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Autore: Eralery    29/01/2012    8 recensioni
L’ultimo anno è sempre quello più intenso, perché sai di non avere altre possibilità.
Se vuoi una cosa, è la tua ultima occasione per prendertela. Il massimo dei voti, la ragazza che ti piace ormai da una vita, la coppa del Quidditch. Se vuoi una cosa, prendila e basta, non pensarci troppo su, fallo e basta, perché là fuori non la potrai più trovare.
Là fuori c’è solo caos, desolazione, guerra e morte.
Capitolo 5:
«Tutto questo qui» le spiegò, indicando il campo con un movimento del polso e della mano. «per me è importante. E stare qui, sulle tribune, non può farmi stare bene».
«Ma… è solo un gioco, Potter. Solo un gioco» farfugliò, perplessa, e poi lui scosse la testa.
«No, Evans, per me non è solo un gioco» sorrise laconicamente, e mentre la ragazza faceva per ribattere, riprese: «Per me è un ricordo».
«Diventerai il Cercatore migliore di tutti, figlio mio»
Capitolo 7:
« Ma quelli non sono i miei calzini? » s’informò, allibita.
« Sì » rispose tranquillamente Sirius, come se avere un paio dei suoi calzini fosse la cosa più naturale del mondo.
« E perché tu hai i miei calzini? »
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo 2- Reaching

Alla magnifica SilDaph:
ti adoro.


Capitolo 2: First Step

«Oh, baby, baby, it's a wild world
It's hard to get by just upon a smile (…)
But just remember there's a lot of bad and beware
»
(Cat Stevens - Wild World)


Nei due mesi di vacanze estive tutti si erano abituati ai propri letti che, fedeli, rimanevano sempre lì. Tornare ad Hogwarts e risvegliarsi nei suoi bellissimi letti a baldacchino era un po’ scombussolante, questo è da dire. 
Due occhi castano ambrato si aprirono nella penombra della stanza bardata di rosso. Remus accarezzò il tessuto della coperta che lo copriva fino alle costole, leggermente stordito dal non essersi ritrovato tra le coperte verdine della sua camera a Marloes. Quelle erano rosse, rosso scarlatto.
Un solo pensiero gli balenò per la testa, facendolo sorridere stupidamente: Hogwarts.
Il sorriso gli morì sulle labbra quando si ricordò con chi divideva la stanza.
Con un movimento brusco della mano destra si scostò le coperte da addosso e posò i piedi sulla moquette, cercando di non far troppo rumore mentre sbadigliava.
Vide Sirius muoversi sotto le coperte e decise che sì, doveva decisamente sbrigarsi.
Camminò rapidamente in punta di piedi fino al bagno, entrò e poi si chiuse la porta dietro.
Aprì il rubinetto e, dopo aver osservato l’acqua per una manciata di secondi, come imbambolato, iniziò a lavarsi.
Quando uscì si accorse che James aveva gli occhi aperti e guardava insistentemente la finestra dalla quale filtrava un po’ di luce. Si avvicinò e lo guardò dall’alto, sorridendo.
«Ehi».
«Uhm» mugugnò James con un sorriso sornione stampato sul volto ancora leggermente addormentato. «Sembri mia madre».
Remus ridacchiò e si strinse nelle spalle, dicendo: «Sarà, ma ti conviene alzarti, altrimenti Sirius occuperà il bagno prima di te».
«Hai ragione come sempre, mammina» con un ghigno, James si alzò dal letto e barcollò verso il bagno, ridacchiando di tanto in tanto.
Dopo un po’ la testa corvina di Sirius fece capolino dalle coperte, e il proprietario, con la sua solita grazia, riuscì a svegliare Peter, Frank e Jack in un colpo solo.
«A quanto pare non è cambiato niente: Sirius fa casino e sveglia tutti» brontolò Frank, girandosi sotto le coperte e affondando il viso nel cuscino candido e comodo. Fece per tirarsi le coperte fin sopra la testa, ma riuscì a coprirne solo i tre quarti, poiché era troppo alto per starvi tutto.
«Siamo tornati alla normalità, caro Frank. Te l’avevo detto che non avremmo avuto più pace, con questi qui in camera» disse Jack, ma in realtà sorrideva, allegro.
«Guardate che vi sento!» esclamò Sirius con la voce impastata dal recente sonno. In risposta gli arrivò un cuscino in pieno viso. «Che tu sia maledetto, Paciock!» ululò, scoppiando nella sua risata così simile ad un latrato.
«Prongs, hai fatto?» chiese Peter, bussando alla porta del bagno mentre Sirius camminava invano per la stanza, quasi fosse ubriaco, fischiettando allegramente il motivetto di una canzone babbana che la radio aveva trasmesso d’estate almeno dieci volte al giorno.
«Datemi un momento!» gridò James dal bagno, dal quale si sentiva lo scrosciare insistente della doccia.
«Vestiti, tu, idiota!» esclamò Remus, guardando Sirius dalla superficie dello specchio in cui stava osservando con aria critica il nodo della propria cravatta rosso-oro.
«E smettila, nemmeno sono nudo!» rise Sirius, rilanciandosi sul letto proprio mentre James usciva dal bagno.
«Ho fatto, oh!».
Sirius scattò a sedere e, sotto lo sguardo di tutti i presenti, gridò: «Wormtail, provaci e ti uccido!».
Ma, nemmeno a dirlo, Peter aveva già varcato la porta, chiudendosela alle spalle. 


***


Con una certa dose di decisione si portò le mani, strette a pugni, agli occhi per stropicciarseli. Si rigirò nel letto per una manciata di minuti prima di alzarsi dal letto e rabbrividire al cambiamento di temperatura, che, dal caldo sotto le coperte, era decisamente calata. 
Entrò in bagno con passo barcollante, si tolse il pigiama azzurro e si mise sotto la doccia senza pensarci due volte. L’acqua le scivolava sulla pelle liscia e le bagnava i capelli, facendola sorridere per la piacevole sensazione. Finita la doccia, uscì e si guardò allo specchio: i capelli castani e bagnati le incorniciavano il viso leggermente tondo; gli occhi azzurri ormai svegli la scrutavano attentamente, cercando di trovare diversità dal ricordo che aveva della se stessa di un anno prima. Non era cambiata poi molto, si era alzata un po’, sì, ma in sostanza era sempre la stessa.
Con una scrollata di spalle e un colpo di bacchetta di asciugò i capelli e li raccolse in una treccia prima di tornare in stanza.
Seduta sul proprio letto a gambe incrociate, Lily osservava la porta scura della stanza con apparente interesse. Mary si avvicinò lentamente, bene attenta a non svegliare le altre, e si sedette sul materasso accanto a lei.
«Che succede?» domandò tranquillamente con voce bassa.
Lily girò il viso verso di lei e le sorrise, abbracciandola. «Mi eri mancata».
Mary aggrottò le sopracciglia, spaesata, per poi ricambiare l’abbraccio. «Anche tu. Come mai me lo dici ora? Ci siamo riviste ieri».
La rossa si strinse nelle spalle e trattenne malamente un sospiro.
«Mi siete mancate tutte, lo sai che avevo paura di- di non trovarvi più, quest’anno» mormorò appena, alzandosi dal letto e infilandosi le ciabatte senza staccare gli occhi verdi da quelli dell’amica, che aveva tremato appena.
Mary si alzò a sua volta e l’abbracciò nuovamente. «Siamo qui, perciò smettila di preoccuparti. Siamo qui, e vogliamo goderci questo dannatissimo, settimo anno. Con te. Chiaro?».
Lily annuì e sorrise, sciogliendo l’abbraccio.
«Vado a lavarmi» avvisò, avviandosi verso il bagno. «Ti voglio bene».
«Lo so. Non è cambiato e non cambierà niente, Lily, non preoccuparti». 
Ma Lily era già entrata in bagno, e Mary non sapeva se lei avesse sentito le sue parole; parole che, perlopiù, dovevano convincere se stessa, oltreché Lily.
Non sarebbe cambiato niente, mai. Aveva bisogno di crederci.


***


«Benvenuti, ragazzi» cominciò Vitious. «Come ben sapete, questo è il vostro ultimo anno, e credo che non serva a nulla sottolineare che alla fine dovrete affrontare i M.A.G.O.. Dopodiché, avrete finalmente messo il punto al capitolo “scuola” e andare avanti» - qualcuno si scambiò delle occhiate con gli amici, sogghignando appena – «Questo sarà un anno particolarmente difficile, come avrete già immaginato. Abbiamo un numero ridotto di ore, e quel che dobbiamo fare è tanto, forse troppo, ma sono sicuro che potrete farcela. Dopotutto, siete arrivati alla fine».
Vitious sorrise alla sua classe, orgoglioso: erano arrivati al traguardo. Sinceramente, non si era aspettato di vedere così tanti – certo, erano solo diciotto, ma con i tempi che correvano erano tanti – studenti al corso di Incantesimi per i M.A.G.O.; molti alunni avevano infatti lasciato Hogwarts per proseguire gli studi a casa, dove, secondo i genitori, erano più al sicuro.
Una Tassorosso alzò la mano e chiese: «Cosa studieremo, di preciso, professore?».
«Inizieremo con un ripasso di tutto ciò che abbiamo fatto in questi anni, poi inizieremo l’Occlumanzia e la Legilimanzia, per passare ad un approfondimento di alcuni incantesimi che potranno rivelarsi molto utili, e forse anche l’Incanto Patronus» rispose il professore, sorridendo quando un mormorio entusiasta si levò dai banchi, mentre i ragazzi parlottavano tra loro, sotto il suo sguardo divertito. 
«Faremo meglio ad iniziare, ora. Parlerete dopo» sorrise sornione, da sopra la sua solita pila di libri. «Ora, chi si ricorda qual è l’incantesimo per aprire le porte chiuse?».
Molte mani scattarono in alto, mentre Vitous continuava a sorridere, ora malinconicamente. Il solo pensiero che l’anno successivo non si sarebbero ritrovati più ad Hogwarts, ma fuori, allo scoperto, lo faceva rabbrividire.
Non poteva sapere quanti di loro sarebbero sopravvissuti così a lungo da vedere la caduta di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.


***


I Malandrini camminavano per i corridoi di Hogwarts, chiacchierando e ridendo tra loro. 
Sembravano passati anni dall’ansia del pre-ritorno a scuola, che non aveva allentato la stretta attorno ai loro cuori nemmeno per una giornata. Avevano passato quasi tutta l’estate l’uno in ansia per l’altro, con la paura che potesse succedere qualcosa a Remus, a Peter, a James o a Sirius senza nemmeno saperlo, nonostante si fossero visti praticamente ogni due giorni.
Avevano passato l’estate a guardare ogni mattina la copertina della Gazzetta, sperando di non trovare mai il nome di uno di loro tra i morti.
«Quindi non sei diventato Capitano, Prongs?» lo sfotté apertamente Sirius, dandogli una spallata amichevole, facendogli quasi cadere gli occhiali dal naso un po’ lungo. «Anche Jack è più bravo di te, a quanto pare!».
«Smettila, cane» si lamentò James, facendo per portarsi una mano alla spalla offesa, per poi cambiare idea. Sarebbe apparso poco virile, dopotutto. «Che poi Jack è bravo. Non quanto me, certo, ma è bravo anche lui» sorrise.
«Ah, beh, era ovvio! Come ho fatto a non pensarci prima?» continuò Sirius, mentre Remus e Peter ridacchiavano sommessamente. «Non ti hanno scelto perché sei troppo bravo!».
James gemette e guardò Remus, quasi implorante, che annuì bonariamente. 
«Forse non poteva assumere due cariche contemporaneamente» ipotizzò Peter, sorridente, battendo Remus sul tempo. «Dopotutto è già Caposcuola, no? Forse dargli anche il ruolo di Capitano era troppo».
James batté le mani e guardò Sirius, gongolante. 
«Visto?» chiese retoricamente.
Sirius sbuffò e roteò gli occhi, un accenno di sorriso sulle labbra: dopotutto, si stava divertendo anche lui. «Sei un pallone gonfiato, Prongs» rispose a tono, sogghignando poi all’espressione basita dell’amico.
«Non sono un pallone gonfiato!» ribatté James, convinto. «Perché dici così?».
«Non sono l’unico, amore» gli ricordò Sirius, con voce affettata, sbattendo ripetutamente le ciglia.
Le guance di James diventarono immediatamente rosse, un po’ per l’indignazione un po’ per la rabbia, e sibilò: «Non sei divertente».
Sirius gli si avvicinò e gli batté una mano sulla spalla. 
«E piantala! Stavo solo scherzando, razza di demente» esclamò, scoppiando poi a ridere, mentre Remus si appoggiava alla spalla di Peter per non farsi vedere.
James imprecò contro di loro, e Sirius disse ad alta voce: «Penso sia arrivato il momento di trovare una ragazza a Remus!».
Il ragazzo chiamato in causa scattò su e lo guardò con gli occhi sgranati, allontanandosi leggermente da Sirius e riprendendo a camminare borbottando cose come: «Ma tu sei tutto matto».


***


Settembre passò e i ricordi sbiadivano lentamente con lui, lasciando il posto ad ottobre e il suo manto fatto di pioggia, nuvoloni e libri scolastici sempre più pieni e corposi. 
Era già passato un mese e la maggior parte degli studenti ancora faticava a capacitarsene. Il tempo volava, sembrava che un giorno durasse solo poche ore, e, al contrario degli anni precedenti, molti studenti avrebbero preferito che non fosse così. Hogwarts era il posto sicuro, per tutti, nessuno avrebbe potuto scalfire le amicizie nate là dentro, se lì si continuava a stare; Hogwarts era un po’ una casa per tutti – per alcuni anche l’unica casa che avevano, a dire il vero. Erano specialmente questi ultimi a non voler vedere i giorni passare rapidi, come se qualcuno stesse premendo il pulsante per andare avanti di un videoregistratore; era snervante sapere che mancavano sempre meno giorni al fatidico diploma. Gli esami si facevano sempre più vicini, e alcuni degli studenti dell’ultimo anno avevano già iniziato i ripassi generali di ogni materia, in previsione dei M.A.G.O. 
Come ogni anno, poi, c’erano stati i soliti inconvenienti che caratterizzavano la scuola, mentre fuori le persone continuavano a sparire o morire, e ciò faceva capire che la guerra continuava. Più feroce e crudele che mai, strappava costantemente le persone alla terra per consegnarle alla Morte, che probabilmente era una dei pochi – o forse l’unica – ad essere felice di quella situazione. 
Il Mondo Magico era in crisi, ma questo veniva nascosto sotto misteri, dubbi e menzogne di ogni tipo. Nessuno voleva dare a vedere il proprio dolore, la propria paura, perciò cercavano di non pensarci, dicendo che era tutta una bugia, che non era vero niente. Ma poi la Morte prendeva a sé altre persone, e la guerra ricadeva su ognuno peggio di prima. Perché si sa, la ricaduta fa più male. I Mangiamorte erano ovunque ormai, ma come si potevano riconoscere senza coglierli sul fatto? Anche tra gli studenti sorgevano dubbi: ragazzi che erano stati amici per anni improvvisamente si dividevano, prendendo strade diverse e ignorandosi quando si incrociavano per i corridoi; altri avevano preso l’abitudine di muoversi sempre in gruppo e mai da soli, per paura di venire attaccati mentre ci si avviava verso la propria destinazione. La guerra, dopotutto, era anche questo. Era difficile fidarsi delle persone, anche quando la persona in questione è quella con cui hai passato l’infanzia e tutti i tuoi momenti felici. 
La maggior parte delle persone ormai viveva a giorno, con l’opprimente ed onnipresente paura di non vincere il buio della notte; ma la vita procedeva, e, tra lo studio e i soliti battibecchi, c’erano amicizie che nemmeno la guerra era riuscita a dividere.
«Moony, a quando la prossima luna piena?» chiese Sirius, sdraiato scompostamente a pancia in su sul suo letto, la testa che ciondolava dal bordo del materasso.
Remus riemerse dal suo tema di Trasfigurazione e sorrise laconicamente. «Il ventisei».
«Bene, abbiamo ventuno giorni per decidere che malattia contrarrai questa volta» disse James sbadigliando, mentre si alzava dal pavimento e si sedeva sul baule di Sirius.
«Che ne dite di intossicazione alimentare?» domandò Peter, alzando gli occhi dal libro di Difesa. «Nessuno sospetterebbe niente. Con tutto il cioccolato che mangia, si potrebbe anche pensare che non si fosse accorto che era andato a male…».
«Per me va bene» sorrise tranquillamente Remus, trattenendo una risata e alzando le spalle per tornare al suo tema.
«Perfetto!» esclamò Sirius, sorridendo apertamente. «Che intossicazione sia!».
«Sapete, ho sempre pensato che aveste qualche rotella fuori posto» iniziò Peter, con un sorriso che gli occupava mezza faccia. «Ora ne sono sicuro!».
Sirius si portò le mani al petto e disse, con voce volutamente più acuta e effeminata del normale: «Oh, Petey! Vieni, fatti abbracciare!». Si alzò rapidamente e scattò verso il letto di Peter, lanciandosi contro di lui e scaraventandolo a terra. 
Scoppiarono a ridere tutti e quattro e James si aggregò ai due amici, che avevano preso a rotolare sulla moquette. 
Remus sorrise pensando che la loro amicizia non sarebbe mai stata distrutta, da niente e da nessuno, prima di buttarsi nella mischia e lasciare il proprio tema da solo.
Perché ci sono cose più importanti dei compiti, come ad esempio l’amicizia.

James seguì Remus fuori dal dormitorio, mentre Sirius e Peter rimasero lì a cercare una valida scusa per le occhiaie che avrebbero avuto dopo la luna piena di quel mese. 
Sorrise vedendo Lily seduta sul divano con le amiche, conscio che avrebbero passato tutta la serata con lei, o almeno quasi tutta. Ciò lo elettrizzava e lo preoccupava al tempo stesso.
Remus si avvicinò, poiché se ci fosse andato l’amico probabilmente sarebbe scoppiata l’ennesima lite tra i due. James sembrava dello stesso avviso e rimase a debita distanza dalla ragazza, in piedi vicino al ritratto della Signora Grassa.
«Lily, abbiamo la ronda, sei pronta?» domandò gentilmente Moony, salutando le altre con un cenno del capo.
La rossa gli sorrise e si alzò. «Sì, ho le cose di sopra. Mi dai un minuto?».
Remus annuì e, mentre la ragazza saliva di corsa le scale, tornò dall’amico, che stava osservando alcuni fogli che aveva tra le mani.
«Non litigate» lo ammonì, con l’accenno di un sorriso sulle labbra sottili.
James roteò gli occhi e rispose: «Ma non ho fatto niente!».
Remus sogghignò e gli batté una mano sulla spalla quando la ragazza scese, portando con sé una borsa e il solito, penetrante profumo di shampoo alla mela, sulle labbra un sorriso gentile.
«Fatto!» disse, agitando la borsa con fare vittorioso.
Remus le sorrise nuovamente ed annuì, per poi spostarsi per farla uscire per prima dal buco del ritratto. James li seguì più o meno ad un passo di distanza; con lei forse era meglio non parlare, o come minimo aspettare che fosse Lily stessa ad aprire un discorso. Probabilmente, se lo avesse fatto lui, la sua incolumità avrebbe potuto rimetterci gravemente.
Lily e Remus iniziarono a chiacchierare del più e del meno, dalla scuola a quello che volevano fare dopo Hogwarts, mentre James gli camminava affianco, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Spesso alzava lo sguardo verso il soffitto, cercando con gli occhi un qualcosa per sfuggire alla riunione di quella sera, ma poi l’immagine di lei tornava nei suoi pensieri e James non poteva fare a meno di pensare che, dopotutto, non era così male: ci sarebbero state lei e la sua acidità, in fondo.
Quando sentì la ragazza dire chiaramente di voler fare la Pozionista, una volta finito l’ultimo anno ad Hogwarts, non poté fare a meno di immaginarsela un po’ più grande, seduta sulla cattedra dell’aula di Pozioni intenta a fare lezione a dei ragazzini di undici anni, i capelli rossi raccolti in una coda, l’abito impeccabile come al solito e quella dolce fossetta che si formava ogni volta che sorrideva. Sarebbe stata bellissima comunque, per lui, ma James per lei era solo uno dei tanti ragazzi della scuola, solo che più antipatico e spocchioso. E lui si limitava a guardarla mentre sorrideva alle amiche, quando a lui riservava sempre parole dure, perché dopotutto gli andava bene così, anche se avrebbe preferito mille e una volta poterla abbracciare e sentire il suo profumo di mela impregnare i propri vestiti per non abbandonarli prima di più giorni possibili.
«Potter, è qui la riunione» la voce della ragazza lo riscosse dai suoi pensieri e James si accorse di aver superato i due di una decina buona di passi, sotto il loro sguardo perplesso e stralunato.
«Oh» se ne uscì brillantemente lui, «Sì. Certo».
Ritornò sui suoi passi con calma quasi studiata, accennando poi alla porta con un movimento lieve del capo. Entrarono tutti e tre, e Remus si sedette accanto alla Prefetto del sesto anno di Corvonero, Dorcas Meadowes, e quello del settimo di Tassorosso, Edgar Bones. Lily tirò fuori dalla borsa i nuovi orari delle ronde e li distribuì ai presenti, chiedendo più volte se li avesse dati a tutti, mentre James osservava con attenzione i Serpeverde presenti. Piton aveva gli occhi incollati sulla Evans, pensò, non poco scocciato. Quella di Piton gli sembrava una morbosa ossessione per una ragazza che si meritava più del suo lungo naso, che si meritava anche più di James e il suo sorriso contagioso. Si ritrovò a pensare che, dopotutto, avevano parecchie cose in comune, ma Severus era riuscito ad avere Lily al suo fianco per cinque anni, quando lui non riusciva a starle accanto nemmeno per alcuni secondi, se non per litigare.
«Per ogni turno ci saranno due Prefetti o Caposcuola, il resto è scritto sul foglio» disse Lily, posando i fogli rimasti sul banco dietro di lei. «Ora dovremmo parlare di quello che succede ad Hogwarts, direi. Che sapete dirci?».
Un Tassorosso alzò la mano e Lily gli fece cenno di parlare.
«Ho parlato con il compagno di stanza dei ragazzini che sono stati attaccati» iniziò, mentre sulle facce della maggior parte dei presenti si faceva largo una maschera di puro orrore. «Lui era rimasto in Sala Comune per ripassare alcune cose quando gli altri sono stati attaccati. Sembrava davvero scosso. Per non parlare degli altri quattro… Quando io e Janet siamo andati a trovarli tremavano come foglie e sembravano sul punto di svenire».
La ragazza mora accanto a lui abbassò la testa e si passò una mano sugli occhi.
«Davvero?» domandò James, appoggiandosi al mobile su cui Lily aveva poggiato i fogli.
Il ragazzo annuì tristemente, passò un braccio intorno alle spalle della mora e quest’ultima si appoggiò al suo petto.
«Altro?» continuò, rivolgendosi agli altri Prefetti. «Avete sentito, o visto, qualcosa?».
Non una parola uscì dalle labbra dei ragazzi, che si limitarono a scuotere appena la testa. 
«Bene» mormorò Lily, prima di correggersi automaticamente: «Cioè, male. Il lavoro di noi Prefetti è cercare di mantenere l’ordine, no? Cercate di scoprire qualcosa: è meglio sapere con chi si ha a che fare, piuttosto che giocare con il buio».
James annuì impercettibilmente e disse: «Potete andare».
La sala si svuotò un po’ alla volta, e una volta usciti Lily chiuse lentamente la porta dietro di sé, l’espressione attonita.
«Fantastico, eh? Siamo a scuola da quanto?, poco più di un mese? Ed ecco che cominciano… È una cosa orribile» disse la ragazza, schifata.
Remus le posò una mano sulla spalla, mentre James guardava le ultime ombre dei Prefetti che sparivano nell’oscurità del corridoio, parzialmente illuminato dalle lanterne alle pareti.
«Non dovresti più girare spesso da sola, Evans» suggerì James, preoccupato e calmo al tempo stesso. Fuori, infatti, continuava a mantenere un modo di fare pacato, tranquillo, ma dentro di lui l’agitazione era alle stelle, come Remus aveva ben capito. Ormai conosceva James da sette anni, erano amici: si capivano in fretta.
«Cosa?».
«Hai capito: non dovresti girare spesso da sola di questi tempi» ripeté James, senza guardarla. «Hai sentito cos’è successo a quei Tassorosso, no? Vuoi finire come loro? Lo dico per te».
«Oh» mormorò appena Lily, accennando un sorriso. «Be’, è un pensiero molto gentile».
James si strinse nelle spalle e camminarono in silenzio per un po’: Lily troppo imbarazzata per aprir bocca, James convinto che se solo ci avesse provato non sarebbe arrivato vivo all’indomani. Solo Remus aveva un sorriso sul volto, ancora leggermente oscurato dalla notizia di poco prima.
Quando arrivarono in Sala Comune, Lily si defilò rapidamente, correndo nel dormitorio dopo aver visto che le amiche non erano dove le aveva lasciate. Remus e James si scambiarono uno sguardo e quest’ultimo aprì la porta del loro dormitorio con un sospiro, salendo le scale a chiocciola ed entrando poi in stanza. 
Sirius era ancora sul suo letto, ma stava parlando animatamente con Frank di qualcosa chiamato “manubrio”. Il primo sembrava estasiato dai dettagliati racconti di Frank; da quel che diceva, infatti, il marito della cugina di sua madre era un Nato Babbano che gli aveva parlato molto di moto. Frank, d’altro canto, era rimasto sorpreso dalla curiosità verso le motociclette da parte del suo compagno di stanza.
Peter stava finendo il suo compito per Cura delle Creature Magiche e sembrava completamente assorto nella stesura di esso; una ruga di concentrazione faceva bella mostra di sé sulla sua fronte.
«Jack?» chiese Remus, non vedendo il compagno da nessuna parte.
«Con Ally, di Corvonero» rispose Peter senza staccare gli occhi dalla pergamena: sembrava veramente intenzionato a prendere un bel voto. Quell’anno Peter si stava dando davvero da fare per passare i M.A.G.O. che gli aspettavano di lì ad alcuni mesi.
«Peter, vuoi una mano?» domandò gentilmente Remus, guardando il lavoro da oltre le spalle dell’amico.
«No, grazie, voglio riuscirci da solo» sorrise Wormtail, mordicchiando la fine della penna e sfogliando il libro della materia che stava studiando.
«D’accordo».
Remus osservò l’amico, orgoglioso; era bello vedere i propri amici crescere e maturare, e non fisicamente parlando: negli ultimi tempi Peter si era svegliato, aveva iniziato a mettersi a lavorare sodo, intenzionato ad andare avanti e a realizzare i propri sogni. Remus non poteva che invidiarlo per quel che faceva e che poteva fare: Peter non era come lui, Peter avrebbe potuto avere una vita normale e senza complicazioni, una volta finita la guerra. Lui no.
Scacciò quei pensieri e gli sorrise calorosamente mentre si avvicinava al comodino e tirava fuori dal cassetto una tavoletta di cioccolato. 
James si sdraiò sul suo letto, osservando con attenzione i ghirigori che ornavano il soffitto vermiglio. Sentiva le chiacchiere di Sirius e Frank nelle orecchie, lo sfogliare delle pagine di Peter, Remus che apriva la Mappa e mangiava cioccolato; ma tutto ciò non lo sentiva veramente. La sua mente vagava da tutt’altre parti, in luoghi reconditi, vietati a tutti meno che a lui.
«E quindi, senza il manubrio, la moto andrebbe allo sbaraglio più totale» stava dicendo Frank, indicando a Sirius qualcosa su una rivista Babbana. «Come puoi capire, quindi, è una parte molto importante, ma penso che tu lo sappia già».
«Sì, sì, va’ avanti!» lo incitò Sirius, osservando la rivista con crescente entusiasmo. Sembrava un bambino a cui hanno appena regalato un lecca-lecca di quelli grandi, enormi e colorati.
«Scusa se te lo chiedo, ma da quando hai questa passione per le motociclette?» domandò Frank, colpito e curioso. 
«Mah, da un po’. Non da tantissimo, ma nemmeno da poco. Ne avevo vista una davanti a casa dei miei una volta, e mi sono informato. Le ho trovate interessanti e lo penso tutt’ora».
«Wow, non ti facevo così ‘studioso’».
«Perché, lo sono?» chiese retoricamente Sirius, mentre la sua risata così simile ad un latrato prendeva a risuonare tra le quattro pareti della stanza. «Forse solo con le cose che mi interessano».
«Okay. Cos’altro vorresti sapere?».
«Boh, non so. Tu che ne pensi della Harley Davidson? Io sinceramente la adoro: la trovo una moto splendida! Con quel sellino nero e la montatura in metallo lucente… Sono fantastiche».
«Ah, quella moto è uno spettacolo! Credo sia una delle moto più belle che ci siano» concordò Frank con una risatina.
«E poi ha un bel nome» constatò nuovamente Sirius, incrociando le lunghe gambe sulla coperta vermiglia.
«Non ti piacerebbe avere una moto?».
«Sì, un giorno magari. Sarebbe bello, molto. Be’, speriamo!» sorrise, ricominciando con le domande a cui non aveva ancora ricevuto risposta.
James inconsciamente si ritrovò a pensare a quanto i capelli di lei somigliassero al soffitto che aveva di fronte: erano tutti e due di un rosso meraviglioso.














Sì, so che avevo detto il 4 febbraio, ma ho avuto una (fantastica) febbre che mi ha resa iper-produttiva, e quindi... Comunque, andiamo avanti, mmh? 
La canzone iniziale è, come ho già detto, Wild World, e potete trovarla qui. La traduzione sarebbe: Oh, tesoro, è un mondo selvaggio | è difficile farcela solamente con un sorriso | ma ricorda solo che ci sono molti cattivi, sta' in guardia.
Il titolo del capitolo, First Step, è una sorta di collegamento al primo giorno di scuola e, al tempo stesso, ad uno dei tanti attacchi che accompagneranno Malandrini&Co. fino alla fine ^^.

Ora, però, vorrei davvero ringraziarvi. Non mi immaginavo già tali risultati: 6 preferiti, 16 seguiti e 2 ricordate. Se sto sognando, abbassate quelle mani e non provate a darmi dei pizzichi XD. Seriamente, vi ringrazio davvero moltissimo, è bello vedere così tante persone che seguono Reaching.
Infine, avverto che il prossimo capitolo arriverà tra due settimane, perché il 5 febbraio parto con la scuola e torno l'11. Se riesco, posto l'11, oppure il 12. 
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo e dei personaggi, se non vi convince qualcosa chiedete pure. Ovviamente ogni parere è il benvenuto e sono pronta a ricambiare ogni recensione ricevuta.
Mmmh. Vi adoro,
Er.



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