“La
vita umana sulla Terra è un pellegrinaggio.
Noi
tutti siamo consapevoli di essere un passaggio nel
mondo”
(Karol
Wojtyla)
Harry
camminava per un lungo corridoio di un castello.
Era
solo, con un pigiama addosso a righe che risaliva ai tempi di Hogwarts,
e la
sensazione dei piedi nudi sul freddo pavimento di pietra gli trasmise
un
profondo brivido lungo la schiena.
Svoltò
l’angolo, e il paesaggio cambiò.
Ora
si trovava nella Sala Grande. Pesanti arazzi neri pendevano alle spalle
dei
quattro lunghi tavoli; i contorni dell’ambiente erano
trasparenti, quasi
immersi in una spessa coltre di nebbia, mentre il soffitto rispecchiava
lo scenario
di un cielo stellato.
La
Sala era completamente deserta, se non per un’ombra
appollaiata in fondo, in
prossimità del tavolo degli insegnanti. Stava giocherellando
con un accendino.
Il
ragazzo indossava la tenuta dei Serpeverde, la camicia sbottonata e la
cravatta
slacciata che gli penzolava al collo. Quando Harry si
avvicinò, lui sollevò la
testa nella sua direzione. Le sue iridi rosse brillavano nella penombra
come
due tizzoni ardenti.
<<
Harry, vecchio bastardo.>> esordì,
ridacchiando.
Harry
s’irrigidì. Aveva i suoi stessi lineamenti, il suo
stesso naso, il suo stesso
taglio della bocca. Perfino l’orologio che portava al polso,
o il bracciale che
gli aveva regalato Hermione il Natale dopo la Guerra…
<<
Vesper.>>
sussurrò.
Non
era una domanda, ma una supplica impaurita.
Quegli
occhi rossi tornarono a scrutarlo. Faceva paura.
<<
Io… potrei sbagliare, ma credo tu appartenga alla mia personalità.>>
<<
Potrebbe essere.>> disse distrattamente lui, stravaccato
sulla poltrona
del Preside. Fece scattare un paio di volte l’accendino che
teneva in mano.
<< Il tuo lato migliore.>>
<<
Mi permetto di dissentire, Vesper.
Siamo una cosa sola.>>
Lui
scoppiò a ridere. La sua carnagione era così
pallida da farlo rassomigliare a
un fantasma, i suoi cerchiati di nero, la sua espressione paragonabile
a quella
di un pazzo sclerotico.
<<
Ti racconterò una cosa, Harry. Sì.
Sì.
E la ripeterò una volta sola. Per cui apri bene le orecchie
e stammi a
sentire.>> Vesper si tirò su a sedere in una
posizione quantomeno
composta, incrociò le mani sul tavolo e gli risolse uno dei
suoi sorrisi
sfrontati. << Tu sei un mollaccione. Uno sfigato.>>
Si picchiettò un dito sulla tempia. << Qui
dentro ci sono dei ricordi patetici della tua adolescenza, dannazione.
Cho
Chang. La sorella di Weasley. Povere
ragazze. Senza di me non sei mai riuscito a cavare un ragno
dal buco con le
donne, dico bene?>>
<<
Vai al diavolo.>>
<<
Io sono il tuo diavolo, Harry.
Vogliamo
parlare di Voldemort? Parliamone,coraggio. Parliamone.
Lo zio Voldy mi stava simpatico, sai? Aveva il carisma di un leader, la
mentalità vincente di chi sapeva ciò che voleva
dalla vita. Tu lo sapevi che
cosa volevi dalla tua vita, Harry? Senza di me, no di certo. Sfigato.>>
Harry
si passò una mano sulla fronte. << Sei un
sogno.>> mormorò
sommessamente, desiderando aprire gli occhi e risvegliarsi da
quell’orribile
sogno. Ma, quando li riaprì, Vesper era ancora
lì, davanti a lui. Pazzo.
Completamente pazzo. Con quell’espressione insolente,
sboccata, pronta a
trafiggerlo con la sua voce tagliente.
<<
Tu sei stato fortunato. Hai combattuto contro Raptor durante il Primo
Anno, sei
svenuto e ti sei ritrovato vincitore. Un
piccolo
Eroe. Con il Basilisco stessa storia: senza Fanny e la spada
di Grifondoro
di te non ne sarebbe rimasto altro che un mucchio di cenere. Vogliamo
parlare
del Torneo Tremaghi?>> Vesper scoppiò di nuovo
a ridere e si sbellicò
sulla sua poltrona. Sembrava non si divertisse così da anni.
<< Il Torneo
Tremaghi è stata un’immensa stronzata. Eri
raccomandato fin dal principio, e
sei riuscito a tagliare la corda contro Voldemort per un colpo
di… fortuna.>>
<<
Dove vuoi arrivare?>> fece Harry, velenifero.
Vesper
si alzò in piedi. Lentamente, si stiracchiò e
compì qualche passo verso di lui.
L’uno di fronte all’altro, identici come due parti
della stessa anima, si
osservarono nell’oscurità della Sala Grande.
<<
Ranulf Flambard.>>
disse
Vesper, come in una sorda cantilena. << Cerca di
ricordarlo, per
favore.>>
<<
Tu… tu l’hai scritto su quel
libro!>> esclamò Harry. <<
Com’è
possibile? Io… noi…
l’ho preso dal
Reparto Proibito due mesi fa. Quel libro non era mai
uscito da Hogwarts.>>
Vesper
ridacchiò sinistramente con la stessa foga di un bambino.
Poi gli premette
l’indice sulla fronte. << Rimuovi il cellophan
che avvolge il tuo cervello e cerca di usarlo, una volta tanto. Ranulf Flambard è
l’uomo che ci serve
per scoprire come si ammazzano quelle creature maledette. Non vorrai
startene
con le mani in mano? Dio. L’assicurazione.
Non l’hai ancora pagata, vero?>>
<<
Smettila!>> ruggì Harry. Lo afferrò
per la collottola e lo sospinse
indietro. Ne aveva abbastanza di lui, di quegli occhietti maligni, del
suo
sorriso sfrontato. << Spero di dimenticarmi di te, quando
mi
sveglierò.>>
Vesper
rise. << Si trova nella Cattedrale di Durham. Ranulf
Flambard.>>
<<
Ascolti quello che dico?>>
<<
No.>> Un’altra risatina. << In
ogni caso, se fossi in te,
preferirei non svegliarmi affatto. Voglio dire, siamo nella Tana del
Leone.>>
<<
Che cosa?>>
<<
Ce l’abbiamo nel culo, ragazzo. Tutti
e
due.>>
Vesper
rise e sparì in una nube di pipistrelli, lasciando Harry a
vagare nella luce
accecante che avvolse l’intera Sala Grande. Harry si
riparò gli occhi con le
mani, scacciando quelle orride creature che iniziarono a dibattere
ovunque.
Poi
il buio.
*
Dolore.
Un dolore cieco alla testa.
Poi
quella voce. La sua voce. Il
ragazzo
che gli sorrideva. I suoi occhi rossi…
<<
Si è svegliato.>>
Harry
aprì gli occhi. Faticò ad abituarsi alla
semioscurità dell’ambiente e sbatté
più volte le palpebre prima di mettere a fuoco il volto di
una donna sospeso
sopra di sé.
I
suoi capelli castani erano raccolti in un elegante crocchio dietro la
testa;
aveva grandi ed espressivi occhi verdi, scintillanti orecchini
d’oro che
cadevano filanti dai lobi delle orecchie, e la sua bocca carnosa faceva
da
sfondo ai lineamenti di un’affascinante cinquantenne. Era
visibilmente
preoccupata. Puntellava le mani sul bordo del divano sul quale Harry
era sdraiato
e lo osservava con la stessa gravità di una madre al
capezzale di un malato
terminale.
<<
Riesci a vedermi?>> chiese la donna, che
oscillò una mano davanti ai suoi
occhi.
Harry
annuì. Era frastornato. << Dove
sono?>> chiese.
Tentò
di rimettere in ordine i pensieri, ma essi sembravano sfuggirli come di
roditori in fuga da un felino predatore. Ricordò a stento di
Avery, del loro
inseguimenti attraverso i tetti di Oxford Circus. Poi il crollo di quel
pavimento.
E
Il Dentista.
Oh,
Merda.
D’improvviso
desiderò tornare indietro insieme a Vesper nella Sala
Grande, e rimanerci il
più a lungo possibile.
<<
Io… insomma. Cos’è
successo?>>
La
donna sorrise. Quel sorriso.
Lentamente,
si sedette sul bordo del divano e inarcò la schiena,
proiettando i suoi occhi rossastri
sui suoi. Si stupì che non ne fosse minimamente impaurita.
Indossava
un abito color turchese, il suo fisico era esile e slanciato. Al suo
collo
brillava un ciondolo d’argento a forma di cuore.
<<
Erano anni che desideravo incontrarti.>> disse lei.
Un
brivido freddo lungo la schiena. Paura. Una paura maledetta. E poi
Vesper venne
fuori, trasmettendogli un’innata sensazione di panico, come
se volesse
suggerirgli di darsela a gambe il prima possibile e non fare mai
più ritorno in
quel posto.
No.
Niente Pipistrelli.
<<
Io… non me ne andrò.>>
sussurrò Harry, supplichevole. << Ma lei non
mi uccida.>>
La
donna sorrise ancora. Emise un sospiro profondo e gli premette una mano
sulla
spalla, sopra la coperta che lo avvolgeva, quasi volesse
tranquillizzarlo.
<< Non lo farò. E’ una
promessa.>> Ma nella sua voce non v’era
traccia di rancore, né di rabbia repressa. Sembrava curiosa
quanto lui di
conoscerlo. Si scrutarono a vicenda a lungo, in silenzio.
Harry
si accorse di non indossare la maglietta. E subito
s’apprestò a tirar su la
coperta fin sotto il mento.
<<
Hai chiesto di non chiamare i soccorsi. Poi sei
svenuto.>> raccontò la
donna. << Mio marito non sapeva cosa fare, non aveva
nemmeno idea di come
ti chiamassi. Ha aperto il tuo portafoglio per controllare i documenti.
Credeva
fossi un ricercato.>>
Io
sono un ricercato.
<<
Ha visto il tuo nome, le fotografie…>> La
donna strinse la labbra in una
smorfia, lottando per mantenere l’autocontrollo. Aveva le
lacrime appese alle
ciglia. << Non poteva lasciarti lì. Ti
avrebbero riconosciuto. Così ti ha
trascinato in macchina con la scusa di accompagnarti
all’ospedale e ti ha
portato a casa. Hai dormito per un giorno intero, ma per fortuna non
c’è nulla
di rotto.>>
<<
Non so davvero come ringraziarvi.>> Harry
temporeggiò. Aveva la bocca
arida. << Lei, ecco…>>
La
donna sorrise. << Io ricordo tutto, se è
quello che ti stai chiedendo.>>
Un’altra pausa. Una
lacrima solitaria le rigò la guancia. << Io e
Ryan siamo stati in
Australia per due anni. Ho passato dei brutti momenti,
laggiù. Poi, quando
siamo tornati a Londra, abbiamo ricordato
tutto quanto. E’ stato come risvegliarsi dal
coma.>>
<<
Deve essere stato terribile.>> constatò Harry.
La
donna si asciugò le lacrime, alzandosi meccanicamente dal
divano. << Voi
Maghi siete indistruttibili, forse.
Guarite in un lampo.>>
<<
Sono solo stato molto fortunato, signora Granger.>>
Silenzio.
I loro occhi si incrociarono per un lungo istante. Poi Jane Granger
sorrise di
nuovo, cortese. << Avrai fame.>>
<<
No, davvero, in realtà adesso io
dovrei…>>
<<
Harry Potter.>> disse lei, il cui tono di voce divenne
improvvisamente
risoluto. Gli premette una mano sul petto e gli impedì di
rialzarsi. <<
Io non ho nessuna facoltà di trattenerti qui, ne sono
cosciente. Non metto
nemmeno in dubbio che tu sia un ottimo Mago,
ma…>>
<<
Ma?>> la
incalzò Harry, notando
il suo temporeggiare.
<<
Ho promesso a mia figlia che saresti rimasto qui, almeno fino alla fine
del suo
turno. Dice che possiedi un’innata predisposizione alla
fuga.>>
Harry
si passò una mano nei capelli, lasciandosi ricadere indietro
sul divano. Era
una semplice Babbana, una donna come tante altre, e in quel frangente
era sola
di fronte a un potenziale criminale ricercato.
Ma
come poteva disobbedirle?
Alzò
le mani in segno di resa.
Scoprì
di essere sdraiato su un divano color crema di ottima fattura, in un
salotto in
stile vittoriano arredato impeccabilmente. C’era un caminetto
al centro
sormontato da decine di fotografie di famiglia, un vasto tappeto e un
tavolino
di cristallo sul quale figurava un vaso fiorito. Su una poltrona, in un
angolo,
era abbandonata una copia del Daily Mail.
<<
Tesoro, si è svegliato.>>
Un
eco di passi provenne dal corridoio, giù per una rampa di
scale. Ed il sorriso
cortese di Ryan Granger comparve davanti ai suoi occhi con una
rapidità
disarmante. Aveva smesso il camice da dentista e indossato delle comode
ciabatte e un maglioncino di tweed. I suoi occhi emanavano un bagliore
sereno.
Raggiunse la moglie e le fece scorrere un braccio attorno alle spalle,
posandole un delicato bacio sulla fronte.
<<
Stai bene, ragazzo?>> gli chiese.
Harry
lo fissò in silenzio. Poi, timidamente, annuì.
<<
Voi Maghi siete fatti di un'altra pasta. Chiunque sarebbe morto,
là
sotto.>> Il signor Granger parlò con tono
cortese, disinvolto, come se
salvare il Principe Oscuro dalle macerie del suo studio dentistico
fosse la
cosa più ovvia del mondo, o quantomeno una
normalità. Tenne stretta a sé la
moglie e rivolse a Harry un ampio sorriso. << Comprendo
il tuo imbarazzo.
E’ tutto a posto, dico sul serio. Ho solo…
ricambiato il favore.>>
<<
Quale favore?>>
Il
labbro inferiore della signora Granger tremolò
più forte, e si sciolse
dall’abbraccio del marito ancheggiando difilata in cucina con
il volto ormai
rigato di lacrime. Harry la seguì con lo sguardo fino a
quando non scomparve in
cucina. Ne seguì il tonfo secco di una porta e dei
singhiozzi lontani,
impercettibili.
<<
Jane è ancora molto scossa.>> Il signor
Granger fece il giro del divano e
sedette sulla poltrona vicino al camino. Inforcò un paio di
occhiali da vista e
diede un’occhiata alla prima pagina del quotidiano.
<< Abbiamo trascorso
un brutto periodo.>>
<<
Mi dispiace, è stato un incidente. E’ un disastro.
Potrei…>>
<<
Ci penserà l’assicurazione.>>
tagliò corto lui, tranquillo, con l’aria di
chi poteva permettersi ampiamente di sopperire a un soffitto crollato.
Spalancò
il Daily Mail e il suo viso venne oscurato da una pagina pubblicitaria
della
nuova Audi Q7.
Audi
Q7…
<<
Senti, non mi va di evitare l’argomento, Harry. Nostra figlia
ci ha cancellato
la memoria, sei anni fa. Non voleva che sopportassimo il dolore della
sua
lontananza, della Guerra e di tutto il resto. Io e mia moglie abbiamo
vissuto
per quasi diciotto mesi in Australia all’oscuro di tutto,
senza ricordare
nemmeno il volto delle persone che amiamo.>>
Harry
abbassò lo sguardo. Si rese tristemente conto di non
conoscere molti
particolari di Hermione, della sua famiglia. Della sua vita.
<<
Tu l’hai protetta, in un modo o nell’altro. E di
questo te ne sarò per sempre
riconoscente. Quando la Guerra è finita, lei è
tornata da noi: ci ha aiutato a
riacquistare ogni ricordo. Ma non era come prima. Era adulta, capisci?
Abbiamo
perso la possibilità di vedere nostra figlia crescere.>>
<<
Non credo di poter capire. Proprio no.>> ammise lui,
avvilito.
<<
Abbiamo ricominciato la nostra vita a Londra. Con qualche sacrificio ho riaperto lo studio
dentistico, mia moglie
ha preferito dedicarsi alla musica. Lei la adora. Impartisce lezioni
private di
pianoforte ai bambini in un centro per l’infanzia. Nel
frattempo Hermione è
diventata Auror.>> Il signor Granger sospirò.
Sembrava faticare a
pronunciare il suo nome. << Era orgogliosa di averti come
amico.>>
Già.
Un ottimo amico.
<<
Per quanto riguarda quel che è successo dopo…>>
bofonchiò Harry.
<<
Sciocchezze.>> sentenziò aspramente lui,
risoluto. << Da quel poco
che ho letto sui vostri giornali,
non
puoi avere fatto cose del genere. Non tu. Non Harry
Potter.>>
<<
Quindi lei non mi vuole uccidere?>>
Il
signor Granger scoppiò sonoramente a ridere. Una risata
pulita ed esausta, ma i
suoi occhi non parvero esprimere alcuna gioia. Era accaduto qualcosa,
in quegli
anni. Harry si era perso una mera di informazioni, storie e situazioni
per
colpa del suo Credo.
Per
colpa di Vesper.
<<
Ho tentato di spiegarle che il suo lavoro era pericoloso, credimi.
Proprio come
farebbe ogni padre di fronte a una situazione così
particolare per la sua unica
figlia. Ma lei non mi ha mai dato ascolto: ha proseguito per la sua
strada
convinta che noi volessimo ostacolarla. La realtà
è che non volevamo perderla
di nuovo.>> Un altro sospiro. Il suo sorriso si spense.
<< Così,
tre anni fa, Hermione era così assorbita dal suo lavoro da
dimenticarsi di
vivere. Abitava con noi, ma le discussioni si sono fatte insostenibili,
finché
non ha deciso di andarsene. Abbiamo litigato.>>
<<
Mi dispiace.>>
Il
signor Granger emise un altro sospiro. << Non voglio
sapere che cosa ci
facevi là sopra, in quell’appartamento ammuffito.
Non voglio sapere nemmeno chi
erano quei tizi che ho intravisto fuggire dal crollo. Dimmi solo una
cosa. Lei
è nei guai?>>
<<
Io sono nei guai.>>
lo corresse
Harry. << Lei… non c’entra niente.
Davvero.>>
<<
Hermione sarà qui a momenti. Sono felice che le cose si
siano sistemate, fra
voi.>>
Lei
non sa quanto.
<<
In ogni caso, questa deve essere tua.>>
Con
sua immensa sorpresa, vide Ryan Granger tuffare una mano in una tasca
interna
del maglioncino. Pochi istanti dopo la sua Bacchetta di Sambuco gli
comparve
davanti agli occhi. Bella. Incredibilmente lucente. E fu come se una
vibrazione
improvvisa gli comunicasse di afferrarla, di strappargliela dalle mani.
Prendila. Urlò una vocina
dentro di lui.
Tu sei il suo Padrone.
Harry
la ricevette fra le dita, e si sentì di nuovo completo.
<<
Tu non puoi avere fatto quelle cose.>>
<<
Non le ho fatte.>> lo rassicurò Harry, che
sfoderò un altro sorriso di
circostanza.
O
almeno, in parte.
In
quell’istante il rumore sordo del campanello li distrasse.
Harry si tirò su le
coperte e si guardò disperatamente intorno alla ricerca dei
propri vestiti, ma
scoprì che in soggiorno non ve n’era alcuna
traccia. Spostò i suoi occhi rossi
sul signor Granger e lo seguì mentre, piuttosto agitato,
accorreva alla porta.
L’espressione
glaciale di Hermione comparve sulla soglia.
Indossava
un impermeabile dal colletto alto e una sciarpa di lana color crema che
le
nascondeva in parte il volto. I capelli castani erano raccolti in una
pratica
coda di cavallo. Fra le sue mani stringeva un mazzo di chiavi dal quale
trapelava il marchio metallico della sua Mini: trascorse un lungo
istante a
rigirarle nervosamente fra le dita, in silenzio.
<<
Ciao, papà.>> disse. Poi il suo sguardo
saettò oltre la figura di Ryan
Granger. << Sta bene?>>
<<
Sta molto bene. Si è appena svegliato.>> Il
signor Granger la invitò
dentro con un cenno del capo, ma Hermione non si mosse. Era come se i
suoi
piedi avessero piantato delle salde radici oltre il portoncino
d’ingresso.
<<
Io… dobbiamo
andare.>> proferì.
<< Subito.>>
*°*°*°*°*
<<
Non dire niente.>>
<<
Piccola, ti prego. Io…>>
<<
Non dire niente.>>
Hermione
strinse le labbra in una smorfia indispettita e tenne lo sguardo fisso
sulla
strada, le mani premute sul volante della sua Mini Coupé.
<<
Senti, non è colpa mia se quei mostri hanno deciso di
ammazzarmi.>>
sbottò Harry, stravaccato sul sedile del passeggero. Volse
le iridi rosse fuori
dal finestrino e osservò il panorama londinese che scorreva
veloce, in un
susseguirsi di luci, persone e paesaggi di una metropoli in costante
evoluzione. << E poi sono stato fortunato. I tuoi
genitori sono dalla nostra parte.
Chiunque altro mi avrebbe
fatto arrestare!>>
<<
Loro non sanno niente, Harry. Niente.>>
<<
Mi hanno tirato fuori dalla merda.>>
<<
Io ti ho tirato fuori dalla merda!>> Hermione distolse
per un breve
istante lo sguardo dalla strada per guardarlo, e nulla nei suoi occhi
castani
gli lasciò presagire buone intenzioni. Era furiosa. Se solo
ne avesse avute le
forze, l’avrebbe afferrato per il collo e l’avrebbe
gettato fuori dal
finestrino. << Qual è la nostra prossima
mossa?>> chiese,
stringendo con foga il volante.
Harry
comprese la sua rabbia, e preferì non affrontare
ulteriormente l’argomento.
Le
raccontò cos’era accaduto la notte precedente, del
libro sottratto dal Reparto
Proibito, del misterioso messaggio di Vesper e
dell’inseguimento attraverso i
tetti del centro. Di quest’ultima faccenda ne portava le
dolorose conseguenze,
con una fitta di dolore che gli attanagliava la schiena e una gamba
ammaccata.
Ma la Bacchetta di Sambuco era con lui, per fortuna. La
accarezzò pigramente
durante il resto del tragitto.
<<
I Vampiri sono comandati da qualcuno. E quel qualcuno
mi considera un pericolo, per questo ha cercato di farmi
uccidere.>> mormorò.
<<
Basterà anticipare ogni loro mossa. Come hai detto che si
chiamava quel tizio
del messaggio?>>
<< Ranulf
Flambard.>>
disse Harry, avvilito. <<
Potremo fare un salto a Hogwarts. O
a Diagon Alley. Tu possiedi un computer, ho
scoperto in Google un prezioso
informatore.>>
<<
Oh, Harry. Non sarà necessario.>> La smorfia
di Hermione nascose un
sorriso di malcelata soddisfazione, di una studentessa che non aveva
mai
cessato di agitare la mano alzata a ogni interrogazione.
<< Non hai mai
letto Storia aggiornata di Hogwarts?>>
<<
In effetti, no.>>
Hermione
sospirò. << Ranulf Flambard era il vescovo
della Cattedrale di Durham nel
1100. E’ stato uno dei primi maghi ad essere perseguitati
dalla Chiesa, fu
imprigionato in seguito nella Torre di Londra con l’accusa di
esoterismo e di
appropriazione indebita di beni appartenenti alla
Corona.>>
<<
Esiste un nesso fra questo Flambard e i nostri amici succhiasangue?>>
<<
Flambard era un Alchemico, uno Storico e un Luminare nel campo degli
Incantesimi Avanzati. La stessa professoressa McGranitt ha tenuto
un’intera
Lezione sui suoi trattati di Trasfigurazione risalenti
all’anno 1125. Quando fu
imprigionato nella Torre di Londra, stava portando a termine una
ricerca
sull’utilizzo del Sangue di Vampiro per scopi terapeutici, ma
le sue conoscenze
nell’argomento erano molto vaste. Egli stesso si vociferava
fosse un
Vampiro.>>
<<
Ma è morto.>> ribatté Harry, con
una scrollata di spalle.
<<
Non è stata la prigionia a ucciderlo.>> fece
eco Hermione, che frenò
bruscamente per evitare un capannello di ragazzi che attraversarono la
strada
trafficata senza degnare di un solo sguardo le auto in corsa.
<< Bada
bene, Harry, è una leggenda. Si dice che il Vescovo di
Durham avesse contratto
il vampirismo durante uno dei suoi viaggi in Romania. Flambard
approfondì le
conoscenze sull’argomento e arrivò a scoprire come
poter uccidere un Vampiro, e
così testò il metodo su sé stesso.
Morì pochi anni dopo a Durham, e il suo
corpo fu seppellito nella Cattedrale. Ma attorno alla sua storia
aleggia del
mistero. Nessuno sa com’è morto.>>
<<
Nel sogno Vesper… insomma… mi ha detto che la
risposta è nella
Cattedrale.>>
Hermione
gli restituì un altro dei suoi sguardi indagatori.
<< Sei sicuro di stare
bene?>>
<<
Sì.>> mentì Harry. <<
Sono solo un po’… confuso. Non avevo mai
conosciuto i tuoi genitori. Voglio dire, non sapevo un bel niente di
loro. Ho
solo… troppe informazioni per la testa.>>
<<
Avrai tutto il tempo per riprenderti.>> fece eco lei, di
rimando. Il suo
piglio deciso di lasciò presagire che avesse architettato
qualcosa. <<
Andiamo a Durham.>> stabilì.
Il
loro viaggio proseguì a Nord di Londra.
Nel
primo pomeriggio si fermarono a pranzare presso una tavola calda lungo
la
statale, ma nessuno dei due ebbe la forza per intavolare una
conversazione.
Nell’aria aleggiava un’atmosfera insolitamente
depressa, o forse nervosa, a
causa del frenetico susseguirsi di avvenimenti che non aveva dato loro
tregua.
Harry
trangugiò il suo Fish and Chips
in
silenzio, gli occhi protetti da un paio di occhiali da sole, di tanto
in tanto
spostò lo sguardo su di lei. Era bellissima, anche con la
chioma di capelli
arruffati e lo sguardo torvo. Si chiese se meritasse di stare accanto a
lei,
dopo tutto il trambusto del Ministero a la morte di Azazel.
Hermione
non lo aveva mai abbandonato. Mai. Perfino quando gli dava la caccia.
<<
Novità dal Quartier Generale?>> chiese
timidamente, quando ebbero finito
di pranzare.
Hermione
rispose con una rassegnata scrollata di spalle. << La
Skeeter ci fiata
sul collo. E’ convinta che tu sia segretamente dalla nostra
parte, e lo
considera una corruzione bella e buona da parte del Comandante. Il che
significherebbe “dimissioni immediate”,
Vesper.>>
<<
E’ solo una stupida ciarlatana con problemi di
egocentrismo.>>
<<
Lo so. Ma la sua opinione è molto importante per la
Comunità Magica. Molti
lettori del Profeta la adulano, sono convinti che sia una sottospecie
di
Divinità.>> Un altro sospiro indispettito.
<< La verità è che Rita
Skeeter mira a mandare all’aria l’intero sistema
politico del Ministero. Se
riesce a provare la mia colpevolezza saranno costretti a ritirare il
mio
Distintivo e, di conseguenza, salterà anche la poltrona di
Kingsley.>>
<<
Te l’ho detto. Me ne occuperò io.>>
<<
Non se ne parla.>>
Parcheggiarono
la Mini Coupé in uno spiazzo antistante un’area
pic-nic, insolitamente deserta.
Poi si Smaterializzarono.
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Chiedo scusa a tutti per il mio immenso, imperdonabile ritardo.Al momento, sono molto presa con il lavoro (che novità?)
Ma d'altronde, aprire un ufficio non capita tutti i giorni :)
Il prossimo capitolo arriverà, minimo, fra due settimane.
Mi dispiace molto, ma voglio fare le cose per bene.
Sia nel lavoro, che nella mia infinita storia d'amore con Vesper. :)
Un bacio Auror a tutti
AUROR POWER!