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Autore: Stateira    31/01/2012    17 recensioni
Harry va ogni domenica a vedere i Cannons perdere.
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questo racconto partecipa all'OTP Tournament di Collection of Starlight. Per il girone Drarry, ça va sans dire. Spero che vi piaccia e che lo voterete! >.< 
Ecco qui la masterlist e il regolamento del concorso.
Ci tengo a ringraziare un milione di volte AynaV per il betaggio e le tirate d'orecchie, e Koorime, per aver sopportato i miei "non ce la farò maiiiiiiih".  
 
Nickname su Efp: Stateira
Titolo della fanfiction: Just like the first time 
Titolo del contest: OTP Tournament ~ I Edizione
Pairing: Drarry (Draco/Harry)
Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter.
Generi: commedia, introspettivo, malinconico
Warnings: what if post guerra
Credits: Grazie ad AynaV per il betaggio.
Note personali: il prompt che ho scelto è "per una manciata di galeoni".









Harry Potter è sicuro e arcisicuro che la sua vita sia meravigliosa così com’è. Anche se è Gennaio, fa un freddo micidiale, e avrebbe potuto tranquillamente restarsene a casa. Tanto, l’umore di Ron durante la consueta cena domenicale sarà sufficiente a dedurre punteggio, marcatori, falli subiti e quanto tempo c’è voluto per prendere il Boccino. Ginny lo ripete in continuazione, e Harry non può che essere d’accordo.
 
Chudley Cannons vs. Puddlemere United
 
Recitano tutti i cartelloni posti a guardia delle entrate dello stadio. Sotto la scritta, percorsa da bagliori metallici e guizzi di scintille, il capitano dei Cannons e quello dei Puddlemere si fronteggiano con le schiene ben dritte e gli sguardi carichi di determinazione. I cartelloni hanno sempre il potere di convincere Harry che quella sarà la volta buona. I Cannons vinceranno la partita, almeno questa, perché, diamine, li hai visti gli occhi del capitano? Harry se lo ripete come un mantra, come se stesse parlottando con un vecchio amico, “no, ma vedrai che vinciamo”, mentre imbocca il tunnel che porta alla tribuna d’onore.
Tende il biglietto con la mano coperta da un paio di spessi guanti di lana. È maledettamente Gennaio. La ragazza addetta al controllo quasi si dimentica di ritirarglielo, occupata com’è a non morire d’emozione. Harry valuta l’idea di implorare la società perché lì in tribuna facciano mettere una persona fissa che si abitui alla sua presenza, anziché alternare ogni settimana ragazzini e ragazzette facilmente impressionabili. Lascia perdere solo perché sa già che lo accontenterebbero.
Il posto è sempre il solito, fila 6 sedile 14. È suo da due anni, da quando la dirigenza della squadra gli inviò l’abbonamento a vita come regalo per il suo diciottesimo compleanno. Biglietti gratis, per Harry James Potter. I Cannons non riescono ancora a credere che l’eroe del mondo magico tifi proprio per loro.
Mancheranno un paio di minuti all’inizio della partita, quando qualcuno occupa il posto accanto ad Harry, imprecando sottovoce.
- Come se una Burrobirra fosse una diavolo di pozione. Nemmeno per distillare una Polisucco ci vuole tutto quel tempo.
Harry lo spia con la coda dell’occhio, mentre sugli spalti di fronte a lui esplode la coreografia arancione dei tifosi dei Cannons. I canti e le urla gli riempiono le orecchie, ed è bellissimo: un sacco di gente che grida nomi che non sono il suo, che festeggia la fine della partita ancora prima che sia cominciata.
 
Comunque, il suo vicino di posto è Draco Malfoy.
Quel Draco Malfoy. Proprio lui.
Harry riconoscerebbe quella testa bionda in mezzo a tutte le teste bionde di tutta la stramaledetta popolazione bionda mondiale. È imbacuccato in una spessa sciarpa blu e stringe il suo boccale di Burrobirra fumante con entrambi i palmi delle mani, come fosse una tazza di cioccolata.
Harry rimane a guardarlo ben oltre il tempo limite oltre il quale fissare una persona diventa inappropriato. Malfoy non sembra darci troppo peso, come se non si aspettasse niente di più da un cervello di Troll come lui.
- Guarda guarda, Potter. – dice a mezza voce.
 
Il modo che ha Malfoy di pronunciare il suo nome non è mai cambiato di una virgola da quando erano due marmocchietti di undici anni che si credevano grandi abbastanza da potersi odiare. Ci scivola sopra con noncuranza, lo degna a malapena di sfiorarlo con la lingua. Harry fa guizzare la sua, inumidendosi il labbro superiore che si ghiaccia in un attimo.
La lingua di Malfoy gli ha sempre creato qualche piccolo, insignificante problema.
Già.
Sotto la doccia, per lo più, ma anche in circostanze più – ahem – complicate da gestire.
Draco adesso ha vent’anni, come lui. Ed è bello. Ovviamente. Ha gli occhi affilati e supponenti, i tratti appena più gentili di quand’era ragazzino e le labbra pallide, percorse da un reticolo sottilissimo che le rende un po’ più carnose di quanto non siano in realtà. Che è un po’ una metafora della sua vita, pensa Harry senza smettere di guardargliele. La sua vita che magari non è poi così carnosa come lui vorrebbe credere. Ginny non c’entra niente, non è che lei non sia carnosa abbastanza o roba del genere, è solo che non c’entra niente in quei suoi ragionamenti sulla vita.
No, aspetta…
 
- Ho qualcosa sulle labbra, Potter? Perché se non è così, ti stai rendendo imbarazzante.
Harry gli rivolge uno sguardo sorpreso e inorridito a cui Malfoy risponde degnandolo giusto dello scatto annoiato di un sopracciglio. In effetti, ha l’aria di dover ripetere “smettetela di guardarmi così” almeno quanto lo ripete lui, ma per la ragione opposta alla sua. Non deve essere facile. Non può esserlo. Non sarebbe giusto. Harry si sveglia ogni mattina con l’orribile impressione che persino Ginny lo guardi in quel modo, e ha un assoluto bisogno di condividere questa cosa con qualcuno che non sia un animale da palcoscenico come Ron, o qualcuno di maledettamente bravo a seminare curiosi e giornalisti, come Hermione.
Alla fine Malfoy accompagna un ciuffo di capelli dietro l’orecchio – Harry ha l’impressione che lo scorti, prego, si accomodi qui – e borbotta: – Non mi dirai che tifi per i Cannons. – guardando con eloquenza la sua sciarpa arancione acceso.
Harry si riscuote, ma non riesce a mettere insieme una risposta pungente in tempo. Ci si abitua in fretta a rispondere a nient’altro che a lusinghe e ovazioni. Malfoy è deliziato dalla sua piccola vittoria. Gli propina un sorrisetto fulmineo, che nasconde con tempestiva educazione bevendo un piccolo sorso di Burrobirra.
 
Non fargli il baffetto bianco sul labbro, per favore. Guarda, non serve, dico davvero, Malfoy mi crea già abbastanza problemi di suo, e poi sarebbe così cliché che… Oh, andiamo.
 
L’arbitro decreta l’inizio della partita in quel preciso istante. Harry decide che col cazzo che gliela farà passare liscia, a Malfoy. La sensazione di formicolio allo stomaco per avergli lasciato l’ultima parola è ancora lì, viva, sotto le braci della sua eroica apatia.
 
- Tu invece tifi per i Puddlemere. Perché la cosa non mi stupisce?
- Mi piace la loro divisa. – commenta Draco, stringendosi nelle spalle e afferrando entrambi i lembi della sua sciarpa blu per sottolineare il concetto.
- Trovo piuttosto ironico che uno come te faccia il tifo per una squadra che si chiama “United”, Malfoy.
Draco lo fulmina con un’occhiataccia carica di indignazione.
Oh sì, adesso sì che si ragiona.
- Hai intenzione di renderti molesto per tutta la partita? Ho scommesso tre Galeoni sui Puddlemere e gradirei godermi l’istante in cui vincerò.
- Davvero? – Harry si fruga in una tasca del cappotto e ne estrae un tagliandino smangiucchiato sui bordi. – Anche io ho scommesso tre Galeoni sui Cannons.
- Hai puntato dei soldi sui Cannons? – esclama Malfoy, arricciando il naso in un’espressione di assoluto sconcerto. – Dei soldi veri, Potter?
– Guarda che i Cannons hanno le stesse probabilità di vincere della tua squadra di finocchi.
- Ma certo, ma certo. – ribatte Draco, accondiscendente. – Butta via il tuo denaro sui Tassorosso del campionato.
- A proposito di unione, eh?
- Potter, non vorrei sembrare indelicato, ma ti ricordi cos’è successo l’ultima volta che un Tassorosso ha provato a vincere qualcosa?
Prima che Harry abbia il tempo di elaborare consciamente quello che Draco ha appena detto, gli sfugge una mezza risatina. La stronca nel giro di un secondo, regalandosi alcuni preziosi istanti per sentirsi una persona orribile.
- Malfoy. – lo avverte.
- Cosa? Hai riso, non tentare di negarlo. – si difende Draco. – Sei mio complice in questa crudele ma incontrovertibilmente vera osservazione.
 
Malfoy sfila dalla tasca il suo tagliando, che non è spiegazzato e di sicuro non ha subìto estenuanti rimaneggiamenti ad opera di dita nervose ed impazienti.
In quel momento il Cercatore dei Puddlemere sorvola la tribuna, disegnando un vago zig zag nell’aria mentre assesta la sua virata verso l’alto.
- Sta bluffando. – mormora Harry, rilassato.
- Bel fondoschiena. – commenta Draco, a suo agio.
Ed eccoli immersi in una tipica conversazione da vecchi amici. Harry l’ha vissuta e rivissuta con la sua immaginazione chissà quante volte. Magari, ecco, nella sua testa questa conversazione avveniva nella luce del mattino, su di un grande letto a baldacchino, con le pagine sportive della Gazzetta del Profeta che frusciavano allegramente sui loro membri provati dalla notte appena trascorsa. E l’odore del caffè. E dei biscotti alla cannella. Ma anche senza cannella va bene lo stesso. Parlare di Quidditch, lanciarsi frecciatine, commentare i fondoschie-
Harry aggrotta le sopracciglia fin quasi a farle sparire dietro la frangetta spettinata, come se si fosse sentito chiamato in causa personalmente. – Guardi il sedere dei giocatori di Quidditch?
- Perché, tu non lo fai?
- Cosa sei, una specie di checca?
- E tu invece come te la passi?
 
Harry spalanca la bocca per dire qualcosa. Draco non si muove, ma ci guarda dentro come se gli fosse appena stata offerta la possibilità di spiare la pagina più scabrosa di un diario segreto. Harry la richiude all’istante.
 
- Io sto con Ginny.
- Non mi dire. La tua perfetta copertura.
- Non è una copertura! E poi anche tu sei fidanzato!
- Certamente. Astoria. La mia perfetta copertura. Ti interessi della mia vita privata, Potty?
- … L’ho letto sul giornale.
Harry è sicuro di aver perso il confronto, questa volta.  Sente il proprio stomaco scivolargli giù nelle ginocchia e il freddo di Gennaio congelargli le dita delle mani. La sua eterosessualità batte in ritirata, svanisce in una nuvoletta di vapore, come se non fosse mai esistita.
Potrebbe piacergli. Draco, e quello che sta insinuando neanche troppo velatamente. Harry sa che potrebbe piacergli, lo sa benissimo, lo sa da sempre. Potrebbe, ma no, perché Harry ha scelto di dimenticare. Di concludere la sua adolescenza con i suoi diciassette anni, perché francamente ne ha avuto abbastanza, grazie tante. No, niente più complicazioni ormonali, niente più fissare ossessivamente la Mappa del Malandrino, niente più occhiate negli spogliatoi, niente più brividi caldi per le persone sbagliate, niente più Malfoy la domenica allo stadio.
Così come la sta impostando la sua vita non è affatto male, con Ginny al suo fianco, Hermione e Ron sempre nella stessa, rassicurante posizione di sempre, gli Weasley, e ogni singola cosa che va a meraviglia perché c’è sempre qualcuno che gli spiana la strada. In tutta sincerità, Harry un po’ crede di meritarselo.
Draco Malfoy, però, è la sua adolescenza. La sua adolescenza checca e bionda che esige di essere vissuta. Harry riesce ad indovinarne il sapore, come se Draco glielo avesse lasciato sulla lingua mentre lo guardava. È un sapore completamente diverso da quelli che Harry ha deliberatamente deciso di farsi piacere. Quelli delle gallette della signora Weasley, con i cristalli di zucchero in superficie. Buoni e sempre, sempre uguali. Draco è cannella e vino rosso, e Harry deve difendersi, deve farlo a tutti i costi, o non ci sarà più nessuna strada da spianare, nessuna galletta con lo zucchero a rassicurarlo e ad annoiarlo.
 
*             *             *
 
- Non ti esaltare, Malfoy. – borbotta Harry, guardandolo in tralice e fingendo di non accorgersi di quanto stia gongolando. – È solo una manciata di Galeoni.
Draco è troppo impegnato a raccogliere i soldi della vincita dal banco scommesse per prestargli attenzione. Se li fa passare fra le dita uno ad uno come se fossero fatti di sapone.
– Non dirmi che non hai ancora imparato ad apprezzare la vittoria in quanto tale, Potty. No, probabilmente no. I Cannons non te ne hanno mai dato la possibilità.
- Quelli bastano giusto per pagarsi qualcosa da bere.
- Certamente. In un posto costoso, però. Stai  cercando di rimediare un appuntamento?
- È colpa tua se durante la partita mi è venuta voglia di una Burrobirra. Praticamente me la devi.
- Non è colpa mia, dei Cannons, semmai. Ci vuole un bel po’ di alcol in corpo per riuscire a convincersi che sappiano giocare.
- Divertente, Malfoy. A proposito, che fine ha fatto il tuo boccale?
- Quello era un Boccale Evanescente. Sparisce quando finisci la Burrobirra. O se lo fai cadere, come succederebbe di sicuro a te. Mi hai preso per un incivile?
 
C’è uno strano posto, a nord di Londra. Uno stadio enorme di qualche sport babbano, ma non è quella la ragione per cui Draco sceglie di Materializzarsi lì, di ritorno dalla partita. Poco distante si trova un’enoteca che offre la più sbalorditiva scelta di vini elfici e liquori di pregio che un mago possa immaginare. Draco punta un tavolino rotondo affacciato sulla vetrina del locale e ci si accomoda con naturalezza.
- 1994. Che annata sublime per il liquore di zucca torbato. – commenta sfogliando con calma le sottili paginette di pergamena della lista dei superalcolici.
- Non ho idea di cosa tu stia farneticando. – ribatte Harry con la massima sincerità. – Per me una Burrobirra ben calda.
- Siamo in un locale di assoluto prestigio, e tu ordini una Burrobirra? Sei per davvero un Troll.
- Dici così perché tu la tua te la sei bevuta allo stadio.
La faccia di Draco si illumina di un gran sorriso colmo di aspettativa. – A proposito, credi che il nostro Cercatore mi abbia notato quando è passato sugli spalti?  Il numero quattro, Pitcheart.
- Che ti leccavi le labbra in continuazione facendo finta di averle sporche di schiuma? Spero che avesse di meglio da fare in quel momento.
- Ma tu l’hai notato, a quanto pare.
Harry rotea gli occhi, più che altro per nascondere l’imbarazzo. Certo che l’ha notato. È da quando ha sedici anni che Harry non fa altro che notare cose di Draco. Diciamo che ad un certo punto ha preso il vizio e non l’ha più perso.
Per esempio, Draco sorseggia il suo liquore con ghiaccio – tre cubetti, mi raccomando. Harry non è un estimatore del liquore di zucca, ma è bravo a scovare gli incompetenti dal modo in cui bevono, come se non facessero altro per tutta la giornata. Draco invece si prende le giuste pause fra un sorso e l’altro, lo gusta senza darci troppo peso, come se fosse una conversazione un po’ frivola e particolarmente gradevole. Le sue labbra lasciano tenui aloni opachi sul bicchiere, che spariscono in pochi istanti.
Oh no, eccola che torna. Ciao, adolescenza. È da parecchio che non ci si vedeva, eh?
Che poi, Harry già lo ricordava bello, Draco. Di una bellezza estremamente precaria, lunatica, quasi irriconoscibile e probabilmente fasulla. Adesso invece Draco è bello per davvero, e questa è una gran fregatura. Harry ha visto talmente tanti orrori in passato che quando si trova davanti una cosa bella gli viene da afferrarla, da proteggerla, da riposarci sopra gli occhi.
Lui e Draco parlano di Quidditch, che è l’unico modo che hanno per non sentirsi due finocchi ad un appuntamento. È un argomento inutile quanto basta a non far sentire Harry un completo idiota e a non far chiudere Draco in sé stesso. Potrebbero essere lì, davanti a una Burrobirra e a un liquore di zucca, a discutere di quanto sarebbe perfettamente sensato mollare tutto e scappare insieme in qualche sperduto atollo del Pacifico; o a fare considerazioni su quanto sia illogico accompagnarsi ad altre persone, quando la mole di significati che hanno sempre rappresentato l’uno per l’altro è talmente ovvia che non lascia scampo. È quasi banale. È con Draco che Harry vorrebbe parlare della paura di non farcela. Dell’orrore che si prova quando hai due occhi da serpente puntati nei tuoi. Della rabbia di lottare per essere ascoltati e di fallire, sempre. Dell’impotenza, quando le cose non vanno per il verso giusto, mai, nemmeno una volta. Oh, quanto rumore farebbero, i loro stramaledetti binari paralleli, se si incontrassero. Harry lo sa. È innamorato di Draco in quel modo ossessivo e ansiogeno che non ha niente a che vedere con il quieto sentimento che prova per Ginny.
Draco gli leva la terra da sotto i piedi, ed è giusto, perché l’amore non è rassicurante, non è immobile, non ti porta il caffelatte caldo la mattina. Quello lo fa una madre.
Ciao, Edipo irrisolto. Sì, sì, lo so benissimo chi sei. Draco ha avuto la gentilezza di squadernarti davanti ai miei occhi come un mazzo di carte scoperte. Come va, tutto bene? Oh, io alla grande. Alla grande, davvero.
 
- Secondo te, se volessimo tornare a casa a piedi da qui, quanto ci vorrebbe? – domanda Draco, aggiustando con cura la sua sciarpa in modo che gli protegga a dovere la gola dal gelo che li ha riaccolti sulla soglia del locale.
Harry gonfia impercettibilmente le guance, mettendo alcuni passi uno davanti all’altro nella neve che sembra zucchero indurito e bruciacchiato dai passi della gente.
- Non saprei, due ore? Facciamo pure tre, a quest’andatura.
- Merlino. Mi si congelano le mani solo all’idea.
Harry ridacchia tutto di gola, ficcando le mani nelle tasche dei pantaloni. – Ma come, non vuoi che ti accompagni fino al portone di casa?
- Non sono una ragazzina, grazie tante.
- Ma ti darei un bacio sulla soglia. Sai, le cose vanno fatte per bene.
- Vuoi limonare con me, Potter?
- Tu mi hai offerto da bere.
- Oh Merlino. Non lo stai negando. Vuoi veramente limonare con me.
- Credevo che fosse illegale usare la parola “limonare” una volta raggiunta la maggiore età. È quasi peggio di “pomiciare”.
- Magnifico. Sto davvero discutendo di sinonimi del verbo baciare con Harry Potter.
- È una discussione proficua.
- Perché non ti Smaterializzi a casa tua?
- Perché non lo fai tu?
 
Draco allunga il passo, oltraggiato. Il marciapiede del grande viale bordato di alberi rinsecchiti punta dritto verso un quartiere Babbano. La gente normale si Smaterializza lì, finché è in tempo, ma Draco ed Harry hanno dato inizio ad un gioco di prima tu, no prima tu che probabilmente li porterà sul serio a casa a piedi tutti e due.
È mai possibile che qualsiasi cosa lui e Malfoy facciano, debbano sembrare due fidanzatini?
- Fa freddo, Malfoy.
- Allora vai a casa.
- D’accordo. Insieme?
- Come vuoi.
 
Si fermano uno di fronte all’altro, con i piedi ben piantati nella neve e le nuvolette di fiato che turbinano l’una dentro l’altra. Si offuscano la vista a vicenda.
- Al mio tre? – offre Harry. – Uno. Due. Tre!
Harry chiude gli occhi. Draco chiude gli occhi. Nessun rumore, nessuno spostamento d’aria. Harry riapre gli occhi nello stesso momento in cui li riapre Draco, e sono ancora lì, come due cretini.
Ed Harry afferra Draco per le spalle e lo bacia con una foga che ha sedici anni e che non è rassicurante, non è immobile, non gli porta il caffelatte caldo la mattina.
Draco affonda il naso appuntito fra lo zigomo e la guancia di Harry, ed è una sensazione strabiliante, è geniale. Il calore delle loro bocche, delle loro labbra, delle loro lingue potrebbe far tornare l’estate.
Oh, ciao ormoni, ci siete anche voi? Non vi eravate presi una vacanza?
Draco Malfoy bacia come un cazzo di Serpeverde purosangue, ecco come.
Ciao, lingua di Malfoy. Ti ha mai detto nessuno che sai di zucca?
 
Draco a un certo punto lo respinge, un po’ bruscamente. Il bacio ha fatto quello che l’alcol ed il freddo non erano riusciti a fare: è tutto rosso sugli zigomi, fin quasi alle tempie.
- D’accordo, basta così. Basta.
- Hey, non ho fatto tutto da solo, mi pare.
Malfoy gli scocca un’occhiataccia tutta stizzita, ma non esattamente pentita. Non esattamente.
- Ci vediamo.
- Sì, ci vediamo. Come sempre.
 
E si Smaterializza davvero, lasciando Harry con la fame nell’anima, la fame nello stomaco, la saliva che si congela sulle labbra.
Draco gli mette fame, ed anche se non ha senso, ad Harry piace avere fame. Gli piace chiudere gli occhi e strappare un boccone dalle labbra di Draco sapendo perfettamente che è troppo poco.
 
Forse è per questo che lo fanno. Tutte le settimane, tutte. Ogni sacrosanta domenica. Harry continua ad andare allo stadio senza sapere di preciso perché lo fa. Continua a tifare i Cannons anche se perdono sempre. E Draco continua a comprare il biglietto accanto al suo eterno fila 6 posto 14, continua a presentarsi ogni volta con la sciarpa dell’avversario del giorno, continua a salutarlo come se ogni volta fosse la prima.
È un gioco.
Harry ha deciso di chiamarlo il gioco della Giratempo, dato che gli sembra di rivedersi a rifare sempre le stesse cose, a dire sempre le stesse parole. La partita è cominciata tre mesi e mezzo fa e non accenna a concludersi. Probabilmente, la prima volta Draco Malfoy era davvero capitato sul sedile accanto al suo per caso. Poi, loro due hanno preso il caso e l’hanno fatto a brandelli.
Harry lo trova sempre un po’ più bello della volta prima, quando lo rivede, ma questo non fa parte delle regole del gioco, che deve restare nei binari rigorosi del saluto di circostanza, della manciata di Galeoni che Draco ogni volta vince e ogni volta usa per pagare da  bere.
Harry guarda le ultime due tracce parallele lasciate dai piedi di Draco nella neve ghiacciata e sporca, e si domanda se sarebbe capace di scovare quelle della settimana prima. Si mette a fantasticare ad occhi aperti. Di Materializzarsi da lui invece che a casa. Di sbloccare quella molla inceppata della Giratempo e portare le cose da qualche parte, da qualsiasi parte.
A casa c’è Ginny che lo aspetta, c’è la cena domenicale, c’è tutto quello che Harry ha sempre desiderato, ti ricordi, Harry? Quello che hai sognato per tutta la tua vita.
I morsi della fame gli stritolano lo stomaco e Harry quasi scoppia a ridere. Chiude gli occhi e prende un bel respiro.
Destinazione.
Determinazione.
Decisione.

  
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