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Autore: dilpa93    31/01/2012    9 recensioni
Kate aveva sottovalutato delle parole... parole che avrebbe fatto bene ad ascoltare con attenzione
tratto dal testo
"Risalì fino a raggiungere il braccio; gli sfiorò le dita e, quando raggiunse il dorso, sentì qualcosa..."
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Quarta stagione, Nel futuro
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ANGOLO AUTRICE:
questa volta lo metto all'inizio!
ebbene, ho deciso di seguire il vostro consiglio e di trasformare questa shot in una long... spero di non deludervi!
mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate, e se andando avanti vi accrogete che è una schifezza ditemelo... la ritrasformo in una shot! :)
baci e buona lettura!

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L’edificio si trovava alla periferia di New York; passandoci davanti si sarebbe detto che fosse disabitato da anni.
Era interamente di mattoni, con grandi finestroni coperti, dall’interno, da tavole in legno.
L’enorme spazio era suddiviso su tre piani, e loro si trovavano proprio in quello centrale; così avrebbero fatto più fatica a tentare la fuga... certo, ammesso che sarebbero riusciti a tentarla.
 
Da quanto erano lì? 6 o 7 ore, o forse molto di più.
Sono separati, ognuno in una stanza differente.
 
Stanza… non era quella la definizione adatta; era un metro per due, una scatola; anche gli animali allo zoo avevano maggiore libertà, e definirla così serviva esclusivamente per farla sembrare più accogliente.
Sulla porta in legno c’era una piccola fessura, la grandezza era pressappoco quella di un mattone.
Ad un tratto si sentirono passi pesanti; chiunque fosse indossava un paio di anfibi con la suola rinforzata. Poi un rumore metallico, stridente, che accompagnò l’apertura dello sportellino che copriva quell’unica fonte di luce.
 
Un altro cigolio, una manopola; un getto d’acqua e poi… il nulla.
 
Quando riaprì gli occhi sentì la camicia aderire alla pelle ora fredda e bagnata.
Si passò le mani sul viso; la vista era appannata, gli occhi bruciavano.
Era già la ventitreesima volta che quella messinscena si ripeteva; ogni venti minuti un getto d’acqua ghiacciata colpiva i due lasciandoli storditi o senza sensi. Contare quante volte accadeva serviva unicamente per fargli mantenere quel poco di lucidità.
“ehi… ehi bro, stai bene?” sentì la voce di Esposito proveniente dalla stanza accanto
“si… si sto bene. Tu?” l’ispanico sputò a terra, vedendo l’acqua, che lentamente scendeva nello scarico sul pavimento, mischiarsi con il sangue che continuava ad uscire imperterrito dai molteplici tagli sulle labbra e dall’interno della bocca
“ben anche io… per te in quanti sono?”
“non saprei…” rispose Ryan sedendosi nell’unico angolo rimasto asciutto stringendosi le gambe al petto “mi sembravano almeno due”
“già, ma temo che possano essere di più” fece una pausa, inspirando profondamente “sai, ho paura che Castle e Beckett…”
“no Javier, non dirlo!”
“guarda come hanno trattato noi e quello che ci fanno ancora adesso! Lei è implicata direttamente, credi che le faranno un trattamento di favore?!? No!” era furente. Aveva sempre mantenuto il controllo, anche quella volta che erano finiti nelle mani di Lockwood. Ma era diverso… entrambi sapevano che Kate e Rick li avrebbero trovati, che dovevano continuare a sperare.
Ma ora, tutti e quattro erano nelle mani di quel… del “drago” e le probabilità di farcela erano notevolmente ridotte.
“hai ragione, li tratteranno cento volte peggio, ma sono forti, sono sicuro che sono ancora vivi, quindi…”
Si alzò avvicinandosi alla porta.
Ne percorse il bordo, sentendo il legno ammorbidito sotto il palmo “quant’è passato dall’ultimo getto?”
“15 minuti più o meno, perché?”
“ho avuto un’idea e a quanto pare non abbiamo molto tempo”.
 
Cinque minuti, sembrarono infiniti “te la senti?”
“che domande!”
Altri passi, altri cigolii… “ora!” urlò l’irlandese
Bastò un calcio ben assestato per far cadere le porte; non erano rinforzate, e le continue ondate avevano reso il legno più malleabile.
 
La luce abbagliò entrambi, tanto che rimasero immobili per una manciata di secondi. I due uomini davanti a loro estrassero immediatamente le pistole, e il panico si fece strada nel cuore dei detective.
Uno sguardo di intesa e si lanciarono contro i loro avversari, riuscendo a disarmarli.
Esposito cadde a terra, ritrovandosi in ginocchio, con le mani che premevano sul petto.
Di colpi ne avevano già presi tanti, e quello aveva solo peggiorato la situazione. Ora era certo di essersi rotto almeno una costola.
“Javier!” urlò con disperazione Ryan riprendendo a combattere come un toro nell’arena.
 
Nello stanzone accanto Kate alzò il capo; muovendolo tentò di scostare i capelli dal viso per capire dove fosse.
L’ultimo ricordo che aveva era il sangue di Castle sulla sua guancia.
Ora anche lei era bloccata ad una sedia attraverso una catena legata alla caviglia slogata; sapevano come torturare e non si facevano scrupoli a farlo. Le mani erano dietro la schiena strette da una “fettuccia” bianca; muoverle sarebbe stato impossibile.
 
Di fronte aveva Rick, ancora dormiente, ancora inerme…
 
La cosa che più la terrorizzava era il silenzio. Quel silenzio ancora più spaventoso di quello imbarazzante che si creava in certe situazione tra lei e Castle.
Ma avrebbe preferito continuare ad ascoltare quel silenzio piuttosto che sentire quello che arrivò al suo orecchio pochi secondi dopo.
 
Due spari, due vite probabilmente spezzate.
 
Cominciò a piangere silenziosamente, temendo il peggio per i suoi uomini; non era mai stata così emotiva come da quando si era trovata lì.

  
  
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