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Autore: Avion946    26/01/2012    2 recensioni
Un anziano giornalista viene inviato a bordo del piroscafo Titanic per svolgere una importante delicatissima missione, a proposito della quale, alcune inforamzioni gli sono state volutamente taciute. Dovrà riuscire il protagonista a trovare una soluzione, muovendosi a bordo della nave e vivendo tutte le vicende collegate con il viaggio, dalla partenza al drammatico naufragio. Solo alla fine verrà fuori la soluzione attraverso un imprevisto, incredibile epilogo a sorpresa.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cap VIII Si comincia a fare sul serio Per rendere più agevole la lettura si consiglia di visitare questa pagina

Cap VIII^

 

13 aprile 1912 – Tempo del Titanic, ore 08.30

 

Riposato dopo la dormita della notte precedente. il giornalista si diresse verso il Cafè Parisienne per la sua colazione e per l'appuntamento con il sig Chrisolm. Non riusciva a togliersi dalla mente l' incontro con la ragazzina. Non aveva mai avuto la sensazione che gli mancasse qualcosa nella vita,  fino a qualche anno prima. Approssimandosi alla senilità si era accorto invece che sentiva la mancanza di un legame stabile e tranquillo e si era reso conto, suo malgrado, che quando si trovava a guardare  le famiglie dei suoi amici, sentiva un gran senso di vuoto. All'inizio, queste sensazioni lo avevano piuttosto turbato, poi aveva reagito prendendosi in giro, chiamandosi 'vecchio rimbambito' e tuffandosi totalmente nel lavoro, ma spesso questi pensieri tornavano a galla. Certo, che storia quella di Tersa. Chissà, forse avrebbe potuto scriverci sopra un libro. Dopo la pensione aveva in progetto di andare a trovare un suo carissimo amico in Italia che l'aveva più volte invitato. Avrebbe potuto recarsi facilmente in Sicilia per fare magari delle ricerche. Forse ci sarebbe rimasta traccia di quella famiglia. Magari Teresa Curatolo sarebbe stata l' eroina del suo libro. Quando la sua guida arrivò,  gli disse che gli avrebbe mostrato qualcosa di veramente interessante. Con una certa fretta lo guidò giù fino al ponte F, praticamente al livello del mare dove si trovava un locale, orgoglio della nave: la piscina coperta. Il motivo della fretta consisteva nel fatto che dalle 10.00 alle 13.00 il locale era riservato per le signore e quindi interdetto agli uomini che avrebbero potuto accedere di nuovo alla struttura dalle 14.00 alle 18.00. L'uso del locale richiedeva un modico pagamento, ma al mattino dalle 06.00 alle 09.00 era aperto gratis per gli uomini. La vasca misurava 10 metri per 5. L'acqua riscaldata era alta 1.80 metri. Considerando gli impianti moderni, poteva sembrare una cosa modesta, ma considerando che era la prima volta che si realizzava una struttura così su una nave, il discorso cambiava. Mentre osservavano l' impianto, uscì dallo spogliatoio i colonnello Archibald Gracie che con un cenno del capo li salutò. Chrisolm fece osservare che il colonnello non era mancato un solo giorno. Passarono poi al campo di squash ed al bagno turco annesso alla sauna. Chrisolm, anche dietro consiglio di Andrews, condusse il giornalista anche nei locali della terza classe, perchè potesse vedere e testimoniare che le condizioni di viaggio erano veramente incredibili ed innovative rispetto alle altre navi. Restando sempre sul ponte F entrarono nella cucina di 3^ classe. Anche quì era tutto pulito ed in ordine. 10 persone si affaccendavano per la preparazione dei pasti che erano certo meno ricchi e sofisticati delle altre classi, ma gustosi ed abbondanti. L'odore che si percepiva era molto stimolante, faceva venire in mente al giornalista la cucina casalinga di quando era piccolo. Pane fresco, carne col sugo, pasta o zuppa, e poi contorni e perfino un dolce. La sala da pranzo di 3^ classe era ampia e occupava per larghezza metà dello scafo della nave. Le pareti erano foderate con pannelli di legno di pino verniciati di bianco e l'arredamento consisteva in grandi tavoli da dodici posti e moderne sedie di teak non vincolate al pavimento, invece che quelle solite odiose panche dei locali modesti. Completava l'arredamento un bel pianoforte verticale, posto in un angolo. L' altra metà dello scafo adiacente era occupata dalla comunicante sala fumatori di 3^classe con tavoli rotondi e altre sedie di teak. Un discreto numero di passeggeri  era in questi due locali. Il loro abbigliamento era ben diverso da quello sfarzoso della prima classe ai piani superiori. Il clima confortevole mantenuto nei locali, consentiva ai passeggeri di vestire semplicemente. Le donne con gonne lunghe e camicette abbottonate fino al collo. Gli uomini con camicie, pantaloni, un gilet ed un immancabile cappello, di solito una scoppola. Tutti comunque erano vestiti in modo ordinato e decoroso, tanto per smentire le voci che tutti gli emigranti erano sporchi e violenti.  In sala da pranzo un uomo di mezz'età era seduto al pianoforte suonando una nostalgica melodia irlandese accompagnato da un altro che suonava un organetto. Passati pochi minuti, però, i due vennero letteralmente strappati dai loro posti e sostituiti da un gruppo di uomini più giovani che intonarono una indiavolata danza irlandese al suono della  quale molte coppie risposero gettandosi in un ballo vivace negli spazi liberi. Al suonatore di pianoforte si erano uniti due violinisti, un chitarrista e dei 'volontari' con percussioni di fortuna, dai cucchiai al semplice piano di una sedia. Il fenomeno degli strumenti musicali era molto diffuso fra queste persone, come se attraverso il loro strumento, di solito lasciato in eredità di padre in figlio, avessero voluto portare con loro, in questo paese lontano e straniero, almeno un po' dello spirito delle loro origini attraverso le canzoni e le melodie della loro terra di provenienza. In  questo spirito, si erano portati violini, chitarre, fisarmoniche, cornamuse, organetti ed anche più modestamente altri si erano contentati di semplici ocarine, zufoli o armoniche a bocca. Non tutte le coppie presenti si erano gettate nella danza. In un canto, teneramente abbracciati, erano appartati due giovani, come separati da tutto ciò che li circondava. Il giornalista riconobbe Denis Lennon di 20 anni e Mary Mollin di 18, una sorta di moderni Romeo e Giulietta. Provenienti da Clarinbridge, nella contea di Galway, lei di famiglia ricca, lui semplice garzone di una bottega della famiglia di lei. Innamoratisi perdutamente, furono immediatamente separati e lui cacciato in malo modo. Una notte, rubarono i soldi della cassa del negozio in cui lui aveva lavorato e fuggirono decisi a rifarsi una vita nel nuovo mondo. Avevano comprato i biglietti per New York sul Celtic ma poi, causa lo sciopero del carbone, erano stati dirottati sul Titanic. Il fratello di lei era partito al loro inseguimento con l'intenzione di uccidere il ragazzo e riportare la sorella a casa. Li aveva mancati per un soffio a Quennstown, quando si erano imbarcati sul traghetto Ireland  che li avrebbe portati a bordo del Titanic. Non essendo sposati, si erano imbarcati come fratello e sorella ma era chiaro a tutti che la verità era ben diversa. Stavano assieme tutto il giorno nei locali comuni poichè in 3^ classe la disciplina consentiva solo alle coppie sposate con figli di alloggiare assieme nella stessa cabina. Tutti gli altri si servivano di dormitori separati, gli uomini a prua e le donne a poppa. La sera, alle 22.00 le luci venivano spente e quindi tutti erano invitati per tempo, ad andare a dormire. Russel riconobbe almeno altre due coppie di sposi.  Una stava ballando allegramente ed era costituita da Edwuard  Beane, di 32 anni e sua moglie Ethel, di 19. Lui, sistemato in America come muratore  era tornato a Norwich per sposare la sua fidanzata e poi erano ripartiti immediatamente. Un altra coppia di sposi novelli era seduta ad un tavolo e seguiva allegramente la musica. Si trattava di Guillaume Joseph Massemaecker di 36 anni e sua moglie Anna di 22. Lui tornato dopo tanti anni in Belgio per visita alla famiglia, era rimasto letteralmente folgorato dalla bellezza di Anna. Innamoratosi perdutamente e immediatamente ricambiato, l'aveva sposata ed ora la portava nella sua nuova casa. In fondo, seduti ad un tavolo d' angolo, assistevano al ballo due coniugi non più giovanissimi. Lei aveva in braccio un bambino piccolo e lui sulle ginocchia una bambina di circa sette anni. Attorno a loro però giocavano altri bambini, di cui due seduti a terra ai piedi del tavolo. Erano Frederik Goodwin di 42 anni e sua moglie Augusta di 43 anni, che si recavano in America per raggiungere il fratello di lui che aveva aperto un'attività nel campo degli impianti elettrici ed aveva chiesto il loro aiuto. Viaggiavano con sei figli, la più grande una ragazza di 16 anni, Lilian, ed il più piccolo, quello in braccio alla madre, Sidney, di 19 mesi. La famiglia si poteva ricongiungere solo durante la giornata perchè, non avendo potuto permettersi una cabina privata, durante la notte, come da regolamento della Compagnia, il padre con tre figli maschi, dormiva a prua e la madre, con due figlie femmine ed il bambino, a poppa. Russel fu colpito da una bellissima e giovanissima ragazza che se ne stava anche lei in disparte, con un bambino in braccio. Si trattava di Leha Kosen Aks, di 18 anni, polacca. Viaggiava con il suo bambino, Frank Philips, di 10 mesi, per raggiungere il marito Samuel che era andato in Virginia per trovare una sistemazione ed ora l'aveva chiamata. Non abituata a viaggiare e con scarsissima conoscenza dell'inglese, si muoveva con grande timidezza e aveva pochissimi contatti con gli altri passeggeri. Chrisolm insistette per mostrare al suo ospite anche una delle cabine, perchè si rendesse conto della differenza con le altre navi. Effettivamente le cabine, che andavano da due a sei posti, apparivano piuttosto curate. Avevano dei letti a castello ed un lavabo. Anche quì l'acqua era di mare accompagnata da una brocca d'acqua dolce a persona al giorno. Comunque, un sogno a confronto delle altre navi. Nella sala fumatori, a differenza delle altre classi, non era prevista la condizione della separazione dei sessi e quindi ai tavoli erano seduti diversi altri passeggeri, uomini e donne. C' erano anche dei bambini che giocavano incuranti di ciò che avevano attorno. Lo sguardo di Russel cadde casualmente su un tavolo a cui erano seduti due adulti, un uomo tarchiato, sui 35 anni, con folti baffi e l'immancabile 'coppola' ed una donna abbastanza robusta, all'incirca della stessa età. Avevano in braccio ognuno un  bambino piccolo. Accanto a loro, per terra, giocavano un maschietto di circa cinque anni ed una bambina un pò più grande. Riconobbe immediatamente Teresa. Quindi quello era il nucleo familiare di cui faceva parte. Per un attimo pensò di andare a salutare la bambina ma poi si rese conto che non era il caso. Anche lei lo vide  ma pur avendolo riconosciuto, diede mostra di non essersi accorta di lui. Meglio così, lui avrebbe dovuto spiegare agli zii come l'aveva conosciuta e la cosa avrebbe rischiato di complicarsi perchè sarebbero venute fuori le fughe della bambina negli 'spazi proibiti'. Invitato a sedersi ad un tavolo anche lui con la sua guida, fu costretto ad accettare un bicchiere di vino offertogli da un gruppo di uomini che provenivano tutti dall' Italia, più precisamente dal Veneto. Scambiò con loro diverse battute, grazie alla sua conoscenza dell' Italiano, con grande meraviglia della sua guida che non se lo aspettava. Fu costretto a declinare però un generoso invito a pranzo, malgrado non gli sarebbe dispiaciuto mangiare con quella gente semplice ed in gran parte allegra, preferendola di gran lunga a quella piuttosto snob e sofisticata dei 'piani superiori'. Purtroppo aveva da svolgere un incarico importante e, con i tempi che stringevano, doveva affrettarsi. Salutò quindi i presenti, con la promessa che sarebbe tornato a trovarli al più presto. Chrisolm insistette però, prima di lasciarlo libero, per fargli visitare l'infermeria di bordo, raggiungibile dal luogo dove si trovavano semplicemente salendo due rampe di scale che li avrebbero portati al ponte D. Entrarono in una anticamera dove furono ricevuti dall' infermiera Evelin Masden, che in un'elegante divisa, li introdusse nello studio del dottor O'Loughlin, direttore della sezione medica del Titanic. Questi riconobbe Russel come vicino di tavolo nella sala da pranzo e fece accomodare i due uomini davanti alla sua scrivania. Ammise sinceramente di essere contento che si fossero recati in quel luogo solo per conversare. Nei giorni precedenti, assieme a tutto il personale medico, erano stati sottoposti ad un lavoro pesantissimo e stressante. Ora si stavano ancora riprendendo. La prassi aveva richiesto che lui ed il suo collaboratore dr. Simpson, visitassero tutti i passeggeri di 3^ classe e verificassero che questi fossero nelle condizioni di salute previste dall'immigrazione per recarsi in America. Inoltre avevano dovuto visitare tutti e 990 membri dell'equipaggio per controllare la loro idoneità al lavoro. Un tour de force incredibile. Disse comunque al giornalista che la zona in cui si trovavano era l'infermeria della 1^ classe. Una porta in vista conduceva ad una sala di medicazione utilizzabile, all'occorrenza, anche quale sala operatoria. Russel si mostrò molto ammirato ma nello stesso tempo si augurò di non avere mai bisogno di interventi in quell'epoca. Il dottor O'Loughlin aggiunse che sparsi per la nave, c'erano altri presidi medici destinati alla seconda classe e alla terza. Il suo collega, assieme ad un infermiere, il sig. William Dunford, gestivano in modo permanente l' infermeria della seconda classe. Per la terza c'era un presidio fisso nel quale prestava la sua opera  un'abilissima infermiera, la sig ra Katherin Jane Wallis, in grado di affrontare l'ordinaria amministrazione e che naturalmente. se necessario, avrebbe chiamato il dr Simpson. Interessante visita, anche perchè dell'infermeria non esistevano documentazioni fotografiche. In questo caso, la perfetta rassomiglianza con la nave gemella Olympic non avrebbe potuto avere nessuna utilità poichè quest'ultima non aveva una sala medica simile. Ora però Russel doveva proprio andare per un impegno urgentissimo. Alle 12.45 circa, il giornalista fece in modo di trovarsi dalle parti della souite C-10, mostrando di spostarsi per il corridoio, senza fretta, leggendo una copia del giornaletto di bordo, l'Atlantic Daily Boullettin. Finalmente, vide giungere il cameriere con il carrello delle vivande. Attese che si fermasse alla porta della souite in questione e fece in modo da passarci davanti  quando questa fu aperta per far entrare il cameriere. Per non perdere proprio nulla, attivò anche la videocamera  nell' anello e, distrattamente, passando, si aggiustò il cappello per mantenere l'inquadratura. Non guardò mai direttamente verso la porta, ma sentiva addosso uno sguardo penetrante e minaccioso. Giunto all'angolo del corridoio, si fermò. Doveva sapere assolutamente il più possibile su quella gente. Decise di rischiare il tutto per tutto. Attese il cameriere uscito dalla cabina e dietro l'angolo, lo bloccò. Sventolandogli sotto il naso un biglietto da un dollaro, una cifra davvero allettante per l' epoca, cercò di farsi dare informazioni sulle persone che erano in quella cabina. Di fronte al diniego del cameriere, il quale asseriva di non sapere nulla, probabilmente  per paura, il giornalista arrivò ad offrire cinque dollari, una somma pazzesca. Il cameriere lo guardò in modo strano, ma alla fine decise di raccontargli quel poco che sapeva. L' uomo anziano pareva un capo, che comandava a bacchetta tutti gli altri. Forse la donna era la sua amante ma non certo la moglie, o almeno così gli era sembrato dalle poche parole che aveva potuto ascoltare. I tre uomini alloggiavano nella cabina vicina, o meglio due erano in permanenza nella souite ed uno a turno dormiva nella cabina adiacente. Le cose erano congegnate in modo che la coppia non fosse mai sola. Russel si complimentò con il cameriere per la sua capacità di cogliere ogni indizio, certo frutto di anni di esperienza nel suo lavoro, e consegnatigli i cinque biglietti da un dollaro, si recò i fretta nella sua cabina, impaziente di vedere il materiale girato poco prima. Nella proiezione del materiale ripreso con l' agenda, vide la porta che si apriva, uno dei giovanotti che faceva entrare il cameriere e notò che questi, nel vederlo passare, ebbe un moto di sorpresa in seguito al quale portò immediatamente la mano destra sotto la giacca, all' altezza dell'ascella. E in questa posizione rimase a guardarlo mentre egli si allontanava e non lo perse mai di vista finchè non girò l'angolo del corridoio. Altro che osservato, quello sguardo sembrava volerlo passare da parte a parte. Chissà cosa temevano o  cosa avevano combinato. Dalla loro espressione sembravano persone pronte a tutto.  La proiezione di ciò che aveva ripreso con l'anello mostrava all' incirca la stessa scena, ma da un diverso punto di vista. Si vedeva un altro giovanotto, dietro al primo, con una pistola in mano, pronto ad intervenire se necessario. Forse l'aveva scampata bella. Comunque gli sembrò strano che il cameriere, che aveva di certo visto quell'arma, non gliene avesse parlato. Forse, malgrado i 5 dollari c' erano altre cose di cui non gli aveva detto nulla. Ancora pensando all'evento, si recò in sala da pranzo. Ad un piccolo tavolo vicino ad una delle pareti in fondo al salone scorse seduto il comandante che, apparentemente assorto e concentrato sul cibo che stava consumando, si limitava a rispondere con un cenno del capo ad eventuali saluti che gli venivano rivolti da alcuni passeggeri. A differenza di molti suoi colleghi di altre navi, il comandante Smith non gradiva molto di essere coinvolto in eventi di tipo mondano e men che meno aveva piacere ad intrattenere passeggeri facoltosi ed importanti in cerca di curiosità o novità. Al suo piccolo tavolo sedevano solo persone particolarmente gradite o alle quali non poteva dire di no. Fra queste, il sig. Ismay aveva preso l' abitudine di andare a sedersi per sottoporre al comandante questioni o per fargli proposte circa la conduzione della nave. Forse era per questo che i pasti del comandante erano così rapidi. Quanto agli altri ufficiali della nave, non comparivano quasi mai, a parte il commissario di bordo, in quanto preferivano consumare i loro pasti in una saletta attigua ai loro alloggi sul ponte delle barche. Ad un tavolo accanto a suo notò un sacerdote in piacevole conversazione con tre belle signore. Una delle donne, quella che spiccava maggiormente per autorità e portamento, era la contessa di Rothes, una bellissima ed elegantissima donna di 28 anni, che nel 1900 aveva sposato il 19^ conte di Rohtes, assumendo quindi il titolo nobiliare a cui faceva più che onore. L' altra signora era Gladys  Charry, la cugina,  a cui la contessa aveva offerto il viaggio in cambio della sua compagnia. La terza donna, una bella ragazza, vestita piuttosto sobriamente era la signorina Roberta Maioni, la cameriera personale della contessa, che questa considerava con grande familiarità e l'aveva voluta al tavolo con sè, malgrado la servitù fosse  destinata a mangiare in un'altra sala del ponte E. In realtà il fenomeno era abbastanza diffuso, specie perchè spesso il personale di sevizio svolgeva anche incarichi di assistenza e segreteria e quindi veniva trattato con maggior considerazione. Il sacerdote era padre Thomas Byles, un prete cattolico di 42 anni, piuttosto magro e di piccola statura. L' aspetto in realtà poteva ingannare in quanto si trattava di uomo di grande tempra e  volontà. Il sacerdote  era un passeggero di 2^ classe ma era un ospite quasi fisso della contessa la quale gradiva molto la sua compagnia, non tanto per questioni religiose, quanto perchè il prete era una persona di grande cultura e di gradevolissima conversazione. D'altronde, malgrado la netta separazione fra le classi, quando questo poteva in qualche modo far comodo, si chiudeva facilmente un occhio. Un classico esempio Russel lo aveva veduto quando, visitando la sala da squash, aveva veduto in campo il sig Charles Eugene Williams che era un passeggero di seconda classe e quindi non avrebbe avuto diritto di accesso alla struttura. In realtà era il campione del mondo in carica per quello sport e i passeggeri di prima classe, facevano la fila per sfidarlo. Al termine del pranzo, come ormai sua abitudine, passò alla sala attigua per un bel bicchiere di brandy ed il suo ormai immancabile sigaro. Quasi perso in una sorta di momentanea beatitudine, fu richiamato bruscamente alla realtà da una mano che gli si posò amichevolmente sulla spalla. Era stato il sig. Andrews che, anche su richiesta di altri passeggeri,  lo invitava per quella sera a cena al 'Ristorant A la Charte'. Avevano formato una comitiva scelta che, addirittura, la sera successiva avrebbe offerto una cena speciale in onore del comandante. Sapendo di aver ricevuto un grande onore Russel accettò di buon grado e, piuttosto soddisfatto, si incamminò verso la sua cabina. Il suo atteggiamento mutò di colpo nel notare che la porta del suo alloggio era semplicemente socchiusa. Pensò che forse il personale di servizio stesse ancora sistemandola e si dispose ad attendere pazientemente finchè, dopo un tempo ragionevolmente lungo durante il quale non accadde nulla, si decise ad aprire la porta. Dalla scarsa luce che filtrava attraverso la tenda che copriva l' oblò, si accorse con una certa angoscia, che la cabina era completamente sottosopra. Era stata frugata da cima a fondo. I cassetti erano stati tolti dai mobili e lasciati capovolti sul pavimento. La sua roba era stata sparsa sul letto. Avevano perfino rovesciato le tasche degli abiti. In bagno il contenuto del suo necessaire era stato rovesciato nel lavandino. Anche i tubetti delle sue medicine erano stati svuotati ed ora le pillole erano tutte mischiate sul fondo del lavabo. Apparentemente chi aveva fatto il lavoro non si era soffermato sulla loro strana forma e colore, insoliti per quel tempo. Il flacone del talco era stato aperto, parzialmente svuotato e abbandonato in mezzo al resto. Non si erano accorti che il flacone stesso, con qualche piccola modifica era un' arma da difesa piuttosto efficace. Ciò escludeva che chi aveva svolto il lavoro provenisse dal suo tempo, magari per sabotare la sua missione. Il sospetto lo aveva effettivamente sfiorato. Poi, con un senso di apprensione, tornò nella cabina e chinatosi a terra, in corrispondenza dell'oblò, usando un piccolo attrezzo multiuso che aveva in tasca e che lo accompagnava in tutte le sue avventure, iniziò a svitare un pezzo della cornice che delimitava il pavimento in legno. Sollevato un lembo del pannello, ebbe un sospiro di sollievo. Ciò che ci aveva nascosto era ancora lì. Rialzatosi, si dispose a riordinare tutto mentre ragionava sull'accaduto. Improvvisamente però notò qualcosa che gli fece venire i sudori freddi. Sul tavolo erano stati lasciati cinque biglietti da 1 dollaro stracciati in piccoli pezzi. Allora, ecco da dove veniva quel bel regalo! Ma come era possibile? Lui era stato attentissimo e il suo colloquio con il cameriere era avvenuto ben lontano dalla cabina degli sconosciuti. Decise di non parlare con nessuno dell'accaduto. Avrebbe continuato il suo lavoro, magari con maggiore prudenza, consapevole che, se avessero voluto fargli del male, non gli avrebbero lasciato quel messaggio così evidente. Probabilmente volevano solo fargli paura e fargli sapere che loro sapevano. Dopo che ebbe ridato alla sua cabina una parvenza di ordine, sedette in poltrona e, con la compagnia dell' ormai solito bicchiere di brandy e di un ottimo sigaro, riflettè su tutto quanto era accaduto. Certamente aveva centrato la questione. Evidentemente si trattava di qualcosa di grosso. Il personaggio era indubbiamente una persona importante nel suo ambiente, quale che fosse. Visto il tipo di donna che lo accompagnava,  non sembrava una persona che agiva in ambienti altolocati. Unendo tutto questo ad una condizione economica senza dubbio molto agiata, non rimaneva molta scelta. Poteva essere un uomo d' affari con qualcosa da nascondere o che scappava da qualcosa o un grosso rappresentante della malavita con qualche oscuro progetto forse riguardante la nave stessa o i passeggeri. Ora che doveva fare? Era stato mandato  lì per svolgere una missione e con grande probabilità aveva fatto centro. Un personaggio misterioso di cui nessuno sapeva nulla. Decise di continuare la sua indagine, seppure con maggiore attenzione, ammesso che ne fosse capace, perchè orami si conosceva bene. Quando fiutava qualcosa, partiva in quarta e nulla lo poteva fermare. Valutò che poteva muoversi tranquillo per la nave e decise pertanto di lasciare in cabina la sua arma. Magari sarebbe stato sufficiente evitare i luoghi bui e solitari. Gli seccava tuttavia mandare giù quella provocazione ma era uno contro cinque e forse ancora di più. Purtroppo ancora non aveva capito assolutamente nulla della situazione.  A questo punto, era inutile continuare a girare per il transatlantico, visto che ciò che cercava era venuto fuori. Aveva visitato buona parte del Titanic. Mancava solo la seconda classe, se non si contava quella sporadica puntata alla birreria. D'altronde, riflettendoci un momento, convenne che anche nel suo addestramento erano state fornite moltissime informazioni sulla prima classe e sulla terza. Come se la seconda non fosse importante. Era inoltre sicuro che tutto il materiale che aveva raccolto nei giorni precedenti rappresentasse un ottimo risultato.  Bene, aveva ancora un pomeriggio a disposizione e doveva sfruttarlo in modo utile.

  
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