Kaede Rukawa mal sopporta Hanamichi Sakuragi perché non potrà mai avere la sua potenza e, in fondo in fondo, anche la sua esuberanza.
Hanamichi Sakuragi mal sopporta Kaede Rukawa perché non
potrà mai avere la sua eleganza e il suo maledetto sangue freddo.
Incredibile come per quanto si ritengano diversi e
incompatibili, quei due sotto sotto abbiano un’infinità di punti in comune.
Kaede comincia a correre velocemente e senza una
sbavatura, la palla che aderisce perfettamente al palmo della mano.
Quell’espressione un poco assente e sicura di sé che da
sempre lo contraddistingue. Che finge di osservare il canestro. Finge. Perché
in realtà studia attentamente l’unica cosa che non può avere.
Il suo temibile avversario Hanamichi “Tensai” Sakuragi
Può cogliere tutto di lui. Ogni singola goccia di sudore
sulla sua pelle dal colore bronzeo. Ogni piccolo movimento, ogni espressione
che modifica i tratti del viso e illumina i suoi occhi.
Ad ogni modo. Quella è una sfida e lui nn deve
assolutamente farsi distrarre perché… non lo sa il perché in realtà.
Sa solo che le loro sfide sono l’unica certezza del
momento. E allora si concentra, spronandosi per dare il meglio. Si ferma nella
zona da due punti. Con un arresto magistrale blocca i piedi sull’asfalto del
campetto all’aperto. Poi salta, portando la palla in alto per effettuare un
tiro dalla mezzaluna. Tiro.
-O kami….- sussurra, ma non
troppo piano perché la scimmia non lo senta.
E ad Hanamichi si blocca il cuore. Perché la sua volpe ha
pronunciato una parola nuova del suo scarso frasario. Potrebbe essere che il
suo cuore abbia perso un battito. Ma non capisce il perché. Non capisce perché
è stato così contento e, cosa non meno importante, non capisce perché Rukawa
abbia espresso il suo disappunto. Il tiro è ancora in volo. Come fa a capire se
lo ha sbagliato?
Poi alza lo sguardo e tutto diventa chiaro.
Appoggiato al ferro sta un falco. Nero, completamente
nero. E con due gemme dorate incastonate negli occhi.
L’animale sbatte violentemente le ali per alzarsi in volo
e, fortunatamente, viene mancato dalla palla per una frazione di secondo.
Ferro. Rimbalzo.
È l’unica cosa che pensa Hana
mentre spicca un balzo poderoso verso l’alto, il corpo teso a contrastare
l’avversario. Sfortunatamente, o fortunatamente a seconda dei casi, il tensai
sfiora la palla, deviandola, ma non riesce ad afferrarla. Riesce solo a perdere
l’equilibrio, trascinando con sé nella caduta anche il volpino.
Lui non può vederlo, ma il suo gesto ha un altro risvolto.
La sfera, deviata, colpisce in pieno il falco nerastro che volava nelle
immediate vicinanze, facendolo precipitare al suolo.
Quando riapre gli occhi, Sakuragi non può fare a meno di
arrossire di imbarazzo. Sovrasta col corpo il suo nemico, le gambe intrecciate
così come i loro fiati.
Le gocce di sudore passano dalla sua guancia al suo mento,
in un ritmo lento e angosciante. Tutto gira intorno a loro, in questo momento.
Vorrebbe solo mandare al diavolo tutto e tutti, i
pregiudizi, i suoi dubbi, la freddezza di Rukawa, e sussurrargli parole dolci.
Ma non può.
-Do’ aho!-
sta già per inveire contro il ragazzo sotto di lui –non c’è niente da fare,
ormai il suo cervello procede in automatico- , quando si blocca. Appena in
tempo. Perché, riflette, la kitsune la può vedere in
viso ed è sicuro –quasi certo- che le sue labbra leggermente schiuse non
abbiano articolato alcun suono.
E allora chi?
Si gira rabbioso e, stranezza, vede una ragazza seduta per
terra, vicino al canestro. Si sta massaggiando il sedere –sintomo di una
botta?- , ed è evidentemente lei che ha pronunciato la parola d’offesa.
I capelli neri, lunghi, ricci, sono raccolti in una coda
alta e gli occhi, dorati, lampeggiano d’ira e di dolore.
-Cosa hai detto?- non sia mai che il tensai si faccia
insultare così, senza ribattere nulla!
-Ho detto: Do’ aho- chiarisce lei rialzandosi in piedi lentamente e con
eleganza, mentre batte con una mano sulla veste nera, evidentemente per
eliminare ogni residuo di sporcizia.
-Ragazzina sciocca, porta rispetto al Tensai!!! E vattene,
subito!- strepita, muovendo una mano come a voler dire < Per oggi sei stata
graziata, hai il mio perdono. >.
E lei si infiamma, così come le sue guance alabastrine.
–Lo farei volentieri, ma ho due cose che necessito avere da te e dal tuo amico-
sibila lentamente scandendo bene le parole perché, di ripetere due volte le
stesse cose, proprio non se ne parla.
-E sarebbero?- stavolta è Rukawa a porre la domanda, lo
sguardo blu fisso in quello d’oro. La voce è poco più che un sussurro, ma come
sempre attira su di sé tutta l’attenzione a lui dovuta.
-Le scuse del tuo amico, per prima- semplice, diretta ed
efficace. Sembra la ragazza ideale per Rukawa.
-Cosssssssaaaa???- Hanamichi non ha
parole. Lui, amico di Kaede –Kitsune freezer- Rukawa?
-Hai capito benissimo stupido essere dai capelli rossi-
dice semplicemente, attendendo i risvolti –positivi o negativi che siano- della
situazione.
-Lui NON è mio amico! E perché le mie scuse?- sbraita ben
intenzionato a chiarire la situazione perché non sia mai! Lui non può essere scambiato
per un amico della kitsune!
-Non mi interessa. Mi hai preso con una pallonata
facendomi cadere e ora pretendo le tue scuse. Volente o nolente-
-Scusa- secco e ,decisamente, nolente.
-In secondo luogo… avrei bisogno della vita del tuo amico-
silenzio. E un battito del cuore che nemmeno lui riesce a spiegare.