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Autore: Naydidisha    28/01/2012    1 recensioni
Il mito di Babbo Natale: un grasso, grosso omone vestito di rosso con una folta e lunga barba bianca avente almeno cento anni, che dirige una slitta trainata da renne.
Ma perché Babbo Natale non po' essere un ventenne alto, bello e senza una barba lunga un chilometro, che guida una ferrari invece che una vecchia slitta?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccoci con un altro capitolo ^-^ Scusate se lo posto dopo un bel po'!
Buona lettura :D

Nay, :3

 

He's making a list.

 

 

 

Maelle aprì lentamente gli occhi, e quando riprese completamente coscienza si accorse di non essere più distesa sulla neve, ma di essere su un letto morbido e caldo, avvolta in almeno quattro coperte rosse.
Si accorse anche di non avere i suoi vestiti addosso, ma una camicia da notte di flanella con sopra una candida vestaglia di seta.
Si guardò intorno, e vide una stanza grande, con le pareti verdi e rosse, vivaci e colorate.
Era arredata con pochi mobili: una toeletta, un comodino, un letto a una piazza e mezza dove era stesa comodamente e una scrivania completa di sedia, sulla quale era seduto un bizzarro omino non più alto di un metro.
«Finalmente si è svegliata! Temevano tutti che sarebbe passato molto tempo prima che sarebbe rivenuta». Aveva una voce acuta e irritante. Schiacciò il pulsante di una specie di citofono poggiato sulla scrivania e parlò: «E' rinvenuta! Se vuole può raggiungerla.»
«Grazie Stekkjarstaur, arrivo subito!» rispose una voce proveniente da quell'aggeggio.
«Bene signore, come desidera. L'attenderemo.»
«Cosa succede? Chi è che sta arrivando?» Mae era molto confusa e non capiva cosa stesse succedendo e dov'era.
E poi, quella strana creatura...
«Mi permetta di presentarmi, signorina. Il mio nome è Stekkjarstaur e sono uno degli elfi al servizio del signor Xmas. Abbia un po' di pazienza, e sarà informata di tutto, quando il signore arriverà.»
Stekkjarstaur aveva appena finito di pronunciare la frase che si sentirono dei passi che si avvicinarono, e un momento dopo la porta dorata si aprì.
Entrò un giovane sui vent'anni, corti capelli neri con un taglio alla moda, lineamenti dolci e grandi occhi verde brillante. Erano irreali.
Era alto, magro, e indossava un completo da Babbo Natale, rosso brillante, foderato di candido pelo.
Portava scarponi neri, verdi e rossi, coi lacci dorati.
«Ehi, finalmente ti sei svegliata! E' da parecchio che eri svenuta... mi dispiace, non volevo spaventarti... » disse lui.
Mae era confusa e spaventata, non sapeva dov'era e con chi era. Quanto era lontana da casa? Pochi metri o forse, chilometri?
«Permettermi di presentarmi: il mio nome è Elihas, ho diciannove anni e il mio lavoro è niente meno che.. essere Babbo Natale.»
Ora Maelle era estremamente convinta di essere circondata da pazzi maniaci. Doveva assolutamente andare via, senza rischiare di correre pericoli.
«Ehmm, molto interessante, davvero, io mi chiamo Maelle, ed è ora che vada, sì, direi di sì. Ciao!» fece per alzarsi ma una volta in piedi cadde rovinosamente a terra. Era troppo debole per stare in piedi. Le venne da pensare che fosse stata drogata, in qualche modo.
In un attimo si ritrovo sospesa in aria, tra due braccia fasciate di rosso, forti e sicure. Si sentiva bene fra quelle braccia, si sentiva protetta, e al sicuro, soprattutto.
Si ritrovò distesa tra morbide coperte colorate.
«Tutto bene? Che spaventi mi fai prendere, è la seconda volta in una sola notte! Sei troppo debole per camminare da sola, per ora. Ma ho chiamato i medici prima di venire qui, ti aiuteranno a riprenderti il prima possibile, per essere a casa in tempo. Come dicevo prima, il mio lavoro è essere Babbo Natale. Come puoi constatare non sono grasso, grosso e per niente vecchio... sono solo stupide dicerie per rendermi più simpatico e rassicurante. Oltre a chi vive qui, sei l'unica a sapere del mio aspetto. So che è difficile credermi, ma sono davvero Babbo Natale. Una volta che ti sarai ripresa, te lo mostrerò.»
Ora Maelle si sentiva meno confusa. Qualcosa le diceva che quel ragazzo diceva la verità. E lei era disposta a credergli appieno.
Un sonoro *toc-toc!* riempì la stanza.
«Oh, devono essere i soccorsi! Spero non ti spiaccia se resto qui mentre ti visitano: voglio essere sicuro ti stia bene. Tu, Stekkjarstaur, puoi tornare alle sue solite mansioni.»
La porta si aprì, e un buon profumo di cioccolata calda riempì la stanza.

  
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