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Autore: Anything_    29/01/2012    0 recensioni
Susanna e Doretta,smisero di parlarsi. E prima di farlo di nuovo passeranno Sessanta lunghi anni.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Era un corridoio lungo,segnato da alcune strisce colorate che dirigevano i pazienti nei reparti richiesti. Cardiologia,Maternità,Neurologia,Obitorio. Ed io che vanamente cercavo la pediatria,inconsapevole che forse aveva qualche legame con la Maternità. Chirurgia. Forse era quella.. No,neanche,il figlio di Vittoria era stato ricoverato per diabete. E il diabete a cosa porta? Problemi cardiovascolari. Cardiologia. Che la va o la spacca. Entrai nel reparto,era l’orario delle visite. Ero stretta al braccio di Michele,mio figlio,quarantenne sposato con due bellissime bambine. Caterina e Debora,che crescevano di giorno in giorno. Le mie gambe,stavano andando a pezzi,il peso aumentava,la pelle diventava pallida,i capelli bianchi.
< Mà,forse ci siamo sbagliati! >
< Michè,andiamo avanti. C’è un’infermiera qui? >
E nessuna risposta. Avevo alzato così tanto la voce,seccata,nervosa,che Michele provò vergogna e cercò di allontanarsi da me. Ma lo tenevo ben stretto,altrimenti sarei caduta. E poi eccola lì,Vittoria. Sorrisi educatamente e cercai di camminare più veloce provando a non sentir dolore,ma niente. Mille aghi mi stavano trafiggendo la schiena.
< Doretta mia! Vieni,è qui. >
E ci condusse in una stanza. Sin da piccola odiavo gli ospedali,così tristi,bianchi. Ma a volte costringevo i miei genitori a portarmi lì,poiché erano tanti i dolori che mensilmente mi venivano. Vittoria era la mia vicina di casa a Roma e mi aveva accolta,facendomi stare bene,dopo tanto tempo di solitudine. Restammo in quella stanza per un po’ a conversare del più e del meno,del mercatino di Giovedì mattina,dei prezzi aumentati sulle zucchine. Ma in quel momento mi tornò in mente la mia piccola Wendy,perché non era lì? Era con lei che volevo conversare dei prezzi,del fatto che stavo invecchiando,che mi faceva tanto male la schiena. Era con lei che probabilmente mi sarei sentita meno vecchia. Quell’aria calda mi stava uccidendo,non riuscivo quasi più a respirare,così mi alzai,sostenendomi alle sedia in ferro e mi avviai verso la porta.
< Dorè? Dove stai andando? >
Mi voltai appena,lentamente,zoppicando. Vittoria mi stava dietro,aveva paura che cadessi di nuovo,com’era successo pochi mesi prima. Stavo scendendo le scale e bastò un battere di ciglia per trovarmi a terra. Non riuscii più a camminare come prima,ma ero in piedi poco dopo. Non dissi niente a nessuno,se non a Vittoria che mi portò dall’ortopedico. Mi ero fratturata il femore,ma nonostante il problema avevo continuato a tacere.
< Vado in bagno e torno. Mi fa bene camminare! >
E piano piano,troppo lentamente –così tanto da far venir la depressione- mi avviai verso l’uscita. Camera 234. Sbirciai dentro e vidi una signora,della mia stessa età forse,che guardava il soffitto e piangeva. Chiunque avrebbe pensato che fosse una vergogna veder una donna di settant’anni piangere,ma io no. Io ero come lei praticamente ogni notte. Fissavo il soffitto e piangevo. Sembrava così sola,piccola,inerme,che mi ricordò lei,di nuovo. Scossi la testa ed andai avanti,poi qualcosa,mi disse di tornare indietro ed entrare in quella stanza. E così feci,sempre lentamente,mi incamminai verso la stanza ed entrai.
< Posso? >
Lei immediatamente,quasi spaventata per un giudizio,si asciugò gli occhi. Si girò dalla parte opposta nel letto e si tirò le lenzuola alla testa.
< Cosa vuole?! >
E cosa risponderle a quel punto? Che volevo? Non potevo certo dirle che qualcosa mi aveva imposto di entrare in quella stanza e assicurarmi che andasse tutto bene,ma quei capelli io li conoscevo. Anche se bianchi,sbiaditi,scendevano lunghi su quelle spalle scoperte. Mi avvicinai sorreggendomi alla ringhiera del letto e la coprii per bene.
< Non voglio niente,solo che l’ho vista piangere e … >
E un singhiozzo mi bloccò. Stava di nuovo piangendo ed io volevo sapere il motivo. Non perché m’importasse,o forse sì,ma perché volevo provare a consolarla,dirle che tutto sarebbe andato bene anche se poi in fin dei conti non c’avrei creduto neppure io.
Ma non ne valeva la pena chiederglielo,forse avrei dovuto sin da subito dirle la verità.
< Mi ricorda una mia vecchia amica. Non l’ho mai più rivista dopo un brutto litigio. E poi quando l’ho sentita piangere mi sono resa conto che anch’io,tutte le sere,piango allo stesso modo. >
Si voltò di scatto,quegli occhi neri tendenti al grigio mi squadravano quasi con violenza.
< Se ne vada. >
Ebbene,l’avrei accontentata ma solo dopo aver saputo il suo nome.
< Signora,mi perdoni il disturbo. Prima che io vada via,vorrei sapere il suo nome. >
Si voltò di nuovo,e mi fissò,stavolta distrutta,stanca. Stanca di vivere.
< Susanna. >
Ebbi il tempo di sgranare gli occhi che anche i miei si riempirono di lacrime.  La mia Wendy,piccola innocua Wendy.

 
 


Wendy,ciao,sono Peter. Quanto sei bella da qui. Da questa finestra che tu non vuoi aprire,che non hai mai aperto. Non ho ombra,non ho un tono di voce preciso. Sono aria. Sono chi vuoi che io sia. Chi vuoi che io sia? Dimmelo. Ma per farlo devi aprire questa finestra. Ti prego.

  
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