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Autore: lethebadtimesroll    27/01/2012    16 recensioni
Stavo per voltarmi quando all’improvviso si girò a fissarmi.
Per la prima volta dopo giorni, rimasi sorpresa. Sul suo viso non c’era nessuna ostilità. Mi fissava e basta.
Decisi di reggere lo sguardo. Continuai a scrutarlo, immaginando che di lì a poco sarebbe tornato a vedere la tv.
Non lo fece.
Aggrottai leggermente le sopracciglia come per chiedergli il motivo di quello sguardo. Sul suo viso passò un’ombra di incertezza. Mentre mi perdevo a leggere le sue espressioni, sentii una mano sulla guancia e poco dopo due labbra sulle mie.
Harry mi stava baciando.
( Mi piace fare le cose con calma, la storia vera e propria inizierà dopo qualche capitolo (: )
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 23.


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Amber

Se c’era una cosa che avevo imparato in questa mezz’ora, era che il tempo in cui si sta alla reception per richiedere la camera è direttamente proporzionale al numero di stelle dell’albergo.
Albergo di lusso --> tre ore alla reception.
Avevo cercato di seguire il discorso di Louis e dell’uomo dietro al banco dall’inizio, ma dopo il primo “Bienvenidos” e il “Buenos dias” di Louis, mi ero persa.
Non sapevo che parlasse spagnolo in effetti, ma ascoltare i suoi discorsi fluenti era stato un piacere… almeno per i primi dieci minuti.
Poi diventava seccante.
«E dove sta andando ora?» mi lamentai, notando che l’uomo era scomparso dietro alla porta della reception.
«Ad essere sinceri non lo so nemmeno io..» Fece un sorriso innocente. «Ma tra poco andiamo, non preoccuparti».
Sbuffai e mi voltai a guardare la hall gigantesca, piena di persone che andavano e venivano.
Al centro troneggiava una fontana enorme, decorata da mosaici blu e contornata da cinque colonne altissime di un bianco candido. L’enorme vetrata azzurra dell’ingresso si apriva continuamente, lasciando passare manager al telefono, guardie del corpo, camerieri, ragazze bellissime.
Nel giro di cinque minuti, i consierge portarono le nostre valigie nella suite, osannando me e Louis quasi fossimo degli dei. Era il trattamento riservato a tutti gli ospiti, da quelle parti.
Avrei dovuto passarci più spesso.
«Et voilà» sorrise, allungandomi la tessera magnetica dell’albergo.
«Una tessera? Mi aspettavo delle chiavi in oro massiccio!» risi, rigirandomi la tessera tra le mani.
Mi prese la mano e ci allontanammo dalla reception, dirigendoci verso l’ascensore.
«Non farti ingannare.. Hanno delle porte enormi, quasi blindate, e queste tessere hanno un funzionamento complicato.» disse, passandosi una mano tra i capelli scuri. Ci fermammo davanti a delle scale coperte da un tappeto rosso e alla parete dell’ascensore. «Scale o ascensore?»
«Non c’è neanche da chiederlo» risposi, spingendo il tasto rosso all’interno di una cornice intagliata. «E tu come fai a sapere delle porte?»
«Me l’ha detto Sajad!» disse con espressione ovvia, mentre entravamo nell’ascensore.
«Sajad?? Il tipo della reception? Tu vuoi dirmi che mentre io stavo per collassare voi parlavate delle porte??» chiesi arrabbiata, lasciandomi andare contro la parete.
«Neanche tu vedi l’ora di vedere la stanza?» chiese, sviando il discorso. Era eccitato come un bambino e sinceramente, sì, morivo dalla voglia.
Risposi con un cenno del capo, poi tacemmo entrambi. Dovevamo salire al nono piano e c’era ancora un minuto buono di attesa.
Nessuno proferì parola, forse per la fatica, forse per la gioia di essere lì insieme, forse per il posto magico in cui ci trovavamo. Volevo solo restare appoggiata alla parete fredda e assaporare quei pochi secondi in cui vedevo Louis sorridermi dalla parte opposta dell’ascensore, la mia stessa espressione stanca e allo stesso tempo appagata.
Quando le porte si aprirono, emettendo un “bip” sommesso, rimasi a bocca aperta alla vista del corridoio. Non avevo neppure la forza di uscire.
I colori caldi e le luci soffuse lo rendevano più simile ad un sogno che ad un corridoio d’albergo:a terra, una striscia di pietra correva fino alla parte opposta mentre ai lati il pavimento si abbassava ed era ricoperto di acqua. A intervalli regolari, alcune piccole passerelle rialzate in legno e contornata da candele conducevano alle grandi porte.
«Non ho mai visto niente di simile» esordii. L’unico motivo per cui riuscissi a distogliere gli occhi da quella visione paradisiaca era la prova della bellezza inaudita del ragazzo che mi accompagnava. Mi voltai a guardarlo.
«Allora, andiamo o vuoi rimanere a dormire qui fuori?» chiese scherzosamente, la voce bassa.
«Andiamo» sussurrai, prendendolo per mano.
Stavo per uscire quando mi ritirò indietro, facendomi finire addosso a sé.
«Che stai facendo?» chiesi sorpresa.
«Sei bellissima, lo sai?».
A quelle parole, un brivido mi percorse. Era parecchio più alto di me e quando mi strinse in un abbraccio soffocante mi ritrovai con la faccia schiacciata contro al suo petto.
«Lo sai?» ripeté, staccandomi da lui per fissarmi. Mugugnai qualcosa di incomprensibile, incantata a guardare il suo sorriso. Quando qualche istante più tardi fece per muoversi, lo strinsi forte tra le braccia, impedendogli di uscire.
«Ti adoro» sospirai.
Con la testa sul suo petto, lo sentii ridere. «Dai, ora andiamo».
«No!» protestai, stringendomi ancora di più a lui.
«D’accordo.. A mali estremi…» In una frazione di secondo non sentii più il pavimento sotto ai piedi.
«Ma che…» dissi, avvinghiandomi con le braccia al suo collo per non cadere.
Fece un sorriso malandrino, fissando davanti a sé. Mi portò in braccio per una trentina di metri, poi si arrestò. «527» ripeté a voce bassa, fissando la targhetta d’oro incisa sulla porta. «Siamo arrivati, babe».
Mi fece scendere e prese la tessera dalla tasca dei pantaloni, facendola scivolare in un quadrante raffinato a destra della porta, producendo un clic metallico.
Posò la mano sulla maniglia dorata, spingendo la porta.
Quando mi si aprì la vista della camera, ebbi un mancamento. Se un istante prima pensavo che il corridoio fosse paradisiaco, beh, dovevo ricredermi.
Davanti a noi, un arco bianco sorretto da due colonne colorate dava su una stanza meravigliosa. La moquette beige ricopriva tutto il pavimento e un divano e alcune poltrone occupavano la parte destra della stanza, attorniando un elegantissimo tavolo da scacchi.
Sulla sinistra, una libreria enorme con alcune poltrone e la tv, mentre in fondo alla stanza c’era una porta scorrevole, probabilmente quella del bagno.
La camera non sarebbe stata così bella se la parete di fondo non fosse stata occupata interamente da una lunghissima vetrata trasparente, da cui si potevano vedere le piscine, le macchie di verde del parco acquatico e persino il mare azzurro.
«È la cosa più bella che io abbia mai visto» disse Louis, sfiorando con la mano i mosaici delle colonne.
«Non pensavo che fosse così bella!» dissi, avvicinandomi alla finestra per guardare l’incredibile paesaggio. Mi voltai di scatto verso Louis sorridendo ancora, e lo sorpresi a guardarmi con un’aria strana. Non era più felice, ma non era neanche triste. Mi sembrava quasi… dubbioso. Era come se mi stesse studiando.
«Che c’è?» chiesi preoccupata.
«Am… Niente». Si avvicinò a me e mi circondò i fianchi con le braccia. Accarezzai lentamente il suo avambraccio possente, salendo fino a posargli le mani sulle spalle. Guardò in basso, sorridendo. Era adorabile.
Avevamo ancora tante cose da chiarire, cose che forse non avremmo mai chiarito perché non mi andava di tornare nel passato.
Ero con lui, ora.
Non chiedevo altro.


Harry

«Liam. Liam!» dissi sottovoce, scuotendo Mr. Armadio che stava ancora russando.
«Mh.. Che vuoi?» chiese, per poi rigirarsi e rimettersi a dormire.
«Liam ti prego! Dobbiamo partire!» Oh, dannazione. Bene Liam, l’hai voluto tu. Quando il gioco si fa duro, Harry scende in campo.
Oh mio dio Harry! Regolati, per pietà.
Presi l’iphone dal comodino e infilai le cuffie nelle orecchie di Liam, cercando di non svegliarlo. Quando furono inserite, lo sbloccai senza guardare la foto della ragazza sorridente sullo sfondo e andai sull’icona arancione della musica. In riproduzione avevo una canzone rock dei Fall Out Boy, niente di più perfetto. Trascinai la pallina del volume fino a portarla al massimo e spinsi il tasto play.
Nello stesso istante Liam balzò giù dal letto, facendo un urlo disumano.
«Che fai brutto coglione!» urlò.
«Cosa urli? Così sveglierai tutti! Forza alzati, devi portarmi in aeroporto».
Seguì qualche istante di silenzio, in cui probabilmente realizzò la situazione.
«Aspetta un attimo, forse Zayn si è svegliato» mormorò, la voce impastata dal sonno.
Restammo in silenzio per una trentina di secondi, poi parlò. «D’accordo, vestiti. E non fare mai più una cosa del genere».
Oh, meno male. Se Zayn avesse scoperto che stavo partendo di nascosto per Lima mi avrebbe ucciso. Ma per fortuna stava ancora dor…
In quel momento sentii bussare alla porta.
Ecco, ecco, ero fottuto, Zayn ci aveva sentiti. Mi voltai verso Liam. «Ok, tu lo immobilizzi e io..» iniziai.
«Buongiorno ragazzi» disse una vocina acuta. Poco dopo, la luce debole della lampadina sul comodino illuminò la figura di una ragazza.
«Ashley? Oh donna, mi hai fatto prendere un colpo!» disse Liam, scendendo dal letto.
«Che state facendo?» chiese dubbiosa, osservandoci.
Mi fermai a guardare Liam senza sapere cosa rispondere. Mi guardò di rimando con la stessa espressione indecisa. Poi, sospirò.
«Harry sta partendo per Lima. Vuole tornare a trovare Amber.»
Oh, grazie mille per avermi coperto le spalle, Liam. Sei un amico.
Osservai Ashley studiando la sua espressione.
Sarebbe corsa urlando per la casa che stavo partendo? O sarebbe stata d’accordo?
Con mia grande sorpresa, scoppiò a ridere. «Wow Harry, notevole! E come hai intenzione di arrivare in aeroporto?» chiese.
«Fai piano!» intimai. «Pensavo.. Emh.. Di prendere in prestito la macchina di Louis, ecco».
Cioè rubare le chiavi dalla sua stanza e impossessarmi della sua mercedes nuova di zecca.
«Ma le chiavi sono nella sua camera. E stasera Zayn si è trasferito in camera di Louis per lasciare Niall da solo». Disse, grattandosi la testa bionda.
«Oh perfetto! Di bene in meglio! Non c’è nessuna speranza di entrare senza farsi sentire!» sospirai. Ecco, ero fottuto. Mi sedetti sul letto prendendomi la testa tra le mani.
«Un momento, ragazzi. Ho un’idea. James ci ucciderà se lo chiamiamo alle due di notte ma…» disse Liam.
«James?? James!!» Urlai quasi. Giusto, James! Sarei arrivato in aeroporto con un po’ di mal di testa ma c’erano cose ben più gravi.
Mentre Liam faceva il numero del nostro autista spericolato, Ashley chiuse la porta a chiave e si incamminò verso il mio armadio, aprendolo.
«Quanto tempo abbiamo?» chiese, seria.
«Una mezz’ora.. Perché?»
«Ok. Beh se vuoi fare colpo ti servirà una consulente di moda!»
«Oddio, Ashley! Non è questo il momento di scherzare, siamo in ritardo!» sbottai, iniziando a girare per la camera raccattando le mie cose.
«Non sto scherzando! Dunque, ora ti proverai alcuni vestiti che ti passerò e poi sfilerai qui davanti, così riuscirò a decidere quali sono i migliori». Disse, iniziando a spiegare alcune magliette.
«Sfilare? Sei fuori di testa? Ho un volo per il Perù tra due ore, non posso sfilare!». Ma quella aveva già iniziato ad accoppiare le maglie con i pantaloni.
«Oh mio dio.. Dammi la forza..» sospirai, mentre Liam cercava di convincere un James abbastanza incazzato a venirmi a prendere.
Dopo una manciata di secondi, riattaccò. «Non sono pienamente sicuro che sia felice, comunque ha accettato!»disse Liam, correndo verso di me per abbracciarmi.
«Grandioso! E ora?» chiesi, eccitato e anche un po’ intimorito.
«Ora tu ti siedi sul letto, mentre io e Ashley lavoriamo per te. Io prendo tutto ciò che ti serve mentre lei sceglie i vestiti, poi insieme cercheremo di travestirti per passare inosservato.»
Cosa? Questa parte del piano mi mancava.
«Che significa esattamente “cercheremo di travestirti”?» chiesi dubbioso.
«Lo scoprirai…»
Non prometteva nulla di buono.
In ogni caso ero troppo agitato per poter contestare.
«E se fate tutto voi, io che faccio?» chiesi.
«Ti prepari, ti pettini, ti lavi e ti metti il profumo» iniziò Ashley, la testa dentro all’armadio.
«E intanto pensi al discorso da fare alla tua bella, macho» concluse Liam con un occhiolino.
Certo, come se avessi anche bisogno del consulente matrimoniale e della consulente di moda prima di partire. Forse sarebbe stato meglio se non avessi detto niente a nessuno.
Sbuffai andando in bagno e chiusi la porta a chiave. Accesi la luce e mi guardai allo specchio, poi tirai fuori una spazzola dal mobile e iniziai a pettinare i capelli.
«Ciao, emh…» Ok, non buono come inizio.
«Ehi, ma guarda chi si vede!» Patetico.
«Buongiorno dolcezza, indovina un po’ chi c’è» … Doppiamente patetico.
«Beh, sono venuto qui apposta per te… Insomma mi manchi, sei bellissima, amo il tuo viso, amo i tuoi modi di fare, sei bellissima, amo tutto di te, mi manchi…» Oddio, questo era orribilmente sdolcinato.
«Ciao… Beh, ciao… Emh…» …No, ero al punto di partenza.
«No Harry, la cosa migliore è parlare come ti viene quando sarai arrivato. Non servono i discorsi preparati» dissi deciso.
E quando una persona inizia a parlare da sola, beh, la cosa è grave.


«Prego?» ripeté il tizio dietro alla reception, forse per la settima volta.
«Monsieur Leroy, signor» dissi nel mio francese inventato.

«Allora Harry, tu fingerai di essere francese».
«E a cosa servono i baffi?»
«Sono francesi! Ricorda di esagerare con le vocali quando parli e abbi sempre la puzza sotto il naso. D’accordo?»
«Ma i francesi hanno la puzza sotto il naso?»
«Che ne so! Tu fallo e basta». Liam e i suoi stupidissimi consigli.


«E lei ha prenotato?» chiese, guardando i miei baffi storti dubbioso.
«Oui, ovviament» risposi con aria ovvia. Purtroppo la recitazione non era il mio forte.
«Quindi per lei non sarà un problema farmi vedere la ricevuta…» disse, fissandomi con gli occhi scuri socchiusi.
Diamine, se non l’avessi persa non sarebbe un problema!
«No no! Nessun problom. Escuse un moment…»
Mi rifugiai in fondo al banco della reception e finsi di cercare la ricevuta nella borsa, elaborando il più in fretta possibile una soluzione.
Scappare? Due uomini della sicurezza si stavano avvicinando lentamente.
«Porca…»
Ero sul punto di dire una cosa poco carina quando le mie mani sfiorarono un pezzo di carta. Lo aprii speranzoso, se fosse stato quello che cercavo mi sarei messo a ballare la samba nella fontana della hall.
Oh, sì, la ricevuta!
Amen, grazie Dio.
«Gentile signor Saddam…»
«Sajad» mi corresse, gli occhi sempre più socchiusi.
Sì, quell’uomo mi odiava.
«Ecco a voi la riscevutà!» dissi con un sorrisetto, sbattendo il foglio sul tavolo. Aggiustai gli occhiali da sole e con la coda dell’occhio vidi gli uomini della sicurezza allontanarsi.
Harry 1 - Saddam 0.
L’uomo mi fulminò con lo sguardo, prima di dire «Stanza 528. Le auguro un piacevole soggiorno».
   
 
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