Ringrazio tutti quelli che
sono arrivati a leggere fino a
qui; Homicidal Maniac, Jo Shepherd, Smollo05 e tutti i lettori
silenziosi.
Questo è un periodo un po’
così… dopo aver pianto (più o
meno come una fontana) per aver visto il finale dell’ anime
Nabari No Ou per la
seconda –o terza?- volta in tutta la mia vita non so cosa mi
sia preso, davvero;
ho iniziato a comprare anche il manga che piano piano sto leggendo
–ovviamente
il finale sarà lo stesso dell’anime quindi temo
che piangerò di nuovo-.
Ho riguardato (per la terza volta in vita mia) l’ ultimo
incontro tra Zero e Ichiru (dell’ anime/manga Vampire Knight)
e di nuovo mi sono
scese le lacrime (ovviamente ho il manga anche di questo, e ovviamente
mi
rileggerò il passaggio…).
Ho guardato poi l’ ultimo filmato di Crisis Core
e… Dio se è
straziante. Si,
esattamente… fontana…
Nabari: uno Shinigami mi ha rubato il cuore çAç
Naturalmente dopo questa maratona di drammaticità mi sono
messa a cercare vari video riguardanti le… hmmm,
cose… riportate sopra.
Conclusione? Mi fa male il cuore ç_ç mi sembro
una masochista D: grazie per
aver letto questo sclero.
Chiedo scusa per tutti i puntini di sospensione (io li ho
sempre detestati u.u).
Chiudendo questa grande parentesi devo AVVISARVI!!
Probabilmente da lunedì prossimo non avrò
più il pc, per cause di forza
MAGGIORE e a tempo INDETERMINATO ç_ç io comunque
continuerò a scrivere,
probabilmente sulle ‘note’ dell’ Ipod o
su fogli alla cazzo… comunque godetevi
il capitolo ç_ç
Comunque, ho trovate la
colonna sonora per questa fic! :D è
‘Zombie’ dei The Pretty Reckless
E la canzone per questo capitolo? Ma si, un po’ di Moondance
fa sempre bene! ;) -> http://www.youtube.com/watch?v=oopBMLaIxQk
Nightwish ovviamente!
Lo so che in questo capitolo succede poco, però cercate di
capirmi, stavo scrivendo quando a un certo punto mi sono accorta che
avevo già
scritto fin troppo e ho dovuto far finire il capitolo.
Finalmente posso lasciarvi leggere ;)
Buona lettura!
Capitolo
7. Svolta.
“Avevo
tutto,
opportunità per l'eternità. E avrei potuto
appartenere alla notte”
[The
Pretty Reckless – Make Me Wanna Die]
Non
sapeva cosa fosse cambiato in lei da quel giorno, quando aveva sporcato
l’
altare del tempio della dea Andhera. Aveva sentito suo padre parlare di
un
certo ‘Potere’ ma tutto in lei sembrava essere
normale, solo una cosa era
anomala; la sete.
Proprio
in quel momento che si trovava in una stanza stretta e puzzolente, con
il
pavimento coperto da un tappeto di sangue e cadaveri la gola ardeva
come fuoco.
Mentre
le ferite si rimarginavano velocemente i suoi occhi vennero catturati
dal
liquido rosso che le copriva gli abiti mentre qualcosa sotto lo sterno
premeva
per uscire.
Il
suo sguardo vagò sui corpi a terra, si soffermò
su uno in particolare che
portava al moncone che aveva al posto della testa un lungo laccio di
cuoio e
come ciondolo una rosa di cristallo rosso, un materiale assai pregiato
e
difficile da trovare. Quello non era un gioiello qualunque, una rosa di
cristallo rosso rappresentava il fiore della vita. Neah non ne
ricordava bene
tutte le caratteristiche ma sapeva che quello era il simbolo della vita
eterna
o qualcosa del genere.
Chiudi
gli occhi, respira.
“Dobbiamo
andare via.” Beh, su quello non c’ era alcun dubbio.
“Naturalmente,
l’ Ala d’ Argento ha
svolto il suo lavoro alla perfezione, ma il suo ruolo non è
ancora giunto al
termine.”
“Ha davvero intenzione di usarla come
sacrificio alla dea Andhera questa notte?”
“Certamente, devo assolutamente
appropriarmi di quel potere.”
Quale
potere, si chiedeva lei in continuazione.
Scesero
le scale di corsa, lei con la spada che aveva riesumato dalle macerie
del letto
e lui che si teneva la spalla destra, ferita.
Giunsero
nella hole e videro il tizio che li aveva accolti seduto sulla sua
consunta
poltrona dietro al suo vecchio tavolo con la testa riversa
all’ indietro, la
gola squarciata e un mucchio di sangue che impregnava la camicia un
tempo
bianca.
Di
nuovo sulle tempie della vampira si strinsero sue aste di metallo
mentre la
gola prendeva fuoco mozzandole il respiro.
Fissò
il suo sguardo sul quel colore ipnotico, mentre i suoi occhi lo
catturavano,
lasciando immutate le sue tonalità.
“Esci.”
Sentì dire da qualcuno, si accorse dopo che era stata lei
stessa ad averlo
detto, rivolto al ragazzo che la guardava con aria preoccupata.
“Dobbiamo
andare.” Disse senza smettere di fissare la schiena della
vampira.
Lei
si girò e lo fissò con astio, mentre il suo corpo
tremava.
Aveva
ragione però, dovevano andarsene subito, chiunque li
cercasse sapeva dove
erano, ma la sete non andava via. Il suo sguardo si posò
sulla spalla ferita di
Rhies, il quale continuava a guardarla con aria seria.
No,
non poteva, anzi non doveva fargli del male; aveva bisogno di un posto
dove
stare e di qualcuno di cui nutrirsi… Era un pensiero
cattivo, però in che altro
modo avrebbe potuto metterla?
Scrollò
lievemente la testa scacciando quel pensiero, perché si
preoccupava tanto per
Rhies? Era stato lui a fargli quella stupida offerta tempo addietro, ma
ora la
sete le bruciava il corpo e la tentazione era forte. Sentiva ancora
l’ odore
del sangue marcio delle arpie.
“Adiamo
via.”
Si,
doveva andare via, aveva già mangiato quella stessa notte,
la sete di sangue non doveva controllarla.
Uscirono
all’ aria aperta e la brezza fresca della notte fu come uno
schiaffo in pieno
viso, l’ aria all’ interno della locanda si era
fatta soffocante e calda,
irrespirabile e ora anche la sete di sangue di Neah sembrava essersi
alleviata.
Portava
nella mano destra il fodero con la sua spada e nell’ altra la
collana che aveva
preso all’ arpia. Se la rigirò tra le mani
osservandone le sfaccettature che
riflettevano la pallida luce della luna.
“L’
hai mai vista da qualche parte?” Gli chiese lei, alzando
all’ altezza del volto
la collana. Lui sembrò pensarci un attimo, dopo alcuni
istanti il suo volto si
illuminò.
“Certo,
ce ne sono due sull’ insegna di una nota locanda appena prima
della Foresta
Nera, è sulla strada, basta seguire il fiume, possiamo
arrivarci in mezza
giornata.”
“Bene,”
Si mise la collana, per non doversela portare in mano per tutto il
tempo
“partiamo subito, così potremmo darci una
ripulita. Spero solo che questa
persona sia davvero così stupida, ci ha detto esattamente
dove si trova.”
Sospirò scuotendo la testa, per poi pulirsi con il dorso
della mano il mento
ancora sporco di sangue.
Rhies
aveva sorvolato sul suo aspetto in quel momento, ma non avevano di che
preoccuparsi di come erano conciati, tanto a quell’ ora non
c’ era nessuno per
strada, no?
Un
urlo lacerò la notte, un gruppo di persone era radunato
all’ imbocco di un
vicolo.
“Che
cosa è successo?” Chiese il principe.
“Niente
che ci possa interessare.” Rispose lei frettolosamente
incamminandosi verso il
confine di quella piccola città.
All’
imbocco del vicolo un gruppo di prostitute e baristi si era raggruppato
intorno
a un morto, era completamente dissanguato, lo conoscevano quasi tutti,
era un
buon medico.
Avevano
camminato per tutta la notte, o almeno per quel che ne rimaneva.
Il
crepuscolo li aveva colti di sorpresa tingendo il cielo di toni chiari,
mancava
poco al fiume, ne sentivano lo scrosciare in lontananza.
I
loro passi risuonavano nel silenzioso boschetto, le foglie macie
crepitavano
sotto i loro piedi mentre timidi uccellini salutavano il mattino.
L’
aria era fresca e frizzante, leggera e pulita.
Ancora
un paio di metri e si trovarono sulla sponda del fiume dalle acque
limpide che
scorrevano placide.
Si
pulirono il viso e gli abiti, medicarono
le ferite, più precisamente la
ferita, quella di Rhies alla spalla, che si era rivelata estesa ma non
molto
profonda. Con non poco stupore notò che la pelle una volta
pulita di Neah non
aveva neanche un graffio, neanche il taglio all’ attaccatura
dei capelli che
era certo di aver visto bene, eppure si era accorto che l’
arpia che l’ aveva
travolta l’ aveva ferita più volte, le Creature
Oscure erano piene di sorprese
e non sempre spiacevoli.
“Non
mi aiuti?” Era pericoloso stuzzicare un vampiro, soprattutto
mentre ci si stava
ricucendo una ferita.
“Non
giocare con il fuoco.” Disse lei serena mentre si sciacquava
il viso con l’acqua fredda del fiume.
Tra
loro era cambiato qualcosa, c’ era più leggerezza
e il senso di gelo era quasi svanito
del tutto, quasi. Forse era la
consapevolezza di dover viaggiare insieme per parecchio tempo, forse
era l’
impazienza di muoversi e scoprire perché quelle arpie li
avevano attaccati,
forse lui aveva capito che si sarebbe dovuto abituare ad averla vicina,
visto
che la stava per ospitare nella sua casa, se poi una reggia si
può chiamare
realmente casa.
Ma
il turbamento restava, non tanto per il fatto di dover viaggiare con
una
Creatura Oscura, quanto subire le ire di suo padre, non aveva idea di
come
avrebbe reagito, non ne aveva proprio idea e di certo non avrebbe mai
voluto
saperlo, piuttosto altri dieci viaggi con la vampira dagli occhi
ingannevoli,
che in quel momento erano dello stesso colore delle acque limpide.
Si,
nonostante la lunga camminata e l’ attacco alla locanda si
sentivano
decisamente meglio, era il fatto di dover condividere qualcosa, li
faceva
sentire sicuri, leggeri e sereni, anche se sapevano ben poco della
persona che
si portavano appresso.
Ma
la fiducia si ottiene piano piano, in cambio di altra fiducia.
Anche
se il suo cuore era circondato da quello che lei credeva essere un
ghiaccio
perenne si stava lentamente sciogliendo, non aveva paura di questo
nuovo
cambiamento.
“Pronto?”
Chiese lei alzandosi e asciugandosi
il volto.
“Andiamo.”
Indossò di nuovo la maglia, ora pulita, e si
alzò.
Il
bruciore alla gola era svanito insieme alla sete, le fitte alla schiena
dovute
alla grossa cicatrice non si facevano sentire da un po’, la
solitudine si era
allontanata vedendo tutti piccoli segni chiari sulle braccia del
ragazzo, di
certo non era solo lei a soffrire, ma era tanto presa dal suo dolore da
non
accorgersi di quello altrui, non era l’ unica a portare
cicatrici dolorose.
La
locanda era praticamente deserta, tranne per un paio di ballerine che
si
muovevano al ritmo di strumenti scordati e qualche gruppo di persone
sedute a
tavoli differenti, l’ ambiente era decorato con una
quantità esagerata di rose
rosse.
Il
tavolo più appartato era occupato da sei persone, cinque
delle quali
incappucciate con mantelli scuri e con un bicchiere completamente pieno
sotto
il naso. La sesta persona invece era praticamente sdraiata sul tavolo,
e
attorno alla sua testa si ergeva una quantità spropositata
di bicchieri,
ovviamente vuoti.
Il
suo viso dai tratti affilati e le guance scavate rivelavano la sua
sofferenza.
“Ho
la testa che scoppia, fateli smettere per pietà!”
Disse lamentandosi l’ elfo
riverso sul tavolo. Sentì ridere uno degli uomini seduto
accanto a lui.
“Non
credevo che un elfo sbronzo potesse essere così
divertente.” Ma lui ovviamente
non li ascoltava, era troppo impegnato a tentare di alzarsi per andare
a
fermare quello che a lui sembrava un baccano assordante.
Dopo
alcuni tentativi riuscì ad alzarsi ma un capogiro e una mano
pensante sulla sua
spalla lo costrinsero a sedersi di nuovo.
“Ah,
la mia testa.” Si lamentò di nuovo, allungando
furtivamente la mano verso il
drink di uno dei tizi in nero, magari se avesse mandato giù
qualcosa di fresco
si sarebbe sentito meglio.
Raggiunse
il bicchiere, lo afferrò e sotto gli occhi stupefatti dei
suo compagni lo mandò
giù tutto d’ un sorso.
“Allora
Zephit,” Iniziò uno trattenendo a stento le risate
“non ti sembra il caso di
fare una pausa?” l’ elfo lo guardò male.
“Ma
che! Non sono neanche ubriaco.” Rispose lui con la bocca
impastata.
“Allora
perché hai chiesto a noi di svolgere il lavoro che avresti
dovuto fare te?”
“Perché
ero ubriaco, semplice.” Rispose l’ elfo con
un’ alzata di spalle. “Come faccio
a lavorare da ubriaco? Piuttosto, spero che le vostre arpie abbiano
svolto il
lavoro come si deve, non voglio trovarmi l’ Ala d’
Argento puntata alla gola!”
Prese un’ altro bicchiere da sotto il naso di uno dei tizi
vestiti in nero e lo
bevve a metà prima di fermarsi e trattenere un conato, poi
mandò giù quello che
rimaneva del drink.
“Mi
raccomando, tenete la bocca chiusa, non voglio che lui venga a sapere
che per
trovare sua figlia ho fatto lavorare per me dei Generatori, mi
mozzerebbe la
testa di certo.” Continuò sbuffando, naturalmente
stava parlando a vanvera.
“Si,
si lo sappiamo bene.” Rispose uno con un gesto lascivo della
mano.
“Sai
pensavo che avresti tentato di avvelenarci con questi drink.”
L’ elfo ubriaco
lo guardò come se il tizio in nero avesse appena detto:
‘io non sono qui in
questo momento, ora stai parlando con il muro’.
“E
perché mai avrei dovuto? Avete svolto il lavoro per me, per
di più questo non
mi sembra il posto adatto per ammazzare qualcuno, pieno di rose di
cristallo
rosso e di, cosa sono quelle, ballerine?” Disse stringendo
gli occhi per
distinguere le figure che ballavano.
“Spero
solo che lo abbiate fotto come si deve, non voglio farmi tagliare a
fettine
dall’ Ala d’ Argento.” In alcuni rari
momenti in cui era ubriaco si poteva
scorgere in lui la serietà che lo caratterizzava quando era
sobrio, cioè quando
si trattava di lavoro, per la maggior parte delle volte.
Si
portò una mano allo zigomo gonfio che era stato colpito dal
licantropo il
giorno prima, gli faceva ancora male. Teneva lo sguardo puntato sulla
porta,
aspettandosi di vederlo entrare e abbattersi su di lui con furia.
E
fu più o meno quello che successe, solo che dalla porta non
entrò quello
stupido licantropo.
P.S.
Con ‘Ala d’Argento’ intendo sia Neah, sia
la sua spada che la sua cavalcatura.