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Autore: shotmedown    26/01/2012    3 recensioni
No, lei non ci credeva più. Inutile negarlo, c'era qualcosa che non andava nella sua vita, e non poteva far altro che crogiolarsi nella sua ignoranza; un giorno, forse, qualcuno le avrebbe fatto capire quanto contasse, e le avrebbe donato un mondo fatto di sicurezza e passione, ma per ora, si limitava a partire, ad andare lontano. Boston le stava stretta, Montréal era la libertà.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cinque amici e un paio di chitarre.'
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~ Se non sai dove andare, finirai
sicuramente in qualche altro posto.
L.J Peter.








Pierre p.o.v
“Pierre, si può sapere che hai?” Lachelle mi guardava, sospettosa. Le rivolsi un sorriso di circostanza, tanto per rassicurarla.
“Stavo pensando che forse dovremmo partire per un po’”.
“E dove vorresti andare?” Ovunque io possa dimenticarmi di lei.
“Non so, che ne dici di Salt Lake City?” Sgranò gli occhi, sorpresa quanto me di quell’improvvisa affermazione.
“Nello Utah? Ma...”
“Sarà divertente, e saremo solo io e te.” Ci pensò su, ma alla fine accettò. Infondo, avrebbe potuto prendere un aereo quando le pareva per tornare a Montréal. E, ripetei a me stesso, sarebbe stato per poco. Uscì, per andare ad avvisare la madre e la sorella della nostra decisione, lasciandomi solo in quella casa. La Moyne. LaMoyne. Qualcosa mi spingeva verso quell’auto e a dirigermi in Rue La Moyne. Basta, basta! Portai la testa tra le braccia, cercando di chiudere fuori tutti i pensieri che la riguardavano. Non potevo comportarmi in quel modo; non era giusto nei confronti di nessuno dei tre, compresa Lachelle: eravamo fidanzati da quattro anni e non potevo farle un torto del genere. Presi le chiavi dell’auto e mi allontanai da quelle quattro mura che, a dirla tutta, mi stavano togliendo il respiro. Misi in moto e accelerai, sperando di arrivare prima che diventasse troppo buio. Avevo una sola destinazione.
 
Sam p.o.v
Alt, avevo deciso. Dovevo dare un taglio a quella storia e se qualche forza superiore avesse cercato di ostacolarmi, avrei cercato di abbatterla. Erano le nove di sera, e non avrei potuto che trovarlo a casa sua, magari a leggere un libro. Arrivata di fronte alla sua dimora, notai che le luci erano spente e la sua auto mancava. Forse era uscito. Mi diressi in centro, in un bar piccolo ma abbastanza accogliente, tipicamente "filmesco".
“Mi dia qualcosa di pesante, per favore.” L’uomo al banco mi fissò stranito, come se invece di una bevanda gli avessi chiesto cicuta e cianuro. Quando mi posò davanti un piccolo bicchierino con del contenuto marroncino dentro, provai un profondo senso di nausea, ostacolato dal senso di colpa che chiedeva di essere soppresso, in qualsiasi modo. Bevvi tutto d’un sorso, provando a reprimere un eventuale conato di vomito.
“Problemi?” mi chiese il barman, notando la mia testa appoggiata sul bancone. Lo guardai, persa e mezza brilla. Senza rendermene conto ero arrivata a quattro drink.
“Perché in occasioni del genere i barman diventano psicologi?” Bevvi un sorso dalla birra che mi aveva appena versato. “Sai, mi è venuta un’idea.” Iniziavo a sentirmi un po’ alticcia. Mi alzai e corsi fuori, salendo in auto e guidando - almeno per quanto mi riusciva - fino al parco fuori città. I fari delle auto erano così fastidiosi...Parcheggiai neanche sapevo dove e non mi preoccupai che il parcheggio fosse chiuso.
And I’ve lost who I am, and I can’t understand why my heart is so broken rejecting your love…” Perché avessi iniziato a cantare proprio quella canzone non lo sapevo. “Without love gone wrong...Lifeless words carry on...” Diedi un calcio ad un albero, che si rivelò essere un palo della luce spento. Perché mi sentivo così...frantumata? Da piccola mio padre soleva definirmi un diamante; ora mi sembrava di esserne soltanto la brutta copia in vetro. “And this war is not over...” Avanzai ancora, non pienamente consapevole di dove stessi andando precisamente, ma sicura del fatto che camminare non potesse che farmi bene. Arrivai ad un punto in cui era difficile proseguire, a causa della presenza di un terrazzamento un po’ troppo alto. Ma non avevo intenzione di fermarmi. Con un salto, riuscii a cadere in piedi, continuando poi per una strada che portava su una spiaggia. Passeggiando un po’ più lontano dal bagnasciuga, iniziai a guardare il cielo e a riflettere. Ero sempre stata spinta a considerare Ben come unica fonte di fiducia nella mia vita, ma qualcosa era andato storto, e i miei ideali erano totalmente crollati. Ero fuggita da un problema che non potevo e, soprattutto, non volevo affrontare: era inutile, i fatti parlavano chiaro. Ero riuscita a dimenticarlo, almeno in parte, ma qualcosa di lui viveva ancora in me. Ero ancora innamorata? No. Tenevo ancora tanto a lui? No. Ma ora non avevo una spalla su cui poggiare e ben presto sarei caduta se non avessi riparato al danno fatto. E forse qualcuno che poteva aiutarmi a farlo c’era. Poteva quel qualcuno essere Pierre?
"I'd do anything, just to hold you in my arms, to try to make you laugh, 'cause somehow I can't put you in the past. I'd do anything just to fall asleep with you. Will you rimember me, 'cause I know I won't forget you..." Ancora quella voce. “I close my eyes, and all I see is you. I close my eyes, I try to sleep, I can't forget you.
Mi avvicinai, seguendo il suono della voce accompagnata da chitarra acustica. Trovai una piccolo grotta, illuminata da una debole luce arancione e vi entrai, senza esitare, continuando ad ascoltare. C'era familiarità, c'era calore, dolcezza, anima. C'era lui.

“Pierre...” non appena mi vide, si fermò, posando la chitarra a terra e alzandosi in piedi, come se lo avessi colto nel bel mezzo di un reato.
“Sam, che...che ci fai qui?”
“Passeggiavo sulla spiaggia e ho sentito una voce. Potresti, ecco...cantare ancora?” Avrei dovuto parlare con lui non chiedergli di cantare per me.
“Ehm...sono un po’ stanco...Ora me ne torno a casa.”
“No, scusami. Me ne vado io, tu resta qui.” Uscii dalla grotta, sperando che lui mi richiamasse. Ma non accadde.
 
Pierre p.o.v
“Stupido, idiota, imbecille!” Sferrai un calcio alla chitarra, che di tutta risposta mi fece notare di aver appena spezzato una corda e rotto la paletta. Corsi fuori, cercandola con lo sguardo, ma era lontanissima. Avrei dovuto chiamarla? Per complicare ancora di più le cose? No, meglio di no. Tornai dentro a spegnere il fuoco, presi quel che restava dello strumento musicale e me ne andai. Sperai che non si voltasse e si accorgesse della mia presenza; ma lo fece. Due secondi, per poi girarsi e tornare sui suoi passi. Ad un tratto si fermò, tornò indietro e corse ad abbracciarmi. Mi sentii totalmente impotente, sicché lasciai cadere la chitarra a terra e la strinsi forte, cercando di combattere il desiderio di andare oltre.
“Pierre?” mi chiamò, sommessamente.
“Mmh?”
“Promettimi una cosa.” Alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi nei miei, non lasciandomi altra possibilità che dire: “Si.”
“Non abbandonarmi mai.” Affondò la testa nel mio petto. “E scusa. Sono un’idiota.”
“Vorresti togliermi il primato?” capii che rideva dal calore che mi infondeva tramite la maglietta. “Scusami tu. Hai ragione, non mi hai mai dato il diritto di interferire nella tua vita e...”
“Fallo. E se mi arrabbierò ancora con te, prendimi a schiaffi.”
“Proposta allettante, direi...”
“Dico sul serio.” Dalla sua espressione non traspariva un velo di ironia.
“Lo hai detto tu.”
“Ti voglio bene, Bouvier.”
“Anche io, Gordon.” Le feci scorrere una mano sul volto, e le alzai il mento. “Hai bevuto?” Era la prima volta che le sentivo addosso l’odore dell’alcol.
“Un po’...” Si allontanò, facendo tornare il freddo. “Non so, ma ho sentito rimorsi che sarebbero potuti scomparire solo con un aiuto liquido.”
Risi, prendendole la mano e iniziando a camminare. Come avrei potuto andare a Salt Lake City arrivati a questo punto?
 
Sam p.o.v
Risalimmo il terrazzamento con un po’ di difficoltà, dopodichè cercammo di camminare più lentamente. Eppure, lo sentivo distante. In tre anni avevamo maturato, insieme, una sorta di telepatia; ora mi accorgevo che c’era qualcosa che non andava.
“Domani” dissi, cercando di distrarlo “ti faccio vedere uno dei capolavori di Brandon Lee.”
Non può piovere per sempre! Il corvo è uno dei miei film preferiti. Lo avrò visto circa una decina di volte.”
“Esattamente. Che ne dici?” annuì, voltando l’angolo che ci avrebbe condotti alle nostre auto.
“Di sera o di pomeriggio?” chiese, aprendomi la portiera.
“Sera. Il pomeriggio andrò a parlare con Ben.”
“D’accordo...Cosa gli dirai, di preciso? Vuoi tornare con lui?” Mi sembrava troppo...curioso.
“Non so cosa gli dirò, ma una certezza ce l’ho.”








A HeySoulSister__
Come promesso C= Grazie ancora per le recensioni e i commenti!
  
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