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Autore: Niniane_88    29/01/2012    9 recensioni
Che cosa sarebbe successo se Jasper fosse riuscito a mordere Bella durante la festa per il suo diciottesimo compleanno raccontata all'inizio di New Moon? La mia storia parte proprio da questo presupposto. Bella si trasforma in vampiro e la famiglia Cullen è costretta a farla sparire. In Alaska, a Denali, la ragazza si risveglierà: ma riuscirà a essere felice nella sua nuova esistenza? Edward non riesce ad accettare la sua trasformazione e si allontana gradualmente da lei; Jasper invece, in preda ai sensi di colpa, ma anche animato dalla volontà di riscattarsi, si adopera per starle accanto ed educarla alla dieta dei Cullen. Lentamente, gli equilibri della famiglia si spostano e un nuovo, inaspettato sentimento d'amore inizia a fiorire. Intanto Victoria è ancora nell'ombra, intenzionata a vendicare James e i Quileute sospettano la rottura del patto. A far luce sul lontano futuro, solo una confusa visione di Alice...
La voce rotta e disperata taceva. Taceva da ore. Ne sentivo la nostalgia e la cercavo. Ero certa che appartenesse a qualcuno di importante… Edward? Ma non capivo perché Edward avrebbe dovuto sentirsi disperato.
Tre giorni… quanto mancava perché mi trasformassi del tutto? Perché mi stavo trasformando, vero? Saremmo stati insieme per sempre, ne ero certa, insieme come avevo sempre desiderato. Allora perché non mi parlava più? Perché? Edward, dove sei?
L’altra voce, quella tenebrosa e pacata mi parlava spesso.
- Coraggio, Bella, manca poco.
Mi aggrappavo a quel suono senza poter comprendere chi mi parlasse. Non avevo mai udito quella voce.
- Coraggio, cara…
… era una voce così bella…

Disclaimer: i personaggi di questa storia non mi appartengono, sono stati tutti creati da Stepheny Meyer.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jasper Hale, Un po' tutti | Coppie: Bella/Jasper
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon, Successivo alla saga
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Capitolo XXVIII: Laddove tutto ebbe inizio

Jasper

   - Dovete tornare a Forks, immediatamente.
   L’affermazione di Alice fu seguita da un istante di tesissimo silenzio.
   - Perché? – chiese semplicemente Carlisle.
   La voce della mia ex compagna era carica di apprensione.
   - Ho appena avuto una visione. Victoria è tornata e sta per agire.
   - Che cosa? – fece Rosalie, allibita.
   - Ha trovato un altro modo per vendicare la morte di James. – spiegò Alice – Dal momento che le sarebbe troppo difficile cercare di uccidere Bella ha deciso di colpirla eliminando le persone a lei più care. Intende cominciare domani notte… da Charlie.
   - Nooooo! – urlò Bella, spalancando gli occhi.
   Cercai di stringerla tra le braccia, ma lei si divincolò con decisione; in tre passi raggiunse Carlisle e gli strappò il telefono di mano.
   - Alice! – implorò, la voce rotta dal pianto che non poteva versare – Oh, Alice, sei sicura di quello che hai visto?
   - Calmati, Bella. – rispose Alice, con dolcezza – Sono sicura, sì, avete il tempo di tornare a Forks e organizzarvi per difendere Charlie. Ora ascoltatemi: Victoria ha un nuovo compagno, Riley ed è affiancata da altri due vampiri molto giovani, poco più che neonati; con un piano di battaglia efficace riuscirete a eliminarli senza difficoltà.
   Mi avvicinai nuovamente a Bella e con delicatezza le tolsi il telefono dalle mani.
   - Tesoro, fammi parlare con Alice. – pregai dolcemente.
   Bella mi rivolse uno sguardo vacuo e fece come le avevo chiesto.
   - Alice. – dissi.
   - Ciao, Jazz. – rispose lei, senza scomporsi.
   - Dimmi tutto quello che sai su questi vampiri.
   - Non molto, purtroppo. Victoria sapeva del mio dono, naturalmente, perché James ne aveva parlato con lei ed è riuscita a eludere le mie visioni molto a lungo. L’ho sempre tenuta d’occhio, lo giuro, ma per tutto questo tempo non sono mai riuscita a vedere niente di allarmante. Il punto forte di Victoria è la velocità: ha un istinto di fuga fuori dal comune. Dovrete impedirle in ogni modo di fuggire. Se dovesse scappare, tornerebbe ancora: una volta eliminato Charlie vuole dare in pasto ai suoi neonati gli amici umani di Bella… Angela, Ben, Mike, Jessica…
   Vidi Esme portare una mano alla bocca, orripilata.
   - I vampiri che seguono Victoria sono tutti giovani, anche Riley. Jasper, tu sai come si uccide un neonato, dovrai far ricorso a quelle tecniche. Adesso preparatevi a partire. Domani mattina sarete a Forks e avrete il tempo di nascondervi nella vecchia casa e di pianificare l’attacco.
   Ripensando alla casa dove avevamo abitato per tre anni, mi ricordai improvvisamente di un altro problema, lasciato in sospeso.
   - Se torniamo a Forks, i Quileute ci potrebbero vedere. – dissi ad Alice.
   - Lo so, lo so… - sospirò lei, in tono amaro – Credi che non ci abbia pensato? Ma non possiamo permettere che Victoria compia un massacro, Charlie è il padre di Bella e gli altri… sono pur sempre esseri umani.
   Carlisle annuì: - Andremo a Forks. – annunciò in tono duro – Correremo il rischio e proteggeremo Charlie. Coraggio, prepariamoci.
   - Aspetta! – lo fermò Alice – Prima dovete sapere qualcosa sui Quileute. La presenza di nuovi vampiri nella penisola Olimpica ha fatto nascere altri licantropi e adesso il branco è più numeroso. Oltre a Sam, Paul e Jared, ci sono un ragazzo di nome Embry e… Jacob Black.
   Quell’ultimo nome non mi disse nulla, ma Bella emise un suono rauco, a metà tra un grido e un rantolo.
   - Jacob… Jacob è un licantropo? – chiese, spaventata e allora ricordai di aver visto quel ragazzo al ballo di fine anno, al liceo di Forks. Aveva parlato a lungo con Bella e ballato con lei: evidentemente allora erano  buoni amici. Suo padre, Billy era amico intimo di Charlie e aveva cercato di mettere in guardia Bella contro di noi, ma Jacob aveva considerato questi avvertimenti solo come sciocche leggende e non aveva mai fatto pressioni sull’amica. Chissà quanto diversamente vedeva la cosa, adesso che era diventato anche lui un licantropo.
   Le emozioni di Bella erano altalenanti: i suoi occhi erano animati da una viva preoccupazione per la sorte di Charlie e ad essa si mescolavano rabbia nei confronti di Victoria e pietà verso il suo amico Jacob, un sentimento, questo, che mi sorprese e mi spinse a riflettere. In quanto vampiro io odiavo i licantropi e non avevo alcun bisogno di chiedermene il motivo: li odiavo semplicemente perché erano i miei nemici naturali; Bella, invece  aveva conosciuto Jacob Black, quando era solo un ragazzo come tanti. In quel momento, anche lei era un’ umana e noi Cullen non eravamo ancora entrati così a fondo nella sua vita. La mia dolce Bella… probabilmente se si fosse trovata faccia a faccia con Jacob avrebbe storto il naso sentendo il suo odore e avrebbe sentito il desiderio di attaccarlo, ma questo non le avrebbe mai impedito di provare compassione e dolore per il destino che era toccato a quell’amico a lei tanto caro. Bella intuiva, senza che ci fosse bisogno di spiegarglielo, quanto potesse essere difficile scoprire e accettare di essere diverso da ciò che ci si credeva e se Jacob non aveva mai prestato fede alle storie raccontate dal padre, la trasformazione doveva avergli causato un grande shock.
   Le mie riflessioni furono interrotte da Alice che aggiunse: - Jacob Black ha preso il posto di Sam. E’ lui il capobranco, l’alfa: quel ruolo gli spettava di diritto e non appena si è trasformato, Sam glielo ha ceduto volontariamente.
   - Questo complica le cose. – dissi – Un giovane licantropo alla guida di un branco è difficile da tenere a bada. Si lascerà trasportare dagli istinti e se ci vede, e soprattutto se vede Bella e la riconosce, probabilmente ordinerà subito ai suoi di attaccarci.
   - Correremo il rischio. – ripeté Carlisle. Ci guardò tutti ad uno ad uno e i suoi occhi erano pieni di saggezza e di tristezza.
   - Ce ne siamo andati da Forks lasciandoci alle spalle troppi problemi non risolti. - disse – Ora siamo giunti alla resa dei conti e la affronteremo, costi quel che costi.
   - Dovrete fare attenzione a non farvi vedere quando vi avvicinerete alla casa. – disse Alice – Non scendete dalle auto fino all’ultimo momento, in questo modo è meno probabile che sentano le scie.
   - La sentiranno comunque. – mormorò Rosalie.
   - Un momento, Alice! – esclamò Emmett all’improvviso – Tu come fai a sapere tutte queste cose sui lupi? Di solito non riesci a vederli così chiaramente…
   La voce delicata di Alice si addolcì nel rispondergli: - Questo preferirei spiegarvelo quando ci vedremo. Ora andate, noi vi raggiungeremo al più presto.
    - Chiamaci se vedi qualcosa di diverso. – disse Carlisle.
    - Certo. A presto!
   Alice riattaccò e il silenzio calò nuovamente tra noi, più assordante di tanti rumori fastidiosi tutti insieme. Ci guardammo l’uno l’altro, tesi increduli e dopo un attimo, tutti cominciarono a muoversi, a raggiungere le camere. Ci sentivamo improvvisamente ridicoli, nei nostri abiti da ballo… la telefonata di Alice aveva spazzato via tutta l’allegria e la serenità di poc’anzi.
   Rosalie prese per mano Bella e la guidò verso la propria camera. Io seguii Emmett. Nel giro di cinque secondi sostituimmo i nostri eleganti frac con una felpa, jeans e scarpe da corsa. Ci infilammo anche le giacche, più per abitudine che per necessità e in baleno tornammo nell’ingresso. Carlisle e Esme ci aspettavano, già pronti.
   - Cos’avrà voluto dire Alice, quando ha parlato al plurale? Ha detto: noi vi raggiungeremo. Noi, non io. – chiese mio fratello, pensieroso.
   - Forse intendeva dire che con lei ci sarà anche Edward. – azzardò Esme, speranzosa.
   - O forse, Alice ha trovato la sua anima gemella. – dissi io, con calma.
   - E se fossero la stessa persona? – ipotizzò Emmett.
   - Alice e Edward? – esclamai, poco convinto – No, non credo. Si sono sempre voluti bene come due veri fratelli.
   In quel momento vidi tornare Bella e Rosalie. Mi affrettai a raggiungere la mia compagna e a prenderla per mano. Infagottata nel suo giubbotto rosso, Bella sembrava più bambina. Aveva ancora quell’aria spaventata e la sua mano strinse spasmodicamente la mia.
   Vedendoci tutti riuniti, Carlisle disse: - Bene, siamo pronti. Rose, Emmett, salite sulla jeep. Noi vi seguiamo con la mia macchina, Bella e Jasper vengono con noi. Ora, dobbiamo congedarci…
   Si udì un rumore di passi sulle scale e il clan di Denali al completo, più Garrett, apparve, abbigliato in abiti da viaggio.
   - Ma cosa…? – fece Emmett.
   Eleazar ci rivolse un’occhiata decisa.
   - Veniamo anche noi. – disse, semplicemente.
   - E Irina e Laurent ci raggiungeranno. – aggiunse Tanya.
   - No! – protestò Esme – Non dovete farlo!
   - Sì, invece! – disse Kate – Siamo la stessa famiglia.
   Carlisle scosse il capo: - E’ bello che vi preoccupiate per noi, ma credetemi, è meglio se restate. Se ci seguiste a Forks daremmo nell’occhio ancora di più e questo dev’essere evitato, assolutamente. Vi prego, non insistete.
   Insistettero eccome, uno più appassionatamente dell’altro. Garrett, che non avrebbe neanche dovuto sentirsi coinvolto ci assicurò che niente gli avrebbe fatto più piacere che aiutarci. Sospettavo che in realtà desiderasse dimostrare il suo coraggio a Kate.
   Un po’ con le preghiere, un po’ con le minacce, riuscimmo a convincerli che avrebbero fatto meglio a restare in Alaska. Eleazar, tuttavia si fece giurare che li avremmo chiamati immediatamente se Alice avesse avuto visoni allarmanti.
   Commossi dalla loro solidarietà e dal loro affetto li salutammo con calore e fu con il cuore gonfio di tristezza che salii in macchina accanto a Bella. Mi dispiaceva enormemente lasciare la pace di Denali, sapevo che mi sarebbe dispiaciuto.
   Sapevo anche che a Forks mi sarei trovato di nuovo faccia a faccia con il mio passato e con le mie debolezze. Avevo sperato di potermi lasciare per sempre alle spalle quel capitolo della mia esistenza, ma evidentemente non era possibile.
   Strinsi forte la mano di Bella e mi preparai a tornare laddove tutto era cominciato.

   La notte trascorse lentamente. Carlisle guidava in silenzio, tenendo la mano a Esme. Bella aveva posato il capo sulla mia spalla, come se fosse stanca e io le accarezzavo i capelli, chinandomi di tanto in tanto a baciarla.
   Parlammo pochissimo, appagati dal solo fatto di poter essere vicini e io ripensai a lungo alla telefonata di Alice. Risentire la sua voce non mi aveva fatto soffrire, anzi, mi avrebbe fatto piacere parlare con Alice, se solo ci avesse chiamato per darci buone notizie. Non potei fare a meno di chiedermi che cosa avesse provato, mentre parlava con me: non avevo percepito in lei tristezza o rimpianto. Aveva quindi trovato colui che cercava? E io contavo ancora qualcosa per lei?
   Certo che sì. Alice mi aveva promesso che mi avrebbe sempre voluto bene e senza dubbio era stata sincera nel dirmi questo. Ciononostante, anche se mi dispiaceva ammetterlo, un pizzico di rimorso da parte sua avrebbe gratificato il mio orgoglio. Non che avessi dei dubbi riguardo a ciò che provavo per Alice o per Bella, ma avevo trascorso tanti anni felici accanto a quel piccolo folletto e non avrei mai potuto dimenticarlo, neanche se non avessi avuto una memoria infallibile. L’idea che Alice, invece, fosse riuscita a lasciarsi tutto alle spalle con facilità mi rattristava.
   Sei ingiusto! mi dissi Anche Alice ha sofferto per la vostra separazione e tu lo sai. Non avrebbe voluto lasciarti, se fosse dipeso da lei sarebbe rimasta.
   Probabilmente era solo questione di tempo, prima che anche gli ultimi, debolissimi nodi che mi legavano alla mia ex compagna si sciogliessero. Quando avessi rivisto Alice avremmo potuto parlare liberamente e iniziare un nuovo legame, di amicizia e affetto.
   Il peso caldo di Bella era dolce e confortante. La guardai a lungo e la tenni stretta a me, cercando di infonderle un po’ di serenità. Non conoscevo suo padre, era stato Edward ad avere quell’onore: tuttavia non avevo alcun dubbio sul fatto che difendere Charlie fosse mio dovere. In un certo senso, ero suo genero.
   L’alba spuntò grigia e cupa. Avevamo lasciato l’Alaska ed eravamo ormai nello stato di Washington. Ad un certo punto, Bella sollevò il capo e si guardò intorno.
   - Carlisle, quando saremo vicini a Forks, fermati. – disse.
   Mio padre si voltò a guardarla, perplesso.
   - Perché?
   - Ho bisogno di parlare con Jasper, da sola. Non preoccuparti, Carlisle, vi raggiungeremo al più presto e resteremo sempre in contatto con voi.
   - Tesoro, che cosa mi devi dire? – chiesi.
   - Non qui. – Bella scosse il capo. – Ti prego, Carlisle, tra poco fermati.
   - Come desideri, Bella. – rispose lui – Ma spero che tu sappia quello che fai.
   Ci fermammo poco dopo, nel bel mezzo di un paesaggio brullo e tetro. Dietro di noi, anche la jeep di Emmett si arrestò.
   - Che succede? – chiese lui, sporgendosi dal finestrino.
   - Jasper e Bella ci raggiungeranno presto. – gli spiegò Carlisle – Bella ha chiesto che proseguissimo senza di loro.
   Emmett non fece domande e io scesi dall’auto di Carlisle insieme a Bella. Poi, sia la mercedez che la jeep ripartirono a tutta velocità.
   Guardai interrogativamente il mio piccolo cigno e percepii in lei ansia, timore e aspettativa. Mi stava guardando negli occhi e le sue iridi erano limpide e dure come diamanti.
   - Jazz, insegnami a combattere. – disse con voce chiara.
   Era l’ultima richiesta che mi sarei aspettato.
   - Sei un soldato, - continuò – ti prego, insegnami… almeno a difendermi.
   - No. – risposi, senza nemmeno pensarci.
   - Perché no? Sono stanca di essere sempre un peso per tutti! Non ho saputo difendermi da Randall, ora non so come aiutarvi! Jazz, ascoltami, voglio poter difendere Charlie e i miei amici! Non posso permettere che siate soltanto voi a occuparvi di questo, non ora che sono anch’io un vampiro!
   Ero spiazzato: mai come in quel momento Bella mi era apparsa splendida, forte, decisa. Eppure, la sola idea di vederla combattere mi spaventava: il ricordo di ciò che le aveva fatto Randall era ancora vivo dentro me.
   - Bella… - cominciai – Io non posso farlo…
   - Sì che puoi! – Bella mi afferrò per la giacca, con forza – Jasper, non comportarti come Edward! Non mettermi sotto una campana di vetro, non voglio essere trattata così! – cercai di interromperla, ma mi fermò con un gesto della mano - No, ascoltami! Tu conosci l’arte della guerra e io ti sto chiedendo di insegnarmi. Non c’è niente di sbagliato in questo e io voglio imparare, Jasper!
   Soppesai la sua richiesta per un momento. Infine dissi:
   - Bella, non è mia intenzione metterti sotto una campana di vetro. Desideri veramente condividere con me anche questo? Desideri conoscere il soldato che c’è in me?
   Lo sguardo di Bella non vacillò: - Sì, e amerò quel soldato come amo il vampiro e l’uomo che c’è in te.
   - Allora sappi che in quest’ambito io sono il tuo comandante e tu mi devi ubbidire. Capisci? Nel momento in cui io sono il tuo superiore, l’uomo che ti ama non ci sarà più, non mentre combattiamo.
   - Ho capito. Ai tuoi ordini, maggiore.
   E così iniziammo quell’allenamento improvvisato e disperato. Mostrai a Bella le più elementari tecniche di difesa e di attacco. Non si sarebbe mai trasformata in una combattente entro sera, ma avrebbe avuto almeno l’illusione di sapersi difendere. Io, naturalmente, non l’avrei lasciata sola neanche un secondo.
   Bella era agilissima e veloce, aveva intuito e imparava in fretta. Eseguì ogni mio ordine, sempre in silenzio e con quell’espressione risoluta negli occhioni dorati. Combattemmo più volte e solo alla fine permisi a lei di atterrarmi, non perché non fossi più in grado di difendermi, ma perché sapevo che non avrei potuto insegnarle altro, in quel momento.
   E non appena il viso di Bella si trovò ad un centimetro dal mio, il maggiore Jasper Whitlock si dissolse nella nebbia.
   In un secondo invertii le nostre posizioni e inziai a coprire il suo viso di baci, affondando insieme a lei nell’erba umida. I nostri muscoli, tesi nel combattimento, si rilassarono e noi ci stringemmo in un abbraccio disperato. Le mie labbra trovarono quelle di Bella e sentii il suo corpo inarcarsi per aderire al mio. Continuai a baciarla, a lungo e senza rendermi pienamente conto di ciò che stavo facendo, lasciai che le mie mani si insinuassero sotto i suoi vestiti per trovare e assaporare la morbidezza della sua pelle. Bella si lasciò sfuggire un sospiro e nell'udire quel flebile suono rischiai di perdere il controllo. Baciai teneramente le cicatrici sul suo collo, continuando ad accarezzarle la schiena e risalendo lungo i fianchi, fino a raggiungere la morbida dolcezza del suo seno.
   Bella sospirava e rabbrividiva sotto le mie carezze e per un istante di pura follia provai il desiderio di fare l’amore con lei lì, sull’erba, in quel luogo silenzioso e fuori dal mondo. Mi imposi di riprendere il controllo: non avrei potuto, Bella era vergine e meritava di meglio; soprattutto meritava di essere serena quando quel momento fosse arrivato, non confusa e disperata.
   Con delicatezza sciolsi il nostro abbraccio e l’aiutai a rialzarsi. Bella mi accarezzò una guancia: i suoi occhi non erano più duri come il ghiaccio, erano tornati ad essere due laghi dorati, pieni di dolcezza.
   - Grazie, maggiore Whitlock. – disse con semplicita. E poi aggiunse. – Grazie, amore mio.


 
 
  


Per l'immagine si ringrazia Camilla L!
Allora, mie care lettrici, buona domenica! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io personalmente l'ho scritto con molto piacere! Nel prossimo vedremo l'arrivo di Alice e giungerà la sera...
Spero che continuerete a lasciarmi i vostri pareri (anche voi, lettori silenziosi!!!) e ringrazio le mie fedelissime recensitrici che mi fanno sempre sentire il loro affetto per questa storia! Alla prossima!
Un abbraccio
Nini

   
 
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