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Autore: LadyMorgan    01/02/2012    2 recensioni
La fine è sempre il risultato di variabili imprevedibili che cambiano l'ordinamento programmato. La fine dell'unione dei due più grandi maghi di tutti i tempi era visibile nel loro stesso inizio. Bastò che un terzo, minuscolo e insignificante, si frapponesse fra loro per fratturarli.
Sulle note di Betweem di Vienna Teng.
[...]Perché ogni volta che riuscivano a raggiungere quel livello di unità che permetteva loro di sentire la fibrillazione mentale che solo fra eguali si poteva provare, interveniva un terzo, il terzo, e schiaffeggiava le loro menti brutalmente dentro i confini che il mondo visibile e invisibile voleva dargli. [...]
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'For the Greater Good'
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Between

A volte, quando si trovavano a due lati dello stesso tavolo, concentrati su schemi che nessun altro aveva capito e ascoltando con una precisione ossessiva l’aria entrare e quietamente uscire dai polmoni dell’altro, poteva quasi sembrare che ogni distanza fisica e metafisica fra loro si fosse annullata per unirli in un’unica, prodigiosa esplosione di genialità.

Erano momenti rari e frequenti ad un tempo, e per quello doppiamente preziosi. Li avevano cercati spesso, in quei precedenti cinquanta giorni, e spesso li avevano trovati, ma mai a sufficienza per drogare la loro mente al livello necessario per stimolarla come avrebbero voluto.

Perché ogni volta che riuscivano a raggiungere quel livello di unità che permetteva loro di sentire la fibrillazione mentale che solo fra eguali si poteva provare, interveniva un terzo, il terzo, e schiaffeggiava le loro menti brutalmente dentro i confini che il mondo visibile e invisibile voleva dargli.

 

We are not together here

Though we lie entwined

 

Gellert riusciva a percepirlo a pelle, come un animale poteva presagire un terremoto, il momento in cui le loro menti si ritiravano come un elastico troppo teso, si era abituato ad associare un passo ed un viso a quella sensazione di limite opprimente, e la detestava per quello.

Un secondo prima il loro coinvolgimento, emotivo e intellettivo, era ai limiti pericolosi dell’intossicazione, e il momento dopo non erano più insieme, cancellati come entità, malgrado si trovassero alla stessa distanza di pochi secondi prima.

 

Albus aveva provato a non provare fastidio ogni volta che Ariana entrava nella stanza dove lui e Gellert lavoravano. Aveva provato duramente, concentrando tutto sé stesso nello sforzo di non considerare sua sorella come un peso opprimente. Si era imposto di darle sempre retta, di ascoltarla e di aiutarla ogni qual volta ne sentisse il bisogno.

Ma ciò non impediva che quella parte di lui che era ancora legata ai sogni, sogni folli e grandiosi come solo i loro potevano essere, non urlasse in agonia ogni volta che la sorellina veniva a spezzare il perfetto legame che univa lui e Gellert in un’armonia di sensi che si poteva provare solo fra eguali.

 

To make room for the other presence

We both draw back in our minds

 

A volte Gellert si chiedeva ancora se davvero ci fosse voluto così poco, un limite così sottile, per farli sfaldare com’era successo. Una singola, minuscola variabile impazzita, e tutta l’equazione era saltata senza più clamore di una tranquilla tempesta.

Una perturbazione insignificante, invisibile, che per questo aveva trascurato – che idiota era stato! – era stata sufficiente a creare fra loro una reticenza che era bastata a distruggerli quando si era arrivati al dunque.

I primi anni dopo quei due mesi aveva rimpianto che la ragazzina fosse morta. Ma solo perché lo aveva privato del piacere di ucciderla personalmente per ciò che aveva fatto ai suoi sogni.

 

Quando Ariana era morta per colpa sua, Albus non aveva avuto né il tempo  né la volontà di pensare ad altro se non al suo gigantesco errore. Aveva meticolosamente cancellato ogni ricordo, ogni emozione riguardo a lui e si era concentrato solamente sulla sua personale colpa e la sua opprimente cecità, scegliendo di sprofondare per non fronteggiare di nuovo il fatto che volare gli piaceva, gli piaceva troppo per la pace, sua e degli altri.

C’erano voluti molti più anni, e molta più saggezza, per permettergli di contemplare l’idea che forse, se Ariana non si fosse messa in mezzo non con la sua morte, ma con la sua vita, lui e Gellert avrebbero potuto veramente rendere il loro ideale splendido com’era sembrato, e non solo la pallida corruzione che il più grande dittatore del continente aveva portato avanti da solo.

 

I have a prophecy

Threatening to spill into words

This growing certainty

Of Over

 

Era una sensazione presente ogni minuto, ogni secondo della loro presenza nella casa del suo amico. La certezza che, a un certo punto, si sarebbe sentito il passo cauto e trascinato della bambina, il suo respiro corrotto, il suo leggero profumo di sapone e erba, e il loro equilibrio si sarebbe spezzato, e loro sarebbero tornati ad essere non più due demiurghi al lavoro per il bene dell’umanità, ma due ragazzi geniali con troppe idee per poterle realizzare tutte.

A ere di distanza, Gellert ancora non riusciva a tollerare l’erba tagliata e la biancheria pulita, perché gli portavano alla mente un’eco, una profezia di fatalità che, per sua disgrazia, si era rifiutato di formulare quando avrebbe ancora fatto una differenza.

 

Sua sorella era sempre stata strana, ma aveva anche avuto il dono di schiarirgli la mente.

Se solo non fosse stato così intossicato, così ubriaco di Gellert e dei suoi sogni, tanto da ignorare il richiamo alla ragione che sua sorella gli aveva offerto continuamente e che lui aveva preso come un’imposizione sgradita, forse si sarebbe reso conto prima di ciò che effettivamente stava succedendo.

Ariana entrava sempre quando le loro differenze si erano assottigliate al massimo, gli impediva di compiere quell’ultimo passo che lo avrebbe portato ad essere un mostro manipolatore e senza cuore come il suo migliore amico, eppure lui aveva chiuso gli occhi, si era rifiutato di leggere quei segni che gli sussurravano in ogni secondo è finita…

 

There once was a time I was sure of the bond

When my hands and my tongue and my thoughts were enough

 

Certo c’erano stati momenti – quei momenti – quando fra loro non si era frapposto niente. Niente.

Erano liberi di essere ciò che volevano in ogni minima fibra, uniti e speciali e potenti come mai nessuno prima – o dopo – sarebbe mai potuto essere.

Momenti in cui non c’erano terzi fra loro, quando bastava un pensiero, una mano, una parola per forgiare e sbalzare quel legame più forte che mai, incorruttibile e indistruttibile, in cui tutti i loro sogni si dipanavano davanti a loro come un arazzo già ricamato, in cui il futuro si mischiava con il presente come la sua mente si univa con quella di lui. L’unico che l’avesse mai seguito ed accolto in quella terra promessa.

 

Gli bruciavano ancora – perché non riusciva a condannarli come avrebbe voluto – i ricordi di quei pochi, preziosi attimi in cui si era sentito per la prima volta intero e completo perché non c’era niente da dire, niente da pensare che l’altro non afferrasse senza alcun bisogno di comunicarlo, a parole o a gesti, perché il piacere di trovare finalmente un proprio eguale poteva dirsi pari solo al piacere di due amanti che si ritrovano dopo un infinito distacco, e quel piacere, malgrado tutto, non sarebbe mai riuscito a scordarlo.

 

We are the same but our lives move along

And the third one between replaces what once was love

 

Gli anni lo avevano indurito più di quanto la ragione di un tempo avrebbe ritenuto consigliabile. La sua follia, tuttavia, non più frenata da niente, aveva abbracciato il suo cambiamento con un ardore che contendeva a piani e schemi e pazienza, l’aveva giustificato e promosso, e lui era andato avanti.

Alla fine, si poteva solo andare avanti, il tempo non si fermava per permettere alle anime di rimarginarsi. Quindi era meglio pensare di non essersele mai ferite.

E tuttavia… a volte la sua ragione, quella ragione che ancora non aveva rinunciato a combattere, non poteva fare a meno di pensare al passato e al futuro. Sapeva, con la stessa certezza con cui sapeva che il sole sarebbe sorto a est e tramontato a ovest, che loro due erano e sarebbero sempre rimasti uguali.

Uguali come due linee parallele che non si incontrano mai.

 

Tutto ciò che in quei due mesi lo aveva reso felice, ora lo disgustava e repelleva. Lo disgustava il pensiero di ciò che aveva ipotizzato, del come lo aveva ipotizzato, lo repelleva la consapevolezza dell’uguaglianza fra loro due e di ciò che lui stava facendo e lui avrebbe potuto fare.

Lo aveva sradicato dal suo cuore come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, e al suo posto vi aveva piantato quel seme sottile che era Ariana e che il tempo aveva irrobustito, fino ad occuparlo tutto.

Ma, laddove aveva prevalso nel cuore, aveva perso nella mente.

 

Freedom is being alone

I fear liberation

 

Era giunto alla conclusione che l’unico modo per raggiungere il suo, non loro, obbiettivo era poter agire in totale libertà. E l’esperienza e la filosofia insegnano che non può esserci libertà in compagnia. Si è liberi solo quando si è totalmente soli.

Forse era per questo che in tutti quegli anni non si era mai cercato un compagno con cui condividere l’onere del comando. Non ne aveva mai sentita la necessità, aveva anzi trovato un fastidioso contrattempo il dover fingere di essere alla pari con tanti altri mediocri senza che nessuno si rendesse effettivamente conto di chi e cosa era lui.

Ma quel tempo era finito, e lui era finalmente libero e solo.

Non avrebbe mai ammesso di non aver cercato nessun altro per non crearsi un vuoto e vano simulacro di ciò che un tempo era stata la controparte della sua anima.

 

La morte di Ariana lo aveva affogato in sé stesso più di quanto l’imprigionamento del padre e l’estraniamento dell’intelligenza non avessero già fatto.

Per un certo tempo, le persone lo avevano terrorizzato.

Non era riuscito a guardare in faccia nessuno, si sentiva sporco per il suo atto e contaminato per le sue idee, non riusciva a sostenere lo sguardo dei venditori e passanti a cui aveva progettato di sottrarre la vita, se necessario, riusciva a malapena a parlare con chi aveva deciso di sottomettere.

Quando alla fine il suo involucro aveva finito di consolidarsi ed era sprofondato attorno al nucleo del suo essere, lasciando liberi gli strati esterni di presentarsi al mondo, aveva inconsciamente promesso a sé stesso che nessuno avrebbe più aperto i cancelli chiusi per la pace sua come degli altri. Era arrivato a temere sé stesso come non avrebbe mai temuto nessun mostro.

 

But something more alive than silence

Swallows conversation

 

La cosa che aveva amato, e quindi ritenuto più indispensabile, di Albus era la sua perfetta consapevolezza del valore del silenzio. Se ci pensava, poteva ricordare che avevano passato pomeriggi interi senza scambiarsi più di qualche monosillabo e senza che, per questo, la loro comunicabilità ne uscisse in alcun modo danneggiata.

No, era stato qualcosa di molto più vivo del silenzio che aveva ingoiato e distrutto le conversazioni delle loro anime. Qualcosa che morte e rimorso avevano elevato al ruolo di carnefice di ideali.

 

Ciò che era successo lo aveva privato della capacità, o anche solo della volontà, di comunicare.

Se fosse stato solo il silenzio… quel silenzio che si erigeva come un muro fra sé e tutto ciò che gli aveva sacrificato.

Gellert era il silenzio fervente del genio, un silenzio così scoppiettante che sembrava modulare lo spazio intorno a lui al ritmo dei suoi pensieri.

Ariana era il silenzio dell’innocenza, della tirannia dei deboli, un silenzio tanto più insopportabile proprio perché così inconsapevole e, perciò, paralizzante. E li aveva inghiottiti.

 

No pleasing drama

In subtle averted eyes

 

Aveva sempre avuto un’inclinazione innata per la recita e la teatralità. Poche cose, a parer suo, avevano il potere di dar colore alla vita come una buona interpretazione del ruolo che, volenti o meno, si era tenuti a interpretare.

Ricordava i suoi occhi tingersi di ironia di fronte ai suoi modi istrionici e alle sue pause enfatiche, ma l’aveva semplicemente considerato parte del gioco. Dava sale alle sue giornate.

Per quello la sua rabbia era esplosa alla conclusione della loro storia. Era convinto che, se gli interpreti fossero stati più abili, ne sarebbe uscito molto meglio.

Ma il dramma messo in atto era stato recitato con una tale goffaggine da rovinarlo definitivamente.

E al calare del sipario non c’erano stati applausi ad accoglierlo, ma fischi.

 

Forse era cominciato dagli occhi. Occhi che si cercavano, che si incontravano, che sorridevano e si ritiravano con la nuova forza acquisita dal quel breve scambio, occhi dallo sguardo acuto che sapevano cogliere senza vedere, occhi che non visti si scrutavano, occhi che si distoglievano quando qualcuno li riportava al piano terreno da cui si erano staccati per sollevarsi oltre la vista e vagheggiare di mondi e di popoli. Perché allora gli occhi dovevano abbassarsi, e guardare e osservare e riflettere, lì su quel piano dove le loro vite non si intrecciavano più.

 

The swelling fermata

As the chord dies

 

La loro opera si era interrotta in un’ultima agonizzante corona prima di crollare.

Forse era stato quell’ultimo acuto a distruggere tutto.

Forse erano stati quegli ultimi spasmi di musica mentre anche le ultime note morivano che li aveva portati dov’erano ora. Cos’erano, dopotutto? Un duetto non si può cantare in assolo, e la loro musica non era stata pensata per uno.

Ma ormai non gli importava più. L’avrebbe riadattata così come preferiva, e voleva davvero vedere chi avrebbe osato impedirglielo.

 

La musica era stato l’unico contatto sonoro che avesse deciso di mantenere dopo ciò che era successo. L’unica porta che avesse mantenuto aperta malgrado tutto.

Perché la musica, come più sublime delle arti, aveva un potere curativo che nessun guaritore avrebbe mai potuto capire. Aveva il potere di estrarre le singole emozioni di ognuno e prenderle su di sé, lasciandone l’ascoltatore purgato e commosso.

Perché ascoltare la musica parlare del suo dolore e della sua lenta agonia era l’unico modo per poterla guardare e continuare a sorridere.

  
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