Cap VIII Si comincia a fare sul serio
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Cap VIII^
13 aprile 1912 – Tempo del
Titanic, ore 08.30
Riposato
dopo la dormita della notte precedente. il
giornalista si diresse verso il Cafè Parisienne per la sua
colazione e per l'appuntamento con il sig Chrisolm. Non riusciva a
togliersi dalla mente l'
incontro con la ragazzina. Non aveva mai avuto la sensazione che gli
mancasse
qualcosa nella vita, fino a qualche anno
prima. Approssimandosi alla senilità si era accorto invece che sentiva la
mancanza di un legame stabile e tranquillo e si era reso conto, suo malgrado,
che quando si trovava a guardare le
famiglie dei suoi amici, sentiva un gran senso di vuoto. All'inizio, queste sensazioni
lo avevano piuttosto turbato, poi aveva reagito prendendosi in giro,
chiamandosi 'vecchio rimbambito' e tuffandosi totalmente nel lavoro, ma spesso
questi pensieri tornavano a galla. Certo, che storia quella di Tersa. Chissà,
forse avrebbe potuto scriverci sopra un libro. Dopo la pensione aveva in
progetto di andare a trovare un suo carissimo amico in Italia che l'aveva più
volte invitato. Avrebbe potuto recarsi facilmente in Sicilia per fare magari
delle ricerche. Forse ci sarebbe rimasta traccia di quella famiglia. Magari
Teresa Curatolo sarebbe stata l' eroina del suo libro. Quando la sua guida
arrivò, gli disse che gli avrebbe
mostrato qualcosa di veramente interessante. Con una certa fretta lo guidò giù
fino al ponte F, praticamente al livello del mare dove si trovava un locale,
orgoglio della nave: la piscina coperta. Il motivo della fretta consisteva nel
fatto che dalle 10.00 alle 13.00 il locale era riservato per le signore e
quindi interdetto agli uomini che avrebbero potuto accedere di nuovo alla
struttura dalle 14.00 alle 18.00. L'uso del locale richiedeva un modico
pagamento, ma al mattino dalle 06.00 alle 09.00 era aperto gratis per gli
uomini. La vasca misurava 10 metri per 5. L'acqua riscaldata era alta 1.80
metri. Considerando gli impianti moderni, poteva sembrare una cosa modesta, ma
considerando che era la prima volta che si realizzava una struttura così su una
nave, il discorso cambiava. Mentre osservavano l' impianto, uscì dallo
spogliatoio i colonnello Archibald Gracie che con un cenno del capo li salutò.
Chrisolm fece osservare che il colonnello non era mancato un solo giorno.
Passarono poi al campo di squash ed al bagno turco annesso alla sauna.
Chrisolm, anche dietro consiglio di Andrews, condusse il giornalista anche nei
locali della terza classe, perchè potesse vedere e testimoniare che le
condizioni di viaggio erano veramente incredibili ed innovative rispetto alle
altre navi. Restando sempre sul ponte F entrarono nella cucina di 3^ classe.
Anche quì era tutto pulito ed in ordine. 10 persone si affaccendavano per la
preparazione dei pasti che erano certo meno ricchi e sofisticati delle altre
classi, ma gustosi ed abbondanti. L'odore che si percepiva era molto
stimolante, faceva venire in mente al giornalista la cucina casalinga di quando
era piccolo. Pane fresco, carne col sugo, pasta o zuppa, e poi contorni e
perfino un dolce. La sala da pranzo di 3^ classe era ampia e occupava per
larghezza metà dello scafo della nave. Le pareti erano foderate con pannelli di
legno di pino verniciati di bianco e l'arredamento consisteva in grandi tavoli
da dodici posti e moderne sedie di teak non vincolate al pavimento, invece che
quelle solite odiose panche dei locali modesti. Completava l'arredamento un bel
pianoforte verticale, posto in un angolo. L' altra metà dello scafo adiacente
era occupata dalla comunicante sala fumatori di 3^classe con tavoli rotondi e
altre sedie di teak. Un discreto numero di passeggeri era in questi due locali. Il loro
abbigliamento era ben diverso da quello sfarzoso della prima classe ai piani
superiori. Il clima confortevole mantenuto nei locali, consentiva ai passeggeri
di vestire semplicemente. Le donne con gonne lunghe e camicette abbottonate
fino al collo. Gli uomini con camicie, pantaloni, un gilet ed un immancabile
cappello, di solito una scoppola. Tutti comunque erano vestiti in modo ordinato
e decoroso, tanto per smentire le voci che tutti gli emigranti erano sporchi e
violenti. In sala da pranzo un uomo di
mezz'età era seduto al pianoforte suonando una nostalgica melodia irlandese
accompagnato da un altro che suonava un organetto. Passati pochi minuti, però,
i due vennero letteralmente strappati dai loro posti e sostituiti da un gruppo
di uomini più giovani che intonarono una indiavolata danza irlandese al suono
della quale molte coppie risposero
gettandosi in un ballo vivace negli spazi liberi. Al suonatore di pianoforte si
erano uniti due violinisti, un chitarrista e dei 'volontari' con percussioni di
fortuna, dai cucchiai al semplice piano di una sedia. Il fenomeno degli
strumenti musicali era molto diffuso fra queste persone, come se attraverso il
loro strumento, di solito lasciato in eredità di padre in figlio, avessero
voluto portare con loro, in questo paese lontano e straniero, almeno un po'
dello spirito delle loro origini attraverso le canzoni e le melodie della loro
terra di provenienza. In questo spirito,
si erano portati violini, chitarre, fisarmoniche, cornamuse, organetti ed anche
più modestamente altri si erano contentati di semplici ocarine, zufoli o
armoniche a bocca. Non tutte le coppie presenti si erano gettate nella danza.
In un canto, teneramente abbracciati, erano appartati due giovani, come
separati da tutto ciò che li circondava. Il giornalista riconobbe Denis Lennon
di 20 anni e Mary Mollin di 18, una sorta di moderni Romeo e Giulietta.
Provenienti da Clarinbridge, nella contea di Galway, lei di famiglia ricca, lui
semplice garzone di una bottega della famiglia di lei. Innamoratisi
perdutamente, furono immediatamente separati e lui cacciato in malo modo. Una
notte, rubarono i soldi della cassa del negozio in cui lui aveva lavorato e
fuggirono decisi a rifarsi una vita nel nuovo mondo. Avevano comprato i
biglietti per New York sul Celtic ma poi, causa lo sciopero del carbone, erano
stati dirottati sul Titanic. Il fratello di lei era partito al loro
inseguimento con l'intenzione di uccidere il ragazzo e riportare la sorella a
casa. Li aveva mancati per un soffio a Quennstown, quando si erano imbarcati
sul traghetto Ireland che li avrebbe
portati a bordo del Titanic. Non essendo sposati, si erano imbarcati come
fratello e sorella ma era chiaro a tutti che la verità era ben diversa. Stavano
assieme tutto il giorno nei locali comuni poichè in 3^ classe la disciplina
consentiva solo alle coppie sposate con figli di alloggiare assieme nella
stessa cabina. Tutti gli altri si servivano di dormitori separati, gli uomini a
prua e le donne a poppa. La sera, alle 22.00 le luci venivano spente e quindi
tutti erano invitati per tempo, ad andare a dormire. Russel riconobbe almeno
altre due coppie di sposi. Una stava
ballando allegramente ed era costituita da Edwuard Beane, di 32 anni e sua moglie Ethel, di 19.
Lui, sistemato in America come muratore
era tornato a Norwich per sposare la sua fidanzata e poi erano ripartiti
immediatamente. Un altra coppia di sposi novelli era seduta ad un tavolo e
seguiva allegramente la musica. Si trattava di Guillaume Joseph Massemaecker di
36 anni e sua moglie Anna di 22. Lui tornato dopo tanti anni in Belgio per visita
alla famiglia, era rimasto letteralmente folgorato dalla bellezza di Anna.
Innamoratosi perdutamente e immediatamente ricambiato, l'aveva sposata ed ora
la portava nella sua nuova casa. In fondo, seduti ad un tavolo d' angolo,
assistevano al ballo due coniugi non più giovanissimi. Lei aveva in braccio un
bambino piccolo e lui sulle ginocchia una bambina di circa sette anni. Attorno
a loro però giocavano altri bambini, di cui due seduti a terra ai piedi del
tavolo. Erano Frederik Goodwin di 42 anni e sua moglie Augusta di 43 anni, che
si recavano in America per raggiungere il fratello di lui che aveva aperto
un'attività nel campo degli impianti elettrici ed aveva chiesto il loro aiuto.
Viaggiavano con sei figli, la più grande una ragazza di 16 anni, Lilian, ed il
più piccolo, quello in braccio alla madre, Sidney, di 19 mesi. La famiglia si
poteva ricongiungere solo durante la giornata perchè, non avendo potuto
permettersi una cabina privata, durante la notte, come da regolamento della
Compagnia, il padre con tre figli maschi, dormiva a prua e la madre, con due
figlie femmine ed il bambino, a poppa. Russel fu colpito da una bellissima e
giovanissima ragazza che se ne stava anche lei in disparte, con un bambino in
braccio. Si trattava di Leha Kosen Aks, di 18 anni, polacca. Viaggiava con il
suo bambino, Frank Philips, di 10 mesi, per raggiungere il marito Samuel che
era andato in Virginia per trovare una sistemazione ed ora l'aveva chiamata.
Non abituata a viaggiare e con scarsissima conoscenza dell'inglese, si muoveva
con grande timidezza e aveva pochissimi contatti con gli altri passeggeri.
Chrisolm insistette per mostrare al suo ospite anche una delle cabine, perchè
si rendesse conto della differenza con le altre navi. Effettivamente le cabine,
che andavano da due a sei posti, apparivano piuttosto curate. Avevano dei letti
a castello ed un lavabo. Anche quì l'acqua era di mare accompagnata da una
brocca d'acqua dolce a persona al giorno. Comunque, un sogno a confronto delle
altre navi. Nella sala fumatori, a differenza delle altre classi, non era
prevista la condizione della separazione dei sessi e quindi ai tavoli erano
seduti diversi altri passeggeri, uomini e donne. C' erano anche dei bambini che
giocavano incuranti di ciò che avevano attorno. Lo sguardo di Russel cadde
casualmente su un tavolo a cui erano seduti due adulti, un uomo tarchiato, sui 35
anni, con folti baffi e l'immancabile 'coppola' ed una donna abbastanza
robusta, all'incirca della stessa età. Avevano in braccio ognuno un bambino piccolo. Accanto a loro, per terra,
giocavano un maschietto di circa cinque anni ed una bambina un pò più grande.
Riconobbe immediatamente Teresa. Quindi quello era il nucleo familiare di cui
faceva parte. Per un attimo pensò di andare a salutare la bambina ma poi si
rese conto che non era il caso. Anche lei lo vide ma pur avendolo riconosciuto, diede mostra di non essersi accorta di
lui. Meglio così, lui avrebbe dovuto spiegare agli zii come l'aveva conosciuta
e la cosa avrebbe rischiato di complicarsi perchè sarebbero venute fuori le
fughe della bambina negli 'spazi proibiti'. Invitato a sedersi ad un tavolo
anche lui con la sua guida, fu costretto ad accettare un bicchiere di vino
offertogli da un gruppo di uomini che provenivano tutti dall' Italia, più
precisamente dal Veneto. Scambiò con loro diverse battute, grazie alla sua
conoscenza dell' Italiano, con grande meraviglia della sua guida che non se lo
aspettava. Fu costretto a declinare però un generoso invito a pranzo, malgrado
non gli sarebbe dispiaciuto mangiare con quella gente semplice ed in gran parte
allegra, preferendola di gran lunga a quella piuttosto snob e sofisticata dei
'piani superiori'. Purtroppo aveva da svolgere un incarico importante e, con i
tempi che stringevano, doveva affrettarsi. Salutò quindi i presenti, con la
promessa che sarebbe tornato a trovarli al più presto. Chrisolm insistette
però, prima di lasciarlo libero, per fargli visitare l'infermeria di bordo,
raggiungibile dal luogo dove si trovavano semplicemente salendo due rampe di
scale che li avrebbero portati al ponte D. Entrarono in una anticamera dove
furono ricevuti dall' infermiera Evelin Masden, che in un'elegante divisa, li
introdusse nello studio del dottor O'Loughlin, direttore della sezione medica
del Titanic. Questi riconobbe Russel come vicino di tavolo nella sala da pranzo
e fece accomodare i due uomini davanti alla sua scrivania. Ammise sinceramente
di essere contento che si fossero recati in quel luogo solo per conversare. Nei
giorni precedenti, assieme a tutto il personale medico, erano stati sottoposti
ad un lavoro pesantissimo e stressante. Ora si stavano ancora riprendendo. La
prassi aveva richiesto che lui ed il suo collaboratore dr. Simpson, visitassero
tutti i passeggeri di 3^ classe e verificassero che questi fossero nelle
condizioni di salute previste dall'immigrazione per recarsi in America. Inoltre
avevano dovuto visitare tutti e 990 membri dell'equipaggio per controllare la
loro idoneità al lavoro. Un tour de force incredibile. Disse comunque al
giornalista che la zona in cui si trovavano era l'infermeria della 1^ classe.
Una porta in vista conduceva ad una sala di medicazione utilizzabile, all'occorrenza,
anche quale sala operatoria. Russel si mostrò molto ammirato ma nello stesso
tempo si augurò di non avere mai bisogno di interventi in quell'epoca. Il
dottor O'Loughlin aggiunse che sparsi per la nave, c'erano altri presidi medici
destinati alla seconda classe e alla terza. Il suo collega, assieme ad un
infermiere, il sig. William Dunford, gestivano in modo permanente l' infermeria
della seconda classe. Per la terza c'era un presidio fisso nel quale prestava
la sua opera un'abilissima infermiera,
la sig ra Katherin Jane Wallis, in grado di affrontare l'ordinaria
amministrazione e che naturalmente. se necessario, avrebbe chiamato il dr
Simpson. Interessante visita, anche perchè dell'infermeria non esistevano
documentazioni fotografiche. In questo caso, la perfetta rassomiglianza con la
nave gemella Olympic non avrebbe potuto avere nessuna utilità poichè
quest'ultima non aveva una sala medica simile. Ora però Russel doveva proprio
andare per un impegno urgentissimo. Alle 12.45 circa, il giornalista fece in
modo di trovarsi dalle parti della souite C-10, mostrando di spostarsi per il
corridoio, senza fretta, leggendo una copia del giornaletto di bordo,
l'Atlantic Daily Boullettin. Finalmente, vide giungere il cameriere con il
carrello delle vivande. Attese che si fermasse alla porta della souite in questione
e fece in modo da passarci davanti quando questa fu aperta per far entrare il
cameriere. Per non perdere proprio nulla, attivò anche la videocamera nell' anello e, distrattamente, passando, si
aggiustò il cappello per mantenere l'inquadratura. Non guardò mai direttamente
verso la porta, ma sentiva addosso uno sguardo penetrante e minaccioso. Giunto
all'angolo del corridoio, si fermò. Doveva sapere assolutamente il più
possibile su quella gente. Decise di rischiare il tutto per tutto. Attese il
cameriere uscito dalla cabina e dietro l'angolo, lo bloccò. Sventolandogli sotto
il naso un biglietto da un dollaro, una cifra davvero allettante per l' epoca,
cercò di farsi dare informazioni sulle persone che erano in quella cabina. Di
fronte al diniego del cameriere, il quale asseriva di non sapere nulla,
probabilmente per paura, il giornalista
arrivò ad offrire cinque dollari, una somma pazzesca. Il cameriere lo guardò in
modo strano, ma alla fine decise di raccontargli quel poco che sapeva. L' uomo
anziano pareva un capo, che comandava a bacchetta tutti gli altri. Forse la
donna era la sua amante ma non certo la moglie, o almeno così gli era sembrato
dalle poche parole che aveva potuto ascoltare. I tre uomini alloggiavano nella
cabina vicina, o meglio due erano in permanenza nella souite ed uno a turno
dormiva nella cabina adiacente. Le cose erano congegnate in modo che la coppia
non fosse mai sola. Russel si complimentò con il cameriere per la sua capacità
di cogliere ogni indizio, certo frutto di anni di esperienza nel suo lavoro, e
consegnatigli i cinque biglietti da un dollaro, si recò i fretta nella sua
cabina, impaziente di vedere il materiale girato poco prima. Nella proiezione del
materiale ripreso con l' agenda, vide la porta che si apriva, uno dei
giovanotti che faceva entrare il cameriere e notò che questi, nel vederlo passare,
ebbe un moto di sorpresa in seguito al quale portò immediatamente la mano
destra sotto la giacca, all' altezza dell'ascella. E in questa posizione rimase
a guardarlo mentre egli si allontanava e non lo perse mai di vista finchè non
girò l'angolo del corridoio. Altro che osservato, quello sguardo sembrava
volerlo passare da parte a parte. Chissà cosa temevano o cosa avevano combinato. Dalla loro espressione
sembravano persone pronte a tutto. La
proiezione di ciò che aveva ripreso con l'anello mostrava all' incirca la
stessa scena, ma da un diverso punto di vista. Si vedeva un altro giovanotto,
dietro al primo, con una pistola in mano, pronto ad intervenire se necessario.
Forse l'aveva scampata bella. Comunque gli sembrò strano che il cameriere, che aveva
di certo visto quell'arma, non gliene avesse parlato. Forse, malgrado i 5
dollari c' erano altre cose di cui non gli aveva detto nulla. Ancora pensando
all'evento, si recò in sala da pranzo. Ad un piccolo tavolo vicino ad una delle
pareti in fondo al salone scorse seduto il comandante che, apparentemente
assorto e concentrato sul cibo che stava consumando, si limitava a rispondere
con un cenno del capo ad eventuali saluti che gli venivano rivolti da alcuni
passeggeri. A differenza di molti suoi colleghi di altre navi, il comandante
Smith non gradiva molto di essere coinvolto in eventi di tipo mondano e men che
meno aveva piacere ad intrattenere passeggeri facoltosi ed importanti in cerca
di curiosità o novità. Al suo piccolo tavolo sedevano solo persone
particolarmente gradite o alle quali non poteva dire di no. Fra queste, il sig.
Ismay aveva preso l' abitudine di andare a sedersi per sottoporre al comandante
questioni o per fargli proposte circa la conduzione della nave. Forse era per
questo che i pasti del comandante erano così rapidi. Quanto agli altri
ufficiali della nave, non comparivano quasi mai, a parte il commissario di
bordo, in quanto preferivano consumare i loro pasti in una saletta attigua ai
loro alloggi sul ponte delle barche. Ad un tavolo accanto a suo notò un
sacerdote in piacevole conversazione con tre belle signore. Una delle donne,
quella che spiccava maggiormente per autorità e portamento, era la contessa di
Rothes, una bellissima ed elegantissima donna di 28 anni, che nel 1900 aveva
sposato il 19^ conte di Rohtes, assumendo quindi il titolo nobiliare a cui
faceva più che onore. L' altra signora era Gladys Charry, la cugina, a cui la contessa aveva offerto il viaggio in
cambio della sua compagnia. La terza donna, una bella ragazza, vestita
piuttosto sobriamente era la signorina Roberta Maioni, la cameriera personale
della contessa, che questa considerava con grande familiarità e l'aveva voluta
al tavolo con sè, malgrado la servitù fosse
destinata a mangiare in un'altra sala del ponte E. In realtà il fenomeno
era abbastanza diffuso, specie perchè spesso il personale di sevizio svolgeva
anche incarichi di assistenza e segreteria e quindi veniva trattato con maggior
considerazione. Il sacerdote era padre Thomas Byles, un prete cattolico di 42
anni, piuttosto magro e di piccola statura. L' aspetto in realtà poteva
ingannare in quanto si trattava di uomo di grande tempra e volontà. Il sacerdote era un passeggero di 2^ classe ma era un
ospite quasi fisso della contessa la quale gradiva molto la sua compagnia, non
tanto per questioni religiose, quanto perchè il prete era una persona di grande
cultura e di gradevolissima conversazione. D'altronde, malgrado la netta
separazione fra le classi, quando questo poteva in qualche modo far comodo, si
chiudeva facilmente un occhio. Un classico esempio Russel lo aveva veduto
quando, visitando la sala da squash, aveva veduto in campo il sig Charles
Eugene Williams che era un passeggero di seconda classe e quindi non avrebbe
avuto diritto di accesso alla struttura. In realtà era il campione del mondo in
carica per quello sport e i passeggeri di prima classe, facevano la fila per
sfidarlo. Al termine del pranzo, come ormai sua abitudine, passò alla sala
attigua per un bel bicchiere di brandy ed il suo ormai immancabile sigaro.
Quasi perso in una sorta di momentanea beatitudine, fu richiamato bruscamente
alla realtà da una mano che gli si posò amichevolmente sulla spalla. Era stato
il sig. Andrews che, anche su richiesta di altri passeggeri, lo invitava per quella sera a cena al
'Ristorant A la Charte'. Avevano formato una comitiva scelta che, addirittura,
la sera successiva avrebbe offerto una cena speciale in onore del comandante.
Sapendo di aver ricevuto un grande onore Russel accettò di buon grado e, piuttosto
soddisfatto, si incamminò verso la sua cabina. Il suo atteggiamento mutò di
colpo nel notare che la porta del suo alloggio era semplicemente socchiusa.
Pensò che forse il personale di servizio stesse ancora sistemandola e si
dispose ad attendere pazientemente finchè, dopo un tempo ragionevolmente lungo
durante il quale non accadde nulla, si decise ad aprire la porta. Dalla scarsa
luce che filtrava attraverso la tenda che copriva l' oblò, si accorse con una
certa angoscia, che la cabina era completamente sottosopra. Era stata frugata
da cima a fondo. I cassetti erano stati tolti dai mobili e lasciati capovolti
sul pavimento. La sua roba era stata sparsa sul letto. Avevano perfino
rovesciato le tasche degli abiti. In bagno il contenuto del suo necessaire era stato
rovesciato nel lavandino. Anche i tubetti delle sue medicine erano stati
svuotati ed ora le pillole erano tutte mischiate sul fondo del lavabo.
Apparentemente chi aveva fatto il lavoro non si era soffermato sulla loro
strana forma e colore, insoliti per quel tempo. Il flacone del talco era stato
aperto, parzialmente svuotato e abbandonato in mezzo al resto. Non si erano
accorti che il flacone stesso, con qualche piccola modifica era un' arma da
difesa piuttosto efficace. Ciò escludeva che chi aveva svolto il lavoro
provenisse dal suo tempo, magari per sabotare la sua missione. Il sospetto lo
aveva effettivamente sfiorato. Poi, con un senso di apprensione, tornò nella cabina
e chinatosi a terra, in corrispondenza dell'oblò, usando un piccolo attrezzo
multiuso che aveva in tasca e che lo accompagnava in tutte le sue avventure,
iniziò a svitare un pezzo della cornice che delimitava il pavimento in legno.
Sollevato un lembo del pannello, ebbe un sospiro di sollievo. Ciò che ci aveva
nascosto era ancora lì. Rialzatosi, si dispose a riordinare tutto mentre
ragionava sull'accaduto. Improvvisamente però notò qualcosa che gli fece venire
i sudori freddi. Sul tavolo erano stati lasciati cinque biglietti da 1 dollaro
stracciati in piccoli pezzi. Allora, ecco da dove veniva quel bel regalo! Ma
come era possibile? Lui era stato attentissimo e il suo colloquio con il
cameriere era avvenuto ben lontano dalla cabina degli sconosciuti. Decise di
non parlare con nessuno dell'accaduto. Avrebbe continuato il suo lavoro, magari
con maggiore prudenza, consapevole che, se avessero voluto fargli del male, non
gli avrebbero lasciato quel messaggio così evidente. Probabilmente volevano
solo fargli paura e fargli sapere che loro sapevano. Dopo che ebbe ridato alla sua
cabina una parvenza di ordine, sedette in poltrona e, con la compagnia dell'
ormai solito bicchiere di brandy e di un ottimo sigaro, riflettè su tutto
quanto era accaduto. Certamente aveva centrato la questione. Evidentemente si
trattava di qualcosa di grosso. Il personaggio era indubbiamente una persona
importante nel suo ambiente, quale che fosse. Visto il tipo di donna che lo
accompagnava, non sembrava una persona
che agiva in ambienti altolocati. Unendo tutto questo ad una condizione
economica senza dubbio molto agiata, non rimaneva molta scelta. Poteva essere
un uomo d' affari con qualcosa da nascondere o che scappava da qualcosa o un
grosso rappresentante della malavita con qualche oscuro progetto forse
riguardante la nave stessa o i passeggeri. Ora che doveva fare? Era stato
mandato lì per svolgere una missione e
con grande probabilità aveva fatto centro. Un personaggio misterioso di cui
nessuno sapeva nulla. Decise di continuare la sua indagine, seppure con maggiore
attenzione, ammesso che ne fosse capace, perchè orami si conosceva bene. Quando
fiutava qualcosa, partiva in quarta e nulla lo poteva fermare. Valutò che
poteva muoversi tranquillo per la nave e decise pertanto di lasciare in cabina
la sua arma. Magari sarebbe stato sufficiente evitare i luoghi bui e solitari.
Gli seccava tuttavia mandare giù quella provocazione ma era uno contro cinque e
forse ancora di più. Purtroppo ancora non aveva capito assolutamente nulla
della situazione. A questo punto, era
inutile continuare a girare per il transatlantico, visto che ciò che cercava
era venuto fuori. Aveva visitato buona parte del Titanic. Mancava solo la
seconda classe, se non si contava quella sporadica puntata alla birreria.
D'altronde, riflettendoci un momento, convenne che anche nel suo addestramento
erano state fornite moltissime informazioni sulla prima classe e sulla terza.
Come se la seconda non fosse importante. Era inoltre sicuro che tutto il
materiale che aveva raccolto nei giorni precedenti rappresentasse un ottimo
risultato. Bene, aveva ancora un
pomeriggio a disposizione e doveva sfruttarlo in
modo utile.