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Autore: Miyuki chan    02/02/2012    7 recensioni
Io, giuro, quella ragazza non l'avrei mai capita.
Prima mi ringhiava contro, poi si arrabbiava, poi mi ignorava, poi ancora fuggiva.
E adesso addirittura mi baciava...
*
Io, un giorno o l'altro, a quello stupido pirata avrei staccato la testa dal collo.
Lui e quella sua perenne aria da moccioso compiaciuto, i capelli corvini e ribelli, le lentiggini, gli occhi scuri e ardenti...
Stupido pirata, tanto bello quanto stupido.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Smoker, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Fire and the Tiger'
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I wish I could take the pain for you


Lasciai che fosse Vista ad occuparsi del marine, mentre io pensavo ad Ace e Mikami.
Non era stato difficile intuire che qualcosa non fosse andato per il verso giusto: dopo una piccola fiammata iniziale non avevamo più visto il fuoco di Ace nemmeno una volta, senza contare che per eliminare una flotta di quelle dimensioni ci stava mettendo davvero troppo, troppo tempo.
Avevo quindi deciso di intervenire con i miei ragazzi, seguito subito da Vista e dai suoi che proprio in quel momento stavano facendo ritorno alla Moby Dick.
Ora, finalmente al sicuro sulla nave del Babbo, lasciai andare Mikami, guardandola accigliato: non avevo capito cosa stesse facendo là, immobile nel mezzo del campo di battaglia davanti al marine, ma l’indifferenza con cui si era lasciata trascinare via e lo sguardo vacuo che aveva in viso non mi piacquero affatto:
“Stai bene?”
Domandai studiandola attentamente, senza tuttavia riuscire a scorgere nessuna ferita che giustificasse quello stato.
Fece un cenno d’assenso distratto, senza guardarmi.
“Hey Mikami…”
La chiamai preoccupato.
Sbatté le palpebre, spostando finalmente i suoi occhi su di me.
Mi ricordò Ace: aveva lo stesso sguardo demotivato e sofferente che avevo visto sul viso del ragazzo quando, anni prima, gli avevo per la prima volta rivolto la parola, quando aveva ormai capito che non sarebbe mai riuscito a prendere la testa del Babbo.
“Sicura di stare bene?”
“Non lo so…”
Rispose con un filo di voce mentre iniziava a tremare e, perso l’aspetto ibrido in favore di quello umano, i suoi occhi si inumidivano.
Ace mi aveva accennato qualcosa riguardo a Smoker quando la prima sera che erano arrivati mi aveva parlato di lei, ma non ero sicuro di avere afferrato il rapporto esistente tra i due; di conseguenza, non sapevo nemmeno come consolarla.
“Va tutto bene”
La rassicurai con un lieve sorriso, scostandole delicatamente da davanti gli occhi una ciocca di capelli chiari.
Le sue labbra tremarono in un sospiro, mentre una lacrima silenziosa le rigava la guancia:
“Ace…?”
Pigolò piano asciugandosi quella goccia salata con il dorso della mano, lottando perché altre non sfuggissero ai suoi occhi.
“Vieni”
Acconsentii cingendole delicatamente le spalle e spingendola davanti a me, verso l’infermeria, pensando che esaudire la sua richiesta fosse l’unica cosa che al momento potessi fare per lei.


 

 

*



Entrai in infermeria trattenendo il respiro: Ace era sdraiato su un letto, circondato da diverse infermiere.
Il suo petto si alzava e si abbassava veloce ed irregolare, e macchie cremisi spiccavano sulle lenzuola candide; teneva gli occhi serrati, i capelli si erano appiccicati alla fronte; ansimava.
Deglutii, mentre un devastante senso di vuoto mi artigliava il cuore in una morsa dolorosa.
Rimasi muta, quasi senza osare respirare, mentre la capo infermiera iniziava a ricucirgli una lunga ferita che si apriva sulla sua spalla.
Ace non reagì.
Rimasi a guardare, paralizzata ed immobile.
Il ragazzo dovette infine accorgesi della presenza mia e di Marco, perché inclinò appena il viso socchiudendo gli occhi.
Avvertii un’altra fitta al petto, mentre il suo sguardo nero e affilato mi inchiodava sulla soglia dell’infermeria: non aveva assolutamente più nulla che ricordasse un ragazzino, era come se fosse cresciuto tutto d’un tratto.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo, rendendomi conto che non mi ero mai sentita tanto intimorita da lui come in quel momento, nemmeno la prima volta che l’avevo visto: non mi era mai sembrato tanto minaccioso e pericoloso come ora.
Non riuscii a farmene una ragione: una persona ferita sarebbe dovuta apparire più fragile e debole di una nel pieno delle forze no?
Eppure con lui era l’esatto opposto.
Il mio stomaco si contorse dolorosamente mentre un infermiera che iniziava a pulire un'altra ferita sul suo braccio gli strappava un gemito, che lui soffocò come meglio poté serrando i denti.
Facevo fatica a respirare e sentivo che la morsa attorno al mio cuore si faceva sempre più stretta e dolorosa, mentre non potevo fare a meno di pensare che se Ace era in quella condizione la colpa era solamente mia.
Non potevo rimanere lì immobile, e vederlo così…
Da una parte avrei voluto precipitarmi da lui, chiamare il suo nome, abbracciarlo, dirgli che mi dispiaceva per tutte le volte che gli avevo dato dello stupido, che non lo pensavo davvero, che mi dispiaceva per gli schiaffi, e che mi dispiaceva per averlo coinvolto nel confronto tra me e Smoker…
Dall’altra parte invece sarei voluta scappare via, il più lontano possibile, e mettermi a piangere più forte che potevo finché non sarei stata così stanca da non riuscire a mettere insieme un solo pensiero coerente.
Boccheggiai, mentre il groppo che avevo in gola si faceva sempre più ingombrante e mi impediva di respirare.
Mi voltai verso Marco con il bisogno disperato di sentire la voce di qualcuno, non riuscendo più a sopportare il silenzio in cui lavoravano le infermiere interrotto soltanto dal respiro affannoso di Ace.
La Fenice osservava il fratello seria e silenziosa, le mani sui fianchi, e sentendo il mio sguardo su di sé abbassò appena il volto nella mia direzione: si sciolse in un sorriso dolce, socchiudendo gli occhi.
Sentii la gola stringersi sempre di più, finchè non riuscii più a trattenermi e scoppiai in un rumoroso pianto.
Crollai, nascondendo il viso contro il suo petto ed artigliando disperatamente i lembi della sua camicia.
“Shh, shh, va tutto bene”
Sussurrò lui, accarezzandomi piano i capelli.
Io non capivo, come poteva essere così calmo?! Come poteva dire una cosa del genere?! Non capivo!
Come presi fiato per chiederglielo un violento singhiozzo mi strappò via quell’aria, e l’unico suono che riuscii ad emettere fu un gemito acuto e stridulo, in cui nemmeno io riuscii a riconoscere la mia voce.
Vagamente, sentii un’infermiera dire qualcosa in un tono piuttosto scocciato, mentre puntini colorati mi danzavano davanti agli occhi serrati, disperatamente serrati per impedirmi di vedere Ace.
Marco indietreggiò di qualche passo, trascinandomi con sé.
Ancora una volta mi lasciai guidare da lui, incurante, desiderando soltanto che quel momento finisse il più in fretta possibile.
“Su, su! Non è successo nulla”
Affondai involontariamente le unghie nella sua pelle, sentendo anche rabbia e frustrazione che si andavano ad unire alla tristezza e al vuoto che provavo.
Un forte senso di nausea mi attanagliò, costringendomi a piegarmi su me stessa con un guaito sofferente, mentre lottavo inutilmente per regolarizzare il mio respiro e per ricacciare indietro le lacrime quel tanto che bastava per permettermi di mettere insieme una frase di senso compiuto.
“N-non… Non è vero!”
Riuscii infine ad ansimare tra il pianto.
Le sue mani mi afferrarono per le spalle, costringendomi gentilmente a scostarmi da lui.
Non riuscii ad oppormi a quel gesto e, non potendo più nascondere il viso contro di lui, chinai la testa coprendo gli occhi con le mani, non trovando il coraggio per guardarlo in faccia.
“Guardami”
Ordinò con calma, la voce bassa e rassicurante, mentre le sue dita sotto il mio mento mi costringevano ad obbedirgli.
Mi scostò la mano ma io continuai a nascondergli il mio sguardo, piangendo forte e con gli occhi serrati.
“Hey”
Mi richiamò di nuovo ed allora, sentendo tutta la sua autorità e la sua sicurezza trapelare dalla sua voce, non riuscii più ad ignorarlo: sbirciai i suoi lineamenti seri ma sereni, attraverso gli occhi socchiusi appannati dalle lacrime.
“Sono un comandante, non dico bugie. Se ti dico che va tutto bene, è perché va tutto bene. No, aspetta – disse scuotendo la testa vedendo che prendevo fiato per ribattere, prima ancora che potessi pronunciare una sola sillaba – Anche Ace è un comandante: è forte, non sarà qualche graffietto come quelli di oggi a fermarlo. Fidati, non sono niente quelle ferite. E poi, appena il nostro carpentiere riuscirà ad aprire quelle manette starà subito meglio.”
Abbassai gli occhi, non riuscendo a mantenere oltre il contatto visivo.
“Ti fidi di me?”
Chiese chinando il capo per cercare il mio sguardo.
Deglutii, mentre riuscivo piano a riprendere il controllo sul mio respiro e il mio pianto sia andava calmando: annuii piano.
“Si o no?”
Continuò insistente, ma con voce morbida e rassicurante.
“Si…”
Riuscii a sussurrare, mentre il pianto si trasformava in deboli singhiozzi.
“Bene.”
Affermò con un sorriso dolce, mentre il dorso ruvido della sua mano mi sfiorava la guancia portando via una lacrima.
 “Torna nella tua cabina, ora, hai bisogno di riposarti. Quando ti sveglierai sono sicuro che Ace starà già molto meglio.”
Annuii.
Mi diede una lieve pacca sulla spalla, voltandosi e sparendo dietro la porta dell’infermeria con un ultimo sorriso.
Rimasi immobile, fissando il legno di quell’uscio, mentre piano piano anche i singhiozzi si spegnevano.
Mi sentivo vuota.
Ma stavolta era un vuoto diverso, meno doloroso e più sereno.
Mi fidavo di Marco: se lui diceva che andava bene… allora andava bene davvero, per quanto strano potesse sembrarmi.
Mi fidavo, e volevo fidarmi con tutta me stessa.
Voltai le spalle alla porta, trascinandomi verso la cabina.
Mi sentivo… sì, vuota, vuota ed esausta.
Marco aveva ragione anche su questo punto: avevo bisogno di dormire.
E, volevo fidarmi di lui, quando mi sarei svegliata Ace sarebbe stato meglio.



*



Bussai alla porta, col cuore in gola, dopo almeno cinque minuti interi che rimanevo immobile a fissare quel legno scuro, dilaniata dall’incertezza: trattenni il fiato in attesa.
Nei secondi che passarono mi pentii di essere andata a cercarlo: se avessi avuto un po’ meno di amor proprio sarei senz’altro fuggita con la coda tra le gambe prima che lui avesse il tempo di rispondere.
Ma, ovviamente, non lo feci, e rimasi immobile con le orecchie tese, udendo tuttavia solo i battiti violenti del mio cuore.
“Avanti”
Rispose infine Ace, dopo un tempo che mi parve infinito.
Inspirai profondamente, facendomi coraggio: aprii la porta, entrando nella sua cabina.
Un intenso e fastidioso odore di disinfettante mi colpì le narici, mentre scorgevo la figura del pirata sdraiato sul letto.
“Ciao”
Esordì mentre con un lieve mugolio si metteva a sedere: sembrava stupito di vedermi.
“Ciao…”
Sussurrai a mia volta, mentre il mio sguardo si andava inevitabilmente a posare sulle bende bianchissime che gli circondavano l’avambraccio destro e parte della stessa spalla.
Serrai le labbra, non riuscendo ad impedire che si piegassero verso il basso.
Distolsi lo sguardo da lui, sentendomi terribilmente in imbarazzo.
Ma cosa ero venuta a fare?
Si, va bene, a vedere come stava.
Ma cosa potevo dirgli ora che ce l’avevo davanti? Cosa?!
Mi guardai intorno, cercando di farmi venire in mente qualcosa.
Il mio sguardo fu attratto da una grossa bandiera pirata che occupava quasi tutta la parte superiore della parete alle spalle di Ace: il teschio spiccava su un picche rosso ed indossava un cappello fiammeggiante con due smiley, uno con un enorme ghigno e uno con un altrettanto ampia smorfia di tristezza.
Mi sentivo terribilmente stupida, a rimanere lì immobile a guardarmi intorno.
“Come stai?”
Domandai timidamente, riuscendo però soltanto a sentirmi ancora più stupida.
“Non c’è male”
Rispose, stirando pigramente le braccia come a provarmelo, mentre un sorriso rilassato sostituiva la sua espressione sorpresa.
Annuii, sentendomi appena un po’ sollevata… ma ancora terribilmente in imbarazzo.
Mi sentivo tesa e a disagio, senza riuscire a capirne il motivo.
Avevo creduto di avere molte cose da dirgli ma… beh, forse mi ero sbagliata, visto il vuoto assoluto che regnava in quel momento nella mia mente.
O meglio, le cose da dire ci sarebbero anche effettivamente state: io avrei potuto dirgli che mi dispiaceva per averlo coinvolto e scusarmi, dirgli che mi dispiaceva davvero, e lui del resto avrebbe potuto chiedermi perché ero intervenuta.
Sussultai, mentre mi rendevo conto che di nuovo non sapevo cosa fosse successo a Smoker.
Sentii i miei occhi riempirsi di lacrime mentre la consapevolezza che, dopo il modo in cui mi ero comportata, non sarei davvero più potuta tornare indietro, mi investiva con una potenza inaudita.
Mi morsi il labbro: non volevo piangere di nuovo, non davanti ad Ace poi.
Pensai che la cosa migliore fosse fare dietro front, recuperare un contegno dignitoso e precipitarmi da Marco per farmi dire l’esito della battaglia.
Presi fiato per congedarmi, ma Ace mi precedette:
“Tutto bene?”
Di nuovo quel tono, caldo e gentile.
Raddoppiai i miei sforzi per ricacciare indietro le lacrime, mentre alzavo gli occhi su di lui intenzionata a rispondere un “si” e scappare fuori dalla cabina il più velocemente possibile.
Vedendo il suo sguardo intenso e le sue sopracciglia corrugate in un espressione preoccupata, i capelli corvini arruffati e quelle bende così bianche sulla sua pelle abbronzata, le parole mi morirono sulle labbra.
Ammutolii, mordendomi il labbro con più forza fino a farmi male.
Ace posò la mano sul letto, facendomi segno di andare a sedermi accanto a lui.
Io… non volevo.
Ma non riuscii a dire di no ai suoi occhi neri e brucianti, alla sua espressione dispiaciuta.
Mi sedetti sul bordo del letto, tenendomi attentamente abbastanza lontana da non sfiorarlo nemmeno, mentre la tensione e l’imbarazzo che provavo aumentavano.
Lo sapevo, stava per arrivare il momento dei chiarimenti.
Un brivido mi fece accapponare la pelle: ma cosa avrei potuto rispondere quando mi avrebbe chiesto perché ero intervenuta?
Cosa avrei potuto dire quando mi avrebbe chiesto cosa volevo fare ora, ora che ormai era chiaramente impossibile che continuassi ad essere un civile dopo la mia presa di posizione contro la Marina?
Non avevo nemmeno una risposta per me stessa, figurarsi se sarei stata in grado di darne a lui.
“Non lo so”
Me ne uscii, prima ancora che potesse dire qualunque cosa.
Le mie mani, poggiate sulle ginocchia, serrarono spasmodiche il tessuto nero delle braghe, così forte che le nocche diventarono bianche e le dita iniziarono a farmi male.
Tenni con institenza lo sguardo basso, i denti serrati per essere certa che non mi sfuggisse neanche un singhiozzo.
Attesi, aspettando che dicesse qualcosa.
Passarono dieci, poi quindici, e poi venti secondi: silenzio assoluto, nemmeno un piccolo fruscio.
Mi decisi a sollevare gli occhi su di lui, sentendo che ad ogni istante di silenzio la mia tensione ed il mio essere irrequieta andavano crescendo: lo trovai a fissarmi, in silenzio ed immobile, serio.
Gli occhi neri come la pece erano intensi e magnetici, profondi come abissi.
Non riuscii a sostenere il suo sguardo, e abbassai il mio sulle guancie spruzzate di lentiggini e poi ancora più giù, sulla linea retta che disegnavano le sue labbra.
Tornai a fissare le mie mani, imbarazzata, mentre sentivo il mio stomaco contorcersi quasi dolorosamente.
Ma perché con me doveva sempre essere tutto così complicato?
“Dì qualcosa, Ace…”
Sussurrai, indugiando sul suo nome, alla disperata ricerca di un modo per abbassare la tensione che sentivo nell’aria.
“Puoi rimanere qui, finché non decidi cosa fare”
Mi rispose piano, mentre i miei occhi tornavano ad incontrare i suoi.
Mi sentii sopraffatta: da quegli occhi ardenti, da quella voce così morbida e calda, da… non lo so, non lo sapevo nemmeno io esattamente.
Le mie difese crollarono, tutte insieme e tutte nello stesso istante, ed io non riuscii ad impedirmelo: mi avvicinai bruscamente, sfiorando appena le sue labbra con le mie.


Spazio autrice:
Signore.... colpo di scenaaaaaaaaa XD
Ma tanto lo so che non aspettavate altro XD
Va bè, non mi perdo in commenti inutili che non ho molto tempo.
Vi informo solo che sono molto impegnata con la scuola, e temo i miei aggiornamenti diventeranno un po' irregolari...  ma non temiate che non fuggo! XD
Ah, c'è una piccola cosa su cui sono indecisa, quindi vi chiedo un cosiglio: meglio una giornata primaverile o una nevicata invernale?
Ditemi ditemi, più avanti vedrete ^^
A presto allora ragasse :*

  
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