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Autore: romilda    07/09/2006    7 recensioni
Questa fan-fic era stata originariamente scritta per la Challenge di un altro sito ma, per chissà quale motivo, non sono mai riuscita a pubblicarla...
Così, ho deciso di provare su EFP...
E' la mia prima ff, quindi siate clementi...
E lasciatemi un commentino, please! :O)

P.S. Il primo capitolo è molto breve... sia per lasciarvi un po' col fiato sospeso, sia per... "tastare un po' il terreno", e vedere se vale la pena di continuare... :O) !
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I’m very sorry x il ritardo, ma pigiama-party selvaggio a casa di amiche e smaltimento della sbornia il giorno dopo mi hanno tenuta x un po’ lontana dalla tastiera…
Ringrazio immensamente tutti coloro che hanno recensito: siete stati molti di più di quanto mi aspettassi, e tutti quei complimenti… OH MY GOD!, sono diventata rossa come un peperone!!! :O)
Un bacio a tutti quanti,
e buona lettura…
Questo è il terzo e ultimo chappy di “MIDNIGHT TEA”, e vi avverto che sarà un tantino lungo e denso di avvenimenti…

AU REVOIR!




Ron rimase paralizzato per qualche istante, poi qualcosa nel suo cervello realizzò che se l’avesse fatta fuggire anche quella volta non avrebbe avuto più alcuna speranza di essere perdonato da lei.
Armatosi di un coraggio che decisamente non gli era proprio (ma un Grifondoro deve pur tirare fuori le palle ogni tanto, no?! N.d.A.), la rincorse su per le scale e, in quattro falcate, si parò di fronte a lei, sbarrandole la strada:
-Hermione, aspetta!- ripeté, con più decisione, -non è come credi!-.
-Ron, togliti di mezzo!-.
-NO!- urlò lui; poi, abbassando notevolmente il tono di voce, sospirò:
-Va bene, ha vinto tu- disse, con una strana voce, estraendo quell’orribile busta rosa dalla tasca e gettandola a lei, -prendi. Leggila- e, senza aggiungere altro, con lo sguardo basso, la oltrepassò e scese di nuovo in cucina, diretto nel cucinotto.
Hermione lo seguì con lo sguardo, assolutamente basita:
Ron che si arrende così facilmente?! Accidenti, devo piangere più spesso!
Inspirò profondamente, e girò la busta: il mittente era ovviamente Lav-lav. Aveva scritto il proprio nome con un inchiostro rosa shocking e vi aveva disegnato intorno tutta una cornicetta di rampicanti.
Gesù…
Reprimendo un conato di vomito, Hermione scese piano le scale tornando in cucina.
Passando di fronte al cucinotto, gettò un’occhiata a Ron, intento a frugare in uno sportellino, presumibilmente alla ricerca dei filtri per il tè, e andò a sedersi su un divanetto poco distante il tavolo.
Posò la lettera in grembo, e rimase per un attimo ad osservarla: adesso che poteva leggerla, aveva quasi paura di scoprirne il contenuto.
Poi, facendosi coraggio, l’estrasse dalla busta: erano due fogli di pergamena – rigorosamente rosa –, e Lavanda vi aveva scritto sopra con dell’inchiostro verde mela, quasi accecante.
Facendo appello a tutta la sua risolutezza – era abituata a decifrare codici di rune, ma questa si presentava come un’impresa ancor più ardua, dal momento che tra il colore, tra quella grafia tonda tonda-uguale uguale-attaccata attaccata da tipica adolescente tutta pizzi e frizzi qual era Lavanda, tra quello sfondo rosa pallido, c’era da consumarsi gli occhi per riuscire a capirci qualcosa!), avvicinando notevolmente il foglio agli occhi, Hermione lesse:

Caro Ron-ron,
sei un infame!
Mi hai spezzato il cuore calpestato i miei sentimenti ti sei preso gioco di me e non hai avuto alcun riguardo nei miei confronti ma tanto io lo so che mi hai mollato per quella befana della Granger accidenti a lei che cosa avrà poi di tanto speciale non lo so insomma è bassa rompicoglioni e ha pure i capelli a porcospino invece io sono bella sexy e dolce ma a te non te ne frega niente e mi hai mollato per quell’aborto della femminilità sappi che non ti perdonerò mai ma ciò che mi consola è che tanto ti aspetta una vita d’inferno perché lei non te la darà mai è troppo acida e troppo fredda secondo me è perfino asessuata e quindi tu soffrirai come un cane e tornerai da me strisciando bambolottino amoroso cucciolotto mio ma mi spiace ma sarà troppo tardi perché io mi sarò già fatta consolare da qualcun’ altro migliore di te e quindi lo prenderai in quel posto quindi continua pure a sbavare per la Granger soffri per lei patisci per lei che tanto non sarà mai capace di ricambiare i tuoi sentimenti come invece avrei potuto fare io passerotto dolce pezzo di merda che non sei altro…
Un’ultima parola: fottiti!

La tua ex

Lav-lav

Hermione ripiegò il foglio, allucinata: quella roba sembrava un misto fra il monologo joyciano di Molly Bloom e un rigetto su carta dei pensieri di una pazza chiusa da anni in una cella d’isolamento con la sola compagnia di una cinquantina di Harmony…
Ron, nel frattempo, era arrivato con due belle tazze di tè fumante; si sedette accanto a lei, pur mantenendosi a debita distanza, e gliene porse una, evitando di guardarla negli occhi:
-Allora, l’hai letta?- domandò, con una freddezza che celava nervosismo.
Hermione annuì, prendendo la tazza con entrambe le mani; fece per portarla alle labbra, ma poi ci ripensò, incapace di trattenersi:
-Dico, ma si può essere più imbecilli?!- esclamò. -Come diavolo fa quella stupida a pensare che io possa piacerti?! Voglio dire, non riesce proprio a mandar giù che l’hai mollata solo perché era insopportabile?! Insomma, solo un’idiota potrebbe arrivare a credere che tu sei innamorato di me!-.
-Oh, be’, grazie tante- borbottò lui, le labbra sulla tazza, fissando dritto di fronte a sé.
Ci volle un po’ perché il cervello di Hermione – che generalmente immagazzinava i dati con una celerità da fare invidia a un personal computer – registrasse a pieno ciò che lui aveva detto. Poi:
-Cos... Cosa?!- boccheggiò la ragazza, che non credeva alle sue orecchie e stava già lottando con sé stessa per non lasciarsi andare a turpi fantasie nelle quali Ron finalmente – finalmente – le balzava addosso sul divano e le giurava amore eterno e la faceva sua.
Ron bevve un lungo sorso – e con molta probabilità si ustionò pure la lingua, considerata la smorfia che fece – e si voltò a guardarla negli occhi:
-Lavanda non è poi così stupida, Hermione – disse piano, con un’espressione stranamente seria, molto più adulta e matura… in qualche modo più saggia del Ron che aveva sempre creduto di conoscere –perché, se non altro, una cosa l’ha capita: a me piaci tu, Hermione, e mi sei sempre piaciuta tu…-.
Hermione lo fissava con tanto d’occhi, ammutolita.
Ron proseguì, chiaramente deciso a vuotare il sacco; finalmente, dopo tanti anni, sembrava essersi deciso…
Era arrivato ad un punto di non ritorno: non poteva fermarsi, né tornare indietro.
Poteva solo andare avanti, e buttare finalmente fuori tutto quello che, più o meno consciamente, si era tenuto dentro per sette lunghi anni:
-Ti amo, Hermione- disse, con una semplicità disarmante, così come di una semplicità disarmante era il contesto in cui si trovavano: la cucina della Tana, alle due di notte, entrambi con metà dei vestiti convenzionali addosso e una tazza di tè fumante in mano…
Hermione non poteva credere alle sue orecchie.
Come la Lizzie Bennet di Jane Austen, “lo fissò, arrossì, dubitò e tacque”. Non poteva crederci…
Doveva trattarsi dell’ennesimo prodotto della sua fantasia, di quelle fantasie con cui si tormentava nel sonno, quando chiudeva gli occhi e veniva trascinata in un mondo dove la sua indistruttibile razionalità e il suo senso pratico non potevano salvarla, da cui non potevano tirarla fuori prima del suo risveglio…
Sì, non poteva esser vero…
Ron continuava a fissarla, speranzoso e teso, attendendo una risposta, un gesto, un sorriso…
Quel silenzio sembrava soffocarlo…
Poi, finalmente, Hermione parlò:
-Dimmi che non mi stai prendendo in giro- disse, con un filo di voce tremante, gli occhi che già ridiventavano lucidi.
Ron sorrise, e fece per abbracciarla, ma la tazza gli scivolò di mano, rovesciandogli metà del contenuto bollente addosso e schiantandosi sul pavimento in un’esplosione di schizzi ambrati e schegge di porcellana.
-Ahh! Merda!- imprecò lui, scattando in piedi, e scotendo rabbiosamente il braccio ustionato.
Hermione soffocò una risata, posò la propria tazza ai piedi del divano e corse a prendere un asciughino:
-Ron Weasley, sei sempre il solito disastro!- commentò, ridendo, mentre gli strofinava il braccio.
Le orecchie di Ron presero fuoco, mentre borbottava qualcosa d’incomprensibile, lasciandosi asciugare il braccio dalla ragazza, sentendosi incredibilmente stupido e goffo e sciocco.
Hermione finì di asciugarlo, poi raccolse i cocci nell’asciughino e li gettò nel lavello, lasciando alla signora Weasley il piacere di fare in Incantesimo di Riparo il giorno dopo.
Ron, intanto, era tornato a sedersi sul divano e tamburellava nervosamente coi palmi aperti sulle ginocchia.
Hermione si fermò a pochi centimetri da lui, e incrociò le braccia, dondolandosi avanti e indietro:
-Bene, allora…- cominciò, tentando di riprendere un immaginario filo del discorso anche se non aveva la più pallida idea nemmeno lei di che cosa dire.
Ron si alzò in piedi, facendola sentire immediatamente minuscola e indifesa, nonostante fosse anche lui decisamente imbarazzato, tanto che non aveva nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi, e si ostinava a tenere i suoi bassi, fissi sul tappeto.
Deglutì:
-Ecco, io… insomma… -.
Dove diavolo erano finiti tutto il fegato e la sicurezza di poco prima?! Erano per caso evaporati col tè?! Probabile.
-Sì, insomma… certo, certo che non sto scherzando, accidenti!- esclamò, riprendendo coraggio, e sollevando lo sguardo su di lei, gli occhi azzurri che brillavano di decisione e sincerità.
-Oh!- fece lei, -bene-.
-Bene-.
-Bene-.
Era inutile: volevano entrambi avere l’ultima parola… Come sempre.
-Bene- ripeté Hermione; poi, abbandonando ogni pudore, gli gettò le braccia al collo, baciandolo.
Ron vacillò leggermente, più per la sorpresa che per altro, poi la sollevò da terra afferrandola da sotto le natiche, facilitando le cose a entrambi; si baciarono con passione crescente, finché, inevitabilmente, crollarono sul divano; Ron puntellò sui gomiti per non schiacciarla, e le scostò una ciocca di capelli dal viso, scendendo a baciarle il collo.
Un mugolìo di piacere sfuggì dalle labbra di Hermione, mentre tuffava le dita nei suoi capelli ramati con una mano e gli carezzava la schiena nuda con l’altra; poteva sentire i muscoli del ragazzo tendersi sotto la sua pelle luminosa.
Sentì le labbra di Ron percorrere una linea immaginaria lungo la sua gola e poi scendere giù fino all’incavo dei seni; qui il ragazzo si fermò, seppure con una certa riluttanza, gettandole un’occhiata indecisa, che poteva tradursi in una semplice domanda: “posso?”.
Nonostante l’indecisione, dettata probabilmente da uno scrupolo galante, e dalla volontà di non fare niente che lei non desiderasse, i suoi occhi erano scuri come zaffiri, e fiammeggiavano di desiderio e d’impazienza.
Hermione gli accarezzò piano una guancia e sorrise, chiaro segno di assenso, lo sguardo leggermente vitreo e un’espressione piacevolmente intorpidita:
-Spengi la luce, però-.
Detto fatto: in meno di due secondi, giacevano nel buio più completo. Solo un timido raggio di luna s’infiltrava dalla finestra, illuminando i loro volti di una pallida luce spettrale e facendo sembrare viola i capelli di Ron e neri quelli di Hermione.
Il ragazzo riprese a baciarla dall’incavo del collo, scendendo giù con una scia di baci umidi e morbidi, fino a che Hermione non sentì che le abbassava le spalline della camicia da notte.
Non portava il reggiseno, sotto, e il contatto delle sue mani sulla sua pelle fu immediato; Hermione si sentiva in estremo imbarazzo: nessuno l’aveva mai toccata prima. Non era mai andata più in là di un bacio, con nessuno… in un certo senso, si era sempre “conservata” per lui…
Il pensiero che invece magari lui avesse toccato Lavanda come stava toccando lei adesso le fece montare addosso una furia tremenda: gli prese il viso fra le mani e lo riportò quasi di forza all’altezza del suo, baciandolo con tanta passione da stordirlo:
-Che dici, me la cavo meglio di Lavacca?- gli sussurrò, con un tono inaspettatamente seducente che lasciò di stucco Ron.
-Oh, be’- disse lui, tuffandole il viso nei capelli e baciandole piano un orecchio,- direi di sì…-.
Ripresero a baciarsi con foga crescente; Hermione sentiva le mani di Ron, dapprima un po’ tremanti, spostarsi sui suoi seni, sostituite poi dalle labbra…
Mentre il suo cervello si stava rapidamente sconnettendo, e l’unica cosa che ormai riusciva a sentire erano i propri sospiri e i propri gemiti soffocati, dei passi giù per le scale e la successiva accensione del dannato lumino ruppero quell’idillio sensuale:
-Oh, accidenti!- esclamò la voce impastata di Harry, che, sprovvisto di occhiali, cercava di mettere a fuoco le due figure avvinghiate sul divano.
Ron e Hermione scattarono immediatamente a sedere, rossi in volto come due papaveri; la ragazza si affrettò a coprirsi il seno nudo con la camicia, chiudendo gli occhi e mordendosi un labbro per l’imbarazzo.
Harry nel frattempo si stava frugando nelle tasche del pigiama alla ricerca degli occhiali; finalmente li trovò, l’inforcò e quando risollevò lo sguardo su di loro ebbe conferma di chi si trattava:
-Oh, ragazzi…- disse, sorridendo e fingendo di non notare le guance accese di entrambi e l’aria sconvolta della ragazza, tutta rannicchiata su sé stessa e coi capelli più arruffati del solito, -salve… Ero sceso a prendere un bicchiere d’acqua…-.
-Serviti pure- disse Ron, con un filo di voce, le orecchie di un allegro rosso rubino.
Harry si schiarì rumorosamente la voce – sentendosi improvvisamente molto Dolores Umbridge –, andò al lavello e si riempì un bicchiere, fischiettando allegramente.
Ron e Hermione non osarono guardarsi per tutto il tempo che lui rimase in cucina.
-Be’, buonanotte- disse infine il Bambino Sopravvissuto, cercando disperatamente di soffocare quel grido di trionfo che gli stava esplodendo dentro al pensiero che quei due si fossero finalmente decisi.
-‘Notte, Harry-.
-‘Notte-.
Harry se ne andò e, prima cominciare a salire le scale, ebbe una mezza idea di spengere nuovamente la luce; ma qualcosa gli suggerì che era meglio lasciare che quei due se la sbrigassero da soli…
Così, saltando i gradini a tre a tre, si dileguò al piano di sopra.
Un silenzio imbarazzante cadde fra i due finché i passi di Harry non svanirono, inghiottiti dalla moquette del primo piano.
Hermione tirò su col naso, e distese le gambe di fronte a sé. Si rassettò alla meglio vestiti e capelli e disse:
-Be’, non mi sembra il caso di restare qui…-.
Non so che avrei fatto se fosse stata signora Weasley!
-Già- assentì lui, abbastanza funereo.
-Be’, allora… io torno a letto. Buonanotte- disse, alzandosi in piedi e chinandosi su di lui per dargli un leggero bacio sulla fronte.
Ron alzò su di lei i suoi occhi azzurri, carichi di mortificazione:
-Buonanotte- disse, triste triste. Era ancora decisamente rosso in volto.
Hermione si sentì stringere il cuore – nemmeno si fosse trovata davanti un cucciolo bisognoso d’affetto –, e lo abbracciò:
-Non preoccuparti- gli sussurrò all’orecchio, -possiamo tranquillamente continuare domani. In un luogo un po’ più appartato, magari…-.
-Davvero?!- chiese lui, tutto contento; se avesse avuto una coda, in quel momento avrebbe sicuramente scodinzolato.
-Certo-.
Ron si fece più serio (e smise di scodinzolare N.d.A):
-Quindi, questo significa… che tu ed io… sì, insomma, noi… adesso stiamo insieme, no?!-.
Il sorriso di Hermione si allargò:
-Be’, può essere…- disse, con fare misterioso, precorrendo con l’indice il suo profilo.
Ron le bloccò il polso, guardandola con espressione fintamente contrariata:
-Non tenermi sulle spine, Granger- l'ammonì, con un tono alla Malfoy che non ammetteva repliche.
Hermione rise e lo abbracciò:
-Va bene- disse, scoccandogli un bacio sulla guancia, -la risposta è sì-.
Ron la tenne per un po’ ancora stretta a sé, poi, infine, la lasciò andare:
-Buonanotte-.
-Buonanotte- rispose la ragazza, sorridendo e stringendosi addosso il camicione a quadri; girò su sé stessa e si avviò verso la scalinata buia, mentre lui la seguiva con lo sguardo.
Quando sparì alla sua vista, Ron riportò lo sguardo alla cucina di fronte a sé, poggiò i gomiti sulle ginocchia intrecciando le mani e sospirò.
Un sospiro stanco e felice al tempo stesso. Un sospiro che voleva dire molte cose…
-Ah, Ron?!- disse lei, tornata indietro, facendo improvvisamente capolino; Ron sussultò e la guardò.
-Anch’io ti amo- disse la ragazza, con un sorriso, per poi sparire nuovamente su per le scale.
  
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