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Autore: Promethea    01/02/2012    0 recensioni
Questo è il mio primo manoscritto, ho già scritto delle storie, ma per lo più racconti brevi, certamente questo scritto sarò ricco di imperfezioni e non sarà nulla di eccezionale. Ma comporta per me il mio primo piccolo successo... Successo perchè finalmente pubblico qualcosa di mio e poi perchè questo sarà solo il primo gradino che mi porterà a migliorare e ad essere una brava scrittrice. Ragion dunque che chiedo di non essere molto cattivi con me, le critiche costruttive sono ben accette, ma sempre nei limiti della buona educazione e del rispetto altrui. Per il resto non so cos'altro dirvi se non BUONA LETTURA e che spero che ne possiate trarre qualcosa di buono... :)
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I° CAPITOLO.


I suoi occhi lucidi, sul punto di versare infinite lacrime, erano fissi sul soffitto; scorreva la seconda notte in quella che sarebbe stata la sua nuova casa, ed era già nostalgica della sua vecchia vita, i suoi amici, la sua scuola, forse era quello che la terrorizzava di più: cambiare scuola. No, in realtà la terribilmente terrorizzava cambiare vita, per lei quella che stava vivendo prima di trasferirsi era più che perfetta, e non capiva il perché le fosse stata tolta via.
L'orologio segnava le 3.35 del mattino, i raggi tenui della luna che penetravano dalle persiane della finestra , creavano sul soffitto una deliziosa e leggiadra danza.
Lea si ostinava a non chiuder occhio, anche se era tentata dal credere che se si fosse addormentata, al mattino tutto ciò sarebbe stato solo un terribile incubo, ma temeva che non sarebbe stato così, anzi addormentandosi avrebbe accelerato il corso della notte e il mattino sarebbe arrivato prima, dando inizio a quello che per lei sarebbe stato il vero incubo...
Preferiva trascorrere quella estenuante nottata, avvolta dai suoi ricordi, come se fosse una calda e soffice coperta, ricordi che avrebbe voluto ancor vivere come realtà.   
Ad un certo punto però, cedette alla stanchezza e chiuse gli occhi, lasciando che le lacrime le "graffiassero" il volto. 

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Anche se non si era opposta alla decisione presa dai suoi genitori, perchè non aveva voluto essere di alcun peso, ciò non voleva dire che lei la accettasse, anzi non la accettava per nulla, ma preferiva fingere di essere felice anziché dare loro un dispiacere. Di tanto in tanto, si consolava dicendosi che qualsiasi ragazzo della sua età avrebbe fatto i salti mortali se gli sarebbe accaduto ciò che è avvenuto a lei : trasferirsi da una qualsiasi cittadina dell'Italia, nella meravigliosa Atlanta, andare a vivere una casa tre volte più grande di quella precedente, studiare in una prestigiosa scuola e altri mille vantaggi. Ma in realtà tutto ciò a lei non la consolavano, perchè non le importavano queste cose, per lei era solo una terribile catastrofe, ma certamente la cosa che più la addolorava era la rottura con Luca, lei non avrebbe mai pensato, anche con la consapevolezza che una storia a distanza sarebbe stata impossibile, che avrebbe rotto con lei in quel modo.



Al mattino una affettuosa carezza la svegliò, aprì un occhio e vide il suo bello, moro e dagli occhi verdeacqua, fratello maggiore, seduto accanto a lei sul letto: « È ora di alzarti, la mamma ha preparato la colazione e dice che lei e papà ci vogliono tutti a tavola prima che si faccia troppo tardi».

Lea si coprì il volto con la coperta: « Vai via!».

Andrea le tolse le coperte di dosse - « Ma che fai?» - disse irritata, sedendosi sul letto con le gambe incrociate - « Ti prego, lasciami in pace».

« Dai Lea, non fare così, è difficile anche per me, cosa credi? Ma ora alzati e andiamo di sotto!».

«Andrea vuoi lasciarmi in pace? Ho fatto come volevano fin ora, non mi sono mai appellata...»

Il fartello l'azzittì:«Appunto, non l'hai fatto fin ora, vuoi proprio cominciare adesso? Lo sai, è difficile anche per me, ma cerchiamo di non deluderli proprio adesso, è il primo giorno di lavoro da diretto per papà, non roviniamoci la giornata, stampiamoci il solito sorriso falso e scendiamo di sotto a vedere cosa vogliono»

Lea sbuffò, ma si alzò dal letto e andò verso la porta dal fratello, egli l'abbraccio : «Uniti?»

«Distrugeremo il mondo ». Rispose la ragazza sorridendo e ricambiando l'abbraccio.

«Da piccoli la mamma ce lo ripeteva sempre ogni volta che combinavamo guai: uniti voi distruggereste anche l'universo intero. Quindi Lea, devi stare tranquilla, insieme ce la faremo».

I due ragazzi scesero di sotto in cucina, dove li attentevano i genitori. Il padre era già in giacca e cravatta, pronto per andare a lavoro, la mamma preparava il caffelatte e tagliava la ciambella al cioccolato, a tavola vi erano già i due pestiferi, Matteo e Giulia.

«Sù ragazzi, sedetevi a tavola, vostro padre deve dirvi qualcosa ». Disse la mamma mentre serviva la colazione.

«Bhè ragazzi, non so come dirvelo, ho delle buone notizie per voi, sopratutto per te Andrea»

"Ecco, ora ci dice che lo rinchiude in una caserma militare, l'ultima volta che ha detto così ci ha spediti qui" pensò Lea.

«Papà è meglio che ti spieghi ». Disse il ragazzo mentre insieme a sua sorella si sedevano a tavola e iniziavano a far colazione.

«Andrea, ti ho trovato un lavoro nella azienda, nella contabilità»

Andrea e Lea si guardarono, la ragazza rimase perplessa, mentre il fratello non sapeva assolutamente se essere felice o meno.

«Ma come farò con l'università? »

«È partime, avrai tutto il tempo per studiare»

«Ok, ti ringrazio papà ». Il ragazzo ero un pò scosso, non sapeva cos'altro dire.

«Vi consiglio di andarvi a preparare, altrimenti farete tardi! Lea sul divano trovi la tua divisa e l'orario delle lezioni ». Era la voce della madre, sempre indaffarata con i gemelli. 

"Divisa?" pensò Lea, nella suo vecchio liceo non c'era nulla di simile e non pensava avesse dovuto iniziare a portarla ora.
 



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Lea scese dall'auto del padre, lo salutò e si soffermò qualchè minuto a guardare la scuola: era enorme, aveva un aspetto novecentesco, proprio come le prestigiose scuole dei film. Più si guardava intorno e più le sembrava di essersi catapultata in un episodio di "Gossip Girl"; non le sembrava vero che quella sarebbe stata la sua nuova scuola, tutti gli studenti le sembravano perfetti figli di papà, pieni di sè e con la puzza sotto il naso, tutto l'opposto di lei, e sperava tantissimo che non fosse così. Si fece coraggio ed entrò, all'interno la scuola le appariva ancor più grande di come si potesse immaginare all'esterno. Tutti la guardavano in uno strano modo, pensava che avesse qualcosa di strano a dosso, ma semplicemente tutti la guardavano perché non l'avevano mai vista prima, la scuola era iniziata da ormai quasi un mese e si conoscevano già tutti fra loro, e in quel liceo le notizie viaggiavano in fretta, anche quella dell'arrivo di una nuova ragazza italiana. Lea si mise le cuffie e con la guida della scuola fra le mani cercava di capire dove fosse il suo armadietto, quando ad un certo punto si schiantò contro qualcosa, o meglio, qualcuno. Lea vide i suoi libri fuoriuscire dalla borsa e atterrare sul pavimento, frettolosamente raccolse le sue cose da terra: -« Chiedo scusa, non volevo, davvero!». Disse la ragazza imbarazzatissima.

«Non preoccuparti è tutti ok. Tu come stai?». Le risose una voce calma e gentile.

«Bene, o almeno credo ». La ragazza raccolse l'ultimo libro da terra, quando vide davanti a sè una mano tesa pronta ad aiutarla per rialzarsi, la trinse e si rialzò. Mentre si risollevava, alzò lo sguardo, e si trovò di fronte ai dei grandi occhi azzurri. Erano di un azzurro intenso e luminoso, le ricordavano il mare d'agosto in cui amava tuffarsi, e il ghiaccio, l'aveva come ipnotizzata.

«Credo che questo sia tuo». Il ragazzo teneva fra le mani l' i-pod di Lea.

«Il mio i-pod, credo mi sia caduto prima ».Tentò di riaccenderlo, ma non ripartì più.


«Accidenti!»

«Cosa succede?»

La ragazza sbuffò e alzò gli occhi al cielo disperatamente: - «L'ho rotto ».

«Sta tranquilla ». Davanti a lei le sorrideva quel ragazzo. Lea lo guardò meglio e ne rimase attratta: era alto, dal grande sorriso e dai capelli biondo oro. Ad un tratto però sentì il suono della campanella, Lea si accorse che non sapeva neppure dove fosse la sua classe e doveva darsi una mossa, se non avrebbe voluto far ritardo a lezione il primo giorno di scuola.

«Bhè, scusa ancora, ma ora devo andare».

Il ragazzo rimase lì, sul punto di dire qualcosa, ma non ne ebbe il tempo...
 
 

 
  
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