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Autore: Elbeth    31/01/2012    2 recensioni
Mi sono sempre chiesta chi era Sirius Black e come mai un personaggio così affascinante come lui, non avesse mai avuto nessuna al suo fianco.
Ho liberato la fantasia e questo è il risultato!
Hogwarts, ultimo anno dei Malandrini, nuovi personaggi, nuovi avversari e l'atmosfera cupa dell'inarrestabile ascesa del Signore Oscuro...
Vi giuro solennemente di non avere buone intenzioni!
***
Dal capitolo XVII:
....
Nessuna anteprima.
Stavolta potete solo leggerlo...
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La tempesta

 

C’è una strana agitazione oggi a colazione...

«Allora Felpato, come è andata ieri sera?»

«Mah! così!»

Non poteva ammettere con gli altri malandrini che alla fine non aveva combinato nulla: era meglio che pensassero ad una sua notte brava. Non voleva dare spiegazioni ed ultimamente Remus lo teneva d’occhio. Sapeva che i ragazzi si preoccupavano per lui, ma questa volta preferiva tenere le cose per sé.

Già... e poi per cosa mi preoccupo?

Decise di cambiare discorso per evitare altre domande a cui sapeva che avrebbe mentito.

«Cos’è successo di così eccitante da mettere in fermento tutta la Sala Grande?»

Lo sguardo grave di James, che gli allungava la Gazzetta del Profeta, lo mise in allarme. Le foto semoventi di Voldemort e dei suoi Mangiamorte campeggiavano in bella mostra, sulla pagina principale.

«Hanno occupato il Ministero...»

La voce cupa e debole di Remus lo colpì come uno schiaffo.

«Stanno esagerando! Sono scomparse altre quindici persone.»

Il suo sguardo vagò sulla pagina del giornale, sull’altra foto che campeggiava: il Marchio Nero.

«Lo hanno messo sopra il Ministero. Hanno ucciso l’intero gabinetto del Primo Ministro e lui sembra ora sotto la Maledizione Imperius. Ovviamente non è scritto sulla Gazzetta in maniera così esplicita, ma si capisce, leggendo tra le righe.»

«E mia cugina in bella mostra!» commentò sarcastico, poi spostando lo sguardo sulla foto «Chi è questo?» chiese indicando un uomo in primo piano alla destra di Voldemort.

«Delaroche, il padre di Elisabeth.»

Sorrise mesto. Strinse il giornale con un gesto di rabbia.

Come ho potuto essere così sciocco da farmi incantare da lei?

«Beh! Pare che ci sia una famiglia che fa più schifo della mia!»

 

Elisabeth si fermò di scatto.
Sbiancò.

Le parole di Sirius erano state pronunciate con tono abbastanza alto e lei che stava passando appena dietro di lui, non potè fare a meno di sentirle.

Le parole di Black l’avevano colpita ancora, anche più del solito.

Forse per quello che era successo ieri sera. Forse perché sperava che lui avesse cambiato idea su di lei.
La notte porta consiglio, dicono. Ma evidentemente si sbagliavano.
A Sirius Black la notte non aveva portato consiglio: Sirius Black era tornato quello di prima, anzi peggio di prima!

Sospirò, assunse un’aria fiera e cercò di andare avanti.

«Ops, scusa...»

Il grifondoro era indietreggiato, venendole addosso.

Era quasi certa che l’avesse fatto apposta.

«Certo che ne hai di faccia tosta, piccola serpe.»

Il tono era rabbioso, Lizzie si irrigidì: gli occhi grigi di Sirius ora le facevano paura.

Come quella notte!

Strinse a sè il libro di pozioni, quasi che potesse proteggerla dalla sua ira. 

Poi cercò di scansarlo.

Ma lui le bloccò ancora la strada.

Svicolò.

E Sirius le si parò di nuovo davanti.

Cercò di farlo una terza volta. 

Sempre senza successo!

Fissò Sirius negli occhi, infastidita.

«Cosa c’è, Black?»

«No, è che al posto tuo mi vergognerei di farmi vedere in giro per la scuola.»

Sapeva che sarebbe arrivato l’attacco, ma non fece una piega.

«Se ti vuoi scansare, cortesemente...»

«Forse non hai capito, serpe» il tono mellifluo nascondeva una rabbia repressa «Non dovresti essere qui. Non dovresti neanche esistere.»

Elisabeth indietreggiò, questa volta l’attacco era andato a segno.
Sirius sbattè il giornale sulla lunga tavolata, con disprezzo, mentre gran parte della Sala Grande si era voltata.

Lo guardò con sufficienza.

«E quindi?»

«E QUINDI?» al tono di Sirius, James e Remus scattarono in piedi.

«Calmati, Sirius....» Remus era accorso in sua difesa.

«Calmarmi? Quindici persone morte! QUINDICI!!!»

Sbattè un pugno sul tavolo. 

Le volse le spalle con un’ultima occhiata di disprezzo e si apprestò ad uscire.

Mentre si lasciava scappare un sospiro, gli occhi di Elisabeth caddero sulla foto di Voldemort e dei suoi Mangiamorte: sapeva già di trovarci anche suo padre.
Poi, improvvisamente, prese il giornale in mano. 

«Tutto bene, Elisabeth?» la voce di Remus le arrivava da un luogo lontano.

Lei stava solo cercando di mettere a fuoco un’immagine dietro suo padre, quasi nelle retrovie, nascosto dagli altri Mangiamorte.
L’avrebbe riconosciuto tra mille!

«Andrè!?» sussurrò, facendo tremare leggermente il giornale ancora tra le sue mani.

«Scusa, Elisabeth?»

Il respiro le si strozzò in gola, la vista le si appannò, tutto intorno a lei ruotava velocemente.

Andrè, non è possibile! Lui no!!

«Elisabeth!» ora anche James la chiamava, con tono preoccupato «Calmati, Elisabeth!»

Ora tremava violentemente.
Li scansò con un gesto brusco, inusuale per lei.

Sirius, richiamato dal frastuono, si voltò sulla soglia a fissarla, perplesso.

Ma lei non sentiva niente, non vedeva niente, voleva solo sparire.

«Lasciatemi, lasciatemi!» cercava di farsi largo tra la folla.

Devo andare da lui, devo andare a Londra.

Mosse qualche passo incerto verso la porta, dove sirius era rimasto immobile a guardarla.
Vide per un istante i suoi occhi grigi fissarla con durezza.

Le gambe le cedettero, tutto si fece nero, d’improvviso, e cadde a terra. Svenuta.

 

«Sta meglio, professore, è stato un forte choc...»

«Questo l’avevo capito, Madama Chips, mi pare che stia per riprendersi... Signorina Delaroche!»

La voce del professor Silente le giungeva come un’eco flebile. Si sforzò di aprire gli occhi, ma le palpebre le sembravano di pietra, tanto erano pesanti. Mosse le dita delle mani, poi i piedi. Poi provò a riaprire gli occhi. La luce che entrava dalla finestra ed il sole che brillava alto glieli ferì (avrebbe preferito che fosse notte!), li richiuse e cercò di abituarsi gradualmente ad essa, mentre li riapriva l’ultima volta.

«Bene, Elisabeth, bentornata tra noi!» la voce dolce di Silente le strappò un accenno di sorriso.

Durò solo un istante: il ricordo di ciò che aveva visto sulla Gazzetta del Profeta, cancellò il sorriso dalla sua bocca.
Silente aggrottò la fronte.

«Mi hanno detto che hai avuto un alterco con Sirius Black, prima di sentirti male.»

«Si, come accade spesso, professore. Ma non è colpa di Sirius.»

La sua voce sembrava debole, anche alle sue orecchie. Gli occhi le si riempirono di lacrime.

«Non sembra, signorina, anzi mi sembri ancora molto scossa.»

«Non è colpa di Black»scandì bene le parole «E’ stata la Gazzetta...» riuscì a sussurrare «La foto.»

«Una foto? Sulla Gazzetta?

Lei accennò di si con il capo, le parole le si strozzavano in gola.

«Capisco» disse gravemente Silente.

«Professore, mi scusi, ma non capisce! Non può capire!» il tono era disperato.

«Allora spiegami, mademoiselle Delaroche» ancora una volta, la dolcezza dell’uomo le sciolse la lingua.

«Andrè....» fu l’unica cosa che, nel groppo che le bloccava la gola, riuscì a sussurrare.

Silente la guardò sorpreso. Lei non riusciva ancora a parlare e volse la testa dall’altro lato.

«Madama Chips? Mi porta la Gazzetta di oggi? Se non sbaglio l’ho vista sulla sua scrivania..»

«Si, professore» e poco dopo entrò porgendo il giornale al preside.

Silente lo osservò. E capì. Sospirò, guardò fuori dalla finestra, lontano, nella stessa direzione in cui stava guardando lei e vide che lo aveva fatto per non far vedere le lacrime, che le rigavano il volto.

«Elisabeth, è una sua scelta, seguire tuo padre e Voldemort...»

«No, non Andrè, non era così!» la sua difesa era accorata, quasi disperata.

«Ma le cose, a volte cambiano, e a volte non cambiano in meglio.»

«Non ha scelto lui di diventare quel che è.»

«Lo so, mia cara, ma, ad esempio, ha scelto di non venire ad Hogwarts.»

Elisabeth abbassò lo sguardo.

«Sai bene che era stato accettato anche lui.»

«Si»la sua voce era flebile.»

«Eppure non ha voluto. E sai anche che non sarebbe stato un problema, non è l’unico a vivere in quel modo.»

«Non è stato facile accettarlo, per lui.»

«Immagino.»

«Era troppo grande...»

«Ed è anche ingiusto, Elisabeth, so cosa vuoi dire, ma ricordati che abbiamo sempre una scelta. Era una condizione pessima, ne convengo, ma poteva scegliere come viverla. E, mi dispiace cara, ma almeno per ora, pare che abbia scelto.»

Annuiva alle parole del preside. 

Sapeva che aveva ragione, l’aveva sempre saputo. 

Era per questo che non le scriveva. Lo sapeva. 

E non ho potuto fare nulla per impedirlo!

Le lacrime - ora - scorrevano sempre più copiose. 

Elisabeth non cercò neanche di fermarle, nè di nasconderle.

«Posso stare in infermeria per oggi, professore? Ho bisogno di stare da sola.»

«Si, cara» il professore le accarezzò dolcemente il capo «sfoga tutte le tue lacrime: dovrai essere ancora più forte da oggi in poi.»

«E non dica niente a Dulcy!» rispose preoccupata, mentre Silente annuendo, si alzava e si congedava da lei.

«Se hai bisogno, sai dove trovarmi. Ti aspetto. Ora riposa un pò.»

«Grazie, Professor Silente.»

«Di nulla, mia cara, di nulla. Alle volte vorrei che la magia sistemasse le ingiustizie del mondo. Ma sono solo sogni da ragazzo.»

E sorridendole ancora, uscì dalla stanza. 

Elisabeth si sdraiò, accucciandosi e richiuse gli occhi. Ora, voleva solo riposare.

Ora sono sola!
 

Le urla di Silente si sarebbero sentite a chilometri di distanza, se non fossero stati chiusi nel suo ufficio.

«SEI STATO INQUALIFICABILE SIRIUS! INQUALIFICABILE!»

Arrossì violentemente: il vecchio non era mai stato così duro con lui, neanche di fronte alle sue bravate più grosse.
Arrabbiarsi così per difendere la figlia di un Mangiamorte dichiarato, gli sembrava comunque troppo!

«PROFESSORE!» lo interruppe con la stessa violenza e lo stesso Silente rimase interdetto per qualche istante, quel tanto che gli bastava per poter parlare a sua volta «Lo sa! Lo sa cosa ho passato questa estate!!!»

Gli occhi di Sirius, un ragazzo fiero e bellissimo in quel momento, erano lucidi.

E disperati!

Silente si massaggiò stancamente il volto e crollò sulla sedia.

«Benedetti ragazzi! Mi farete morire di crepacuore!» sussurrò.

«Non si deve preoccupare per me, professore.»

Silente alzò gli occhi su di lui. Ora, era tornato il solito Sirius di sempre. 

Solo gli occhi che brillavano, avevano ancora qualche traccia della sua commozione.

«Invece mi preoccupo Sirius, mi preoccupo molto.»

Il tono del vecchio era seriamente cupo.

«So cosa hai passato, ragazzo mio, lo so benissimo! Ed è per questo che mi aspetto da te, più che da altri, un atteggiamento maturo.»

«Ho diciassette anni, professore.»

«Ma hai avuto già esperienze da uomo, Sirius.»

«Ma ho solo diciassette anni, professore» ancora una volta il tono disperato di Black commosse il preside.

«Lo so, che vorresti essere un normale adolescente Sirius, ma non lo sei e neanche la Delaroche lo è!»

Il suo sguardo interrogativo indusse il vecchio professore a proseguire.

«Ti sei mai chiesto come mai quella ragazza, con tanta caparbietà, non desideri il contatto con altri coetanei? Lo trovi normale? Anche tu, che sei un solitario, Sirius, hai degli amici qui, dei veri amici!»

«No, non me lo sono mai chiesto ed onestamente, professore, me ne infischio!»

«Sirius, Sirius... Non giudicare mai, se non conosci; anzi non giudicare, anche se conosci! Il giudizio è sempre contro se stessi, mai contro gli altri. Cos’é, in lei, che ti da tanto fastidio? Che sia uguale a te?»

Rimase interdetto.

Uguale a me?

«Starà scherzando?»

«Assolutamente. E’ nella tua stessa situazione Sirius: identica! Forse anche peggiore della tua. Solo»aggiunse «che lei non ha i Potter da cui rifugiarsi!»

 

 

«Potreste finire di fare baccano?»

James e Remus si voltarono, sorpresi, verso Sirius. 

Aveva richiamato due ragazzini del primo anno, che stavano giocando tra loro.

«Nervoso Felpato?»

«Remus non ora. Non ho bisogno della tua psicoanalisi da due soldi.»

«Sirius!» James lo richiamò.

Si passò una mano tra i folti capelli scuri.

«Ok, ho esagerato: scusa Remus» disse bruscamente.

«No, scusa tu. Non ho il diritto di chiederti nulla, se non ne vuoi parlare.»

Sirius sorrise amaramente.

«E cosa c’è da dire, se non che mi sono comportato come un perfetto idiota?»

«Però!! Silente deve proprio averti fatto sentire in colpa, altrimenti non lo ammetteresti mai!»

Il commento di James Potter gli strappò il primo sorriso da quella mattina. Le ore di lezione erano passate, sia la mattina che il pomeriggio e quando anche alla cena della sera Elisabeth Delaroche non si era fatta vedere, aveva iniziato a essere più che nervoso.

Intrattabile!

Era stato odioso per tutta la giornata ed ora non ce la faceva più: tutta quella agitazione gli aveva consumato le energie, lasciandolo spossato e più reattivo del solito. 

Difficilmente rispondeva male ai suoi amici.

A Remus poi...

«Scusami, amico!» non potè fare a meno di ridirlo, più accorato questa volta.

«Forse non è con me che ti devi scusare, forse poi ti sentiresti meglio.»

«E, come sempre, hai ragione.»

E con un sospiro uscì dalla Sala Comune di Grifondoro, diretto in infermeria.

Quando arrivò, Madama Chips stava sonnecchiando.

«Muffliato

Sussurrò Sirius. Così avrebbe potuto parlare con lei indisturbato.

Sempre che lei voglia parlare con me..

Entrò cautamente, con passo felpato, cercando di non fare rumore. C’era solo lei nell’infermeria, sdraiata sul letto. Sembrava dormire. Non si era accorta di lui. Avvicinandosi, si rese conto che era sveglia, solo con la testa voltata verso la finestra a guardare fuori. La osservò ancora un pò. Inerme, stesa sul letto con lo sguardo perso nel vuoto. Sembrava priva di vita. Qualcosa si mosse nel suo stomaco. Deglutì. Era nervoso.

«Delaroche...»

Lei si girò lentamente, come se facesse un grande sforzo. Gli occhi erano arrossati per il pianto.
Sirius si sentì ancora peggio.
In quello stato e dopo le parole di Silente, non riusciva più a vedere la ragazza come una sua “nemica”!

Un guizzo di disperazione passò negli occhi di lei. Stava per aprire bocca per parlare.
Ma lui fu più veloce. Si sedette sul suo letto e le mise un dito sulla bocca, a tacitarla. Con gentilezza. 

Lei si fermò sorpresa.

«Devo parlare io, Delaroche. Tu devi solo ascoltare. Ti prometto che non ti costerà fatica.» abbassò lo sguardo: non riusciva a reggere la disperazione in quegli occhi, così tanto uguali ai suoi, solo qualche ora prima nell’ufficio del preside «Solo pochi minuti, devo fare una cosa a cui non sono abituato: scusarmi!»

 

Non credeva alle sue orecchie!
Non era ciò che si aspettava da lui!

«... scusarmi!»

Come è possibile?

«Non ero in me» sospirò «Devo spiegarmi e, di solito, non sono avvezzo a questo genere di cose, devi scusarmi.»

Aveva un tono quasi formale, come se fosse stato educato in un’altra epoca. 

«Non è facile per me vivere in una famiglia che idolatra il Signore Oscuro. Non sono un suo ammiratore, mi ha rubato tutto quello in cui credevo. La mia famiglia, mio fratello, la mia vita di prima. E’ per questo che sono così suscettibile su questo argomento. Ora... beh....»

Sospirò, prima di riprendere.

«Insomma, non avrei dovuto essere così duro con te. Soprattutto farti così male, scusa. Scusami ancora!»

 

Elisabeth era sopraffatta: troppe emozioni da gestire in quella giornata. 

Ci mancavano anche le scuse di Black ora!
Cosa posso dirgli?

Era sconcertata: in poche parole Black aveva riassunto anche la sua, di vita!

Abbassò gli occhi, mentre si scusava. Non riusciva a fissarlo nei suoi occhi grigi.
Le avrebbero letto dentro, troppo. Troppe cose. 

E non aveva voglia di mostrarsi ancora più debole di quanto già non fosse.

Alla sua ultima frase annuì e sorrise, per fargli capire che accettava le sue scuse. 

Ma non poteva permettere, che lui credesse di essere l’unico colpevole.

«E’ stato uno choc quella foto» fu l’unica frase che riuscì ad articolare, tenendo sempre lo sguardo basso «... c’era anche....» la voce era rotta dal pianto e le frasi un pò disconnesse «Era la prima volta...» le lacrime avevano ripreso a scendere copiose: non riusciva proprio a fermarle «Insomma, non è stata colpa tua se mi sono sentita male.»

Finì con la voce oramai rotta dal pianto. Finalmente riuscì a guardarlo negli occhi.

«Ormai mi ci sono quasi abituata.»

Finì la frase in un sussurro. 

Chiuse gli occhi. Si sentiva spossata. Le lacrime avevano ripreso a scorrere.

 

Meno male che Elisabeth chiuse gli occhi: sarebbe stata la prima, altrimenti, a veder arrossire Sirius Black!

Che diavolo mi prende? 

Vederla così inerme e disarmata, senza la sua solita alterigia a farle da corazza, aveva completamente ribaltato ai suoi occhi l’immagine di lei.

Era totalmente disarmato di fronte al suo turbamento, alla sua rassegnazione, al suo dolore. 

Non aveva capito molto del suo discorso, ma aveva capito ciò che era importante: era sconvolta, era disperata ed era...

Sola!

Ed impulsivo come sempre, fece qualcosa di completamente inaspettato anche per lui.

L’abbracciò. 

Le accarezzò i capelli. 

Fece ciò che lui avrebbe voluto ricevere, qualche tempo fa: conforto. 

Sentì che, dopo un breve istante di stupore, lei si lasciava andare, contro il suo corpo, scossa dai singhiozzi.

Dopo non sapeva quanto tempo, si alzò. Elisabeth non si muoveva quasi più. 

Si era addormentata, spossata, tra le sue braccia. 

Lui la depose delicatamente sotto le lenzuola, si alzò, le sfiorò con dolcezza la guancia con un dito, le lanciò un ultimo sguardo comprensivo ed uscì dall’infermeria, silenziosamente come era entrato.

Nel buio della notte, altri passi ancora più leggeri si mossero per il corridoio, fissando con un sorriso la figura di Sirius Black che, finalmente sereno, si muoveva verso il dormitorio dei Grifondoro. 

I pallidi raggi lunari, che filtravano dall’esterno, illuminarono il volto compiaciuto di Albus Silente.

 

 

Note per i lettori presenti, passati e futuri:

 

Stasera ho poco da dirvi.

Penso che il capitolo sia stato eloquente da solo. O almeno lo spero.

Sogni d’oro!

Baci

 

El

  
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