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Autore: Nidham    30/01/2012    5 recensioni
Breve elucubrazione della mia ladra nel momento piu' triste del videogioco, quando una scelta porta a tragiche conseguenze. Fatemi conoscere il vostro parere, visto che è anche il mio primo tentativo^^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole splendeva alto nel cielo, quando la colonna di soldati si mise in cammino.
Io ero in testa, con Alistair poco dietro di me, vicino all'Arle.
Non ci eravamo detti una sola parola, da quando ci eravamo incontrati, nel cortile del castello.
Non c'erano state scuse, né rimproveri.
Non c'era stato niente.
Sentivo il suo sguardo posarsi su di me, di tanto in tanto, ma era una carezza vuota, troppo leggera perché potesse raggiungermi.
Il cielo era terso, come può esserlo solo in certe perfette giornate invernali, quando il freddo è pungente, ma la luce è talmente pura che sembra riscaldare il cuore stesso e ferire l'anima con una falsa promessa di primavera.
Zevran faceva la spola tra me e le ultime file della colonna, dove Oghren arrancava faticosamente, esitando ad abbandonare i postumi della colossale sbronza cui si era condannato non appena aveva saputo della repentina partenza della maga “dalle forme mozzafiato”, come l'aveva definita prima di tuffarsi nell'ennesimo boccale di birra.
Leliana e Wynne mi tenevano il broncio, forse per il tono troppo duro con cui le avevo congedate, nella cappella.
Sospirai, scuotendo la testa. Il loro mutismo non mi toccava minimamente.
Era un altro il silenzio che mi catturava e mi toglieva la concentrazione, portandomi a sprecare energie per impedirmi di voltarmi indietro.
Maledissi la mia debolezza e il dannato potere che quel bestione aveva ancora su di me.
Per tutta la giornata si tenne a distanza, anche quando ci fermammo per un pranzo veloce e l'Arle si sedette al mio fianco per discutere gli ultimi dettagli dell'attacco.
Rimase isolato da tutti, il volto inespressivo, la mente lontana... i soldati guardavano a lui, per essere guidati, ma non era pronto ad assumersene la responsabilità, quindi toccava a me rimpiazzarlo, anche se non sarebbe stato ancora per molto.
“Beh" e un sonoro rutto mi esplose nelle orecchie, "il nostro cavaliere ha la luna storta oggi!”
La piccola mano pesante di Oghren si abbattè sulle mie spalle, facendomi quasi rovesciare la zuppa sui pantaloni dell'Arle.
“Due piccioncini non dovrebbero litigare alla vigilia di uno scontro così importante!”
Il suo alito era talmente infuso di alcool che pensai di potermici ubriacare in pochi respiri.
“Cos'è successo? La lancetta non ha raggiunto la mezzanotte? L'elfetta aveva ragione a prenderlo in giro per le sue scarse prestazioni?” Rise sguaiatamente, reggendosi la pancia.
“Oghren...” Di solito la sua allegria era contagiosa e la sua ostentata grossolanità mi faceva sorridere, ma non quel giorno, non su quell'argomento.
Zevran mi tolse dall'imbarazzo di rispondere, afferrando il nano per lo scudo e tirandoselo dietro.
“Ehi! Malefica elfetta...” protestò Oghren, cercando, con scarsi risultati, di divincolarsi.
“Scusami, Eilin!” mi gridò Zev, voltandosi appena verso di me. “Mi è sfuggito da sotto il naso, mentre cercavo di nascondergli la fiaschetta col liquore che si è portato dietro!”
Gli sorrisi, riconoscente, e ottenni in cambio il suo più seducente e ridicolo sguardo da conquistatore, che guidò il mio sorriso a sfiorarmi gli occhi.
Non so se Alistair ci stesse guardando, non so se avesse ascoltato.
Nel giro di un giorno era diventato impenetrabile, per me. Un estraneo che ancora possedeva il mio cuore e mi costringeva a viverne senza.
Lo vidi alzarsi con fatica, quasi facendo uno sforzo di volontà, ed andare a sistemare il cavallo senza degnare nessuno di una parola o di un gesto.
Le sue spalle rimanevano erette, ma il peso che gli avevo imposto sul cuore lo schiacciava e lo indeboliva.
“Non avreste comunque potuto rimanere insieme." come sempre, l'Arle parlava con la saggezza crudele e innegabile del politico e del padre "Dovrà imparare a cavarsela da solo. E' sempre stato un ragazzo gentile, ma non ha mai voluto assumersi la responsabilità del comando. Un buon guerriero, coraggioso, leale, ma privo di ambizione.”
“Per questo sarà un buon re" lo interruppi, "perché non vuole esserlo. Ma avete ragione, naturalmente. Deve imparare ad accettare il dolore di quel potere che non può più rifiutare... e lo farà, ne sono certa.”
“Lo farà, sì. Ma senza di voi, mia signora. Perdonatemi, ma so che i Custodi non possono facilmente generare eredi...”
Mi limitai a fissarlo, senza battere ciglio.
“Avrei voluto parlarne alla fine dello scontro" continuò, mostrando solo un soffio di imbarazzo. "Vedevo quanta forza Alistair traesse dalla vostra presenza e non osavo incrinarla, in un momento così delicato. Ma adesso credo che si sia già verificato qualcosa, per cui...”
“Ciò che è successo, mio signore, non vi riguarda. E non sta a me rassicurarvi sulla futura discendenza del Ferelden. Se qualche pensiero del genere vi affligge, rivolgetevi al vostro sovrano. Il mio unico compito è quello di guidarvi alla vittoria in questa folle guerra, non di sanare dubbi indiscreti." Senza dargli tempo di controbattere, gettai di lato quel che restava del mio cibo e mi alzai, gridando "In marcia, uomini! Verso la capitale!”
Fu facile perdermi nel caos che precede la partenza di un così ampio manipolo di soldati e fu facile ignorare tutti, nel corso di quell'infinito pomeriggio, in cui nessun Prole oscura ebbe il buon gusto di attaccarci, in modo da farmi sfogare un po' di quella rabbia che sentivo artigliarmi la gola.
Ma temevo il buio e l'accampamento, più di quanto temessi l'arcidemone in persona; anche per questo li costrinsi ad una marcia forzata fin oltre il primo avanzare della notte e fu per questo che montai la mia tenda distante dai fuochi, al limitare del campo, nonostante sapessi fosse inappropriato, per un comandante, non stare vicino al cuore delle proprie truppe.
Lucidai le mie lame e controllai l'armatura, come ogni sera.
Vento mi si era accovacciato ai piedi, silenzioso, pronto a confortarmi non appena avessi allungato una mano verso di lui. Ma non potevo concedermi nemmeno questa piccola debolezza, non potevo rischiare di incrinare la barriera di ghiaccio in cui mi ero volontariamente imprigionata.
Zevran lo sapeva e non si avvicinò, per quanto leggessi, nei suoi occhi, la voglia prepotente di raggiungermi e stringermi tra le braccia, cancellando quella follia dalla mia anima.
Mi disapprovava, credo, ma non mi giudicava e io gli ero grata come mai avrei saputo esprimergli.
Piano piano il silenzio mi avvolse. Tutti si erano ritirati, a parte i pochi estratti a sorte per il primo turno di guardia, ed io ero rimasta sola, al limitare della luce di un fuoco morente.
“C'è tanta bellezza in voi...”
Sbattei gli occhi, mentre il sussurro del vento mi accarezzava.
Credetti di sognare, o di avere un incubo, finchè non lo vidi uscire dalle ombre accanto alla mia tenda.
Sentii i muscoli della schiena tendersi alla spasmo e rimasi immobile.
“Sono un uomo fortunato” continuò, ripetendo le parole che già una volta mi aveva regalato, quando ci eravamo trovati insieme, oltre la fine del mondo.
Si inginocchiò davanti a me e io abbassai la testa, rifiutandomi di guardarlo, come una bambina cocciuta e sciocca.
Vento ringhiò piano, avvertendo il mio nervosismo, ma aveva sempre avuto un debole per Alistair e quando lui gli concesse quella carezza che io gli avevo negato, si allontanò soddisfatto e  scodinzolante.
Sentii la sua mano avvicinarsi al mio volto e serrai le palpebre, mordendomi il labbro fino a farlo sanguinare, ma fu solo quando mi sollevò il mento con la punta del dito che riuscii a ritrarmi, con tanta veemenza che quasi caddi sulla schiena.
“Perché mi fai questo?” Voleva essere una supplica, ma uscì come un ringhio basso dalla mia gola.
“Perdonami” sussurrò soltanto, senza allontanarsi, senza smettere di fissarmi.
Non volevo guardare nei suoi occhi, non volevo perdermi o ritrovarmi.
Il nulla era una benedizione e il mio cuore bramava altra sofferenza.
Quasi contro la mia volontà, il mio sguardo si alzò verso il suo.
E allora lo vidi di nuovo e non riuscii più a parlare, perché leggevo nella sua anima, come se quell'ultima terribile notte non fosse mai esistita, come se quel giorno non ci avesse allontanati, come se non fossi morta e rinata senza la mia vita.
Scivolò verso di me, senza esitazione e senza imperiosità, con la naturalezza di chi ricerca l'unione con un'altra parte di sé, ed io non seppi fermarlo.
Fece scorrere le mani sulle mie braccia, leggere e possessive, lasciando solo lo spazio di un respiro tra i nostri corpi.
Sarebbe stato facile appoggiarmi al suo petto e abbandonarmi a quel profumo che aveva confortato tante delle mie notti, sarebbe stato facile allungare il volto a cercare la morbida forza di quelle labbra tanto amate.
In fondo cosa importava, se pure fosse stata una finzione? La fine ci avrebbe raggiunti comunque. Perché non sognare e non illudersi, ancora una volta, che potesse esistere un amore e una vita, oltre il buio dell'ineluttabilità?
Il suo alito sfiorò la mia bocca, caldo e confortante, ma io non alzai il volto ad accoglierlo.
Non so se il tempo possa guarire le ferite del cuore, ma so che la mia era ancora pulsante di un dolore sordo e troppo profondo, perché pochi gesti potessero ghermirmi e trascinarmi nel sogno.
“Ti ho amato tanto... te solo, in tutta la vita” sussurrai, e le mani di Alistair ricaddero con disperata consapevolezza lungo i suoi fianchi.
“Non avrei dovuto dubitare di te, Eilin. Io...” Un altro tentativo, un altra carezza.
“Non importa. Non devi scusarti.”
“Devo invece e non per quello soltanto.” La sua voce era forte, adesso, carica di determinazione e coraggio.
“Ti ho lasciato portare da sola un peso inimmaginabile e non mi hai mai chiesto niente in cambio...”
“Fino ad ieri” lo fermai e vidi la speranza sgretolarsi nei suoi occhi, lasciandovi un'inaspettata durezza.
“Non ti chiederò perdono per non essermi unito alla strega. Sono ancora certo di aver fatto l'unica scelta possibile. Di questo non posso scusarmi, mia adorata, nemmeno per avere di nuovo la gioia di stringerti a me.”
“Non voglio le tue scuse, Alistair. Non ti odio, né ho bisogno di perdonarti qualcosa. La tua è stata la scelta di un re e mi ha resa orgogliosa. Ma io ti avevo sempre considerato solo il mio amore... e perderti mi ha spezzato il cuore.”
“Eilin... io sono il tuo amore. Non ho voluto altri che te, lo sai, in ogni senso del mio essere!”
Fui io a sollevare la mano verso la sua guancia, fu la mia volontà ad carezzare, un'altra volta, quei lineamenti tanto cari.
“Tu eri il mio amore e sei il mio re. Io ero il tuo amore e ora sono la tua miglior spada. Ti regalerò un regno libero da questo Flagello e so che lo guiderai con onore e saggezza.”
“Con te...” Afferrò la mano che stavo allontanando dal suo volto, stringendola quasi fino a farmi urlare.
“Non esiste possibilità per entrambi, nel futuro, e tu lo sai.”
“Riordan...”
“Riordan è troppo debole, Alistair." Il mio tono aveva la terribile, spietata freddezza di un dato di fatto." Non dovrebbe nemmeno scendere in battaglia... se solo avessi potuto lasciare indietro qualcuno.”
Un vento freddo si insinuò tra noi, facendoci rabbrividire.
“Quindi è davvero il mio onore che ti ha condannata...” Chiuse gli occhi, accettando una verità, che non era del tutto reale.
“La guerra ha le sue regole, Alistair. Il mio sangue non sarà sulle tue mani. Io sono ciò che questi tempi mi hanno costretto ad essere, ma non fingerò di non averlo scelto, né mi umilierò maledicendo il destino. Ho voluto combattere e ho dato tutto quello che avevo per il mio onore e la mia terra.” Sospirai e il respiro uscì tremulo dalle mie labbra. “Non negherò di aver paura, né di averti odiato per non aver scelto la mia vita al di là di ogni cosa. Ma è stato il pensiero di una bambina viziata, che voleva un domani solo per se stessa e la sua gioia... Io sono un Custode grigio, Alistair. E morirò come tale. Quindi, ti prego, non cercarmi ancora come la donna che amavi, non ho tanta forza da vivere due vite. Conserva, per me, nel tuo cuore, il ricordo della mia giovinezza e guarda la mia fine, perché ti giuro che sarà degna di ciò per cui mi hai amata!”
  
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