
Lasciò la cornetta sul basso tavolino, andò a rovistare nella sua borsa alla ricerca del suo vecchio cellulare, lo acciuffò e poi, senza guardarsi intorno, si diresse verso la camera da letto dove trovò quello nuovo, che in effetti era sul comodino. Lo prese senza esitare e notò che lì c’era un altro telefono dell’albergo… Ci pensò un istante e decise fosse preferibile tornare all’apparecchio nel salotto…
Riacciuffò la cornetta che aveva posato.
«Anche il telefono nella stanza da letto ha una linea protetta Emma. Avremmo potuto parlare anche da lì. Ti avrei avvisata se fosse stato il contrario.» la prevenne Elle.
«Ah. Giusto.» disse lei risoluta.
Emma pensava parecchio… Era molto cauta…
E collaborava. Emma collaborava in modo sorprendente. Ma questo era in linea con quanto Elle aveva già pensato… Perché lei aveva voluto quel controllo fin dal primo momento…
«Ora inseriscici la tua scheda. Da adesso in poi userai solo questo cellulare e lo porterai sempre con te. Sempre. Quello vecchio lascialo a terra, fuori dalla porta della stanza. È tutto chiaro? Sono certo che saprai stare a queste semplici regole.»
«Certamente. C’è un GPS con microfono incorporato dentro?» gli chiese poi Emma trafficando già con lo sportellino sul retro dei due cellulari per scambiare la card.
«Sì. Qualcosa del genere» impassibile.
«…È strano che tu mi dica tutto… Così mi lasci il modo di aggirare queste precauzioni/controlli, se io lo volessi o ci potessi riuscire…»
«Ma tu non vuoi aggirarli. Per questo te li sto dicendo. Sei un “sorvegliato” particolare, in effetti.» le spiegò Elle, bruciandola ancora una volta.
«…Va bene… Abbiamo finito credo…» accese il nuovo telefono ed Elle non parlò.
Emma proseguì «Allora… Anche se dubito che dormirai… buonanotte Elle…» lo chiamò così, solo per quella volta, perché era fantastico poterlo fare…
«Buonanotte Emma.» e riagganciò.
Lei poi fece come lui gli aveva detto. Aprì la porta della stanza e posò il suo vecchio telefono sul tappeto del corridoio dove affacciavano le altre stanze e lo lasciò lì.
Collaborava in modo semplice, senza tuttavia essere ingenua, condiscendente o passiva…
Rientrando nel salotto Emma si guardò meglio intorno.
Anche quella era una suite…
Quindi magari la stanza di Elle non era poi così lontana dalla sua…
Scosse poi il capo infastidita da quei pensieri che continuava a vedere sciocchi ed ai quali non sempre si lasciava andare…
Tirò fuori dalla valigia le sue scarpe da ginnastica “da casa” e la sua tuta per dormire, perché naturalmente oltre alle pantofole non sopportava neppure i pigiami canonici.
Ed andò al bagno con il beauty.
Non era un bagno. Era un altro salotto.
«Bella la vita, vero Elle?» sussurrò sghignazzando, cosciente del fatto che probabilmente Elle la potesse sentire e vedere.
Ed iniziò a sfilarsi i vestiti tranquillamente…
Quando rimase solo con una t-shirt indosso, si fermò un attimo…
Non era minimamente in imbarazzo del fatto di essersi spogliata e di avere indosso solo una t-shirt, anche se ampia… Era pur sempre quella che si era mostrata tranquillamente in reggiseno ai ragazzi della palestra… Ma questo suo aspetto non significava che fosse una ragazza scaltra. Tutt’altro. Dietro il pudore spesso si annida proprio la scaltrezza femminile, che Emma non aveva.  Quella tranquillità significava semplicemente che spesso non si vedeva come una donna, ma agiva come un ragazzino, ingenuamente e liberamente, convinta che nessuno si sarebbe sconvolto o avrebbe strabuzzato gli occhi di fronte al suo seno contenuto e fasciato in un reggiseno sportivo…
E poi figurati se gliene importa qualcosa di vedermi così! Ed anche se gliene importasse ci farà l’abitudine ad un certo punto. Non ho alcuna intenzione di stare in ansia in ogni momento, di mettermi uno scafandro ogni volta che rientrerò in stanza e di farmi strani pensieri.
Poi però si guardò intorno… La doccia ed il vano per il wc erano separati dal resto di quel “salotto” da un leggero tramezzo.
Uhm… Magari al bagno non ci sono telecamere e se anche ci fossero di sicuro non saranno lì, dietro a quel tramezzo…
E solo allora si infilò dietro quella sottile parete, dove si spogliò del tutto e si cambiò.
Lo fece solo allora, nonostante fosse una ragazza priva di malizia nelle situazioni in cui la maggior parte delle donne ne avrebbe avuta… Lo fece, nonostante questo, e la vergogna non c’entrava nulla. Lo fece perché era innamorata di Elle… Ed in questo fu molto più “donna” di qualunque altra.

La mattina successiva le bussarono alla porta.
Emma si svegliò, sgusciando fuori a fatica da quello strano sonno profondo.
Allungò la mano sul nuovo cellulare sul comodino. Le sette e un quarto.
Accidenti! La sveglia non ha suonato! Non sono riuscita ad impostarla bene!
La notte prima non si era addormentata presto, ovviamente…
Come avrebbe potuto…
Si alzò velocemente e andò ad aprire.
La colazione in camera. Le avevano ordinato la colazione in camera.
Quando la cameriera ebbe posato un vassoio sopra il tavolo grande del salotto e fu uscita, Emma alzò il capo verso l’alto e lo ruotò da una parte e dall’altra, come volendo rivolgere lo sguardo a quelle telecamere che però non poteva vedere e gli parlò, quasi sussurrando e tentennando, perché sapeva che lui era lì…Perché non era mai sola…
«Io adoro la colazione al buffet degli alberghi… Mi piace moltissimo perchè è bello vedere le altre persone… Se la vorrò in stanza ci penserò da me… Però… ringrazia Watari per questo e per avermi svegliata in tempo… O magari… In fondo solo tu potevi sapere che stavo dormendo ancora e che la sveglia non aveva suonato… Ma no… Tu al massimo mi avresti svegliata facendo trillare il telefono in modo assordante.» concluse, immaginando un Elle decisamente poco incline ad una gentilezza garbata e piacevole come poteva essere quella del risveglio accompagnato dall’odore del caffé caldo…
Si sedette e si rimpinzò di pane e marmellata, l’unica cosa che riusciva a mangiare di prima mattina, e schifò le brioches e tutto il resto. Era vero che non amava i dolci, ma a colazione le uova, il bacon o il pesce le davano il voltastomaco, nonostante le sue origini per metà inglesi. Trangugiò un paio di tazze di caffé, cui seguirono naturalmente due sigarette… Non si pose proprio il problema se si potesse o meno fumare in stanza… Lo fece e basta, dopo aver socchiuso appena la finestra.
Era la mattina del 12 Febbraio, la prima di una lunga serie, la prima di una vita che si sarebbe svolta da quel momento in poi sotto l'insegna del silenzio e delle cose non dette, con i suoi amici, con la sua famiglia, con tutto il resto del mondo... Adesso viveva nell'incognita e nell'anonimato propri di Elle, doveva essere molto attenta, molto più di prima...

Verso le sette di sera Emma e Watari rientrarono in albergo, senza aver detto una sola parola in auto.
Appena Emma arrivò in stanza, ebbe appena il tempo di levarsi il cappotto, di poggiare la borsa, lavarsi le mani, accendere il computer, che era intonso sul tavolino, e di arrampicarsi seduta a gambe incrociate sulla sedia, alla ricerca di una playlist da ascoltare…
E bussarono alla porta.
Emma si alzò.
Aprì.
Elle.
Scontato.
Emma non era in vacanza, per l’appunto.
«Prego…» gli disse lei, spalancando la porta e scostandosi di lato per permettergli di entrare. E lui avanzò in silenzio, strascicando le scarpe sul parquet del pavimento.
Raggiunsero insieme il salotto, Elle denudò immediatamente i piedi da quegli orpelli odiosi, si appollaiò a modo suo su una sedia ed Emma fece lo stesso, anche lei a modo suo, di fronte a lui.
Senza ancora dire una parola lui sfilò dalla tasca dei jeans un foglio piegato. Lo aprì e lo posò sul tavolino.
E poi la guardò, calmo ed impassibile.
Era il primo disegno che Emma aveva fatto.
Era lui. Il grande detective, con le occhiaie sfumate, grigie, del colore della grafite ed i capelli più scuri, corvini, calcati e definiti dalla punta di una matita netta e decisa…
Elle aveva stampato quell’immagine dai files che aveva trovato sul pc di Emma.
Ma lei non parlò.
Lui si portò il pollice sul labbro e la fissò dal basso, col capo chino «Hai architettato anche questo.»  netto e diretto «Con questo vuoi darmi un’informazione in più. Vuoi dimostrarmi che mi conosci da tempo, ma senza lasciarmi possibilità di dubitarne. Vuoi provare oltre il ragionevole dubbio che conoscevi il mio aspetto da prima che ci incontrassimo. O meglio, con questo vuoi darmene la prova concreta e tangibile.»
Si fermò un istante, senza smettere di guardarla e senza smuovere il pollice dal labbro…
«I files parlano chiaro, giusto Emma? Sono documenti pieni di informazioni. Ognuno di essi racchiude in sé la data della propria creazione, nonchè quella dell’ultimo accesso. I dati informatizzati hanno una cronologia univoca, se nessuno la falsifica scientemente. E tu sai che io ho potuto verificare che non ci sono stati interventi sul tuo pc che possano aver annullato o alterato quella cronologia.»
I ragionamenti di Elle si scioglievano fluidi nel silenzio di quella stanza e ripercorrevano quelli che erano stati i calcoli di Emma al tempo in cui aveva definito il suo piano…
La stava scoprendo e smascherando lentamente. Non aveva solo dedotto quello che Emma era certa lui avrebbe fatto. Che cioè i disegni digitalizzati rappresentavano una prova. Elle le stava gradualmente facendo capire che sapeva che lei li avevi fatti apposta…
Era meraviglioso ed agghiacciante…
E la sua voce calda e cristallina le penetrava nella testa… «Hai scansionato questo disegno il 15 Ottobre del 2006, alle 23:57. Il giorno successivo la notizia della cattura del serial killer della Campagna Romana è stata diffusa dai media. Ed il 17 Ottobre mi hai incontrato nell’area archeologica per la prima volta. Ma evidentemente non era la prima volta.»
Si fermò ancora un istante, fissandola. Queste pause erano inquietanti.
Ma Emma non disse nulla, ancora una volta. Si limitò a deglutire…
Era dura… Era durissima…
«È dura, vero Emma? Hai preparato tutto, ma affrontare “questo tutto” è molto più difficile. Non è così? Questa scansione ha un disegno originale. Che fine ha fatto? L’hai gettato? Credo che fosse in quel quaderno che ti portavi sempre dietro. Perché lo portavi sempre con te?»
Emma finalmente parlò «… Perché… Perchè ero terrorizzata all’idea che potesse finire nelle mani di qualcun altro… nessuno deve vedere la tua faccia, anche se non ho scritto nessun nome…»
«E non solo. Hai omesso qualcosa, come sempre, senza mentire. Ma mi stupisci in questo momento. Non ti sei ancora resa conto che non c’è più bisogno di omettere nulla su questo punto? Generalmente capisci come comportarti e sai sempre cosa dire. Generalmente mostri di “conoscermi”… Te lo dirò io cos’altro ti ha portata a tesaurizzare così quel quaderno. Tu non volevi anche che quei disegni cartacei finissero nelle mie di mani! Perché attendevi, anzi, speravi che io indagassi su di te e temevi che io avrei potuto entrarne in possesso in qualche modo.
Tuttavia adesso accetti tranquillamente che io prenda il tuo pc, anzi, “vuoi” che io lo prenda e veda i files scansionati dei ritratti che erano su quello stesso quaderno che hai voluto nascondermi e che vuoi nascondere anche ora… Immagino sia perché i files “parlano” più dei disegni a mano libera e sono per te una prova del fatto che tu fossi a conoscenza di molte cose, prima che queste avvenissero.
Quello che non ho capito subito è il perchè tu ti sia disfatta del quaderno. Tanto ora avresti potuto provare con i files quello che non potevi provare con i disegni a mano libera. Ed io avrei avuto un semplice doppione…
Ma non ero sulla strada giusta…
Su quel quaderno non c’erano solo i disegni che io ho potuto vedere scannerizzati sul tuo pc!
Su quel quaderno c’era anche dell’altro! E questo “altro” io non posso vederlo subito, perché tu hai pianificato che deve essere così. In pillole. Mi hai sempre dato tutte le informazioni in pillole!» chiuse lui, osservandola gelido, ma aggressivo, un’altra volta.
L’aveva colta su tutto.
Elle aveva capito tutto un’altra volta.
Aveva capito che c’erano altre informazioni digitali nascoste…
Eccolo il “fuoco” con cui aveva “giocato” Emma.
«… Sì… Non sapevo come, ma sapevo che avresti capito molto più di quello che avevo programmato… ed è durissima… Lo è anche se mi sono preparata in tutti i modi, ripetendomi di continuo che mi avresti stupito… »
E questo era il motivo per cui, da quel momento in poi, Emma aveva lasciato il suo piano aperto. Perché le cose sarebbero potute cambiare a dismisura, essendoci Elle di mezzo in modo attivo e prorompente…
Emma continuò «… E sì… in pillole… Anche questo avevi già capito… Non posso fare diversamente… Non mi crederai mai altrimenti… Tu dovrai… »
«Dovrò fidarmi di te.» la interruppe lapidario Elle prevenendola «“Perché altrimenti andrà tutto a monte”. Sono parole tue, Emma.»
«Sì.» confermò lei seria.
«Ed è proprio questo “tutto che rischierebbe di andare a monte” la prima cosa che dovrò capire, la mia incognita numero uno.
Il primo assaggio che mi hai voluto dare, la prima “pillola”, è proprio quella delle “conoscenze” che hai su di me. Giusto? Ma per tua fortuna, nelle mie indagini, chiarire questo aspetto è anche il mio primo passo, diciamo pure la mia prima “pillola”, che dovrà definire la mia prima incognita, cioè il perché tu mi abbia cercato; il perché tu abbia architettato tutto questo; qual sia il tuo obiettivo. In sintesi: cosa vuoi da me, Emma?! Perché tu vuoi qualcosa e questo qualcosa è profondamente connesso a ciò che tu sai di me. Le altre due incognite le affronterò solo dopo che avrò capito questo.»
Era lui a condurre, comunque, nonostante le ingerenze e le conoscenze di Emma.
Le altre due incognite…
Tra i disegni che Elle aveva visto scansionati sul pc di Emma non c’era solo quello di Elle, ma anche quelli di Light, di Misa, di Ryuk e di Rem…
Ma lui non vi aveva fatto alcun accenno.
Non aveva la minima intenzione di parlarne.
Almeno per il momento.
Era lui a condurre.
Prima voleva capire cosa Emma volesse da lui.
Questo era logico, in realtà.
Perché capirlo lo avrebbe portato, forse, ad avere un’altra prospettiva e magari a parlarle anche del caso Kira… e forse, chissà, lo avrebbe portato a fidarsi veramente di lei…
Due persone, due menti con capacità e sensibilità immensamente differenti, Elle ed Emma. Forse però in quella prima fase stavano cercando entrambi di ottenere o definire la possibilità che il grande detective si fidasse di una giovane archeologa sprofondata in un mondo sempre più difficile e irreale…
Ma era Elle a condurre il gioco ora. O forse no?
«… Stai conducendo tu il “gioco”… Mi va bene così. Io sono stanca…» sospirò Emma, incamerando il fatto che lui non volesse assolutamente parlare del caso Kira, ancora…
«Forse. O forse lo stai ancora velatamente in parte conducendo tu. Ma abbiamo appena iniziato Emma.» disse lui gelido.
Poi allontanò il dito dalle labbra «Può bastare. Ho ottenuto le conferme e le informazioni che volevo, per il momento.» si fermò un attimo «e adesso voglio una fetta di torta.»
E si alzò, si reinfilò le sue scarpe, alzò noiosamente la mano in un cenno di saluto, si voltò, si incamminò verso l’ingresso ed aprì la porta.
Emma lo seguì tutto il tempo con lo sguardo. «Ciao, Ryuzaki.» gli disse alla fine, mentre lui era sull’uscio di spalle.
Elle sollevò di nuovo la mano sottile, senza voltarsi «A tra poco, Emma» le rispose, alludendo in modo leggero, infantile e forse irritante al fatto che l’avrebbe vista sullo schermo del suo computer attraverso gli occhi delle telecamere.
E poi uscì.
È spiazzante e… insopportabile… Mi chiedo come faccia a piacermi così tanto!!! Però è così…

Elle rientrò nella sua suite, mentre Watari aveva appena tagliato una fetta di cheese-cake e gliela poggiava sul basso tavolino del salotto.
«Sono arrivato solo adesso qui ed ho visto soltanto ora quei disegni. C’è anche Light Yagami…» gli disse il signor Wammy, sereno e compassato, mentre Elle si accomodava placidamente su una poltrona, rannicchiandosi.
«Non ho affrontato questo discorso con lei. Non gliene ho parlato e non gliene parlerò, per ora. Devo prima capire cosa voglia da me. Scoprire cosa sappia del caso Kira è la mia seconda incognita e sarà il secondo passo che appronterò con lei.» gli rispose Elle, mentre allungava le dita verso uno dei mirtilli che guarnivano la cheese-cake.
«La seconda incognita delle tre.» commentò Watari «Credi comunque che lei abbia a che fare col caso Kira in qualche modo?»
«Forse… Ma ho la sensazione che ne abbia a che fare in un modo collaterale, esterno… direi quasi da spettatrice…» un lampo si accese nei suoi occhi ed Elle si fermò, con la forchetta sospesa davanti alle labbra, guardando dritto davanti a sé… «…Sì… i disegni… le informazioni che ha… sono tutte espressioni di un “osservatore”… sono conoscenze passive, come quelle di uno studioso attento e preciso, ma non coinvolto… Perché lei conosce, sa, ha visto. Ma non è preparata per esperienza o per abitudine… Non ha “vissuto” quello che sa… Non so come, ma Emma è una “spettatrice”. Anzi, Emma è stata una “spettatrice”.»
Aveva intuito in quel momento.
Aveva intuito proprio in quel momento questo aspetto incredibile, tramite deduzioni che nella sua mente andavano molto più veloci di quanto le sue parole potessero esprimere.
L’intuito fenomenale può essere in qualche modo connesso alla sensibilità?



Questo capitolo è pieno di cose. Quasi un’accozzaglia…
C’è una Emma descritta come avveniva nei primissimi capitoli, nelle emozioni e nelle caratteristiche.
C’è il suo piano, forse troppo complicato (non in generale, ma solo per le mie limitate capacità di spiegarlo senza impiccarmi, rischiando di combinare un disastro e generare incomprensioni… Pensate se fosse stato più complesso??? Rabbrividisco al solo pensiero…)
C’è un Elle che mi ricorda in brevissimi tratti quello del manga (ma credo che lo ricordi solo a me…), che io adoro all’inverosimile e spero di esservi riuscita a comunicare almeno un briciolo di quel Ryuzaki là…
C’è la descrizione di come Elle la controlli, perché non potevo non affrontarla e non cercare di definirla in modo dettagliato e perché mi sono divertita a farlo (anche se sono stata egoista e non so quanto l’abbiate apprezzata…)
C’è il primo vero interrogatorio… E lì mi metto in ginocchio e prego umilmente perdono ad Ohba…  
E tantissime altre cose….

Ma vi lascio adesso e vi ringrazio infinitamente per il calore che mi date!!! Sono sincerissima! Ho detto proprio “calore”!!! Per le recensioni, le preferenze…
Date un'occhiata alle recensioni al capitolo 19… Hanny ha fatto un bellissimo disegno di Emma, di come la immaginava!!!!!
E Saretta lo ha commentato! E’ grandioso per me vedere come vi appassioni questa storia…
E cos’è questo se non calore??!!!
Mi sento sempre più in ansia per questo…
Va be’, mo’ la faccio finita che mi sono scassata pure io di leggermi co' 'sti toni pesanti da intrippata cronica!!! ;D
Alla prossima!!!


Eru

   
 
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