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Autore: Artemis00    07/09/2006    5 recensioni
Ecco come andarono le cose fra Vegeta e Bulma, a mio parere. Questa è più corta delle altre, spero vi piaccia. La dedico a Emily FF e a tutte le persone che commentano le mie opere. Grazie!
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vegeta aprì gli occhi, infastidito dal sottile raggio di sole che trapelava dalle persiane

Vegeta aprì gli occhi, infastidito dal sottile raggio di sole che trapelava dalle persiane. Si girò supino, e guardò la sveglia alla sua sinistra. Segnava appena le otto.

I suoi allenamenti iniziavano alle otto e mezza. In un altro momento avrebbe sfruttato la mezz’ora in più, ma quel mattino non ne aveva proprio voglia. Aveva dormito male: in sogno gli era riapparso il suo pianeta, il padre, il terribile momento in cui Freezer aveva gettato la maschera.

Non aveva avuto una vita facile. I saiya-jin avevano la prerogativa di iniziare presto a combattere, ma la maggior parte di loro da bambini si divertivano ad uccidere, senza prenderlo come un lavoro. Lui no. Lui dovette maturare in fretta. Per sostituire in parte il genitore, per resistere alle torture e alle prese in giro di Dodoria, per contrastare il carisma che quel tiranno aveva su di lui, per non lasciarsi influenzare.

A sei anni era già uomo.

Cosa ci faceva in quel pianeta insulso, che secondo la prassi avrebbe dovuto scomparire almeno ventisei anni fa?

A saperlo.

Ripugnava tutti i terrestri. Loro si lamentavano continuamente di cose senza importanza, non erano mai cresciuti sul serio. Piangevano nelle loro disgrazie, non facevano nulla per correggere le situazioni. Ipocriti sino in fondo. Una sera dovette seguire la signora Briefs nelle sue compere, e si era fermato nel reparto libri. Ormai leggeva bene la scrittura terrestre. Prese in mano un libriccino dalle pagine tagliate in rosa, cominciò a sfogliarlo. Dovette controllarsi per non strapparlo di fronte a tutti. Era pieno di stupidaggini su come trovare un ragazzo, cosa mangiare per non far venire i brufoli, i cosmetici da comprare.

Roba immensamente, rigorosamente stupida.

Era di questo che si cibavano le donne di questo pianeta?

A ben pensarci, come aveva fatto a non pensarci prima?

Bulma era così. Osservava spesso i suoi comportamenti. Affettati, capricciosi. Poi il modo di presentarsi: sempre truccata di tutto punto, vestita bene. Non conosceva il peggio della vita, eppure trovava modo di essere infelice per ogni cosa.

Un po’ la derideva, un po’ la schifava, a volte la invidiava. Lui era un principe. Anche lui avrebbe voluto una vita semplice. Ma così non era.

Il sentimento prevalente era comunque un senso di ammirazione.

Lei non lo temeva. Lo punzecchiava spesso. Litigavano, si lanciavano oggetti, si ridevano in faccia. Una volta a certe provocazioni avrebbe risposto con la violenza, magari senza ucciderla, forse rompendole un polso o incutendole terrore. Ma, chissà perché, tutti quei battibecchi lo divertivano. Poi la ragazza diventava così buffa quando si irritava! Si colorava il viso di rosso e la punta del nasino le rimaneva bianca. Al pensiero gli veniva da ridere. Poi storse il naso rimproverandosi di quella debolezza, mise da parte le coperte e si alzò, si fece una doccia, prese i primi vestiti che gli capitarono sottomano e quasi senza pettinarsi scese a fare colazione.

-        DONNA! – Chiamò – La colazione!

Bulma si presentò dinanzi a lui, truccata, ben pettinata e con un vestito rosso, corto e smanicato.

Suo malgrado ebbe un brivido di stupore: nessuna donna del suo pianeta poteva uguagliare l’effettiva bellezza della ragazza. Un punto in più. Quest’ultima avvampò di collera:

-        Senti bello, non sono la tua serva, perciò se vuoi qualcosa te la prendi.

-        Come osi? Lo sai che potrei distruggere questo posto in un attimo?

-        Lo so. Fallo.

-        ?

-        Distruggi questo posto.

-        Non mi sfidare ragazzina.

-        Io ho un nome, ragazzino, vedi di chiamarmi con quello. Se no, scordati che ti prepari il cibo.

-        Quanto la fai lunga! Va bene, va bene… BULMA, dov’è la colazione?- naturalmente alla minaccia tornò sui suoi passi.

Quel round si era concluso a suo favore. Ma non sarebbe finita lì.

Il guerriero finalmente si sedette a tavola, e con fare regale mangiò ogni pietanza, sotto lo sguardo un po’ divertito e un po’ incantato della giovane.

-        Ti sei imbambolata?

-        No- Trasalì – solo che non riesco ad abituarmi al tuo modo elegante di fare le cose, al confronto di Goku che si affoga come un maialino.

-        Come puoi anche pensare di mettere al confronto il Principe dei Saiya-jin con quella scimmia d’infimo livello?- Chiese risentito.

Lei si strinse nelle spalle, prese la borsa, salutò e uscì.

“ deve andare da Yamcha” pensò lui. Gli dava leggermente fastidio che uscisse con quell’idiota. Avrebbe forse preferito Kuririn a quel decerebrato. Ma che ci poteva fare?

“ Devo andare da Yamcha” pensò lei. La borsa firmata le sbatteva fastidiosamente nel retro del ginocchio destro, e le scarpe dal tacco alto le facevano male.

Voleva che la sua vita cambiasse. Anche nettamente. E il modo migliore era tagliare con le consuete abitudini.

Purtroppo, la sua relazione col ragazzo era fra queste. Avrebbe sofferto. L’avrebbe pregata di rivedere la sua decisione. Ma sarebbe stata irremovibile. Era un amore adolescenziale. Se n’era resa conto da mesi ormai. Lui invece no, era rimasto come la prima volta che si erano conosciuti.

O forse no?

La sua visita era una sorpresa non annunciata. Nella sua borsetta c’erano tutte le cose di valore che le aveva regalato. Le avrebbe restituite non per cattiveria, solo perché magari lui le avrebbe potute riciclare con un nuovo amore. Sapeva che dal fidanzato non giravano molti soldi. Prese la copia delle chiavi, sospirò, ed entrò nel suo appartamento.

Strabuzzò gli occhi: nel luogo regnava un disordine incredibile: nel pavimento c’erano un mucchio di indumenti, nel divano stavano due bicchieri di cristallo umidi di brandy.  Le sedie erano a terra. Col cuore in gola s’incamminò verso la stanza di Yamcha, dalla quale proveniva musica ad alto volume. Aprì la porta, poi lo shock: nel letto cigolante c’erano lui e un’altra donna, cosa facessero è piuttosto scontato.

Era venuta lì per troncare, sì. Ma provava ancora affetto per l’ex. Gli voleva bene. Non poteva credere che potesse farle un affronto del genere. Non era giusto. Poi le tornò tutto in mente. Il rossetto nel colletto di una sua camicia era rosso carminio, non bronzo dorato. Spesso aveva visto delle mutande da donna sotto il suo letto. Quante volte aveva chiuso gli occhi pur di non ammettere…?

Quando si accorsero di lei, la donna sconosciuta dette uno schiaffo a Yamcha, anche lei inconsapevole dell’esistenza di un’altra. Si rivestì e se ne andò sbattendo la porta. Il verme restava invece là, tremante, nelle lenzuola umide. Bulma non battè ciglio.

-        Comunque ero venuta con l’intenzione di troncare.

-        C… cosa?- Mormorò, facendosi piccolo piccolo.

-        Fai davvero schifo,  sei un essere inutile, uno spreco di spazio. Chi ti ha comprato questa casa? Chi ti ha assunto nella sua azienda? Sanguisuga. Da oggi ti scorderai di me. Fra una settimana questa casa dovrà essere vuota. Toglierai tutti i tuoi pupazzetti dalla tua scrivania in ufficio. Non più accozzato. Io volevo rompere con te, ma provavo affetto. Lo stesso affetto che ci ha permesso di continuare questa farsa per dodici anni. – Concluse serafica.

-        N… non la amavo, comunque.- si difese rauco

-        NON ME NE IMPORTA NULLA! QUANTE ALTRE VOLTE L’HAI FATTO? QUANTE VOLTE HO SUBITO?

Detto questo,  aprì la borsa e ruppe ad uno ad uno tutti i doni che si era portata dietro. Poi, ultimo, si sfilò l’anello e glielo tirò in un occhio con sorprendente mira. Si ricompose e tornò a casa.

  
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