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Autore: elyl    30/01/2012    11 recensioni
"Tu mi chiedi perché dovresti essere diversa, perché non sei una < schifosa Mezzosangue >.” Deglutì, alla ricerca delle giuste parole. “Tu sei diversa da qualsiasi maga abbia mai conosciuto, Mezzosangue o Puro Sangue. Non mi importano le tue origini, mi importi tu.” Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo per quanto aveva appena detto.“Sei diversa da tutte perché io ti amo.” "
Lily Evans e Severus Piton stanno finalmente insieme e subito dopo la fine del loro settimo anno vanno a vivere insieme. Dopo 9 mesi nasce loro figlio, Alistair. Sono felici, ma la loro felicità non è destinata a durare. Infatti Severus decide di unirsi ai Mangiamorte e Lily si sente costretta a lasciarlo. Così Severus si ritrova solo con suo figlio e a lavorare per il Signore Oscuro, Lord Voldemort. Una sera è al Testa di Porco e assiste all'enunciazione della Profezia di Sibilla Cooman. Subito riferisce a Lord Voldemort ciò che ha sentito e questi crede che il bambino sia Harry Potter ed è deciso ad uccidere chiunque si metta contro di lui. Severus allora si rivolge ad Albus Silente e lo prega di salvare la madre di suo figlio, l'unica donna che ama, l'unica donna che abbia mai amato. Silente accetta, ma i suoi sforzi non valgono a nulla, poichè quando Harry ha solo un anno Lord Voldemort ucciderà i suoi genitori. Questa è la storia di Harry Potter e il suo fratellastro, Alistair Piton.
Quinto anno per Harry, Hermione e Ron, settimo per Alistair Piton. Il Signore Oscuro è tornato, ma nessuno crede a Harry. Severus è alle prese con il suo doppiogioco e deve proteggere il proprio figlio e quello di Lily Evans e James Potter. Cosa farà quando il Signore Oscuro gli chiederà di Alistair? Come reagirà Alistair quando scoprirà la verità?
Ormai il destino del giovane Piton è segnato. Cosa succederà?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Ebbene si: Father Be With Me Tonight, nuovo capitolo. No, non ho abbandonato questa long fiction, non potrei MAI farlo. Ci tengo davvero molto e voglio portarla a termine, anche se dovessi impiegarci altri tre anni.
L’ultimo aggiornamento risale al 24 ottobre 2011. Speravo di pubblicare dopo due settimane, ma sapete come si dice? Il destino è infame. Novembre è stato un pessimo, pessimo, pessimo mese. Ne sono successe una dietro l’altra (e chi mi ha tra gli amici su facebook lo sa bene). Dicembre è stato uguale, più o meno, anche se un pelo migliore. E gennaio? Beh, vi dico solo che mamma è stata operata e io ho dovuto fare da badanteinfermieraautistatuttofare a lei (e questo s’è aggiunto al mio dover fare da badante anche a nonna).
Detto questo, piccolo riassunto delle puntate precedenti:
Alistair è stato al cospetto di Voldemort, ha scoperto tutta la verità ed ora deve diventare Mangiamorte. Ma come dirlo a Hermione? Come affrontare tutto questo?
Ecco, questo era un breve riassunto.
Capitolo difficile da scrivere essendo un capitolo di passaggio, ma alcune battute devo dire che mi piacciono davvero.
Il prossimo capitolo arriverà sempre di lunedì, tra tre settimane o un mese (esami all’università permettendo).
Beh, buona lettura.

 

Questo capitolo va a te, Ale, a te che te ne sei andato troppo presto.
A te che hai avuto il mio cuore per tanto tempo.
A te che ci hai lasciati a soli 21 anni.

Questo capitolo va a te, Lisca, mia palla di pelo.
Anche tu sei stato portato via troppo presto.

Questo capitolo va a te, Clara.
A te che mi hai vista nascere e m’hai fatto da seconda nonna.

Mancate tutti.

 

Chapter XXXV:

I Really Need A Friend, Now


Gli amici sono coloro coi quali parli schietto e osceno,
ti vesti come tutti i giorni,
e che non ti impongono dei seccatori supplementari

-Arrigo Cajumi

 

La stanza era immersa nel più totale silenzio. Alistair Piton era seduto sul suo letto, il capo tra le mani, gli occhi chiusi, perso nel ricordo di quella notte appena trascorsa. Ancora non riusciva a credere a ciò che era successo. Aveva appena firmato la sua condanna, aveva accettato di diventare un Mangiamorte e mettersi al servizio del Signore Oscuro, l’uomo che più odiava. Era destinato ad avere quel maledetto marchio impresso nella pelle, avrebbe frequentato Bellatrix Lestrange e maghi oscuri. No, questo non era il futuro che desiderava per se stesso. Scosse il capo e si passò la mano tra i capelli, frustrato: non poteva fare niente.
In quel momento la porta si aprì ed Eric fece il suo ingresso. Si fermò in mezzo alla stanza e guardò l’amico, stupito.
Ma dove diavolo sei stato?” Domandò. “No, guarda, non dirmelo nemmeno.” Proseguì prima che potesse dire qualcosa. “Non voglio sapere che hai fatto con la Sangue Sporco.”
“Ero con mio padre.” Rispose il moro con voce piatta.
Il biondo sbatté le palpebre incredulo.
“Stai bene? Non mi hai detto di non chiamarla Sangue Sporco. Inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto.
Si.” Sussurrò chiudendo gli occhi. Fece un respiro profondo, poi li riaprì e lo guardò. “Sono stato dal Signore Oscuro.”
Eric lo osservò qualche istante, poi scoppiò a ridere.
“Bella battuta, amico!” Esclamò scuotendo il capo. “Pensi davvero che ti creda?” Fece una smorfia. “Non scherzare, dai.”
“Non sto scherzando.”
Si guardarono negli occhi e capì che ciò che Alistair aveva detto era la verità. Deglutì e si avvicinò a lui, andando a sedersi al suo fianco.
“Com’è lui?” Sussurrò con fare adorante, rispettoso, quasi come se parlasse di una divinità. “Cos’hai provato nel vederlo?”
Alistair fece per dire qualcosa, ma subito si bloccò. Doveva fingere d’essere stato onorato, d’essere felice di quell’incontro, ma quanto era difficile mentire.
“E’…è stato fantastico.” Iniziò a bassa voce, senza guardare l’amico. “Lui…è…è…fa venire i brividi. Senti tutto il suo potere, la sua forza. E…vuole che sia un Mangiamorte.”
“Tu?!” Spalancò gli occhi, incredulo.
Si, esatto. Proprio io.” Accennò un sorriso. “E…beh, a Pasqua lo divento.”
“Così presto?”
Alistair annuì.
Si. Così presto.” Si morse il labbro. “Non appena finisce la scuola parto per la Francia. Il Signore Oscuro vuole che studi medimagia con un medimago francese a lui fedele. Non ci sarà tempo per la cerimonia.”
“Per Salazar…” Sussurrò invidioso. “Dici che posso unirmi anch’io?”
Il ragazzo scosse il capo.
“No, non penso.”
“Ma non è giusto! Perché tu si e io no?” Esclamò come un bimbo piccolo a cui viene impedito di stare alzato fino a tardi. “Tu non hai mai dimostrato interesse per diventare Mangiamorte. E stai anche con la Sangue Sporco.” Aggiunse indignato.
“Le cose sono cambiate.” Borbottò abbassando lo sguardo.
“Che vuoi dire?” Domandò Eric corrugando la fronte.
“Mia…mia madre non è morta per una malattia. E’ stata uccisa da degli schifosi babbani. Mentì continuando a torturarsi il labbro inferiore. Doveva mentire, doveva farlo. < Perdonami, mamma. Sono fiero delle mie origini ma devo mentire. > si ritrovò a pensare. “Io…li odio.” Concluse con gli occhi lucidi.
Il biondo accennò un triste sorriso e gli mise una mano sulla spalla.
“Mi dispiace, fratello.”
Alistair accennò un sorriso e nella stanza tornò a regnar sovrano il silenzio. I due ragazzi erano immersi nei propri pensieri: uno era invidioso, desiderava diventare Mangiamorte con tutto se stesso, voleva uccidere, farla pagare a quegli schifosi; l’altro, invece, piangeva silenziosamente il suo destino, il suo dover rinunciare a tutto per qualcosa di molto più grande di lui.
“Che cosa farai?” Chiese Eric. “Con la Sangue Sporco, dico.” Precisò.
“Io…la devo lasciare.” Rispose dopo qualche istante.
“E’ la cosa migliore che tu possa fare.” Concordò. “Te la sei scopata?”
“No.” Subito s’irrigidì e d’istinto chiuse la mano a pugno. Come osava parlare così? Non se la sarebbe mai < scopata >: con lei avrebbe fatto l’amore.
“Per Salazar, Al!” Lo guardò scandalizzato. “Ti sei per caso rammollito? Fino a pochi mesi fa avresti subito infilato l’uccello. Scosse il capo. “Dove andremo a finire?” Sospirò.
Il Caposcuola chiuse gli occhi e fece ricorso a tutto il suo autocontrollo per non prendere a pugni il suo migliore amico, impresa molto più difficile che mentire al Signore Oscuro. Non sopportava che si parlasse così della sua Hermione. Sua? Si, lei era sua e sempre lo sarebbe stata, anche se entro pochi giorno la loro storia sarebbe finita. Non sapeva cosa gli sarebbe successo, magari sarebbe morto eseguendo gli ordini del Signore Oscuro, ma di una cosa era certo: il suo cuore apparteneva a lei e sempre le sarebbe appartenuto. Non aveva intenzione di amare nessun’altra, perché nessuna era lei.
“Te la devi scopare.” Disse Eric.
“Che cosa? Spero tu stia scherzando.” Scosse il capo: non l’avrebbe ferita.
“Alistair, tu devi scopartela.” Lo guardò. “Diremo che abbiamo fatto una scommessa, così non ci perderai la faccia. E potrai dire a tutti i tuoi futuri compagni Mangiamorte che hai rivoltato come un calzino la migliore amica di Mister-ho-la-cicatrice-più-importante-d’Inghilterra.”
Sta’ zitto.” Sussurrò prendendosi il viso tra le mani.
“Devi farlo.” Ribadì. “E avrai il rispetto di tutti.”
“Io la amo. Non posso farlo. Non posso trattarla come…come se fosse una qualsiasi. Chiuse gli occhi. “Io la amo.”
“Al…” Sospirò il biondo posando una mano sulla sua spalla. “So benissimo quel che provi. Ma devi farlo, fratello. Quella è solo una maledetta Sangue Sporco, migliore amica di Potter. Pronunciò con tutto il disgusto possibile quel cognome. “Passerà. E’ una cosa che dicono tutti, ma quel male che provi svanirà e tu nemmeno ti ricorderai di lei. E’ così che deve andare. E se non ti bastano queste due motivazioni, ricorda cos’hanno fatto quegli schifosi bastardi a tua madre. Strinse appena la presa sulla spalla. “E’ così che deve andare.”
Il cuore di Alistair, parola dopo parola, diventava sempre più pesante e quasi sembrava che stesse rallentando, come se volesse smettere completamente di battere. Non poteva ribattere, non poteva picchiare il suo migliore amico. Doveva stare zitto e fingere d’essere d’accordo. Il dolore, gli insulti, le parole: tutto questo non era che l’inizio della sua nuova vita.
Lentamente Alistair annuì, per poi guardarlo disperato con gli occhi lucidi.
“Avrò bisogno di te. Avrò bisogno del mio migliore amico.” Singhiozzò.
Il biondo accennò un sorriso e gli mise la mano dietro la nuca, posando poi la fronte alla sua.
“Io ci sarò sempre per mio fratello. Non ti lascio.”
Tirò su col naso, poi lentamente annuì e accennò un sorriso.
“Grazie.” Sussurrò appena.
“Di niente.” Sorrise, poi gli scompigliò i capelli e s’allontanò da lui. “M’allontano prima che entri qualcuno e ci scambi per due froci.” Concluse ridendo.
“Idiota.” Scosse appena il capo, poi lanciò un’occhiata all’orologio. “E’ meglio se andiamo a lezione.”
Eric guardò l’ora e sbuffò.
“Che palle. Dobbiamo proprio?” Domandò annoiato.
Si, direi.” Rispose Alistair alzandosi.
In quel momento il più giovane di casa Heartmann iniziò a emettere borbottii che persino una pentola di fagioli avrebbe invidiato, riuscendo così a strappare un sorriso all’amico Caposcuola. Insieme, i due, si avviarono fuori dal dormitorio, per poi giungere in Sala Comune e abbandonarla, diretti verso la prima lezione del giorno.
Fortunatamente, la mattina passò in fretta: ogni professore domandò ad Alistair il motivo della sua assenza e, come se niente fosse, mentì dicendo che s’era preso un brutto virus, il quale l’aveva costretto a letto. Ognuno di loro l’aveva ripreso bonariamente, sicuri che si sarebbe rimesso presto in pari.
Finite le lezioni mattutine, i due amici si diressero a pranzo. Per tutta la durata, Alistair cercò con lo sguardo Hermione, trovandola immediatamente. Si sorrisero, per poi salutarsi rapidamente al suono della campana, ognuno diretto alle lezioni pomeridiane con la speranza che passassero rapidamente per poter finalmente stare insieme.
Il moro lanciò una rapida occhiata all’orologio e sorrise quando, pochi attimi dopo, la campana suonò. Salutò Eric, poi si diresse velocemente in biblioteca, dove trovò Hermione ad aspettarlo.
“Ciao.” Sussurrò dandole un rapido bacio e abbracciandola subito.
La ragazza sbatté le palpebre incredula, poi lo strinse forte chiudendo gli occhi, inspirando il suo profumo che ogni volta le dava alla testa.
“Ciao.” Lo salutò a sua volta.
Le diede un altro bacio a occhi chiusi, soffermandosi più a lungo sulle sue labbra. Quanti baci ancora si sarebbero dati? Pasqua era così vicina…
Strizzò gli occhi e scacciò quei maledetti pensieri. Non doveva arrovellarsi più di troppo, doveva godere del tempo che ancora avevano a disposizione. Al futuro ci avrebbe pensato nel momento in cui fosse diventato presente.
Si allontanò bruscamente da lei e le diede le spalle chiudendo subito le mani a pugno, sentendo la rabbia impossessarsi di lui. Non era giusto, non era assolutamente giusto. Tutta la situazione lo faceva sentire così impotente, come se fosse semplicemente un maledetto burattino e il destino, Silente o chi per esso fosse il burattinaio che si divertiva a complicar la storia per renderla più affascinante, intrigante e appassionante.
“Ali?” Lo chiamò Hermione posando la mano sulla sua spalla. “Che succede?”
“Niente.” Ringhiò quasi. “Sto benissimo.”
Sbatté le palpebre stupita per quel comportamento. Inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia sotto al seno.
“Se tu stai bene, io sono Purosangue.” Commentò sarcastica.
Si morse il labbro e scosse il capo passandosi poi la mano tra i capelli e voltandosi verso di lei, sorridendo colpevole.
“Scusami.”
“Che succede?” Chiese facendo un passo verso di lui.
“Niente, davvero.” Rispose avvicinandosi, attirandola a sé e posando subito le labbra sulla sua fronte, gli occhi chiusi.
“Se non fosse niente non ti comporteresti così.” Sussurrò prendendo tra le dita il maglioncino del ragazzo.
“Sono…sono solo nervoso per gli esami che s’avvicinano.” Mentì. Odiava farlo, ma doveva.
“Sicuro che sia solo per quello?” Borbottò.
“Sicurissimo.” Le prese il volto tra le mani e la guardò negli occhi. “Non ti mentirei mai, amore.” Disse sorridendo. E fu così che, celato da un sorriso, il suo cuore s’infranse definitivamente.
Accennò un sorriso e fissò lo sguardo nel suo.
“Ho ricevuto la risposta di mamma e papà.”
“E che dicono?” Piegò il capo di lato non sapendo se sperare che i signori Granger avessero accettato o no la proposta della figlia.
“Dicono che puoi stare quanto vuoi.” Disse seria. “E che sono impazienti di conoscerti.”
“Ah.” Deglutì e allentò il nodo della cravatta. “Ecco…io…si cioè…Devo vedere bene.” Accennò un sorriso imbarazzato ridacchiando nervosamente.
“Ali…” Iniziò lei sospirando. “Se hai cambiato idea…”
“No!” La interruppe subito. “E’ che devo fare delle cose con…mio padre.” Concluse sussurrando abbassando lo sguardo. Non poteva certo dirle che sarebbe diventato Mangiamorte: < Sai amore, non posso conoscere i tuoi, divento un Mangiamorte! Sorpresa! >
“Capisco.” Annuì attorcigliando una ciocca di capelli attorno all’indice della mano destra, mordicchiandosi nervosamente il labbro.
Alistair sollevò lo sguardo e chiuse gli occhi, per poi spalancarli.
“Ho un’idea!” Esclamò sorridendo a trentadue denti. “Vieni!”
“Ali, ma che diavolo…?”
Non fece in tempo a ribattere che il giovane l’afferrò per mano e la trascinò per tutti i corridoi di Hogwarts fino all’ufficio del padre. Senza nemmeno bussare entrò nell’ufficio.
Il pozionista era intento a correggere i compiti degli studenti del quinto anno e sul suo viso era presente una sorta di ghigno perverso: dare una T a Potter era sempre un’enorme soddisfazione. Dopo aver dato l’ennesima insufficienza, sollevò il viso e puntò lo sguardo dapprima sul figlio, spostandolo poi sulla Grifondoro, tornando infine su Alistair.
“Spiegati.” Disse senza lasciar trasparire alcuna emozione.
Il ragazzo fece un profondo respiro e strinse la mano della riccia il cui unico desiderio era sprofondare e sparire.
“I genitori di Hermione desiderano incontrarmi e conoscermi durante queste vacanze di Pasqua.” Spiegò fissando gli occhi smeraldo in quelli onice del padre.
“Non puoi.” Disse soltanto due parole ponendo immediatamente il veto, contraendo appena la mascella senza mostrare alcuna emozione.
“Oh no, papà.” Le sue labbra s’incurvarono in un ghigno amaro. “Me lo devi. Questo tu me lo devi.”
Si guardarono negli occhi a lungo senza proferir parola.
“Solo qualche ora.” Ringhiò l’uomo mentre una vena sul suo collo iniziava a gonfiarsi pericolosamente, segno che era furioso.
“Di questo non ti devi preoccupare.” Ghignò, poi fece un cenno col capo alla propria ragazza che prese per mano e abbandonò la stanza senza nemmeno salutare l’uomo.
“Alistair... che diavolo… hai… fatto?” Chiese sconvolta Hermione una volta che furono lontani dall’ufficio dell’uomo.
Il giovane si voltò verso di lei e le sorrise dolcemente.
“Ho ottenuto il permesso per venire da te.” Rispose come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
“Ma, Ali, se devi fare delle cose con tuo padre non importa. Sarà per quest’estate.” Borbottò.
“No!” Si fermò e le prese il volto tra le mani posando poi la fronte alla sua, sfiorando appena le sue labbra con le proprie. “No. Voglio conoscerli ora. Voglio vedere il tuo mondo. Abbiamo un’unica vita ed io voglio approfittare di ogni attimo. Voglio rubare attimi alla vita.”
Hermione sbatté le palpebre un paio di volte, poi posò le mani sui suoi polsi e iniziò a disegnare piccoli cerchi sulla sua pelle.
“Ok.” Accettò semplicemente.
Alistair annuì, poi la baciò con tenerezza e le mise un braccio attorno alle spalle. Camminarono lentamente per tutto il castello chiacchierando, scambiandosi ogni tanto qualche bacio, ridendo e scherzando come due normali adolescenti, cosa che in fondo erano. Ma era davvero così? No, Alistair lo sapeva bene: non era un normale adolescente libero di far quel che voleva. Ben presto sarebbe diventato un Mangiamorte al servizio di Lord Voldemort. Avrebbe perso ogni cosa, ogni opportunità. Alla fine, di lui, cosa restava? Niente. I suoi desideri, i suoi sogni, le sue speranze e aspettative erano state cancellate nel giro di pochi giorni. Di lui non restavano che le paure e un cuore che s’avviava a una lenta e dolorosa distruzione. In quel momento, Alistair Piton, si sentiva nient’altro che una vittima sacrificale.
“Siamo arrivati.” Sospirò la riccia accennando poi un sorriso e andando a circondare il suo collo con le proprie braccia. “Che cos’hai in mente, Alistair Piton?” Sussurrò fissando le sue labbra stringendosi a lui.
“Tu non ti devi preoccupare, Hermione.” Rispose con un sorriso, una mano che andò ad accarezzarle i capelli godendo di ogni singolo istante.
“Non vuoi proprio dirmi niente?”
“No.” Disse scuotendo il capo. “Rimarrai all’oscuro di tutto.” Ridacchiò divertito, baciandole poi la guancia.
“Io?” Inarcò un sopracciglio. “Hermione Jean Granger che resta all’oscuro di qualcosa?” Scosse il capo. “No, amore, non s’è mai visto sulla faccia della terra.”
“Jean?” La interruppe cercando di cambiare discorso.
Si.” Borbottò. “E’ il mio secondo nome.”
“Jean, Jean, Jean, Jean, Jean!” Iniziò a ripetere scoppiando a ridere nel notare lo sguardo esterrefatto della ragazza.
“Maschi.” Esclamò lei roteando gli occhi al cielo.
Cosa devo dirti, mi diverto con poco.” Ghignò, per poi premere subito le labbra sulle sue senza aspettare nemmeno un istante, impedendole così di replicare.
La Prefetto sospirò e subito chiuse gli occhi portando le mani ai di lui capelli intrecciandoli attorno alle proprie dita, sollevandosi sulle punte per poter approfondire il suo bacio.
Alistair le mordicchiò appena il labbro, per poi andare a cercare la sua lingua e intrecciarla immediatamente alla sua spingendola contro la parete, premendo il corpo contro il suo, movendo istintivamente il bacino. Ok, era diventato un gentiluomo, ma rimaneva pur sempre un diciassettenne con certi istinti! E in quel momento il suo corpo stava reagendo proprio come doveva.
Hermione gemette e si spinse contro di lui, la mano destra che lenta scivolò e dai suoi capelli si spostò, giungendo fino al suo petto, il palmo posato sul suo cuore che sentiva battere rapido. Giocò con la sua lingua rincorrendola nella sua bocca, cercandola, sospirando piena di piacere e desiderio. Mai l’aveva desiderato tanto. Se solo avesse potuto, se non si fosse vergognata, l’avrebbe portato nella Stanza delle Necessità e non si sarebbe certo trattenuta. Ma in fondo, com’era possibile trattenersi con lui? Ancora si chiedeva come avesse fatto a resistergli tanto tempo. Forse non era pronta, non era sicura. Non ne aveva idea, ma ora… si, ora era davvero pronta per lui.
“Hermione…” Sussurrò sulle sue labbra con voce roca riportandola bruscamente alla realtà.
“S…” Si schiarì la voce e socchiuse appena gli occhi fissandoli sul volto di lui. “S-si?”
“Devo andare.” Sbuffò, posando la fronte alla sua.
“Devi…andare.” Ripeté lei chiudendo gli occhi. Sospirò, poi annuì. < Hermione Granger, ammettilo: lo stai odiando. > disse tra sé e sé, conscia di non essere mai arrivata a quei livelli di desiderio.
Si. Devo.” Accennò un sorriso e le carezzò la guancia staccandosi contro voglia da lei, portando una mano a tirare appena il cavallo dei jeans diventati improvvisamente così stretti e fastidiosi.
“Devi.” Chiuse gli occhi e si lisciò la gonnellina della divisa, per poi riaprirli e sorridere nel notare i gesti del ragazzo. Scosse appena il capo e lo abbracciò piena d’amore e di dolcezza. “Ti amo, Ali.” Disse semplicemente.
Il suo cuore parve esplodere in quell’istante. Com’era possibile che quelle semplici tre paroline potessero farlo star così bene. Con esse ogni problema spariva, svaniva, riusciva a scordare ogni cosa, ogni paura. Persino il futuro sembrava più roseo una volta udite quelle parole.
La strinse forte a , bene attento a non farle sentire il rigonfiamento nei pantaloni, e le baciò dolcemente il collo.
Anche io, Jean.” Sussurrò ridacchiando.
Scosse appena il capo divertita.
“Per quanto andrai avanti, adesso?”
“All’infinito.” Ammise liberandola, per poi baciarla dolcemente. “Ci vediamo domani, amore.”
La Grifondoro annuì, gli diede un rapido baciò e pronunciò la parola d’ordine. Subito la Signora Grassa si spostò e lei sparì all’interno della Sala Comune.
Alistair rimase inebetito qualche istante, poi scosse il capo e abbassò lo sguardo sui propri pantaloni.
“Ehy tu, amico. Vedi d’abbassarti: non posso andare da Silente con te che sei sull’attenti. Disse tra sé e sé.
Sbuffò passandosi la mano tra i capelli, poi s’incamminò. Percorse rapido i corridoi di Hogwarts e finalmente giunse all’ufficio del Preside. Fece un respiro profondo, pronunciò la parola d’ordine e, non appena apparvero i gradini mobili, mise piede sul primo sparendo in pochi attimi, ritrovandosi fuori dall’ufficio dell’anziano. Lo avrebbe accolto? Si sarebbe arrabbiato per quell’improvvisata? Oh Salazar, che gl’importava? Cos’avrebbe dovuto dire lui per tutte le sorprese che gli avevano riservato?
In un impeto di rabbia bussò alla porta, con forza. Chiuse gli occhi, per poi riaprirli quando sentì la voce pacata al di là del legno dire < Avanti! >.
Abbassò la maniglia e fece il suo ingresso nello studio ovale fissando subito gli occhi smeraldo in quelli azzurri che lo scrutavano attentamente, sul viso dell’anziano un sorriso tra il soddisfatto e il dispiaciuto.
“Alistair.” Con l’indice si sistemò gli occhiali sul naso.
“Signor Preside.” Disse freddamente fermandosi davanti a lui, le mani dietro la schiena, le dita intrecciate, quasi come se fosse sull’attenti.
“Siediti pure, giovanotto.”
“No.” Si oppose il giovane Piton. “Non ci metterò tanto.”
Calò il silenzio nell’ufficio, persino la fenice appollaiata sul suo trespolo sembrava in trepida attesa.
“Di cosa volevi parlarmi, Alistair?” Domandò dopo qualche istante.
“Andrò subito al punto, Preside.” Si passò la lingua sulle labbra, inumidendole appena. “Sono stato invitato a casa della mia ragazza per Pasqua, ma come lei…” Sottolineò l’ultima parola. “…ben sa in quel periodo io diverrò Mangiamorte.” Fece una breve pausa cercando di mantenere un tono di voce pacato, tranquillo e distaccato, sperando di non far trasparire la sua rabbia. “Conseguentemente, vorrei ottenere un permesso speciale per lasciare Hogwarts al termine delle lezioni prima delle vacanze.” Concluse.
Silente lo guardò attentamente accennando un sorriso triste: quel ragazzo era la perfetta copia di Severus, ma gli occhi erano quelli della madre. Alistair era l’unione di Lily e Severus, nato da un amore che, a distanza di anni, ancora non s’era estinto e mai l’avrebbe fatto. Semplicemente, in lui, albergavano i pregi di entrambi.
“Mi odi, Alistair?” Domandò all’improvviso.
Si, signore.” Rispose senza esitazioni il giovane. “Non aveva alcun diritto di costringere mio padre a mentirmi. Non spettava a lei decidere. La verità non può essere negata a nessuno. A causa sua, per diciassette anni della mia vita, ho creduto d’essere qualcuno che in realtà non ero. Il mio passato, le mie origini: ogni cosa è stata messa in discussione. Scosse appena il capo e serrò la mascella. “Quindi si, signore, io la odio.”
L’anziano annuì lentamente: come dargli torto? In fondo anche lui da giovane s’era ritrovato intrappolato in una vita che non aveva mai desiderato, primogenito che doveva prendersi cura della propria madre e dei fratelli minori, ogni prospettiva per il futuro svanita nel giro di poche ore.
“Avrete il permesso. Subito dopo le lezioni verrete qua, nel mio ufficio. Contatterò personalmente i signori Granger e comunicherò loro che arriverete nel loro salotto per le sei di sera grazie a una Passaporta.” Concesse l’uomo intrecciando le dita delle mani.
“Grazie, signor Preside.” Disse il giovane. “La lascio ai suoi doveri.”
“Figurati, Alistair. A presto.” L’anziano sorrise e osservò il ragazzo uscire dall’ufficio tornando poi a occuparsi dei fogli che stava leggendo prima della sua irruzione.
Alistair sorrise trionfante e corse per i corridoi fregandosene per una volta delle regole, giungendo in pochi minuti nella propria stanza nei sotterranei. Subito afferrò una pergamena e vergò poche parole: < Amore, venerdì andiamo nell’ufficio di Silente, ci prepara una Passaporta e andiamo direttamente a casa tua. Pensa a tutto lui. Ti amo. >. Si alzò e con un fischio richiamò l’attenzione del proprio gufo ch’era appollaiato sul suo armadio. Sbatté gli occhi gialli, spiegò le ali e lo raggiunse. In pochi attimi legò la lettera alla zampetta del gufo, aprì la porta e lo osservò spiccare il volo. Tornò in stanza e si massaggiò il collo, sfinito. Sospirò, poi si diresse in bagno. Si spogliò totalmente, aprì il rubinetto dell’acqua calda e s’infilò in doccia, restandoci a lungo. Avvolse un asciugamano attorno alla vita e strofinò i capelli con una mano, per poi aprire tranquillamente la porta e far ritorno in camera.
Sentì dei rumori e corrugò la fronte. Lentamente sollevò il viso e spalancò gli occhi, impallidendo: davanti a lui, proprio sotto ai suoi occhi, Claudius e Adrian erano abbracciati, nudi, stretti l’uno all’altro, avvinghiati. Adrian cingeva il collo dell’altro ragazzo con le proprie gambe, il corpo sudato, mentre Claudius aveva gli occhi chiusi e si muoveva rapido, ansimando, la mano persa tra le gambe dell’altro.
Non appena i due furono illuminati dalla luce del bagno si voltarono e videro Alistair. Entrambi si fermarono, impallidendo.
“Per… Salazar.” Sussurrò il giovane Piton.
Sbatté un paio di volte le palpebre, poi corse fuori dalla stanza e s’appoggiò alla porta, letteralmente traumatizzato. Claudius e Adrian. Adrian e Claudius. Insieme. In atteggiamenti intimi. Intimi?! Quei due stavano facendo del vero e proprio sesso. E sul letto di Eric, per di più!
“Al? Che diavolo ci fai qua fuori solo con l’asciugamano?!” Domandò Eric sbucando dalle scale.
“Niente!” Rispose rapido.
“Niente?” Inarcò un sopracciglio, scettico.
“Fidati, Eric.” Disse serio fissando gli occhi nei suoi.
“Quando dici così è perché hai combinato qualcosa. C’è la Sangue Sporco nuda?” Incrociò le braccia al petto.
“Fidati, Eric, tu non vuoi entrare in quella stanza.” Disse serio.
Inarcò un sopracciglio, sempre più confuso e spaesato.
Alistair scosse il capo e sorrise, un sorriso sincero. Diede una pacca sulla spalla dell’amico.
“Ho davvero bisogno di un amico, ora.”
Ridacchiò e scese le scale diretto in Sala Comune, fregandosene del suo “abbigliamento”.
Era sicuro che Eric l’avrebbe seguito senza fare storie.
Il suo futuro era sì buio, ma su una cosa era sicuro che avrebbe sempre potuto contare: Eric Gellert Heartman, il suo migliore amico.

 

   
 
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